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PARTE QUARTA 
LA PREGHIERA CRISTIANA

SEZIONE SECONDA 
LA PREGHIERA DEL SIGNORE: 
«PADRE NOSTRO»

ARTICOLO 3 
LE SETTE DOMANDE

2803 Dopo averci messo alla presenza di Dio nostro Padre per adorarlo, amarlo, benedirlo, lo Spirito filiale fa salire dai nostri cuori sette domande, sette benedizioni. Le prime tre, più teologali, ci attirano verso la gloria del Padre, le ultime quattro, come altrettante vie verso di lui, offrono alla sua grazia la nostra miseria. « L'abisso chiama l'abisso » (Sal 42,8).

2804 Il primo gruppo di domande ci porta verso di lui, a lui: il tuo nome, il tuo regno, la tua volontà! È proprio dell'amore pensare innanzi tutto a colui che si ama. In ognuna di queste tre petizioni noi non « ci » nominiamo, ma siamo presi dal « desiderio ardente », dall'« angoscia » stessa del Figlio diletto per la gloria del Padre suo.55 « Sia santificato [...]. Venga [...]. Sia fatta... »: queste tre suppliche sono già esaudite nel sacrificio di Cristo Salvatore, ma sono ora rivolte, nella speranza, verso il compimento finale, in quanto Dio non è ancora tutto in tutti.56

2805 Il secondo gruppo di domande si snoda con il movimento di certe epiclesi eucaristiche: è offerta delle nostre attese e attira lo sguardo del Padre delle misericordie. Sale da noi e ci riguarda, adesso, in questo mondo: « Dacci [...]; rimetti a noi [...]; non ci indurre [...]; liberaci ». La quarta e la quinta domanda riguardano la nostra vita in quanto tale, sia per sostenerla con il nutrimento, sia per guarirla dal peccato; le ultime due riguardano il nostro combattimento per la vittoria della vita, lo stesso combattimento della preghiera.

2806 Attraverso le prime tre domande veniamo rafforzati nella fede, colmati di speranza e infiammati di carità. Creature e ancora peccatori, dobbiamo supplicare per noi, quel « noi » a misura del mondo e della storia, che offriamo all'amore senza misura del nostro Dio. Infatti è per mezzo del nome del suo Cristo e mediante il regno del suo Santo Spirito che il Padre nostro realizza il suo disegno di salvezza per noi e per il mondo intero.

I. « Sia santificato il tuo nome »

2807 Il termine « santificare » qui va inteso non già nel suo senso causativo (Dio solo santifica, rende santo), ma piuttosto nel suo senso estimativo: riconoscere come santo, trattare in una maniera santa. Per questo, nell'adorazione, tale invocazione talvolta è sentita come una lode e un'azione di grazie.57 Ma questa petizione ci è insegnata da Gesù come un ottativo: una domanda, un desiderio e un'attesa in cui sono impegnati Dio e l'uomo. Fin dalla prima domanda al Padre nostro, siamo immersi nell'intimo mistero della sua divinità e nel dramma della salvezza della nostra umanità. Chiedergli che il suo nome sia santificato ci coinvolge nel disegno che egli « nella sua benevolenza aveva [...] prestabilito » (Ef 1,9), « per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità » (Ef 1,4).

2808 Nei momenti decisivi della sua Economia, Dio rivela il suo nome, ma lo rivela compiendo la sua opera. Questa però si realizza per noi e in noi solo se il suo nome da noi e in noi è santificato.

2809 La santità di Dio è il centro inaccessibile del suo mistero eterno. Ciò che di esso è manifestato nella creazione e nella storia, dalla Scrittura viene chiamato la gloria, l'irradiazione della sua maestà.58 Creando l'uomo « a sua immagine e somiglianza » (Gn 1,26), Dio lo corona di gloria,59 ma l'uomo, peccando, viene privato « della gloria di Dio ».60 Da allora, Dio manifesta la propria santità rivelando e donando il proprio nome per restaurare l'uomo « a immagine del suo Creatore » (Col 3,10).

2810 Nella Promessa fatta ad Abramo e nel giuramento che l'accompagna,61 Dio si impegna personalmente ma senza svelare il proprio nome. Incomincia a rivelarlo a Mosè62 e lo manifesta agli occhi di tutto il popolo salvandolo dagli Egiziani: « Ha mirabilmente trionfato » (Es 15,1). Dopo l'Alleanza del Sinai, questo popolo è « suo » e deve essere una « nazione santa » (o consacrata, poiché in ebraico è la stessa parola),63 perché il nome di Dio abita in mezzo ad essa.

2811 Ma, nonostante la Legge santa che il Dio Santo64 gli dà e torna a dargli, e benché il Signore, « per riguardo al suo nome », usi pazienza, il popolo si allontana dal Santo d'Israele e « profana il suo nome in mezzo alle nazioni ».65 Per questo i giusti dell'Antica Alleanza, i poveri tornati dall'esilio e i profeti sono stati infiammati dalla passione per il suo nome.

