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PAOLO VI

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 22 aprile 1970 

 

La Chiesa comunità di preghiera

Chi entra in questa Basilica, se per la prima volta specialmente, subisce il fascino dell’edificio: la sua vastità, registrata perfino sul pavimento a confronto delle altre più grandi chiese del mondo, il suo carattere monumentale, la sontuosità di ogni sua parte, dappertutto uno sforzo di grandezza e di arte, la profondità dei suoi spazi, il trionfo in altezza e in bellezza della sua cupola, tutto attrae lo sguardo, tutto ferma lo spirito a sé. L’anima si effonde, si distrae. Impressioni d’ogni genere la incantano: ricordi storici, stimoli estetici, confronti architettonici, meraviglie strane, senso della costruzione perfetta e gigante . . . L’anima quasi si smarrisce: siamo in un museo? in una casa incomprensibile da ammirare, ma non da abitare? in un tempio incomprensibile? in un mondo di sogno, tanto più etereo, quanto più espresso in una magnifica solidità? Questa la prima soverchiante impressione. Poi l’anima ricerca se stessa: io sono qui per pregare; ma dove? ma come in questo splendido spazio che sembra non offrire raccoglimento, né riposo, né silenzio allo spirito? Dov’è il suo mistero? come stabilire una sinfonia fra le note di questo poema trionfante e le timide voci del mio cuore? come esprimere qui i miei umili desideri, i miei dolori, i miei dubbi, i miei gemiti, le mie ingenue giaculatorie? E ancora l’anima rimane perplessa e smarrita, e cerca nella complessa configurazione della Basilica un angolo, un rifugio, dove riprendere fiato e voce per mormorare un’orazione; e subito questa ricerca è soddisfatta: dovunque essa si volga, ivi è invito alla preghiera, ad una preghiera che si fa subito intensa e volante nel piano ideale della Basilica: qui è San Pietro, il testimonio della fede e il centro dell’unità e della carità; qui è la Chiesa, la Chiesa cattolica, la Chiesa universale, cioè di tutti, la mia Chiesa, per me, per il mio mondo, anzi per tutto il mondo; qui è Cristo, presente e invisibile, ma parlante del suo regno, della sua vita nei secoli, del suo cielo.

È un itinerario comune; chi entra con animo pio in questo mausoleo, che custodisce la tomba e le reliquie di San Pietro, lo percorre subito, con lieta fatica, con soddisfatto stupore, con ravvivato desiderio di andare oltre; e arriva alla domanda che noi ci poniamo: la Chiesa; che cosa fa la Chiesa? a che cosa serve la Chiesa? qual è la sua manifestazione caratteristica? qual è il suo momento essenziale? la sua attività piena, che giustifica e distingue la sua esistenza? La risposta sgorga dalle mura stesse della Basilica: la preghiera. La Chiesa è un’associazione di preghiera. La Chiesa è una societas Spiritus (Cfr. Phil. 2, 1; S. AUG., Sermo 71, 19; PL 38, 462). La Chiesa è l’umanità che ha trovato, mediante Cristo unico e sommo Sacerdote, il modo autentico per pregare, cioè per parlare a Dio, per parlare con Dio, per parlare di Dio. La Chiesa è la famiglia degli adoratori del Padre «in spirito e verità» (Io. 4. 23).
Sarebbe interessante, a questo punto, ristudiare la ragione della coincidenza della parola «chiesa» attribuita all’edificio eretto per la preghiera e attribuita all’assemblea dei credenti, i quali sono «chiesa», dentro o fuori che siano dal tempio, che li raccoglie in preghiera. Si può allora notare, fra le altre cose, come l’edificio materiale, destinato a raccogliere i fedeli in orazione, possa, e in certa misura (qui resa maestosa) debba essere non solo luogo di preghiera, domus orationis, ma altresì segno di orazione, edificio spirituale e preghiera essa stessa, espressione di culto, arte per lo spirito; donde deriva la necessità pratica della costruzione di luoghi di culto per dare al popolo cristiano l’opportunità di riunirsi e di pregare, e deriva altresì il merito di quanti si adoperano per costruire quelle «chiese nuove», che devono accogliere e educare alla preghiera le comunità nuove che sono sprovviste delle loro indispensabili domus orationis, delle case dove riunirsi per celebrare la loro preghiera comunitaria.

