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La festa di Malta


 

Il fondatore della comunità di Taizé amava ripetere con un cristiano del IV secolo, il vescovo Atanasio di Alessandria, che Cristo risorto viene ad animare una festa nel cuore dell'uomo. Ecco, la frase fatta propria da fratel Roger rende benissimo il senso dell'ultimo viaggio papale. E non solo perché la visita a Malta è stata una festa straordinaria, ma anche e soprattutto perché il quattordicesimo itinerario internazionale di Benedetto XVI - non a caso svolto sulle orme di san Paolo - ha concluso il quinto anno di un pontificato rivolto innanzi tutto a fare spazio a Dio e alla sua presenza nel cuore degli uomini di oggi, nel contesto di società che al contrario sembrano averlo dimenticato o addirittura vogliono cancellarlo.
In un piccolo Paese di radicata tradizione cattolica - che ha il coraggio anche politico di mantenere posizioni controcorrente sul matrimonio e la famiglia, così come sulla protezione della persona umana, in un contesto culturale europeo ben diverso - il Papa è stato al centro di una festa per molti aspetti inconsueta e inattesa. Accolto con grande cordialità dal Presidente, Gorg Abela, e dalle altre autorità istituzionali, Benedetto XVI è stato letteralmente sommerso dalla simpatia e dall'affetto del popolo maltese, riversatosi in massa nelle strade dell'isola. In un metaforico abbraccio in cui l'esemplare autodisciplina di origine britannica si è mescolata con un calore mediterraneo debordante al punto che, per la prima volta nell'ultimo quinquennio, questa commovente accoglienza ha provocato un incomprimibile ritardo nell'impeccabile e cronometrica organizzazione dei viaggi papali.
Come sempre in questi cinque anni, il Papa ha saputo parlare al cuore delle donne e degli uomini di Malta, spiegando che la coerenza e l'impegno che nascono dal Vangelo sono, come nei primi secoli del cristianesimo, una vera e propria controcultura. La stessa predicata da Paolo, che sulla via di Damasco seppe aprirsi all'imprevisto di Dio e nel naufragio ebbe coraggio davanti all'ignoto. L'apostolo fu severo nei suoi scritti, ha notato Benedetto XVI davanti a migliaia di giovani, e ha spiegato il perché:  "Dio ama ognuno di noi con una profondità e intensità che non possiamo neppure immaginare" e "desidera purificarci dai nostri errori e rafforzare le nostre virtù". Dio infatti "non rifiuta nessuno" - e allo stesso modo "la Chiesa non rifiuta nessuno" - ma "sfida ciascuno di noi a cambiare".
In questo processo di purificazione incessante la Chiesa di Roma è chiamata all'esemplarità, e questo sta facendo il suo vescovo sin dal giorno in cui è stato scelto come successore di Pietro. Per questo anche a Malta Benedetto XVI ha indicato la via ai suoi fedeli e al mondo, incontrando alcune vittime di abusi da parte di membri del clero cattolico. Per dichiarare la sua vergogna e il suo dolore, per assicurare che tutto sarà fatto per ristabilire la giustizia, ma soprattutto per pregare e mostrare loro la vicinanza di Dio. Perché questo è il compito principale del Papa:  ripetere a ogni creatura che Dio la ama. E come nessuno Benedetto XVI sa annunciare la festa di Cristo risorto.

g.m.v.

(© L'Osservatore Romano 19-20/04/2015)