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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AD UN GRUPPO DI VESCOVI DELL'AUSTRALIA
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Venerdì, 11 novembre 1983

 

Cari fratelli nell’Episcopato.

1. Ci siamo radunati, nella potenza dello Spirito Santo, per riflettere sulla nostra missione pastorale di Vescovi. E lo facciamo nel contesto dell’intero mistero della Chiesa di Gesù Cristo che siamo chiamati a servire. Parlando il luglio scorso ad altri Vescovi d’Australia, ho accennato che “molto rimane da dire sui laici e la loro condivisione di responsabilità nella proclamazione del Vangelo”. Oggi vorrei dunque proseguire sul tema del laicato nella Chiesa.

2. Il Concilio Vaticano II sottolinea la consolante verità che i Vescovi “non sono stati istituiti da Cristo per assumersi da soli tutto il peso della missione salvifica della Chiesa” (Lumen Gentium, 30). Come i sacerdoti e i religiosi, i laici hanno un ruolo caratteristico da svolgere, uno specifico contributo da dare alla missione salvifica di Cristo, che egli condivide con la sua Chiesa. Ma il loro contributo dipende dal loro vivere il mistero della Chiesa. Per questa ragione è così importante che i laici debbano avere consapevolezza della grandezza della loro vocazione, coscienza dell’essere componente essenziale della comunità ecclesiale, coscienza di vivere in unione con Cristo. Essi devono capire sempre più le implicazioni delle parole di san Paolo: “Questa vita che vivo nella carne io la vivo nella fede del Figlio di Dio che mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Gal 2, 20). Il Concilio ravvisa davvero il successo dell’apostolato dei laici nel suo dipendere “dalla loro vitale unione con Cristo” (Apostolicam Actuositatem, 4).

3. Per il Concilio tutta la spiritualità del laicato è fondata sacramentalmente e orientata spiritualmente, perché l’apostolato dei laici è concepito come partecipazione alla missione salvifica della Chiesa, alla quale i laici sono incaricati dal Signore stesso mediante il Battesimo e la Confermazione (cf. Lumen Gentium, 33).

Nello stesso tempo la Chiesa riconosce la qualità secolare di gran parte delle attività dei laici; essa ha stima del loro specifico contributo al rinnovamento dell’ordine temporale e proclama il ruolo speciale che essi devono svolgere nella “nascita di un nuovo umanesimo in cui l’uomo si definisce anzitutto per la sua responsabilità verso i suoi fratelli e sorelle e verso la storia” (Gaudium et Spes, 55).

4. La Chiesa riconosce questa caratteristica responsabilità cristiana dei laici in molti campi, tra cui la politica, il mondo professionale, gli ambiti del sociale, dell’economia e dell’esercito, il mondo della cultura, la scienza, le arti, la vita internazionale e l’influsso estremamente incidente dei mass media.

I laici sono in grado di esercitare una grande influenza sulla cultura e di rendere uno speciale contributo alla sua evangelizzazione. Questo essi lo possono fare particolarmente nei campi della scienza, della letteratura e dell’arte. E se prendiamo in considerazione le parole di Paolo VI - “la separazione tra il Vangelo e la cultura è senza dubbio il dramma del nostro tempo” (Evangelii Nuntiandi, 20) - allora noi possiamo renderci conto di quanto è grande la responsabilità per il Vangelo che i laici condividono e quanto essi possono contribuire al suo avanzamento.

In tutto ciò, la Chiesa desidera mostrare la sua fiducia negli specifici carismi del laicato e nella sua capacità di esercitarli per il bene di tutta la comunità. In questo senso, il Sinodo del 1971 parlò di “maturità dei laici che deve essere altamente valutata a riguardo del loro ruolo specifico” (Il sacerdozio ministeriale, parte seconda, I, 2). In tutte le loro attività temporali, i laici trovano il sostegno della fede e forza immensa nell’importante esortazione di san Paolo: “E tutto quello che fate in parole ed opere, tutto si compia nel nome del Signore Gesù” (Col 3, 17).

5. La gamma delle attività ove i laici proclamano il Vangelo in parole e opere e fanno avanzare il Regno di Dio sulla terra è molto estesa. In ragione della loro vocazione di laici nel mondo, le loro attività secolari hanno un valore profondo agli occhi di Dio. Tutta la sfera dell’attività umana è santificata dalla grazia del Creatore e Redentore.

Ogni degna opera umana rientra nel principio che ho enunciato nella mia enciclica Laborem Exercens: “Sopportando la fatica del lavoro in unione con Cristo crocifisso per noi, l’uomo collabora in qualche modo col Figlio di Dio alla redenzione dell’umanità” (Giovanni Paolo II, Laborem Exercens, 27). I laici svolgono un ruolo determinante nella difesa del valore del lavoro umano e nell’assicurare che il corretto concetto di lavoro umano sia applicato alla politica sociale ed economica delle Nazioni.

6. La risposta dei laici alle sfide poste loro dinanzi è stata espressa in molti splendidi modi in Australia. I laici meritano onore e gratitudine per il loro impegno nel campo dell’educazione, per il loro coinvolgimento nella promozione della giustizia e della pace e per il loro incessante e prolungato contributo all’opera caritativa e assistenziale. Che le loro degne attività siano di natura religiosa o secolare, esse promuovono tutte potentemente il Regno di Dio nella misura in cui sono motivate dalla carità ed esprimono la verità dello stato laicale che è entrata col Battesimo. Ogni azione compiuta dal laicato, conforme alla sua vocazione e sostenuta dalla grazia, è un’azione santificante, espressione autentica della vita della Chiesa. Cristo è attivo nelle sue membra. Il Padre continua ad amare il Figlio suo che è vivo nel suo Corpo che è la Chiesa.