2812 Infine, è in Gesù che il nome del Dio Santo ci viene rivelato e donato, nella carne, come Salvatore:66 rivelato da ciò che egli È, dalla sua parola e dal suo sacrificio.67 È il cuore della sua preghiera sacerdotale: Padre santo, « per loro io consacro me stesso; perché siano anch'essi consacrati nella verità » (Gv 17,19). È perché egli stesso « santifica » il suo nome68 che Gesù « ci fa conoscere » il nome del Padre.69 Compiuta la sua pasqua, il Padre gli dà il nome che è al di sopra di ogni altro nome: Gesù è il Signore a gloria di Dio Padre.70

2813 Nell'acqua del Battesimo siamo stati « lavati [...], santificati [...], giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio » (1 Cor 6,11). Lungo tutta la nostra vita il Padre nostro ci chiama « alla santificazione » (1 Ts 4,7), e, poiché è per lui che noi siamo « in Cristo Gesù, il quale [...] è diventato per noi santificazione » (1 Cor 1,30), riguarda la sua gloria e la nostra vita che il suo nome sia santificato in noi e da noi. Sta qui l'urgenza della nostra prima domanda.

« Chi potrebbe santificare Dio, giacché è lui che santifica? Ma traendo ispirazione da queste parole: "Siate santi, perché io sono santo" (Lv 11,44), noi chiediamo che, santificati dal Battesimo, possiamo perseverare in ciò che abbiamo incominciato ad essere. E lo chiediamo ogni giorno, perché ogni giorno ci lasciamo sedurre dal male, e perciò dobbiamo purificarci dai nostri peccati con una purificazione incessantemente ricominciata [...]. Ricorriamo, dunque, alla preghiera perché la santità dimori in noi ».71

2814 Dipende inseparabilmente dalla nostra vita e dalla nostra preghiera che il suo nome sia santificato tra le nazioni:

« Chiediamo a Dio di santificare il suo nome, perché è mediante la santità che egli salva e santifica tutta la creazione. [...] Si tratta del nome che dà la salvezza al mondo perduto, ma domandiamo che il nome di Dio sia santificato in noi dalla nostra vita. Infatti, se viviamo con rettitudine, il nome divino è benedetto; ma se viviamo nella disonestà, il nome divino è bestemmiato, secondo quanto dice l'Apostolo: "Il nome di Dio è bestemmiato per causa vostra tra i pagani" (Rm 2,24).72 Noi, dunque, preghiamo per meritare di essere santi come è santo il nome del nostro Dio ».73

« Quando diciamo: "Sia santificato il tuo nome", chiediamo che venga santificato in noi, che siamo in lui, ma anche negli altri che non si sono ancora lasciati raggiungere dalla grazia di Dio; ciò per conformarci al precetto che ci obbliga a pregare per tutti, perfino per i nostri nemici. Ecco perché non diciamo espressamente: il tuo nome sia santificato in noi; non lo diciamo perché chiediamo che sia santificato in tutti gli uomini ».74

2815 Questa domanda, che le compendia tutte, è esaudita attraverso la preghiera di Cristo, come le sei domande successive. La preghiera al Padre nostro è preghiera nostra se si prega nel nome di Gesù.75 Gesù nella sua preghiera sacerdotale chiede: « Padre Santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato » (Gv 17,11).

II. « Venga il tuo regno »

2816 Nel Nuovo Testamento la parola basileia può essere tradotta con « regalità » (nome astratto), « regno » (nome concreto) oppure « signoria » (nome d'azione). Il regno di Dio è prima di noi. Si è avvicinato nel Verbo incarnato, viene annunciato in tutto il Vangelo, è venuto nella morte e risurrezione di Cristo. Il regno di Dio viene fin dalla santa Cena e nell'Eucaristia, esso è in mezzo a noi. Il Regno verrà nella gloria allorché Cristo lo consegnerà al Padre suo:

« È anche possibile che il regno di Dio significhi Cristo in persona, lui che invochiamo con i nostri desideri tutti i giorni, lui di cui bramiamo affrettare la venuta con la nostra attesa. Come egli è la nostra risurrezione, perché in lui risuscitiamo, così può essere il regno di Dio, perché in lui regneremo ».76

2817 Questa richiesta è il « Marana tha », il grido dello Spirito e della Sposa: « Vieni, Signore Gesù ».

« Anche se questa preghiera non ci avesse imposto il dovere di chiedere l'avvento del Regno, noi avremmo, con incontenibile spontaneità, lanciato questo grido, bruciati dalla fretta di andare ad abbracciare ciò che forma l'oggetto delle nostre speranze. Le anime dei martiri, sotto l'altare, invocano il Signore gridando a gran voce: "Fino a quando, Sovrano, non vendicherai il nostro sangue sopra gli abitanti della terra?" (Ap 6,10). A loro, in realtà, dev'essere fatta giustizia, alla fine dei tempi. Signore, affretta, dunque, la venuta del tuo regno! ».77

