Index   Back Top Print

[ EN  - IT  - PT ]

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AD UN GRUPPO DI VESCOVI AMERICANI
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Venerdì, 9 settembre 1983

Cari fratelli in nostro Signore Gesù Cristo.

Pochi giorni fa ho avuto la gioia di incontrarmi con un altro gruppo di Vescovi americani. In quell’occasione abbiamo riflettuto sull’Ufficio episcopale che, come la Chiesa stessa, è un mistero radicato in Gesù Cristo e nel suo amore redentore per l’umanità. Abbiamo riflettuto sulla vocazione del Vescovo ad essere segno vivente del Verbo Incarnato, segno vivente di Gesù Cristo. Oggi possiamo sottolineare ancor meglio il ruolo personale del Vescovo nell’insegnare, governare e santificare il Popolo di Dio; l’intera responsabilità particolare nella trasmissione del Vangelo, e l’eccezionale compito che ha come costruttore della comunità all’interno della Chiesa. Per l’amore e lo zelo con cui adempite al vostro particolare ministero nella Chiesa, io vi ringrazio in nome di Cristo nostro Signore.

1. Vi è inoltre un’altra grande realtà ecclesiale che completa la nostra considerazione dell’Episcopato, ed è l’unità del sacerdozio di Cristo, che condividiamo con i nostri fratelli sacerdoti. È a loro che rivolgiamo oggi il nostro pensiero, ai nostri stimati e amati cooperatori, che partecipano con noi a un ministero e a una missione che viene da Cristo, che appartiene a Cristo e che conduce a Cristo.

E se il ruolo del Vescovo è unico, è anche unica la grande testimonianza nella Chiesa di un clero unito. Unica è anche la meravigliosa fraternità del presbiterio riunito intorno al Vescovo e che lavora con lui e sotto la sua guida, per costruire l’unità della Chiesa, ma che già esprime la sua unicità nella potente e dinamica unità della consacrazione e della missione sacerdotale. È unica anche la profondità delle responsabilità condivise tra il Vescovo e i suoi sacerdoti. Per il Vescovo i sacerdoti sono fratelli, figli, amici, consiglieri e aiutanti necessari nel vasto compito di proclamare efficacemente Gesù Cristo e la salvezza nel suo nome. I sacerdoti svolgono questi ruoli non solo individualmente, ma i consigli dei sacerdoti assistono provvidenzialmente il Vescovo nel governo pastorale della diocesi, ed essi devono essere sostenuti secondo le norme del nuovo Codice di diritto canonico (cf. Codex Iuris Canonici, cann. 495-502).

2. Volgendoci alla realtà del sacerdozio, dobbiamo accettare una speciale sfida personale e apostolica. Veniamo chiamati soprattutto a vivere il mistero del sacerdozio come validi esempi per i nostri fratelli sacerdoti. A questo proposito, la nostra celebrazione dell’Eucaristia dice molto ai nostri sacerdoti, così come al mondo intero, riguardo la nostra fede Eucaristica. Anche dopo anni in cui abbiamo sperimentato le gioie derivateci dalle molte attività apostoliche, possiamo gettare uno sguardo retrospettivo e dire che la nostra forza più grande e la più profonda fonte di gioia per i nostri cuori è stata la celebrazione quotidiana della Messa, a cominciare dai primi giorni della nostra ordinazione sacerdotale. E siamo sempre stati convinti che l’Eucaristia è il nostro più rilevante contributo alla Chiesa, il nostro maggior servizio sacerdotale al popolo, il significato più profondo di questa splendida vocazione che noi condividiamo con i nostri fratelli sacerdoti.

