Index   Back Top Print


logo

Nelle canzoni di De Gregori per la sua città

Quell’angelo con gli occhiali e le ali spalancate

Andare al teatro Garbatella per andare a sentire questo strano concerto Off records di Francesco De Gregori equivale, tra le altre cose, anche ad un’immersione piena nella romanità.

Così di punto in bianco il “principe” della musica leggera (parola caduta tristemente in disuso) ha deciso di dedicare alla sua città un’esperienza unica: un mese intero di repliche quotidiane di un concerto che ogni giorno cambia la scaletta andando spesso a ripescare non i “classiconi”, come ha detto alla prima il 27 febbraio, ma anche brani più “laterali”, che però tracciano tutti insieme il profilo della sua lunga e ricca carriera musicale. E ha deciso di farlo nel cuore di uno dei quartieri popolari più “romani” della capitale. Il teatro non è immenso, l’atmosfera è calda, intima, e De Gregori è sciolto mentre si muove sul palco come se fosse nel salotto di casa sua e insieme al caffè ci offre un po’ del suo repertorio. Un’atmosfera da Hellzapoppin’ dice, ricordando il celebre e delirante film del 1941 ed è questo aspetto un po’ sgangherato che cattura il pubblico di diverse generazioni che affolla la platea.

Ci sono molte cover nelle due ore di concerto, notevole per uno che potrebbe fare decine di concerti soltanto con i suoi brani che lo hanno reso una delle voci più alte tra i cantautori italiani, e invece, quasi con umiltà, De Gregori si rivolge ad altri e non solo al suo “punto di riferimento” Dylan di cui interpreta tre brani (anche questi splendidamente “laterali”) ma anche, ad esempio, Gino Nebbiosi e la sua Ma che razza di città dall’album Mentre la gente se crede che vola del 1973. Un grido rabbioso di amore per questa città, un grido contro la guerra perché c’è molta guerra e molto Roma nelle canzoni selezionate a partire da La guerra fino a Il cuoco di Salò. C’è Roma vista da Ostia all’alba del 2 novembre del ’75, “Roma così vicina, Roma così lontana”, pianto dolente sul corpo di Pasolini in “A Pa’” e c’è soprattutto la Roma ferita dal bombardamento a San Lorenzo il 19 luglio 1943. È il momento più intenso del concerto, De Gregori riesce a creare, con poche secche parole, il film, anzi l’istantanea di quel momento storico che fece di Pio XII il defensor civitatis: «Cadevano le bombe le bombe come neve, il diaciannove luglio a San Lorenzo [...] viste dal Vaticano sembravano scintille [...] E il Papa la domenica mattina da San Pietro, uscì tutto da solo tra la gente, e in mezzo a San Lorenzo, spalancò le ali, sembrava proprio un angelo con gli occhiali».

Pare che la famosa foto sia stata scattata a San Giovanni durante il secondo bombardamento del 3 agosto del 1943, ma la sostanza non cambia: il Papa uscì tutto da solo tra la gente. Per questo Roma potrà tornare a credere e sperare come ripete lo struggente ritornello della canzone: «E un giorno, credi questa guerra finirà, ritornerà la pace e il burro abbonderà e andremo a pranzo la domenica, fuori porta, a Cinecittà, oggi pietà l’è morta, ma un bel giorno rinascerà e poi qualcuno farà qualcosa, magari si sposerà».

Andrea Monda

(© L'Osservatore Romano, 3 marzo  2019)