2818 Nella Preghiera del Signore si tratta principalmente della venuta finale del regno di Dio con il ritorno di Cristo.78 Questo desiderio non distoglie però la Chiesa dalla sua missione in questo mondo, anzi, la impegna maggiormente. Infatti, dopo la pentecoste, la venuta del Regno è opera dello Spirito del Signore, inviato « a perfezionare la sua opera nel mondo e compiere ogni santificazione ».79

2819 « Il regno di Dio [...] è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo » (Rm 14,17). Gli ultimi tempi, nei quali siamo, sono i tempi dell'effusione dello Spirito Santo. Pertanto è ingaggiato un combattimento decisivo tra « la carne » e lo Spirito:80

« Solo un cuore puro può dire senza trepidazione alcuna: "Venga il tuo regno". Bisogna essere stati alla scuola di Paolo per dire: "Non regni più dunque il peccato nel nostro corpo mortale" (Rm 6,12). Colui che nelle azioni, nei pensieri, nelle parole si conserva puro, può dire a Dio: "Venga il tuo regno!" ».81

2820 Con un discernimento secondo lo Spirito, i cristiani devono distinguere tra la crescita del regno di Dio e il progresso della cultura e della società in cui sono inseriti. Tale distinzione non è una separazione. La vocazione dell'uomo alla vita eterna non annulla ma rende più imperioso il dovere di utilizzare le energie e i mezzi ricevuti dal Creatore per servire in questo mondo la giustizia e la pace.82

2821 Questa domanda è assunta ed esaudita nella preghiera di Gesù,83 presente ed efficace nell'Eucaristia; produce il suo frutto nella vita nuova secondo le beatitudini.84

III. « Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra »

2822 La volontà del Padre nostro è « che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità » (1 Tm 2,4). Egli « usa pazienza [...], non volendo che alcuno perisca » (2 Pt 3,9).85 Il suo comandamento, che compendia tutti gli altri e ci manifesta la sua volontà, è che ci amiamo gli uni gli altri, come egli ci ha amato.86

2823 « Egli ci ha fatto conoscere il mistero della sua volontà, secondo quanto, nella sua benevolenza, aveva [...] prestabilito [...], il disegno cioè di ricapitolare in Cristo tutte le cose [...]. In lui siamo stati fatti anche eredi, essendo stati predestinati secondo il piano di colui che tutto opera efficacemente conforme alla sua volontà » (Ef 1,9-11). Noi chiediamo con insistenza che si realizzi pienamente questo disegno di benevolenza sulla terra, come già è realizzato in cielo.

2824 È in Cristo e mediante la sua volontà umana che la volontà del Padre è stata compiuta perfettamente e una volta per tutte. Gesù, entrando in questo mondo, ha detto: « Ecco, io vengo, [...] per fare, o Dio, la tua volontà » (Eb 10,7).87 Solo Gesù può affermare: « Io faccio sempre le cose che gli sono gradite » (Gv 8,29). Nella preghiera della sua agonia, egli acconsente totalmente alla volontà del Padre: « Non sia fatta la mia, ma la tua volontà! » (Lc 22,42).88 Ecco perché Gesù « ha dato se stesso per i nostri peccati [...] secondo la volontà di Dio » (Gal 1,4). « È appunto per quella volontà che noi siamo stati santificati, per mezzo dell'offerta del corpo di Gesù Cristo » (Eb 10,10).

2825 Gesù, « pur essendo Figlio, imparò tuttavia l'obbedienza dalle cose che patì » (Eb 5,8); a maggior ragione, noi, creature e peccatori, diventati in lui figli di adozione. Noi chiediamo al Padre nostro di unire la nostra volontà a quella del Figlio suo per compiere la sua volontà, il suo disegno di salvezza per la vita del mondo. Noi siamo radicalmente incapaci di ciò, ma, uniti a Gesù e con la potenza del suo Santo Spirito, possiamo consegnare a lui la nostra volontà e decidere di scegliere ciò che sempre ha scelto il Figlio suo: fare ciò che piace al Padre:89

« Aderendo a Cristo, possiamo diventare un solo Spirito con lui e così compiere la sua volontà; in tal modo essa sarà fatta perfettamente in terra come in cielo ».90

« Considerate come [Gesù Cristo] ci insegni ad essere umili, mostrandoci che la nostra virtù non dipende soltanto dai nostri sforzi, ma anche dalla grazia di Dio. Egli comanda ad ogni fedele che prega, di farlo con respiro universale, cioè per tutta la terra. Egli, infatti, non dice: "Sia fatta la tua volontà" in me o in voi, "ma in terra, su tutta la terra"; e ciò perché dalla terra sia eliminato l'errore e sulla terra regni la verità, sia distrutto il vizio, rifiorisca la virtù, e la terra non sia diversa dal cielo ».91

2826 È mediante la preghiera che possiamo discernere la volontà di Dio92 ed ottenere la costanza nel compierla.93 Gesù ci insegna che si entra nel regno dei cieli non a forza di parole, ma facendo « la volontà del Padre mio che è nei cieli » (Mt 7,21).