3. Proprio ieri, con la mia approvazione, la Sacra Congregazione per la dottrina della fede, in una Lettera ai Vescovi della Chiesa, ribadiva il ruolo vitale del sacerdote come ministro dell’Eucaristia. Solo il clero può fornire l’Eucaristia al popolo di Dio. E solo i sacerdoti hanno la stupenda possibilità di servire il popolo di Dio sostenendolo con il pane di vita. Già nel giorno della sua pubblicazione, questo documento della Santa Sede ha ricevuto il commento di sostegno di una Lettera pastorale di un vostro fratello Vescovo. Egli ha espresso tutta la comprensione della Chiesa per il sacerdozio in questi termini: “Il ministero sacerdotale ci richiede di fare molte cose: predicare la Parola di Dio, amministrare gli altri Sacramenti, incoraggiare, consolare, servire le necessità umane, servire la Chiesa nella sua amministrazione, che il Nuovo Testamento enumera tra i carismi, e fare varie altre cose in virtù della missione che riceviamo dalla Chiesa. Questo significa, naturalmente, che la missione del clero non consiste esclusivamente nella celebrazione dell’Eucaristia. E tuttavia, se riflettiamo attentamente sulla fede della Chiesa per quanto riguarda il legame essenziale tra il Sacramento degli Ordini Sacri e l’Eucaristia, ciò vuol dire che la celebrazione dell’Eucaristia sta alla radice di ciò che significa essere sacerdote. Significa che in un modo o nell’altro e in ultima analisi il sacerdote trova la sua identità in questo legame tra il suo Sacerdozio e l’Eucaristia” (Arcivescovo John Quinn, Litt. Past., p. 4).

Allora, proprio perché ci sforziamo di vivere questo mistero del sacerdozio, abbiamo il dovere di lodare l’importanza del sacerdozio presso il popolo cristiano. Spiegando la relazione tra l’Eucaristia e il sacerdozio, proclamiamo infatti il mistero della vita della Chiesa.

4. Un altro aspetto dell’incarico apostolico a noi affidato è quello di confermare i nostri fratelli sacerdoti nella loro identità di ministri dell’Eucaristia, e perciò di ministri della Chiesa. Di fronte alla gente e di fronte ai sacerdoti, in momenti di tranquillità e in tempi di crisi, dobbiamo affermare le priorità del sacerdozio. Ogni fratello sacerdote deve essere con noi, secondo le parole di san Paolo: “servo di Cristo, apostolo per vocazione, prescelto per annunziare il Vangelo di Dio” (Rm 1, 1). È proprio in questo atto di “proclamazione” che affermiamo la nostra comune identità e confermiamo i nostri fratelli. Anche nei primissimi tempi della Chiesa, la scelta fatta dai Dodici fu molto chiara. Le priorità apostoliche del sacerdozio, come sono espresse negli Atti degli Apostoli, sono di “dedicarsi alla preghiera e al ministero della parola” (At 6, 4).

5. Il Concilio Vaticano II non mancò di sottolineare entrambi gli elementi per i sacerdoti di oggi. Per esempio, esso dichiara chiaramente: “Il ministero dei sacerdoti comincia con l’annuncio del Vangelo” (Presbyterorum Ordinis, 2). Nello stesso tempo il Concilio mette in evidenza che il ministero della parola termina nell’Eucaristia, che è essa stessa “la fonte e il culmine di tutta l’evangelizzazione” (Ivi, 5). Sì, se leggiamo con attenzione i segni dei tempi nella loro attinenza al sacerdozio, possiamo discernere che l’Eucaristia determina il significato del sacerdozio e l’identità dei nostri sacerdoti. Il Concilio è chiaro e conciso. La sua testimonianza è molto importante per chiarire il significato del nostro sacerdozio, per fare luce sulle discussioni postconciliari e sulle riflessioni teologiche.

Ascoltiamolo tutti ancora, insieme con i nostri presbiteri. È lo Spirito Santo che parla attraverso il Concilio e dice: “Nel mistero del Sacrificio Eucaristico, in cui i sacerdoti svolgono la loro funzione principale, viene esercitata ininterrottamente l’opera della nostra redenzione” (Ivi, 13). È di una chiarezza cristallina oggi e per il futuro: il sacerdozio è legato per sempre al Sacrificio dell’Eucaristia e all’attuazione della Redenzione. Ma l’Eucaristia è anche legata alla costruzione della comunità. Anche qui tutti i nostri sacerdoti possono compiere la loro vocazione divina e le loro aspirazioni umane. Attraverso i nostri sacerdoti, ogni comunità locale viene costruita nella fede e nella carità, e in un’apertura verso la Chiesa universale della quale è un’espressione in miniatura.

6. Nel Sacrificio dell’Eucaristia il sacerdote trova la fonte di tutta la sua carità pastorale (cf. Ivi, 14). La spiritualità di tutti i sacerdoti diocesani e di tutti i sacerdoti religiosi è legata all’Eucaristia. Qui essi traggono la forza per offrire le loro vite insieme a Gesù, Sommo Sacerdote e Vittima di salvezza. Attraverso il Sacrificio dell’Eucaristia, il celibato è confermato e rafforzato. Dalla sua Croce il Signore Gesù parla a tutti i suoi sacerdoti, invitandoli ad essere, con lui, segni di contraddizione per il mondo. La contraddizione di Gesù è entrata nella tradizione apostolica: “Non conformatevi alla mentalità di questo secolo” (Rm 12, 2).

