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VISITA PASTORALE A PISA, VOLTERRA E LUCCA

CELEBRAZIONE EUCARISTICA NEL CAMPO DEI MIRACOLI

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Pisa - Domenica, 24 settembre 1989

 

1. “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18, 20).

Con la gioiosa certezza che queste parole ci danno della presenza del Signore in mezzo a noi, qui riuniti per “fare memoria” del suo sacrificio redentore, saluto tutti voi, cari fratelli e sorelle della santa Chiesa che è in Pisa. Saluto, in particolare, il vostro Arcivescovo, monsignor Alessandro Plotti e lo ringrazio per i sentimenti espressi a nome di tutti; con lui saluto l’Arcivescovo emerito, monsignor Benvenuto Matteucci, al quale assicuro con fraterno affetto il mio orante sostegno nelle difficili condizioni di salute in cui versa; un fraterno saluto a tutti i Vescovi della Toscana, con il Cardinale Silvano Piovanelli e saluto infine, voi, sacerdoti, religiosi e religiose, che generosamente spendete le vostre energie a servizio del gregge di Cristo.

Vi saluto lodando il Signore, perché nella sua bontà ci ha convocati oggi per la celebrazione eucaristica in questa “Piazza dei Miracoli”, nella quale i vostri padri hanno costruito, in un suggestivo angolo dell’antica città, un complesso monumentale di straordinaria forza evocativa. Innalzando in spazi contigui il battistero, il duomo e la sua torre campanaria, l’ospedale e il camposanto, essi hanno lasciato ai posteri un immagine emblematica della Chiesa, che rigenera l’uomo all’amore di Dio fin dal suo nascere, lo nutre alla mensa della Parola e del Pane eucaristico nella sua fatica quotidiana, lo accompagna col soccorso della carità fraterna nella malattia e lo affida a Dio nel momento della morte.

Su questo messaggio, consegnato visivamente nel candido marmo degli edifici circostanti, i vostri antenati vi invitano a riflettere. Essi vi hanno lasciato un ricordo e un monito, affinché questa Chiesa che è in Pisa non perda mai, nel succedersi delle generazioni, la consapevolezza della sua specifica identità, della missione che Dio le ha affidato nel tempo, della ricompensa che le riserva per l’eternità.

2. In questa riflessione sulla realtà della Chiesa, carissimi fratelli e sorelle, ci guidano le letture liturgiche poc’anzi proclamate. A cominciare dalla pagina tratta dal libro del Deuteronomio, nella quale Mosé parla al popolo per ricordargli: “Tu sei un popolo consacrato al Signore tuo Dio; il Signore tuo Dio ti ha scelto per essere il suo popolo privilegiato . . .” (Dt 7, 6).

Ecco, dunque: all’inizio di tutto c’è l’iniziativa di Dio. È Dio che sceglie il suo popolo, e questa sua scelta non ha altra motivazione che l’amore: Dio non ha scelto Israele perché “più numeroso” di altri popoli - “siete infatti il più piccolo di tutti i popoli” (Dt 7, 7) - ma unicamente perché lo ama (cf. Dt 7, 8).

Si tratta, pertanto, di una scelta di Dio, ed è una scelta che libera e, al tempo stesso, lega: Dio libera Israele “dalla condizione servile, dalla mano del faraone” (Dt 7, 8), ma per legarlo a sé con un patto di alleanza. Ormai Israele sarà “un popolo consacrato al Signore”, cioè un popolo che, pur vivendo in mezzo agli altri popoli, dovrà sentirsi impegnato a corrispondere al “privilegio” della scelta divina, offrendo il suo culto all’unico vero Dio e osservandone i comandamenti. L’alleanza con Dio è un privilegio che onora, ma che va anche onorato: è un patto che impegna solennemente.

E allora io ti dico: Chiesa che vivi in Pisa, ripensa alla tua storia nella luce che ti viene da questa Parola di Dio! Fin dagli inizi dell’era cristiana i tuoi padri sono stati oggetto di una scelta di predilezione da parte di Dio: se non Pietro stesso, sicuramente i primi suoi discepoli sono approdati alla foce dell’Arno per recarti la “buona notizia” del Vangelo. Tu allora sei nata: alle tue origini c’è un’iniziativa d’amore di Dio. I tuoi padri hanno saputo corrispondere generosamente al patto d’alleanza, che Dio stabilì allora con essi. I frutti di tale corrispondenza sono descritti negli annali della tua storia e sono evocati da questa fioritura di opere d’arte che tutto il mondo ti invidia.