2827 Se uno [...] fa la sua volontà, egli [Dio] lo ascolta » (Gv 9,31).94 Tale è la potenza della preghiera della Chiesa nel nome del suo Signore, soprattutto nell'Eucaristia; essa è comunione di intercessione con la santissima Madre di Dio95 e con tutti i santi che sono stati « graditi » al Signore per non aver voluto che la sua volontà:

« Possiamo anche, senza offendere la verità, dare alle parole: "Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra" questo significato: sia fatta nella Chiesa come nel Signore nostro Gesù Cristo; sia fatta nella Sposa, che a lui è stata fidanzata, come nello Sposo che ha compiuto la volontà del Padre ».96

IV. « Dacci oggi il nostro pane quotidiano »

2828 « Dacci »: è bella la fiducia dei figli che attendono tutto dal loro Padre. Egli « fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti » (Mt 5,45) e dà a tutti i viventi « il cibo in tempo opportuno » (Sal 104,27). Gesù ci insegna questa domanda, che in realtà glorifica il Padre nostro perché è il riconoscimento di quanto egli sia buono al di sopra di ogni bontà.

2829 « Dacci » è anche l'espressione dell'Alleanza: noi siamo suoi ed egli è nostro, è per noi. Questo « noi » però lo riconosce anche come il Padre di tutti gli uomini, e noi lo preghiamo per tutti, solidali con le loro necessità e le loro sofferenze.

2830 « Il nostro pane ». Il Padre, che ci dona la vita, non può non darci il nutrimento necessario per la vita, tutti i beni « convenienti », materiali e spirituali. Nel discorso della montagna Gesù insiste su questa fiducia filiale che coopera con la provvidenza del Padre nostro.97 Egli non ci spinge alla passività,98 ma vuole liberarci da ogni affanno e da ogni preoccupazione. Tale è l'abbandono filiale dei figli di Dio:

« A chi cerca il regno di Dio e la sua giustizia egli promette di dare tutto in aggiunta. In realtà, tutto appartiene a Dio e nulla manca all'uomo che possiede Dio, se egli stesso non manca a Dio ».99

2831 Il fatto però che ci siano coloro che hanno fame per mancanza di pane svela un'altra profondità di questa domanda. Il dramma della fame nel mondo chiama i cristiani che pregano in verità ad una responsabilità fattiva nei confronti dei loro fratelli, sia nei loro comportamenti personali sia nella loro solidarietà con la famiglia umana. Questa petizione della Preghiera del Signore non può essere isolata dalle parabole del povero Lazzaro 100 e del giudizio finale. 101

2832 Come il lievito nella pasta, così la novità del Regno deve « fermentare » la terra per mezzo dello Spirito di Cristo. 102 Deve rendersi evidente attraverso l'instaurarsi della giustizia nelle relazioni personali e sociali, economiche e internazionali; né va mai dimenticato che non ci sono strutture giuste senza uomini che vogliono essere giusti.

2833 Si tratta del « nostro » pane, « uno » per « molti ». La povertà delle beatitudini è la virtù della condivisione: sollecita a mettere in comune e a condividere i beni materiali e spirituali, non per costrizione, ma per amore, perché l'abbondanza degli uni supplisca alla indigenza degli altri. 103

2834 « Prega e lavora ». 104 « Dobbiamo pregare come se tutto dipendesse da Dio, e agire come se tutto dipendesse da noi ». 105 Dopo avere eseguito il nostro lavoro, il cibo resta un dono del Padre nostro; è giusto chiederglielo e di questo rendergli grazie. Questo è il senso della benedizione della mensa in una famiglia cristiana.

2835 Questa domanda e la responsabilità che comporta, valgono anche per un'altra fame di cui gli uomini soffrono: « Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio » (Mt 4,4), 106 cioè della sua Parola e del suo Spirito. I cristiani devono mobilitare tutto il loro impegno per « annunziare il Vangelo ai poveri ». C'è una fame sulla terra, « non fame di pane, né sete di acqua, ma di ascoltare la Parola di Dio » (Am 8,11). Perciò il senso specificamente cristiano di questa quarta domanda riguarda il Pane di vita: la Parola di Dio da accogliere nella fede, il Corpo di Cristo ricevuto nell'Eucaristia. 107

2836 « Oggi ». È anch'essa un'espressione di fiducia. Ce la insegna il Signore; 108 non poteva inventarla la nostra presunzione. Poiché si tratta soprattutto della sua Parola e del Corpo del Figlio suo, questo « oggi » non è soltanto quello del nostro tempo mortale: è l'Oggi di Dio:

« Se ricevi il Pane ogni giorno, per te ogni giorno è oggi. Se oggi Cristo è tuo, egli risorge per te ogni giorno. In che modo? "Tu sei mio Figlio, oggi io ti ho generato" (Sal 2,7). L'oggi è quando Cristo risorge ». 109

2837 « Quotidiano ». Questa parola, epioúsios, non è usata in nessun altro passo del Nuovo Testamento. Intesa nel suo significato temporale, è una ripresa pedagogica di « oggi », 110 per confermarci in una fiducia « senza riserve ». Intesa in senso qualitativo, significa il necessario per la vita e, in senso più ampio, ogni bene sufficiente per il sostentamento. 111 Presa alla lettera (epioúsios: « sovra-sostanziale »), la parola indica direttamente il Pane di vita, il Corpo di Cristo, « farmaco d'immortalità » 112 senza il quale non abbiamo in noi la vita. 113 Infine, legato al precedente, è evidente il senso celeste: « questo giorno » è il giorno del Signore, il giorno del Banchetto del Regno, anticipato nell'Eucaristia, che è già pregustazione del Regno che viene. Per questo è bene che la liturgia eucaristica sia celebrata « ogni giorno ».

