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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AD UN GRUPPO DI ASTROFISICI

Castel Gandolfo - Venerdì, 14 settembre 1990

 

Signore e signori, cari amici.

1. Estendo un cordiale benvenuto ai partecipanti all’incontro organizzato dal Centro Internazionale per l’Astrofisica relativistica sul tema “Esperimenti relativistici gravitazionali nello spazio”. La vostra iniziativa, che riunisce illustri scienziati della European Space Agency, della Italian Space Agency, dell’Università di Stanford, dell’Università di Roma e della Specola Vaticana, riflette il tipo di cooperazione e di solidarietà necessarie per il progresso della conoscenza in un mondo divenuto sempre più complesso e interdipendente.

La Chiesa spesso ha espresso la stima per la scienza e per quegli uomini e quelle donne che dedicano la loro vita allo studio del cielo e della terra, del “mondo e quanto contiene” (Sal 89, 12). Questo incontro fa onore a uno scienziato come William Fairbank, la cui ricerca creativa e diversità di interessi lo rendono uno sperimentatore in molte delle aree scientifiche su cui voi state attualmente discutendo. È opportuno che onoriate la memoria di questo zelante scienziato continuando a cercare risposte ad alcune delle domande che egli sollevò nei campi della gravità e di esperimenti spaziali estremamente delicati sulla gravità necessari allo scopo di sperimentare le cruciali predizioni della teoria dello spazio e del tempo di Einstein. Il vostro meeting fornisce anche un esempio di cooperazione internazionale tra scienziati nell’interesse dell’autentico progresso della famiglia umana. La partecipazione dell’Osservatorio Vaticano a questo meeting testimonia la profonda convinzione della Chiesa che la ricerca scientifica, intrapresa in uno spirito di umiltà e rispetto per la verità, guida a un più profondo apprezzamento della sapienza del Creatore e, conseguentemente, a un maggior rispetto per l’inalienabile dignità e libertà di ogni persona. La religione e la scienza devono collaborare strettamente nella promozione dei fondamentali valori umani della pace, della comprensione reciproca e della solidarietà effettiva tra tutti i popoli.

2. In occasione del III centenario della pubblicazione di Philosophiae Naturalis Principia Mathematica di Isaac Newton, colgo l’opportunità per riferirmi alle relazioni tra la comunità accademica di scienze naturali e la comunità di fede che è la Chiesa. Queste due diversissime ma importanti istituzioni hanno avuto e continuano ad avere un’influenza determinante sul progresso delle idee e dei valori e sul corso dell’azione umana. Entrambe sono impegnate - ognuna secondo la sua propria natura, metodi e scopi - a ricercare la stessa verità e a comprendere lo stesso universo. Oggi desidero esprimere ancora una volta la mia convinzione che il nostro comune interesse per la piena verità sulle origini e il destino dell’universo e dell’umanità può essere sia il fondamento che lo stimolo per un dialogo più dinamico tra la religione e le scienze naturali. Infatti sia la scienza che la religione si trovano a beneficiare di un rapporto interattivo in cui ogni disciplina, mentre conserva la sua propria autonomia e integrità, non di meno rimane aperta alle scoperte e alle intuizioni dell’altra.

I nostri tempi, segnati come sono da una frammentazione della conoscenza e dalla separazione tra verità e valori, hanno grande bisogno di un tale dialogo, basato sull’apertura critica e volto a vincere vedute unilaterali o parziali della realtà. Nella ricerca dell’adeguato valore dell’uomo e del suo posto nel cosmo “la Chiesa e la comunità scientifica verranno a contatto inevitabilmente; le loro opzioni non comportano isolamento” (Lettera al Direttore della Specola Vaticana, 25 ottobre 1988). Da una parte, i cristiani devono avere una chiara visione del mondo in cui sono chiamati a vivere la loro fede. Oggi questa visione è profondamente formata dalla scienza. Essi devono quindi guardare alle scoperte scientifiche criticamente e con saggezza, non con superficialità e pregiudizi. Dall’altra parte, gli scienziati hanno bisogno di una struttura in cui dare significato e valore alle loro vite e al loro mondo, e la profondità riflessiva della saggezza teologica può aiutarli a giungere a quella struttura. Ciò permette loro anche di evitare un’assolutizzazione dei risultati al di là dei ragionevoli e propri limiti.

3. In occasione del vostro meeting, desidero assicurarvi ancora una volta dell’incoraggiamento della Chiesa e della sua gratitudine per i vostri sforzi nel cercare il bene del genere umano attraverso la conoscenza del mondo naturale. Mentre costruite sull’eredità che avete ricevuto da coloro che vi hanno preceduto, possiate venire a conoscenza del potere liberante della verità (cf. Gv 8, 32) e avvicinarvi di più a lui, la cui voce si sente nel linguaggio delle creature (cf. Gaudium et spes, 36). Vi assicuro dei miei migliori auguri per il successo del vostro lavoro, invoco le abbondanti benedizioni di Dio su voi e tutti i vostri cari.

 

© Copyright 1990 - Libreria Editrice Vaticana 

 



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