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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI ITALIANI RIUNITI NELLA
XXII ASSEMBLEA GENERALE STRAORDINARIA

Giovedì, 22 settembre 1983

 

Carissimi fratelli nell’Episcopato!

1. Eccoci di nuovo insieme per il periodico incontro tra il Vescovo di Roma e i membri della Conferenza episcopale italiana, che tra tutte è la più vicina, a vari titoli, alla Sede Apostolica romana. Sono profondamente lieto di essere qui con voi, uniti dallo stesso vincolo di fede e da analoghe preoccupazioni pastorali, e tutti vi saluto di cuore.

In particolare, ringrazio il signor Cardinale Presidente per le gentili espressioni, con le quali, facendosi autorevole interprete dell’intera assemblea, mi ha accolto in quest’aula. Sono grato, in special modo, per le parole augurali con cui ella, signor Cardinale, ha avuto la benevolenza di riferirsi al mio prossimo venticinquesimo di ordinazione episcopale. Sono certo che, in questa circostanza significativa della mia vita al servizio del Vangelo e della Chiesa, i vostri auguri si tradurranno in più intensa preghiera, perché il Signore assista ogni giorno il successore di Pietro nell’assolvimento dei gravi compiti, a cui lo ha chiamato.

Con questi voti, i miei sentimenti di affetto vanno, al di là delle vostre persone e del vostro ministero, alle porzioni del popolo di Dio, alle quali sono dedicate le vostre sollecitudini di successori degli Apostoli.

2. Questo incontro avviene in un momento ecclesiale singolare. Il Giubileo della Redenzione volge ormai a metà del suo corso. Roma continua ad essere meta di numerosi pellegrinaggi, mentre le Chiese particolari vanno promuovendo speciali iniziative a raggio locale, secondo le direttive impartite a suo tempo dalla Sede Apostolica per raggiungere le finalità rinnovatrici, che l’universale celebrazione si prefigge. Desidero, pertanto, valermi di questa solenne riunione per ringraziarvi, cari Confratelli, di ciò che avete fatto e di ciò che avete in programma di fare, in sintonia con le intenzioni di fondo del grande evento.

Il mistero della Redenzione, per il tramite del ministero della Chiesa, accompagna e indirizza i passi dell’uomo nel suo cammino esistenziale. Noi tutti desideriamo che quel cammino conosca ai nostri giorni uno slancio più forte verso il bene alla luce del Vangelo, nella cui verità non ci stanchiamo di additare la sorgente del vero progresso. Di questo rinnovamento ha bisogno la civiltà umana in questo tumultuoso, incerto, eppure per molti versi promettente epilogo del ventesimo secolo.

Contemporaneamente, noi desideriamo che l’azione stessa della Chiesa si faccia più sollecita e incisiva, così che essa possa mostrarsi efficacemente, quale madre e maestra, testimone e apostola del trascendente, esperta in umanità, sempre più compresa della sua vocazione e sempre più fervidamente intenta a tutte le singole dimensioni della sua missione.

Man mano che l’itinerario dell’Anno Santo si avvicina al traguardo finale, sentiamo crescere in noi e attorno a noi una nuova gioia e una nuova speranza. Si moltiplichino, perciò, le energie, si intensifichino gli sforzi, per far fruttificare nelle vostre diocesi questo tempo di grazia, con lo stimolo e l’impulso del vostro zelo pastorale, a cui mi è caro rinnovare il mio affettuoso e fiducioso incoraggiamento.

3. La singolare intensità del presente momento ecclesiale, alla quale accennavo poco fa, emerge anche dalla vostra XXII assemblea generale straordinaria, la quale si è opportunamente prefissa riflessioni, deliberazioni e prospettive circa il ruolo che compete al nuovo Codice di Diritto canonico nella multiforme vitalità della santa Chiesa. Aderendo alle indicazioni conciliari, particolarmente agli orientamenti dottrinali della costituzione dogmatica Lumen Gentium e alle direttive del decreto Christus Dominus con le relative norme applicative, il nuovo Codice, oltre a determinare la fisionomia giuridica delle Conferenze episcopali, attribuisce loro anche numerose funzioni, talune delle quali riservate un tempo agli organismi centrali, che riguardano da vicino le varie articolazioni della compagine del Popolo di Dio. Tali Conferenze vengono così a svolgere una funzione pratica di primaria importanza e di particolare efficacia operativa, destinata a incidere profondamente nella vitalità del tessuto ecclesiale e a garantirne il progresso in ordine alla missione di salvezza.

4. In special modo, l’imminente entrata in vigore del nuovo Codice ci offre l’occasione di riflettere insieme sul dovere dei Vescovi nei suoi riguardi e sulla natura stessa della legge nella Chiesa. Occorre innanzitutto ripetere l’auspicio, già formulato dalla costituzione apostolica Sacrae disciplinae leges, che il Codice “efficax instrumentum evadat, cuius ope Ecclesia valeat se ipsam perficere secundum Concilii Vaticani II spiritum, ac magis magisque parem se praebeat salutifero suo munere in hoc mundo exsequendo”.