« L'Eucaristia è il nostro pane quotidiano [...]. La virtù propria di questo nutrimento è quella di produrre l'unità, affinché, resi corpo di Cristo, divenuti sue membra, siamo ciò che riceviamo [...], ma anche le letture che ascoltate ogni giorno in chiesa sono pane quotidiano, e l'ascoltare e recitare inni è pane quotidiano. Questi sono i sostegni necessari al nostro pellegrinaggio terreno ». 114

Il Padre del cielo ci esorta a chiedere come figli del cielo il Pane del cielo. 115 Cristo « stesso è il pane che, seminato nella Vergine, lievitato nella carne, impastato nella passione, cotto nel forno del sepolcro, conservato nella chiesa, portato sugli altari, somministra ogni giorno ai fedeli un alimento celeste ». 116

V. « Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori »

2838 Questa domanda è sorprendente. Se consistesse soltanto nel primo membro della frase – « Rimetti a noi i nostri debiti » –, potrebbe essere implicitamente inclusa nelle prime tre domande della Preghiera del Signore, dal momento che il sacrificio di Cristo è « per la remissione dei peccati ». Ma, secondo l'altro membro della frase, la nostra domanda verrà esaudita solo a condizione che noi, prima, abbiamo risposto ad un'esigenza. La nostra domanda è rivolta verso il futuro, la nostra risposta deve averla preceduta; una parola le collega: « come »

« Rimetti a noi i nostri debiti »...

2839 Abbiamo iniziato a pregare il Padre nostro con una fiducia audace. Implorando che il suo nome sia santificato, gli abbiamo chiesto di essere sempre più santificati. Ma, sebbene rivestiti della veste battesimale, noi non cessiamo di peccare, di allontanarci da Dio. Ora, con questa nuova domanda, torniamo a lui, come il figlio prodigo, 117 e ci riconosciamo peccatori, davanti a lui, come il pubblicano. 118 La nostra richiesta inizia con una « confessione », con la quale confessiamo ad un tempo la nostra miseria e la sua misericordia. La nostra speranza è sicura, perché, nel Figlio suo, « abbiamo la redenzione, la remissione dei peccati » (Col 1,14). 119 Il segno efficace ed indubbio del suo perdono lo troviamo nei sacramenti della sua Chiesa. 120

2840 Ora, ed è cosa tremenda, questo flusso di misericordia non può giungere al nostro cuore finché noi non abbiamo perdonato a chi ci ha offeso. L'amore, come il corpo di Cristo, è indivisibile: non possiamo amare Dio che non vediamo, se non amiamo il fratello, la sorella che vediamo. 121 Nel rifiuto di perdonare ai nostri fratelli e alle nostre sorelle, il nostro cuore si chiude e la sua durezza lo rende impermeabile all'amore misericordioso del Padre; nella confessione del nostro peccato, il nostro cuore si apre alla sua grazia.

2841 Questa domanda è tanto importante che è la sola su cui il Signore torna sviluppandola nel discorso della montagna. 122 All'uomo è impossibile soddisfare questa cruciale esigenza del mistero dell'Alleanza. « Ma a Dio tutto è possibile » (Mt 19,26).

...« come noi li rimettiamo ai nostri debitori »

2842 Questo « come » non è unico nell'insegnamento di Gesù: « Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste » (Mt 5,48); « Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro » (Lc 6,36); « Vi dò un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amati, così amatevi anche voi » (Gv 13,34). È impossibile osservare il comandamento del Signore, se si tratta di imitare il modello divino dall'esterno. Si tratta invece di una partecipazione vitale, che scaturisce « dalla profondità del cuore », alla santità, alla misericordia, all'amore del nostro Dio. Soltanto lo Spirito, del quale « viviamo » (Gal 5,25), può fare « nostri » i medesimi sentimenti che furono in Cristo Gesù. 123 Allora diventa possibile l'unità del perdono, perdonarci « a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo » (Ef 4,32).

2843 Così prendono vita le parole del Signore sul perdono, su questo amore che ama fino alla fine. 124 La parabola del servo spietato, che corona l'insegnamento del Signore sulla comunione ecclesiale, 125 termina con queste parole: « Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello ». È lì, infatti, « nella profondità del cuore » che tutto si lega e si scioglie. Non è in nostro potere non sentire più e dimenticare l'offesa; ma il cuore che si offre allo Spirito Santo tramuta la ferita in compassione e purifica la memoria trasformando l'offesa in intercessione.