Come vivi tu ora la scelta fatta da Dio? Con quale generosità sai tu corrispondere all’iniziativa del suo amore, difendendo, mediante la fedeltà al suo patto, la libertà di cui egli ti ha fatto dono?

“Tu sei un popolo consacrato al Signore, tuo Dio”. Non dimenticarlo mai!

3. “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18, 20). Qui è Gesù stesso che parla. Egli si rivolge ai membri del popolo nuovo, che è venuto a costituire sul fondamento del proprio sacrificio. La comunità dell’antica alleanza non era che la prefigurazione del nuovo Israele, col quale egli ha stipulato, nel suo sangue, una alleanza definitiva ed universale. Non c’è più nulla di provvisorio, nulla di particolaristico. Il nuovo popolo rispecchia l’universale volontà salvifica di Dio: raccoglie gente di ogni razza e parla la lingua di ogni nazione, come dimostrerà l’evento della Pentecoste con l’evidenza inoppugnabile dei fatti.

Dalle labbra del suo Fondatore e Maestro la Chiesa apprende ogni giorno questa sua vocazione universale, che la rende unica interlocutrice, nelle cose dello spirito, tra la terra e il cielo: “Tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche in cielo, e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo” (Mt 18, 18).

Tuttavia, questo orizzonte sconfinato della missione, affidata alla Chiesa, non deve rimanere qualcosa di vago o di astratto, né deve far perdere il contatto con la realtà concreta e con certi suoi limiti umani: l’unione universale dei popoli in Cristo. che la Chiesa è chiamata ad attuare, si realizza di fatto mediante l’incontro in comunità ristrette: “Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18, 20); e le persone che entrano a far parte di tali comunità non sono, purtroppo, sempre perfette: “Se il tuo fratello commette una colpa, va’ e ammoniscilo . . .” (Mt 18, 15).

4. Fratelli carissimi! Quale messe di considerazioni stimolanti offre questa Parola di Cristo a quanti - come noi ora - si riuniscono “nel suo nome”! Essa ci assicura, innanzitutto, che la realtà della Chiesa, popolo in cammino verso la patria, ha una sua espressione già in ogni piccola comunità che, pur col peso di infedeltà e di colpe, si raccoglie nella fede per confessare il nome di Cristo.

Una sua espressione, ad esempio, è nella famiglia, santificata dal sacramento del Matrimonio, quando - vera “chiesa domestica” - essa cerca, nella lettura della Parola di Dio e nella comunione della preghiera, la forza per vivere nell’amore la vita di tutti i giorni. Un’altra sua espressione è nella parrocchia, raccolta intorno al sacerdote per celebrare i divini misteri, nutrirsi del Pane eucaristico e rinsaldare i vincoli della carità fraterna. Altra sua espressione, soprattutto, - e qui pienamente - è nella comunità diocesana, quando “sotto la sacra presidenza del Vescovo, viene offerto il simbolo di quella carità e unità del Corpo mistico, senza la quale non può esserci salvezza” (Lumen Gentium, 26).

Ecco, dunque, carissimi fedeli di Pisa! Facendo unità col vostro Vescovo, che a voi annuncia il Vangelo, per voi rinnova il mistero della Cena del Signore, con voi vive l’impegno del servizio fraterno, voi realizzate in pienezza la Chiesa di Cristo. Il Concilio Vaticano II ha parlato a lungo delle Chiese “particolari” o “locali”, come questa vostra, ed ha affermato con forza che “in esse e da esse è costituita l’una e unica Chiesa cattolica” (Lumen Gentium, 23).

Chiesa particolare e Chiesa universale: c’è tra loro una diretta, intrinseca e costitutiva reciprocità, in forza della quale la Chiesa universale si rende visibile e si esprime nella concretezza della Chiesa particolare, e questa, a sua volta, respira e vive della cattolicità di quella.

Le conseguenze di un tale rapporto sono immediate ed importanti: tu, fedele di Pisa, non puoi pensare di essere in comunione con la Chiesa universale, se non vivi la comunione col tuo Vescovo nell’ambito della tua Chiesa particolare. Viceversa, la sintonia col tuo Pastore non basterebbe a dare alla tua fede il respiro della cattolicità, se egli avesse sventuratamente interrotto la comunione con gli altri Vescovi e con colui che, “quale successore di Pietro, è il perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità sia del Vescovo sia della massa dei fedeli” (Lumen Gentium, 23).