7. Di fronte a tutti i problemi del mondo, i laici sono chiamati a manifestare la fede della Chiesa pellegrina con fiducia e gioia. In mezzo alle difficoltà della vita quotidiana la loro voce esprime la serenità della Chiesa, che sa che il Signore è con lei: “Il Signore è mia luce e mia salvezza; di chi avrò paura?” (Sal 27, 1). In infiniti modi, i laici sono toccati fino al punto dell’esserne oppressi, dai problemi che affliggono l’umanità, e dalla ricerca drammatica dei mezzi per alleviare la sofferenza umana causata dai mali del mondo. E tuttavia essi rimangono un popolo di forte speranza.

In ragione della loro esposizione, i laici sono particolarmente vulnerabili alla sofferenza: quando individui e famiglie sono turbati da ideologie opposte ai valori del Vangelo; quando nelle comunità si insinua l’abuso della droga; quando problemi sociali ed economici causano solitudine, scoraggiamento e alienazione; quando gli effetti del peccato nel mondo pesano considerevolmente sui cuori umani.

8. A causa della loro posizione nella Chiesa e in ragione del loro impegno secolare i laici hanno la vocazione speciale di difendere l’ordine morale nella sua integralità mediante la loro condotta. Soltanto attraverso la loro applicazione concreta dei principi di carità, giustizia e castità i membri della Chiesa possono offrire al mondo una convincente testimonianza degli insegnamenti di Gesù che sempre saranno contestati. Lo splendore della Chiesa di Cristo si rivela nella vita del laicato. La potenza della grazia di Dio è efficacemente attestata dai laici nel loro impegno di applicare la Parola di Dio alle situazioni della vita reale. Essi glorificano Dio respingendo le forze della secolarizzazione e ascoltando con umiltà e fiducia ciò che dice l’apostolo: “Non conformatevi alla mentalità di questo secolo” (Rm 12, 2).

9. Sebbene i laici hanno occupazioni secolari, essi appartengono anche all’unica comunità ecclesiale di cui essi costituiscono la più gran parte. E questa comunità è una comunità di adorazione e di lode. Il Concilio dichiara che è in quanto adoratori che i laici consacrano la Parola di Dio (cf. Lumen Gentium, 34). L’aspetto del culto è centrale ad una comprensione della piena dignità del laicato quale categoria essenziale all’interno di tutta la Chiesa.

In occasione di un’altra visita “ad limina”, ho richiamato l’attenzione su questo fatto: “Quando il nostro popolo . . . si rende conto di essere chiamato ad adorare e ringraziare il Padre in unione con Gesù Cristo, un’immensa potenza si effonde nella sua vita cristiana . . . Quando il nostro popolo capisce che tutte le sue preghiere di supplica sono unite a un’azione infinita di Cristo orante, allora vi è nuova speranza e rinnovato incoraggiamento per il popolo cristiano (Giovanni Paolo II, Allocutio ad Episcopos Foederatarum Civitatum Americae Septentrionalis, occasione oblata eorum visitationis ad limina coram admissos, 3, 9 luglio 1983). Sì, adorazione e preghiera sono entrambi un diritto e una responsabilità per i laici e costituiscono la forza della loro vita.

10. Ogni riflessione sui laici deve includere una riflessione sulla necessità di un’adeguata formazione dei laici. Molto è stato fatto a partire dal Concilio ecumenico e tuttavia molto rimane ancora da fare. È importante aprire ai laici sempre di più l’accesso ai tesori della fede: la Parola di Dio come è espressa nelle Scritture e nel pieno insegnamento della Chiesa, così come nella sua vita sacramentale. Questa ulteriore formazione renderà necessari speciali progetti educativi - speciali iniziative - ma non dobbiamo mai dimenticare l’incomparabile valore della catechesi sistematica impartita nella parrocchia mediante la predicazione fedele e perseverante della Parola di Dio. In una vita di prolungato contatto personale col Popolo di Dio, nella testimonianza della loro vita di fede, tutti i sacerdoti hanno un’eccellente opportunità di aiutare i laici ad inoltrarsi sempre più nei divini misteri, includendo il posto speciale che i laici occupano nel piano di Dio e nel cuore di Cristo.

11. È inutile dire, nello spirito pastorale del nostro servizio episcopale, che dobbiamo riservare uno speciale interesse ai cattolici che sbagliano, cercandoli con l’aiuto dei laici e sforzandoci di aiutarli ad assumere di nuovo una partecipazione vitale nella vita della Chiesa.

12. Come Vescovi noi abbiamo il grande privilegio di servire il laicato e di proclamare la sua dignità nella comunità del Popolo di Dio. Il nostro è un ministero di amore pastorale, che include tutto il sostegno possibile da parte dei laici nella causa del Vangelo. Ma sappiamo che questo può avvenire solo se essi vivono il mistero della Chiesa e sono consci della loro grande dignità cristiana. Uniamoci a san Leone Magno, la cui festa abbiamo celebrato solo ieri, nel magnificare la dignità del nostro popolo: “Agnosce, christiane, dignitatem tuam” (S. Leone Magno, Homilia in Nativitate Domini, 21, 3).

Questo è il nostro scopo: rafforzare la convinzione cristiana, promuovere nuovo impegno, cosicché nella profonda consapevolezza della sua identità il nostro popolo esclami: “Noi siamo forti nel nome del Signore, nostro Dio” (Sal 20, 8). Questa è la nostra preghiera offerta attraverso Maria, la Madre di Gesù: che tutti i fedeli facciano esperienza di ciò che significa essere popolo di culto, popolo di speranza, il Popolo di Dio: “Noi ci affatichiamo e combattiamo perché abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente” (1 Tm 4, 10), per Cristo nostro Signore.

 

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