2844 La preghiera cristiana arriva fino al perdono dei nemici. 126 Essa trasfigura il discepolo configurandolo al suo Maestro. Il perdono è un culmine della preghiera cristiana; il dono della preghiera non può essere ricevuto che in un cuore in sintonia con la compassione divina. Il perdono sta anche a testimoniare che, nel nostro mondo, l'amore è più forte del peccato. I martiri di ieri e di oggi rinnovano questa testimonianza di Gesù. Il perdono è la condizione fondamentale della Riconciliazione 127 dei figli di Dio con il loro Padre e degli uomini tra loro. 128

2845 Non c'è né limite né misura a questo perdono essenzialmente divino. 129 Se si tratta di offese (di « peccati » secondo Lc 11,4 o di « debiti » secondo Mt 6,12), in realtà noi siamo sempre debitori: « Non abbiate alcun debito con nessuno, se non quello di un amore vicendevole » (Rm 13,8). La comunione della Santissima Trinità è la sorgente e il criterio della verità di ogni relazione. 130 Essa è vissuta nella preghiera, specialmente nell'Eucaristia: 131

« Dio non accetta il sacrificio di coloro che fomentano la divisione; dice loro di lasciare sull'altare l'offerta e di andare, prima, a riconciliarsi con i loro fratelli, affinché mediante preghiere di pace anche Dio possa riconciliarsi con essi. Ciò che più fortemente obbliga Dio è la nostra pace, la nostra concordia, l'unità di tutto il popolo dei credenti, nel Padre nel Figlio e nello Spirito Santo ». 132

VI. « Non ci indurre in tentazione »

2846 Questa domanda va alla radice della precedente, perché i nostri peccati sono frutto del consenso alla tentazione. Noi chiediamo al Padre nostro di non « indurci » in essa. Tradurre con una sola parola il termine greco è difficile: significa « non permettere di entrare in », 133 « non lasciarci soccombere alla tentazione ». « Dio non può essere tentato dal male e non tenta nessuno al male » (Gc 1,13); al contrario, vuole liberarcene. Noi gli chiediamo di non lasciarci prendere la strada che conduce al peccato. Siamo impegnati nella lotta « tra la carne e lo Spirito ». Questa domanda implora lo Spirito di discernimento e di fortezza.

2847 Lo Spirito Santo ci porta a discernere tra la prova, necessaria alla crescita dell'uomo interiore 134 in vista di una « virtù provata », 135 e la tentazione, che conduce al peccato e alla morte. 136 Dobbiamo anche distinguere tra « essere tentati » e « consentire » alla tentazione. Infine, il discernimento smaschera la menzogna della tentazione: apparentemente il suo oggetto è « buono, gradito agli occhi e desiderabile » (Gn 3,6), mentre, in realtà, il suo frutto è la morte.

« Dio non vuole costringere al bene: vuole persone libere [...]. La tentazione ha una sua utilità. Tutti, all'infuori di Dio, ignorano ciò che l'anima nostra ha ricevuto da Dio; lo ignoriamo perfino noi. Ma la tentazione lo svela, per insegnarci a conoscere noi stessi e, in tal modo, a scoprire ai nostri occhi la nostra miseria e per obbligarci a rendere grazie per i beni che la tentazione ci ha messo in grado di riconoscere ». 137

2848 « Non entrare nella tentazione » implica una decisione del cuore: « Là dov'è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore. [...] Nessuno può servire a due padroni » (Mt 6,21.24). « Se viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito » (Gal 5,25). In questo « consenso » allo Spirito Santo il Padre ci dà la forza. « Nessuna tentazione vi ha finora sorpresi se non umana; infatti Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze; ma con la tentazione vi darà anche la via d'uscita e la forza per sopportarla » (1 Cor 10,13).

2849 Il combattimento e la vittoria sono possibili solo nella preghiera. È per mezzo della sua preghiera che Gesù è vittorioso sul tentatore, fin dall'inizio 138 e nell'ultimo combattimento della sua agonia. 139 Ed è al suo combattimento e alla sua agonia che Cristo ci unisce in questa domanda al Padre nostro. La vigilanza del cuore, in unione alla sua, è richiamata insistentemente. 140 La vigilanza è « custodia del cuore » e Gesù chiede al Padre di custodirci nel suo nome. 141 Lo Spirito Santo opera per suscitare in noi, senza posa, questa vigilanza. 142 Questa domanda acquista tutto il suo significato drammatico in rapporto alla tentazione finale del nostro combattimento quaggiù; implora la perseveranza finale. « Ecco, io vengo come un ladro. Beato chi è vigilante » (Ap 16,15).

VII. « Ma liberaci dal male »

2850 L'ultima domanda al Padre nostro si trova anche nella preghiera di Gesù: « Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno » (Gv 17,15). Riguarda ognuno di noi personalmente; però siamo sempre « noi » a pregare, in comunione con tutta la Chiesa e per la liberazione dell'intera famiglia umana. La Preghiera del Signore ci apre continuamente alle dimensioni dell'Economia della salvezza. La nostra interdipendenza nel dramma del peccato e della morte diventa solidarietà nel corpo di Cristo, nella « comunione dei santi ». 143

2851 In questa richiesta, il male non è un'astrazione; indica invece una persona: Satana, il maligno, l'angelo che si oppone a Dio. Il « diavolo » diá-bolos è colui che « si getta di traverso » al disegno di Dio e alla sua « opera di salvezza » compiuta in Cristo.

