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VISITA PASTORALE IN SICILIA

SANTA MESSA NELLO STADIO COMUNALE «PIAN DEL LAGO»

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Caltanissetta - Lunedì, 10 maggio 1993

 

1. “Maria si mise in viaggio verso la montagna... in fretta... Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta” (Lc 1, 39-40). Carissimi Fratelli e Sorelle, il mistero della Visitazione della Vergine Santissima ci è presentato dalla Parola di Dio, appena ascoltata, come modello e ispirazione per la presente visita, con la quale posso finalmente rispondere al vostro invito. Avrei dovuto compierla lo scorso mese di settembre, ma il Signore ha stabilito diversamente. Voi mi siete stati vicini nel tempo della malattia ed oggi sono lieto di potervi ringraziare di persona per le vostre premure, e soprattutto per le vostre preghiere. Saluto con viva cordialità i miei Confratelli nell’Episcopato ai quali sono affidate le Diocesi siciliane, in particolare Monsignor Alfredo Maria Garsia, che si è fatto interprete dei sentimenti della Comunità nissena. Saluto tutti i Sacerdoti, uniti con il loro Vescovo nel vincolo della carità pastorale. Saluto le Religiose, i Religiosi e i Laici consacrati, che vivono il loro carisma in questa Chiesa particolare. Saluto le Autorità presenti e le ringrazio di aver voluto prendere parte all’odierna celebrazione eucaristica, che segna il momento culminante del mio pellegrinaggio nella vostra Diocesi.

2. “Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo grembo” (Lc 1, 42). Queste parole colme di riconoscenza riprendono e completano le espressioni rivolte a Maria dall’angelo Gabriele, che aveva iniziato il suo annuncio così: “Ti saluto, piena di grazia, il Signore è con te” (Lc 1, 28). L’espressione del messaggero divino capovolge quanto avevano udito “in principio” i progenitori, Adamo ed Eva, dopo la disubbidienza del peccato originale. Ce lo ha ricordato l’odierna lettura tratta dal Libro della Genesi (Gen 3, 9-15. 20). Il saluto rivolto a Maria dall’Angelo nell’annunciazione significa però, al tempo stesso, il compimento della promessa “originale” di Dio Creatore e Salvatore, solitamente designata col termine di “proto-evangelo”. In essa, fin dal principio, Dio aveva assicurato la venuta del Messia come Redentore del mondo, vincitore della morte, del peccato e di satana, preannunciandolo come “stirpe”, cioè figlio, della Donna.

L’“attesa” di quella Donna, della nuova Eva, Madre del Messia, era iniziata sin da quando la prima Eva era divenuta “la madre di tutti i viventi” (Gen 3, 20).

3. Nel momento in cui Elisabetta, piena di Spirito Santo, saluta Maria aprendole le porte della propria casa, si rivela il compimento di quell’attesa: “A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?” (Lc 1, 43). L’anziana cugina sperimenta la potenza illuminatrice dello Spirito Consolatore e la esprime benedicendo Maria: “Beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore” (Lc 1, 45). Maria ha creduto. Si è rinnovata in lei, raggiungendo il suo apice, la fede di Abramo. Infatti, udite le parole dell’annuncio angelico, essa rispose: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto” (Lc 1, 38). Per questo, la Vergine di Nazaret, custodendo integro lo splendore della sua consacrazione verginale a Dio, diviene contemporaneamente la Madre del Verbo incarnato. La Madre del Figlio consostanziale al Padre: “e benedetto il frutto del tuo grembo” (Lc 1, 42).

4. Maria ha creduto: “nulla è impossibile a Dio” (Lc 1, 37). Grazie alla sua fede perfetta, in tutta umiltà, si è posta a capo di un singolare ed universale pellegrinaggio, che si snoda attraverso i secoli e le generazioni: la Madre di Gesù è la prima, nella peregrinazione della fede, del Popolo della nuova ed eterna Alleanza. Si tratta di un pellegrinaggio “interiore”, che si attua «mediante la fede, per virtù del Signore risuscitato... nello Spirito Santo, dato alla Chiesa come invisibile Consolatore... Proprio in questo cammino-pellegrinaggio ecclesiale attraverso lo spazio e il tempo, e ancor più attraverso la storia delle anime, Maria è presente, come colei che è “beata perché ha creduto»” (Redemptoris Mater, 25).

5. Maria è dunque inizio ed immagine della Chiesa. Col compiersi del suo itinerario di fede a fianco del Figlio, si inaugurò un ulteriore pellegrinaggio in comunione con la Chiesa. Cristo stesso sul Golgota indicò a sua Madre il cammino successivo, consegnandole il discepolo prediletto: “Ecco il tuo figlio” (Gv 19, 26); e, in lui, affidandole tutti gli uomini. Per questo ritroviamo Maria nel cenacolo di Gerusalemme, assidua nella preghiera insieme con gli Apostoli e con la prima comunità della Chiesa nascente che, per opera dello Spirito Santo, doveva manifestarsi al mondo il giorno della Pentecoste.

