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MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PATRIARCHI, AI VESCOVI E
AI CAPI DELLE CHIESE CRISTIANE DEL LIBANO

Venerdì, 25 maggio 1990

 

Vostre Beatitudini, Cari fratelli Vescovi,
Venerati Capi delle Chiese cristiane del Libano,

1. Informato della vostra riunione, desidero in primo luogo esprimervi la mia viva soddisfazione per questa iniziativa.

Il vostro incontro, infatti, manifesta l’unione e la solidarietà spirituali delle gerarchie cristiane del paese e simboleggia l’unità che deve regnare non soltanto fra i cristiani, ma anche fra tutti i figli della comunità nazionale.

So che, sotto la guida dello spirito Santo, volete riflettere insieme sulle azioni atte ad evitare delle nuove sofferenze ai vostri figli e a tutti i cittadini del Libano.

2. Sono solidale con la vostra iniziativa, venerabili fratelli, e, con voi, mi sento unito a tutti coloro che, nel vostro paese, conoscono l’angoscia o la tentazione della disperazione. Facciamo nostro l’appello del salmista: “Nella mia angoscia ho gridato al Signore ed egli mi ha risposto” (Sal 120, 1). Noi attendiamo ardentemente il giorno benedetto in cui le armi taceranno definitivamente, in cui i feriti potranno essere curati, in cui i morti saranno sepolti degnamente, in cui ciascuno potrà trovare quel minimo di tranquillità che gli permetta di ricostruire un tetto, di guadagnare il suo pane quotidiano e di educare adeguatamente i propri figli. Tutto questo senza dover temere che la cieca violenza non torni di nuovo ad annientare tanti sforzi perseveranti e spesso eroici.

Se ho scelto di rivolgermi a voi con questo messaggio audiovisivo, è per dirvi quanto io desideri ardentemente essere con voi.

Come vorrei poter cancellare dagli occhi dei bambini queste orribili immagini di sangue e di distruzione! Esprimere la mia compassione a tutti i genitori che dovranno prendersi cura di bambini o di adulti irrimediabilmente handicappati a causa delle loro ferite! E soprattutto pregare con voi affinché il Signore estirpi dal cuore di tutti ogni sentimento di odio, di violenza e di vendetta.!

3. Il popolo libanese, che ha già troppo sofferto, non potrà continuare ad essere l’ostaggio e la vittima di calcoli politici nazionali, regionali o internazionali.

Con voi, responsabili delle comunità cristiane libanesi, imploro Dio nella sua misericordia infinita perché doni ai cristiani la forza di testimoniare i valori evangelici nel Libano d’oggi. I combattimenti che si svolgono da molti mesi nella parte cristiana del paese sono per me un motivo di grande dolore: nessun progetto politico, nessuna autodifesa potrebbe giustificare la violenza inaudita che continua ad abbattersi ciecamente sulle case, gli ospedali, le scuole, le chiese, precipitando una popolazione intera nella disperazione e nelle strade dell’esodo.

4. A tutti i Libanesi del Nord e del Sud, dell’Est e dell’Ovest, voglio riaffermare, con la sicurezza che mi impone il mio ministero pastorale, che l’uso delle armi non risolverà mai i problemi del Libano. La violenza e l’odio non possono essere le basi su cui poggerà il Libano di domani.

Sono convinto che tutti i libanesi desiderano veder rinascere un Libano fedele alla sua vocazione storica di terra di dialogo e di armonia fra culture e religioni diverse. È per questo Libano che noi dobbiamo impegnarci e continuare a sperare. L’ho già detto: il Libano è più che un paese, è un messaggio!

Cristiani del Libano, sotto la guida dei vostri venerati pastori, saprete prendere il cammino della conversione interiore, superare le divisioni, aver fiducia nel vostro prossimo, praticare il più grande comandamento che Gesù ci ha lasciato alla vigilia della sua Passione: “che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati” (Gv 15, 12).

5. Credendo in un solo Dio, ci rivolgiamo con cuore sincero e disinteressato anche ai libanesi delle altre comunità.

Cari amici che appartenete alla religione Islamica, sappiamo che nutrite verso la vostra patria gli stessi sentimenti dei vostri compatrioti di fede cristiana e che, come ogni essere umano, conservate in fondo al cuore il senso dell’uomo e della sua dignità. Siamo dunque fiduciosi che questi sentimenti di fraternità, che devono sempre unire quelli che credono in un solo Dio, contribuiranno ad un dialogo leale, il solo capace di rafforzare l’unità nazionale indispensabile alla sopravvivenza d’una patria comune.

6. Con i pastori delle comunità cristiane libanesi, desidero ora rivolgermi al mondo intero, stringendo fra le mie braccia e nel mio cuore i figli del Libano esausti, in preda a sofferenze di ogni tipo. Con loro ed in nome loro, domando attenzione, solidarietà e rispetto per la loro dignità e la loro sofferenza.

Nessun interesse materiale o strategico potrà giustificare l’indifferenza nella quale questo paese è troppo spesso lasciato. L’ho già detto più di una volta: non è moralmente accettabile di far soffrire il più debole.

7. Fratelli vescovi, libanesi di buona volontà, chiunque voi siate, dobbiamo dire insieme: Ne abbiamo abbastanza della guerra, della violenza e delle sofferenze!

È tempo che tutti si ravvedano e che ognuno si assumi le proprie responsabilità. In nome dell’affetto che provo per ognuno di voi, vi domando di cercare subito un dialogo, di superare le vostre apprensioni e di continuare ad amare il vostro Libano! Dio non permetterà che voi siate abbandonati!

Più che mai sento in me il desiderio di venire a visitare il vostro paese, e di vedere con i miei occhi iniziare la ricostruzione di un Libano pacifico e armonioso.

Signore, distruggi i germi della menzogna e della perversione! Donaci la forza di abbattere i muri che separano e di costruire la città dove tutti sono una persona sola!

Con la mia affettuosa Benedizione Apostolica.

 

© Copyright 1990 -  Libreria Editrice Vaticana

 



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