2852 « Omicida fin dal principio [...], menzognero e padre di menzogna » (Gv 8,44), « Satana, che seduce tutta la terra » (Ap 12,9), è a causa sua che il peccato e la morte sono entrati nel mondo, ed è in virtù della sua sconfitta definitiva che tutta la creazione sarà « liberata dalla corruzione del peccato e della morte ». 144 « Sappiamo che chiunque è nato da Dio non pecca: chi è nato da Dio preserva se stesso e il maligno non lo tocca. Noi sappiamo che siamo nati da Dio, mentre tutto il mondo giace sotto il potere del maligno » (1 Gv 5,18-19):

« Il Signore, che ha cancellato il vostro peccato e ha perdonato le vostre colpe, è in grado di proteggervi e di custodirvi contro le insidie del diavolo che è il vostro avversario, perché il nemico, che suole generare la colpa, non vi sorprenda. Ma chi si affida a Dio non teme il diavolo. "Se infatti Dio è dalla nostra parte, chi sarà contro di noi?" (Rm 8,31) ». 145

2853 La vittoria sul « principe del mondo » 146 è conseguita, una volta per tutte, nell'Ora in cui Gesù si consegna liberamente alla morte per darci la sua vita. Avviene allora il giudizio di questo mondo e il principe di questo mondo è « gettato fuori ». 147 Egli « si avventò contro la Donna » (Ap 12,13), 148 ma non la poté ghermire: la nuova Eva, « piena di grazia » dello Spirito Santo, è preservata dal peccato e dalla corruzione della morte (concezione immacolata e assunzione della santissima Madre di Dio, Maria, sempre Vergine). « Allora il drago si infuriò contro la Donna e se ne andò a far guerra contro il resto della sua discendenza » (Ap 12,17). È per questo che lo Spirito e la Chiesa pregano: « Vieni, Signore Gesù » (Ap 22,17.20): la sua venuta, infatti, ci libererà dal male.

2854 Chiedendo di essere liberati dal male, noi preghiamo nel contempo per essere liberati da tutti i mali, presenti, passati e futuri, di cui egli è l'artefice o l'istigatore. In quest'ultima domanda la Chiesa porta davanti al Padre tutta la miseria del mondo. Insieme con la liberazione dai mali che schiacciano l'umanità, la Chiesa implora il dono prezioso della pace e la grazia dell'attesa perseverante del ritorno di Cristo. Pregando così, anticipa nell'umiltà della fede la ricapitolazione di tutti e di tutto in colui che ha « potere sopra la morte e sopra gli inferi » (Ap 1,18), « colui che è, che era e che viene, l'Onnipotente! » (Ap 1,8). 149

« Liberaci, o Signore, da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni e con l'aiuto della tua misericordia vivremo sempre liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento, nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro Salvatore Gesù Cristo ». 150


(55) Cf Lc 22,15; 12,50.

(56) Cf 1 Cor 15,28.

(57) Cf Sal 111,9; Lc 1,49.

(58) Cf Sal 8; Is 6,3.

(59) Cf Sal 8,6.

(60) Cf Rm 3,23.

(61) Cf Eb 6,13.

(62) Cf Es 3,14.

(63) Cf Es 19,5-6.

(64) Cf Lv 19,2: « Siate santi, perché io, il Signore, Dio vostro, sono santo ».

(65) Cf Ez 20; 36.

(66) Cf Mt 1,21; Lc 1,31.

(67) Cf Gv 8,28; 17,8; 17,17-19.

(68) Cf Ez 20,39; 36,20-21.

(69) Cf Gv 17,6.

(70) Cf Fil 2,9-11.

(71) San Cipriano di Cartagine, De dominica Oratione, 12: CCL 3A, 96-97 (PL 4, 544).

(72) Cf Ez 36,20-22.

(73) San Pietro Crisologo, Sermo 71, 4: CCL 24A, 425 (PL 52, 402).

(74) Tertulliano, De oratione, 3, 4: CCL 1, 259 (PL 1, 1259).

(75) Cf Gv 14,13; 15,16; 16,24.26.

(76) San Cipriano di Cartagine, De dominica Oratione, 13: CCL 3A, 97 (PL 4, 545).

(77) Tertulliano, De oratione, 5, 2-4: CCL 1, 260 (PL 1, 1261-1262).

(78) Cf Tt 2,13.

(79) Preghiera Eucaristica IV: Messale Romano (Libreria Editrice Vaticana 1993) p. 413.

(80) Cf Gal 5,16-25.

(81) San Cirillo di Gerusalemme, Catecheses mystagogicae, 5, 13: SC 126, 162 (PG 33, 1120).