La celebrazione odierna, nella quale accanto al vostro Arcivescovo, carissimi pisani, c’è il successore di Pietro, che con lui offre la medesima Eucaristia, è la conferma palese del vincolo di amore e di pace, che lega intimamente la vostra Chiesa con la Chiesa di Roma nella comunione dell’unica Chiesa di Cristo.

Come non essere grati al Signore di questa gioiosa esperienza di fraternità, che fa quasi toccare con mano la profonda verità delle parole di Cristo: “Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”?

Siamo grati a Dio e sentiamoci, nello stesso tempo, impegnati a vivere sempre più a fondo la comunione ecclesiale, mediante la quale il Maestro divino promulga fra noi la sua presenza salvatrice.

5. Un’autorevole dimostrazione del processo concreto, a cui occorre attenersi nella costruzione della comunità di fede e di vita cristiana, ci è offerta dall’attività apostolica di Paolo in Corinto. La pagina del libro degli Atti, ascoltata poco fa, ci presenta l’Apostolo ospite degli amici Aquila e Priscilla di cui, in un primo tempo, condivide il lavoro materiale quale fabbricatore di tende. Ciò gli consente di stabilire un contatto diretto con la realtà socio-economica dell’ambiente circostante e di farsi in tal modo, meglio accettare.

Vi sono anche oggi ambienti prevenuti, che guardano alla Chiesa come ad una realtà estranea, se non addirittura ostile, che non ha da dir loro nulla di utile e di costruttivo. Il primo impegno della comunità cristiana, in questi casi, è di smentire simili pregiudizi, operando in atteggiamento di sincera partecipazione ai problemi e alle istanze di questi fratelli. Solo la ricuperata fiducia a livello umano consentirà di aprire un dialogo che potrà poi spingersi oltre, fino ai problemi della fede e della salvezza.

San Paolo inizia il suo lavoro apostolico entro la cerchia dell’ambiente giudaico, ma lo estende ben presto al vasto mondo dei pagani, nel quale il Signore lo rassicura di avere “un popolo numeroso” che intende aggregare alla sua Chiesa (cf. At 18, 10).

Anche oggi il cristiano deve guardarsi dalla tentazione di chiudersi nel piccolo gruppo di coloro che la pensano come lui, per aprirsi al riconoscimento degli elementi validi che pure gli altri possiedono e, prendendo spunto da questi, annunciare loro la piena verità di Cristo salvatore.

È quanto fa l’apostolo Paolo a Corinto. Il libro degli Atti ne riassume la predicazione annotando che egli andava “affermando . . . che Gesù era il Cristo” (At 18, 5).

Non diverso è il compito della Chiesa oggi; non diverso, è il compito della Chiesa che vive in questa vostra città dall’illustre passato, o pisani! Essa con tutte le sue comunità religiose, le confraternite, le associazioni, i gruppi, i movimenti, con tutta la ricchezza della sua esperienza cristiana e l’efficienza della sua organizzazione, non ha altro fine che questo: portare a tutti l’annuncio che Gesù è il Cristo, che la sua Parola è la verità che tutti cerchiamo, che egli è il risorto per la Redenzione dell’uomo, che in lui - e in nessun altro - è riposta la speranza per la salvezza del mondo.

6. “Non avere paura . . ., continua a parlare e non tacere . . .: io sono con te” (At 18, 9-10).

Questo dice oggi il Signore anche a te, Chiesa che gli rendi testimonianza in Pisa. “Non avere paura” di proclamare le supreme verità che Cristo ti ha rivelato, non chiuderti nello sconforto o nell’isolamento: il Signore è con te! “Continua a parlare e non tacere”, perché se da Cristo hai ricevuto un così grande patrimonio di grazia e di verità per il bene dell’uomo, mai ti sarebbe lecito, mai ti sarebbe consentito di sottrarlo ai fratelli o di tenerlo nascosto. Se dai tuoi padri hai ereditato una forza ed una chiarezza di voce e di testimonianza come quella che appare da questi stupendi edifici, tu devi continuare ad esprimerti con la stessa coraggiosa franchezza.

“Io sono con te!” È con te il tuo Signore, il Cristo che per te è morto, il Cristo che ti ha scelto e che continua ad amarti. Egli porterà certamente a compimento l’opera che in te ha iniziato. Egli vuole realizzare in pienezza la missione, per la quale ti ha chiamato fin dai primi inizi dell’era cristiana.

Trova perciò in te stessa il coraggio di affidarti al tuo Maestro e Signore, per seguirlo con assoluta determinazione, con fede viva e con generosa risposta di amore.

“Continua a parlare e non tacere!” Amen.

 

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