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​Dopo l’accordo tra il Governo e le Farc la Colombia guarda al futuro

 

I passi della pace

 

di Silvina Pérez

 

Per la Colombia il difficile comincia adesso: capire come si vive in pace, dopo l’accordo tra Governo e Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc) che ha posto fine a una guerra lunga più di mezzo secolo. Perché la pace non è solo un atto legale o giuridico, unico e impositivo, ma un processo storico. La pace è in ciò che vive e sente ogni giorno la gente comune, da quando si alza al mattino a quando va a letto, dopo una giornata spesa nella speranza di poter migliorare il corso della propria esistenza. Soprattutto la pace cammina con le gambe di sette milioni di persone, tante ne hanno quantificate le Nazioni Unite, costrette da una guerra che non li riguardava a lasciare le proprie case, il proprio lavoro per affollare zone sempre più misere di città impreparate, dove hanno continuato a subire violenza. Non quella delle armi, ma quella di uno sviluppo sociale e umano incapace di offrire prospettive.

Gli accordi bilaterali per il cessate il fuoco — che prevedono smobilitazione dei guerriglieri e consegna delle armi, sottoscritti il 23 giugno all’Avana dal Governo colombiano del presidente Juan Manuel Santos e dal gruppo guerrigliero delle Farc — rappresentano un traguardo storico. Martedì scorso il presidente del Senato, Luis Fernando Velasco, e quello della Camera, Alfredo Deluque, hanno firmato l’atto legislativo per la pace, che fornisce al Governo gli strumenti politici e giuridici per mettere in pratica gli accordi. Velasco ha spiegato che, con la firma dell’Atto, il presidente colombiano Juan Manuel Santos potrà «implementare l’accordo finale dell’Avana, dopo più di tre anni di lavoro legislativo sulla costruzione del processo di pace».

L’intesa è però solo un primo passo. Ora dovrà essere convalidato dal popolo colombiano con un referendum, che non dovrebbe venire inteso come l’approvazione di un accordo perfetto, ma come la ratifica

Le risorse che serviranno per attuare gli accordi di pace sono ingenti. Sebbene la Colombia sia un Paese dallo sviluppo medio con entrate importanti, la caduta dei prezzi del petrolio, principale prodotto di esportazione, e la svalutazione del peso hanno provocato un cedimento nel bilancio dello Stato. L’appoggio dell’Unione europea e di altre istituzioni è dunque fondamentale perché gli accordi decollino al più presto. Un processo rapido è indispensabile per evitare frustrazioni che potrebbero tradursi in nuovi conflitti e violenze, nutrendo altri gruppi armati. Tuttavia attuare gli accordi in un Paese profondamente diviso non è un compito semplice. «Questo accordo è un passo molto importante e un segnale forte del fatto che il termine delle ostilità sia finalmente quasi a portata di mano. Tuttavia, ci sono ancora alcune questioni da risolvere per garantire verità, giustizia e risarcimenti a tutte le vittime, in conformità con il diritto internazionale», ha segnalato Erika Guevara-Rosas, direttrice del Programma Americhe di Amnesty International. di una pace perfettibile. Il Paese si trova di fronte a un’occasione storica. Coglierla significa riuscire davvero a trasformare la vita delle comunità più colpite dalla guerra.

Il bilancio del conflitto è di duecentosessantamila morti, ai quali bisogna aggiungere i quarantacinquemila scomparsi e lo spostamento forzato di un’enorme massa di persone. L’accesso alle terre ricche di risorse e il loro utilizzo sono questioni cruciali in questa fase dei negoziati di pace fra il Governo e il gruppo delle Farc. Molte delle persone costrette ad abbandonare le case a causa del conflitto armato cercano modi per tornare nelle proprie terre e reclamarle. Secondo gli accordi, le Farc si stabiliranno in 23 zone rurali ben collegate per via terrestre o fluviale. Si tratta di sistemazioni provvisorie in cui i guerriglieri si prepareranno per il passaggio alla vita civile sotto la supervisione di squadre locali e dell’Onu. Quindi inizierà il disarmo progressivo, attuato in tre fasi che non dureranno più di 180 giorni. Segno tangibile di questa operazione saranno tre monumenti realizzati con il metallo fuso delle armi consegnate. I monumenti saranno collocati nella sede dell’Onu, a Cuba in quanto sede dei negoziati e in Colombia.

Sono stati già raggiunti alcuni accordi per quanto riguarda lo sviluppo agricolo, la partecipazione degli ex guerriglieri alla vita politica, la lotta congiunta al narcotraffico, l’attenzione alle vittime del conflitto e l’applicazione di un sistema di giustizia di transizione per i membri del gruppo che hanno abbandonato le armi. Quest’ultimo è un aspetto di fondamentale importanza, perché riguarda la nomina dei magistrati, che faranno parte di una sezione speciale, appositamente incaricati dell’importante compito di applicare l’accordo sulla verità, sulla giustizia, sui risarcimenti e sulla non ripresa delle ostilità. Saranno loro, inoltre, a decidere quali partecipanti al conflitto armato riceveranno l’amnistia per non aver commesso delitti gravi e quali verranno invece privati della libertà, e per quanto tempo, affinché raccontino la verità sulle loro azioni e risarciscano le vittime.

Un cammino impegnativo, dunque, con il quale, come ha affermato il filosofo colombiano Bernardo Toro, la Colombia sta dimostrando al mondo che «la pace non è assenza di conflitti, ma la ricerca di soluzioni democratiche per risolverli».

(© L'Osservatore Romano 3 luglio 2016)