7. In ogni epoca della Chiesa ci sono molte significative attuazioni del ministero sacerdotale. Ma dopo l’Eucaristia, che cosa potrebbe essere più importante del “ministero di riconciliazione” (2 Cor 5, 18) esercitato nel sacramento della Penitenza? Esiste realizzazione umana più grande del toccare i cuori umani per potenza dello Spirito Santo e nel nome del misericordioso e compassionevole Redentore del mondo? Come i laici, i nostri sacerdoti devono sforzarsi di compiere ogni giorno molti e importanti servizi, ma solo essi possono perdonare i peccati nel nome del Signore Gesù. E col perdono dei peccati c’è nuova vita e speranza e gioia per il Popolo di Dio.

Nella fedeltà a Cristo, nella cui “persona” egli agisce, il sacerdote realizza la sua identità e la sua missione anche attraverso la Liturgia delle Ore, con diverse forme di preghiera, nella lettura della Parola di Dio e attraverso l’oblazione della sua volontà fatta in unione con Cristo. L’amore particolare del sacerdote sarà sempre per i malati e i morenti, per coloro che soffrono, e per coloro che peccano. Per ogni Vescovo e sacerdote c’è un solo ideale, colui che dice: “Io sono il buon pastore . . . e sacrifico la mia vita per il gregge” (Gv 10, 14-15).

8. Alla luce di questo principio si chiariscono tanti altri aspetti del sacerdozio: viene proclamato il valore del celibato, non tanto come esigenza pratica, ma come espressione di un’offerta perfetta e una configurazione a Gesù Cristo. La comprensione della necessità per i sacerdoti di compiere, con pieno impegno umano e profonda compassione, quelle attività che solo un sacerdote ordinato può svolgere, conferma il giudizio del Sinodo dei Vescovi del 1971, per quanto riguarda l’esclusione generale dei sacerdoti dall’attività secolare e politica. È più che mai necessario che “come regola generale il ministero sacerdotale debba essere un’occupazione a tempo pieno” (Seconda parte, 2, a).

9. Cari fratelli Vescovi, poiché tanto della vita della Chiesa dipende dal ministero sacerdotale, mobilitiamo il Popolo di Dio a pregare e lavorare per le vocazioni. E incoraggiamo i nostri fratelli sacerdoti a fare tutto il possibile per aiutare i giovani a rispondere alla chiamata di Gesù Cristo, costi quel che costi. Il Signore della messe non abbandonerà la sua Chiesa”.

10. Prima di concludere, lasciate che vi ringrazi per lo zelo con il quale avete accolto e sostenuto il Programma di visita pastorale dei seminari, condotta dal Vescovo John Marshall, che si sta svolgendo ora in America. Lo si sta compiendo per mia autorizzazione ma in spirito di piena responsabilità collegiale. Per questa ragione vi invito ad aprire volentieri i vostri seminari a questa visita pastorale, e a fare tutto il possibile per il suo successo. Quello che è in gioco è l’efficace tirocinio delle presenti e future generazioni di sacerdoti, affinché essi siano in grado di trasmettere il messaggio di salvezza in tutta la sua purezza e integrità, secondo l’ordine di Cristo: “Insegnate loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato” (Mt 28, 20).

Cari fratelli Vescovi, costruendo il sacerdozio di Gesù Cristo, uno dei nostri più grandi strumenti è l’amore fraterno: amore fraterno tra di noi e per i nostri sacerdoti. Ma quest’amore deve essere chiaramente manifestato, affinché i nostri sacerdoti conoscano, senza ombra di dubbio, la stima e la solidarietà che l’amore suscita in noi. Nel carattere dei nostri contatti giornalieri pastorali con loro, ripetiamo con convinzione in parole e opere: Per voi io sono un Vescovo, con voi sono un sacerdote.

Sia lodato Gesù Cristo, l’unico Sommo Sacerdote della nostra salvezza. E che sua Madre Maria sia Madre per noi tutti!

© Copyright 1983 - Libreria Editrice Vaticana

 



Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana