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Il Kenya chiamato a pronunciarsi sulla nuova Costituzione

Il referendum
e la pacificazione difficile


di Pierluigi Natalia

Il referendum sulla nuova Costituzione che si terrà in Kenya questo 4 agosto difficilmente otterrà il risultato di consolidare l'unità e il processo di pacificazione del Paese, già lacerato due anni fa da cruente violenze durante e dopo le elezioni presidenziali. Sebbene i sondaggi della vigilia indichino una maggioranza di intenzioni di voto a favore della nuova Carta costituzionale, già approvata in aprile dal Parlamento, il risultato resta incerto, se non altro per il gran numero di elettori che si dichiarano indecisi.
A giudizio di molti osservatori, questo da un lato potrebbe rivelarsi un vantaggio per i sostenitori della nuova Carta, identificati con il colore verde, guidati dal presidente Mwai Kibaki e dal primo ministro Raila Odinga, protagonisti due anni fa di un aspro conflitto civile concluso dopo una lunga mediazione dell'Onu e dell'Unione africana. L'adozione di una nuova Costituzione era proprio una delle misure contenute nel programma di riforme concordato tra le parti politiche dopo le violenze del 2008 e viene considerata da alcuni osservatori un passo fondamentale perché tra due anni il Kenya possa tornare a votare per le presidenziali.
Dall'altro lato, però, una scarsa affluenza alle urne implicherebbe che la nuova Costituzione sarebbe comunque approvata da una minoranza del Paese. Soprattutto, ci sono timori che il referendum possa tutt'altro che consolidare il processo di pace. In questo senso - al termine di una campagna elettorale segnata anche da momenti di tensione, con attentati dinamitardi e arresti - un significativo appello è stato rivolto dai leader cristiani del Kenya ai concittadini "a dare prova di comprensione l'uno per l'altro, a non dividersi, a rimanere uniti e nella pace".
In un comunicato diffuso dalla Conferenza episcopale del Kenya, dal Consiglio nazionale delle Chiese, dalle Chiese anglicane, metodiste e riformate, si ribadisce comunque contrarietà al testo sottoposto al voto popolare. Pur riconoscendo "i numerosi miglioramenti positivi" contenuti nella nuova Carta, i responsabili delle comunità cristiane denunciano "paragrafi cattivi che non salvaguardano la sacralità della vita umana, non garantiscono l'uguaglianza religiosa, incidendo sulla vita morale e sui diritti". Inoltre, i leader cristiani si pongono una serie di interrogativi circa il perché della "pressante interferenza straniera a favore dell'adozione del testo" e ricordano che "un documento davvero buono non avrebbe diviso il Paese a metà".
Tra le altre cose, la nuova Costituzione prevede maggiori poteri al presidente in carica e autonomia alle regioni. Inoltre riconosce la Carta dei diritti umani dell'Onu e stabilisce la creazione di una nuova camera in Parlamento, il Senato. Con tutto ciò, i motivi di incertezza per gli elettori kenyani non mancano. Accanto a misure di riassetto istituzionale che trovano un generale consenso - come quelle che prevedono limitazioni ai poteri del presidente e la devoluzione di molte materie a livello regionale - , nella nuova Carta ci sono infatti punti che toccano sensibilità e valori profondi di gran parte della popolazione, a partire dagli articoli sull'inizio vita e sul fine vita e da quelli che rendono possibile l'istituzione di tribunali coranici, i cosiddetti kadhi.
Proprio questi punti spiegano l'opposizione non solo dei responsabili delle comunità ecclesiali, ma anche di diversi rappresentanti della società civile e di molti esponenti politici, come il ministro dell'Istruzione superiore, William Ruto, e l'ex capo di Stato Daniel Arap Moi, che guidano lo schieramento dei contrari, definito con il colore rosso. Contrastata da più soggetti è anche la norma che dà mandato al Parlamento per definire estensioni minime e massime degli appezzamenti di terra privati.
Incerta, fino a un paio di settimane fa, era sembrata anche la data del referendum, nonostante le rassicurazioni del Governo su quella del 4 agosto. La Commissione elettorale indipendente, incaricata di organizzare l'appuntamento referendario, aveva infatti denunciato alla stampa la mancanza dei fondi necessari per il voto. Il presidente della Commissione elettorale, Isaac Hassan, a campagna referendaria in pieno svolgimento, aveva gelato il mondo politico kenyano denunciando la mancanza di 25 milioni di dollari dal bilancio preventivato per l'organizzazione del referendum e ventilando la possibilità di un rinvio o di un annullamento. Il ministro della Giustizia e degli Affari Costituzionali, Mutula Kilonzo, ha però rassicurato i kenyani che ci saranno abbastanza soldi per il referendum, precisando che sono state individuate nel dettaglio le fonti dei finanziamenti necessari.
I sondaggi pubblicati sui maggiori quotidiani locali danno per certa l'approvazione della Costituzione. Secondo uno studio condotto da Infotrak Research and Consulting, il 65 per cento egli interpellati approverà il testo, il 25 per cento sceglierà di votare no, mentre gli indecisi saranno il 10 per cento. Secondo un altro rilevamento condotto da Synovate, a favore del progetto della nuova Carta si sarebbe schierato il 58 per cento degli intervistati, i contrari rappresenterebbero il 22 per cento, mentre il fronte degli indecisi sarebbe il 17 per cento, con un 3 per cento che ha preferito non esprimersi.