(82) Cf Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 22: AAS 58 (1966) 1042-1044; Ibid., 32: AAS: 58 (1966) 1051; Ibid., 39: AAS 58 (1966) 1057; Ibid., 45: AAS 58 (1966) 1065-1066; Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 31: AAS 68 (1976) 26-27.

(83) Cf Gv 17,17-20.

(84) Cf Mt 5,13-16; 6,24; 7,12-13.

(85) Cf Mt 18,14.

(86) Cf Gv 13,34; 1 Gv 3; 4; Lc 10,25-37.

(87) Cf Sal 40,8-9.

(88) Cf Gv 4,34; 5,30; 6,38.

(89) Cf Gv 8,29.

(90) Origene, De oratione, 26, 3: GCS 3, 361 (PG 11, 501).

(91) San Giovanni Crisostomo, In Matthaeum homilia 19, 5: PG 57, 280.

(92) Cf Rm 12,2; Ef 5,17.

(93) Cf Eb 10,36.

(94) Cf 1 Gv 5,14.

(95) Cf Lc 1,38.49.

(96) Sant'Agostino, De sermone Domini in monte, 2, 6, 24: CCL 35, 113 (PL 34, 1279).

(97) Cf Mt 6,25-34.

(98) Cf 2 Ts 3,6-13.

(99) San Cipriano di Cartagine, De dominica Oratione, 21: CCL 3A, 103 (PL 4, 551).

(100) 3 Cf Lc 16,19-31.

(101) Cf Mt 25,31-46.

(102) Cf Concilio Vaticano II, Decr. Apostolicam actuositatem, 5: AAS 58 (1966) 842.

(103) Cf 2 Cor 8,1-15.

(104) Dalla tradizione benedettina. Cf San Benedetto, Regola, 20: CSEL 75, 75-76 (PL 66, 479-480); Ibid., 48: CSEL 75, 114-119 (PL 66, 703-704).

(105) Detto attribuito a sant'Ignazio di Loyola; cf Pietro da Ribadeneyra, Tractatus de modo gubernandi sancti Ignatii, c. 6, 14: MHSI 85, 631.

(106) Cf Dt 8,3.

(107) Cf Gv 6,26-58.

(108) Cf Mt 6,34; Es 16,19.

(109) Sant'Ambrogio, De sacramentis, 5, 26: CSEL 73, 70 (PL 16, 453).

(110) Cf Es 16,19-21.

(111) Cf 1 Tm 6,8.

(112) Sant'Ignazio di Antiochia, Epistula ad Ephesios, 20, 2: SC 10bis, 76 (Funk 1, 230).

(113) Cf Gv 6,53-56.

(114) Sant'Agostino, Sermo 57, 7, 7: PL 38, 389-390.

(115) Cf Gv 6,51.

(116) San Pietro Crisologo, Sermo 67, 7: CCL 24A, 404-405 (PL 52, 402).

(117) Cf Lc 15,11-32.

(118) Cf Lc 18,13.

(119) Cf Ef 1,7.

(120) Cf Mt 26,28; Gv 20,23.

(121) Cf 1 Gv 4,20.

(122) Cf Mt 5,23-34; 6,14-15; Mc 11,25.

(123) Cf Fil 2,1.5.

(124) Cf Gv 13,1.

(125) Cf Mt 18,23-35.

(126) Cf Mt 5,43-44.

(127) Cf 2 Cor 5,18-21.

(128) Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc. Dives in misericordia, 14: AAS 72 (1980) 1221-1228.

(129) Cf Mt 18,21-22; Lc 17,3-4.

(130) Cf 1 Gv 3,19-24.

(131) Cf Mt 5,23-24.

(132) San Cipriano di Cartagine, De dominica Oratione, 23: CCL 3A, 105 (PL 4, 535-536).

(133) Cf Mt 26,41.

(134) Cf Lc 8,13-15; At 14,22; 2 Tm 3,12.

(135) Cf Rm 5,3-5.

(136) Cf Gc 1,14-15.

(137) Origene, De oratione, 29, 15 e 17: GCS 3, 390-391 (PG 11, 541-544).

(138) Cf Mt 4,1-11.

(139) Cf Mt 26,36-44.

(140) Cf Mc 13,9.23.33-37; 14,38; Lc 12,35-40.

(141) Cf Gv 17,11.

(142) Cf 1 Cor 16,13; Col 4,2; 1 Ts 5,6; 1 Pt 5,8.

(143) Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. Reconciliatio et paenitentia, 16: AAS 77 (1985) 214-215.

(144) Preghiera eucaristica IV: Messale Romano (Libreria Editrice Vaticana 1993) p. 417.

(145) Sant'Ambrogio, De sacramentis, 5, 30: CSEL 73, 71-72 (PL 16, 454).

(146) Cf Gv 14,30.

(147) Cf Gv 12,31; Ap 12,10.

(148) Cf Ap 12,13-16.

(149) Cf Ap 1,4.

(150) Riti di Comunione [Embolismo]: Messale Romano (Libreria Editrice Vaticana 1993) p. 419.