A questo scopo è necessaria l’opera diligente, perseverante e coraggiosa dei Vescovi e delle Conferenze episcopali. Essa si deve espletare in due modi complementari: diffondendo la conoscenza del Codice, mediante una sua retta presentazione, che ne sappia illustrare con amore i contenuti e le derivanti obbligazioni; inoltre, promuovendone la generosa accettazione e osservanza. Questi inderogabili doveri del Vescovo sono ricordati dal can. 392 § 1: “Ecclesiae universae unitatem cum tueri debeat, Episcopus disciplinam cunctae Ecclesiae communem promovere et ideo observantiam omnium legum ecclesiasticarum urgere tenetur”. Ed è un dovere che si inquadra nella dimensione santificatrice del servizio pastorale del Vescovo, il quale, come ricorda il can. 387, è tenuto a presentarsi come esempio di santità, mediante la carità, l’umiltà e la semplicità di vita.

Un aspetto importante di questo ministero sta, più in generale, nel rivalutare l’amore e il rispetto per la legge, la quale spesse volte è stata non solo ignorata e dimenticata, ma anche trascurata e persino combattuta. Certo, come ci insegna l’apostolo Paolo, Cristo è “il termine della legge, perché sia data la giustizia a chiunque crede” (Rm 10, 4). E non mediteremo mai abbastanza sul fatto che, in base alla rivelazione della grazia di Dio nella Croce di Gesù Cristo, “l’uomo è giustificato per la fede (Rm 3, 28). Ma, come ammonisce lo stesso apostolo, ciò che conta in Cristo Gesù è “la fede che opera mediante la carità” (Gal 5, 6) e che adempie così “la legge di Cristo” (Gal 6, 2). Si desume di qui l’esatto concetto della parte inerente alla legge nella vita del popolo di Dio: la sua funzione non è quella di mortificare il dinamismo dello Spirito, ma di incanalare le energie del cristiano, ordinandone la creatività battesimale, che non si esaurisce nell’ambito individuale, ma chiede di espandersi anche a livello ecclesiale, cioè comunitario.

A questa natura della legislazione partecipa non solo il Codice di Diritto canonico, ma anche ogni intervento disciplinare dei Vescovi e delle Conferenze episcopali, le cui leggi, nelle materie di loro competenza, sono espressione del “munus regendi” e del “munus sanctificandi”. Esse, perciò, mentre costituiscono un aspetto del servizio pastorale dei Vescovi, si rivelano anche necessarie per completare la legge canonica universale, che adattano alle situazioni locali e alle necessità pastorali concrete della Chiesa particolare, pur mantenendosi armonicamente innestate nel quadro generale della normativa canonica comune.

In ogni caso, occorre raggiungere, sia nella coscienza soggettiva che nella pratica concreta, un saggio equilibrio tra i concetti, ambedue teologici, di fede e di legge, di evangelo della grazia e di norma disciplinare. Ed è un equilibrio che il nuovo Codice non intende certo infrangere, ma anzi vuole ribadire e rinsaldare, al fine di promuovere una vita ecclesiale insieme dinamica e ordinata, aperta al libero soffio dello Spirito di Cristo (cf. Gv 3, 8), ma al tempo stesso premurosamente attenta all’edificazione del bene comune (cf. 1 Cor 12, 7; 14, 12).

5. Sono certo che è questo fondamentale criterio ad ispirarvi nel deliberare, come vi siete proposti, in materie che hanno carattere d’urgenza e per le quali il nuovo Codice prevede espressamente l’intervento delle Conferenze episcopali, e nell’avviare lo studio di altre questioni - compresa la revisione dello Statuto e del Regolamento della CEI -, allo scopo di trovare soluzioni sempre più adeguate alle situazioni.

Ma l’importanza della presente assemblea non si esaurisce nelle deliberazioni e nelle decisioni, che saranno alla fine adottate. Essa va oltre. Si colloca, com’è naturale, nella vita stessa della Conferenza episcopale italiana e nello spirito che ne anima il normale funzionamento, a beneficio dell’evangelizzazione e della catechesi, per l’incremento della fede e per l’elevazione morale e spirituale della Chiesa e della stessa Nazione italiana.

La nuova stagione legislativa - pur con tutto il suo valore storico - sarebbe ben poca cosa, se non coincidesse con una rinnovata stagione pastorale, di cui intende essere garante quella che il mio predecessore Giovanni Paolo I, di cara memoria, definì “la grande disciplina della Chiesa nella vita dei sacerdoti e dei fedeli” (Insegnamenti di Giovanni Paolo I, p. 7). Perciò devono intensificarsi la nostra preghiera, la nostra disponibilità ad ascoltare “ciò che lo Spirito dice alle Chiese” (Ap 2, 7) e la nostra sollecitudine nel dedicarci interamente al gregge affidato alle nostre cure.

Con l’augurio che l’assemblea di questi giorni segni una tappa feconda in tale direzione, invoco la luce e la forza dello Spirito Santo e la protezione di Maria, Madre della Chiesa, su tutti voi e sulla conclusione dei vostri lavori, mentre vi imparto, carissimi Confratelli, la mia cordiale benedizione apostolica.

 

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