6. Carissimi fratelli e sorelle, questo stadio è oggi per noi, come un grande cenacolo aperto verso il cielo. Il mio sguardo si volge tutt’attorno a questa vostra assemblea devota e festosa. Il mio pensiero intende abbracciare anche quanti si uniscono alla nostra preghiera mediante la radio e la televisione. Penso in particolare agli anziani ed a quanti, pur desiderandolo, non hanno potuto essere con noi fisicamente. Penso all’intera famiglia cristiana di questa terra e a tutti gli uomini di buona volontà che prendono parte a questo nostro momento di fede e di vita ecclesiale. Vedo tra di voi numerosi ammalati. Vorrei rivolgermi, in particolare, con parole di incoraggiamento e di speranza al folto gruppo di talassemici. Carissimi Fratelli e Sorelle, offrite le vostre sofferenze in unione al Sacrificio eucaristico ed abbiate fiducia nel Signore. Egli non abbandona mai chi a lui si affida. Auguro di cuore che possiate godere al più presto dei benefici delle ricerche in corso sulle nuove terapie contro l’anemia mediterranea. In questo clima di fraterna solidarietà saluto cordialmente i membri delle Confraternite, la Real Maestranza di Caltanissetta, i lavoratori dei campi e delle miniere. Sono presenti tanti giovani. Quasi alla stessa ora, ieri, in un altro stadio, ad Agrigento, abbiamo vissuto insieme la presenza e l’impegno dei giovani, non solamente della diocesi ma di tutta la Sicilia. Quello che vivete voi oggi è a completare l’esperienza di ieri e gli impegni presi ieri con tutti i giovani siciliani. E poi i giovani con la loro vitalità arrecano una nota particolarmente festosa a questo nuovo campo sportivo. Ci ricordiamo sempre come San Paolo ha paragonato due atleti: gli atleti dello sport, nel campo agonistico, e gli atleti della fede. Vi auguro di rappresentare, di incarnare ambedue. Auspico che ciascuno di voi giovani possa “sbocciare” alla generosità e alla piena maturità dello Spirito portando così frutti per la Chiesa e la società. Cari giovani amici, voi ben sapete che in questo stadio gli atleti si preparano alle gare a lungo e con cura, affrontando non pochi sacrifici e rinunce, accettando la guida di esigenti maestri, esperti nelle discipline sportive. Anche voi preparatevi a giocare con impegno la partita della vita, resistendo alle tentazioni di facili e illusori successi. Non aprite il cuore ai richiami fallaci dei falsi ideali. Dite no alla violenza, alla droga, ai guadagni e ai successi disonesti. Cristo ha bisogno di voi! Ma non in maniera unilaterale: voi avete bisogno di Cristo, avete grande bisogno di Cristo! Egli è sempre fra noi come “Emmanuele”, come quel Dio che è per noi. Allora approfittate, e sono lieto che veramente approfittate qui in Sicilia di questa apertura di Cristo per essere dono ai vostri cuori giovani, ai vostri progetti di vita, propri della giovinezza, alle vostre prospettive, alle vostre ansie e anche alle vostre speranze. Allenatevi, correte ogni giorno nella palestra dell’esistenza, per essere costruttori generosi ed ardenti della “civiltà dell’Amore”. Siate apostoli dei vostri coetanei.

7. La Madre del Redentore, che abbiamo contemplato come inizio e modello della Chiesa in cammino, oggi brilla di una luce singolare dinanzi alla vostra famiglia diocesana riunita per il primo suo Sinodo. Voglia Maria Santissima intercedere affinché lo Spirito Santo rinnovi il cuore e il volto di questa Comunità ecclesiale, rendendola capace di diffondere in ogni ambiente lo spirito di Cristo. Carissimi Fratelli e Sorelle, se vivete questo momento di grazia come esperienza di comunione vera, voi sperimenterete la ricchezza della grazia divina. Crescerete nell’amore scambievole e nell’unità vissuta, che scaturisce dall’intima comunione con Dio. Sentirete come ciascuno porta veramente in sé l’altro e l’insieme degli altri, in un itinerario di costante crescita nell’amore. Questo è il nucleo formante del Sinodo e deve essere anche il suo punto principale. Questo occorre ricordare: saranno certamente importanti le proposte e le conclusioni del Sinodo, ma soprattutto sarà decisiva per la vita della vostra Chiesa l’esperienza umano-divina di conoscenza, di amicizia, di cordiale comunione che il cammino fatto insieme produrrà in voi. Sinodo è una parola greca che significa “camminare insieme”. La comunione vissuta nel Sinodo vi consentirà di guardare con occhi illuminati dalla sapienza la società in cui la vostra Chiesa vive. Perché occorrerà conoscere il clima culturale che gli interlocutori e i destinatari del messaggio respirano, i loro problemi e interrogativi, e scoprire anche le ragioni del rifiuto di Dio, del cristianesimo, della Chiesa. Il Sinodo vi indurrà a mettervi in atteggiamento di servizio verso la società, per illuminarne ansie, attese e sofferenze con la testimonianza di persone e di comunità che credono nel Vangelo e lo vivono. Ma ricordate, carissimi! Una Chiesa, posta in atteggiamento di servizio verso la società in cui vive, deve essere fortemente ancorata in Dio e disponibile totalmente per il suo Signore. La risposta di Maria a Dio, il suo “Eccomi” pronto, generoso, totale, letto in chiave comunitaria, evidenzia i lineamenti di una Chiesa tesa verso il suo Signore per accoglierne la volontà e farne norma indiscussa dell’agire. E questo è un po’ il quadro operativo, il progetto, il programma operativo, pastorale di ogni Sinodo, e anche del vostro Sinodo nisseno.

8. Camminate sicuri su questa strada, anzi correte, affrettatevi, imitando Maria che, “entrata intimamente nella storia della salvezza... chiama i credenti al Figlio suo, al suo sacrificio e all’amore del Padre” (Lumen gentium, 65). Ella vi sostenga in una stagione pastorale così significativa. La sua presenza spirituale, come ho affermato nell’Enciclica Redemptoris Mater, “possiede un multiforme raggio d’azione: mediante la fede e la pietà dei singoli fedeli, mediante le tradizioni delle famiglie cristiane, delle comunità parrocchiali e missionarie, degli Istituti religiosi, delle Diocesi” (n. 28).

9. Ad immagine della Madre di Dio, siate pienamente Chiesa, umanità in cammino colma di fede, speranza e amore, perché anche alla vostra Comunità si possa dire: “Benedetta tu... e benedetto il frutto del tuo grembo!”. Maria, Madre della Chiesa, accompagna questa Diocesi che oggi a te si affida con filiale abbandono. Ripeti a questo popolo le parole che l’angelo ti rivolse nel primo annuncio: “Non temere”. Non temere, Chiesa di Caltanissetta! Il Signore è con te! Il Signore “regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe”. “L’anima mia esulta nel mio Dio”.

Amen!

 


Al termine della Santa Messa celebrata nello stadio comunale di Caltanissetta, il Papa rivolge ai fedeli presenti le seguenti parole.  

Carissimi fratelli e sorelle di Caltanissetta, “qui cantat bis orat”. Sono parole di sant’Agostino, Dottore e maestro della nostra fede.

Voglio dire che questi applausi sono dovuti a tutti quelli che hanno preparato questa visita, non solo qui a Caltanissetta, ma anche ad Agrigento e nelle altre tappe della mia visita: a Trapani, ad Erice, a Mazara del Vallo. Io voglio aggiungerli ai ringraziamenti dovuti a tutti quelli che hanno collaborato alla nostra preghiera, ma in modo speciale voglio rivolgere questo ringraziamento a questo coro. Ringrazio anche tutti gli altri cori che hanno cantato durante questo mio pellegrinaggio in terra siciliana. I cantori della celebrazione odierna devono trasmettere le mie parole agli altri, ugualmente meritevoli. “Qui cantat bis orat”. Grazie a questi cori noi abbiamo pregato due volte. Questo è un bilancio che si deve fare verso la fine di questa visita pastorale, ringraziando il Signore per questo dono: grazie ai canti le nostre preghiere in Sicilia sono raddoppiate.

La musica ha un valore profetico perché c’è sempre questa armonia che si manifesta attraverso la metodologia dell’arte musicale. Questo ha un valore profetico perché ci rappresenta tutte le possibili armonie che devono dominare, devono reggere la nostra vita umana: l’armonia interna del cuore, le armonie nella comunità coniugale e familiare, nei diversi ambienti, di lavoro, di educazione, di vita comune. Anche negli ambienti di vita consacrata, nella Chiesa particolare, nella diocesi, nella parrocchia e nella Chiesa universale. Nella società intera.

Il valore profetico della musica, il suo profetismo, voglio lasciare come consegna alla Sicilia, perché qui questa armonia è tanto necessaria. È necessaria per superare tutto ciò che è contrario drasticamente, brutalmente, cruentemente all’armonia, all’unità, al rispetto mutuo, all’armonia tra persone, ambienti e comunità particolari e soprattutto all’armonia che deve dominare i nostri rapporti con Dio. Non è possibile che dentro una società così devota, così religiosa, così cristiana possa essere, anzi possa in qualche senso dominare il contrario. Ciò che offende Dio e distrugge l’altro, il nostro vicino, il nostro fratello.

Questa è l’ultima consegna che affido a voi. Ieri l’ho fatto attraverso la grande eredità dell’arte greca davanti alla quale si celebrava l’Eucaristia ad Agrigento. Oggi lo faccio attraverso la musica. Sia la sua forza profetica uno stimolo a migliorare la vita, per fare concordare la vita sociale siciliana, che ha tanti aspetti splendidi, tante ricchezze, con quello che viene da Dio e che Dio aspetta da noi. Si è fatto per noi Figlio della Vergine. È diventato il nostro Emmanuele, “Dio con noi”. Esige da noi che rispettiamo questa sua presenza continua. Certamente non si rispetta questa sua presenza, se non si rispetta la vita di un’altra persona.

 

 



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