Cioè: noi vorremmo in questo luogo e in questo momento ricordarvi l’appellativo che tanto bene definisce il cattolicesimo: Ecclesia orans, Chiesa che prega. Questo carattere squisitamente religioso della Chiesa è essenziale e provvidenziale per essa. Lo insegna il Concilio con la prima sua Costituzione sulla sacra Liturgia. E noi dobbiamo ricordare questo carattere della Chiesa, la sua necessità e la sua priorità. Che cosa sarebbe la Chiesa senza la sua preghiera? che cosa sarebbe il cristianesimo, che non insegnasse agli uomini come possono e devono comunicare con Dio? un umanesimo filantropico? una sociologia puramente temporale?
È noto come oggi vi sia la tendenza a tutto «secolarizzare», e come questa tendenza penetri anche nella psicologia dei cristiani; perfino nel clero e nei Religiosi. Ne abbiamo parlato altre volte; ma giova riparlarne, perché l’orazione oggi sta decadendo. Precisiamo subito: l’orazione comunitaria e liturgica sta riprendendo una sua diffusione, una sua partecipazione, una sua comprensione, che è certamente una benedizione per il nostro popolo e per il nostro tempo. Dobbiamo anzi portare avanti le prescrizioni della riforma liturgica in atto, le quali sono state volute dal Concilio, sono state studiate con sapiente e paziente cura dai migliori liturgisti della Chiesa e suggerite da ottimi esperti delle esigenze pastorali. Sarà la vita liturgica, bene curata, bene assorbita nelle coscienze e nelle abitudini del popolo cristiano quella che terrà vigile ed operante il senso religioso nel nostro tempo, così profano e così dissacrato, e che darà alla Chiesa una nuova primavera di vita religiosa e cristiana.

Ma dobbiamo nello stesso tempo lamentare che la preghiera personale diminuisce, minacciando così la liturgia stessa di impoverimento interiore, di ritualismo esteriore, di pratica puramente formale. Il sentimento religioso stesso può venir meno per la mancanza d’un duplice carattere indispensabile all’orazione: l’interiorità e l’individualità. Bisogna che ciascuno impari a pregare anche dentro di sé e da sé. Il cristiano deve avere una sua preghiera personale. Ogni anima è un tempio. «Non sapete - dice San Paolo - che siete il tempio di Dio, e che lo Spirito di Dio abita dentro di voi?». E quando noi entriamo in questo tempio della nostra coscienza per adorarvi il Dio presente? saremmo noi delle anime vuote, sebbene cristiane, anime assenti da se stesse, dimentiche del misterioso e ineffabile appuntamento che Iddio, Iddio Uno e Trino, si degna offrire al nostro filiale e inebriato colloquio, proprio dentro di noi? Non ricordiamo noi la parola estrema del Signore, all’ultima cena: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola, e il Padre mio lo amerà; e noi verremo a lui, e faremo dimora presso di lui»? (Io. 14. 23) È la carità che prega (S. Agostino): abbiamo noi il cuore animato dalla carità, che ci abilita a questa intima preghiera personale?
L’Ecclesia orans è un coro di singole voci vive, coscienti, amorose. Un’iniziativa spirituale interiore, una devozione personale, una meditazione elaborata col proprio cuore, un certo grado di contemplazione pensante e adorante, gemente e gaudiosa, questa è la domanda della Chiesa, che si rinnova e che ci vuole poi testimoni e apostoli.
Ascoltiamo l’inno a Cristo, a Dio, che sale da questa Basilica e procuriamo di assecondarlo con la nostra propria umile voce. Ora e qui; e poi dappertutto e sempre. Con la Nostra Benedizione Apostolica.

Sacerdoti e seminaristi di Cecoslovacchia

Rivediamo qui volentieri Monsignor Carlo Skoupy, Vescovo di Brno, col quale già ci siamo intrattenuti in privata udienza lo scorso venerdì, e che ora ci porta il gruppo dei seminaristi cecoslovacchi e dei sacerdoti convittori del Pontificio Collegio Nepomuceno, entrato ormai nel quinto decennio della sua proficua esistenza. Siamo assai lieti di ricevervi, diletti figli, che vi preparate all’ordine sacro, e portate a compimento la vostra formazione spirituale e intellettuale qui a Roma, presso le sacre memorie degli Apostoli, per essere poi, fra i vostri connazionali, i continuatori di una tradizione ininterrotta di fedeltà e di amore alla Chiesa, i portatori ardenti e generosi della fiaccola del Vangelo, il sale della terra, la luce del mondo. Voi siete, voi sarete i collaboratori della Santissima Trinità nientemeno nell’edificazione della Chiesa: l’ha sottolineato il Concilio Vaticano II quando ha affermato che «i Presbiteri, in virtù della sacra Ordinazione e della missione che ricevono dai Vescovi, sono promossi al servizio di Cristo Maestro, Sacerdote e Re, partecipando al suo ministero, per il quale la Chiesa qui in terra è incessantemente edificata in Popolo di Dio, Corpo di Cristo e Tempio dello Spirito Santo» (Presbyterorum ordinis, 1). Siate perciò sempre degni della missione, che a voi si affida, e mantenete intatti per tutta la vita, gli ideali di donazione e di fervore di questi anni: e un flusso incessante di grazia si diffonderà dalle vostre esistenze, e le renderà sempre più preziose per il bene di innumerevoli anime. Risponda a questi voti la Vergine Santissima con la sua materna protezione, mentre di cuore vi impartiamo la confortatrice Benedizione Apostolica, che estendiamo alle vostre care famiglie ed alle vostre dilette diocesi di origine.

Gli assistiti dall’ENAOLI

Ci è poi, molto gradito porgere il nostro paterno benvenuto ai 400 giovani dell’Ente Nazionale Assistenza Orfani Lavoratori Italiani (ENAOLI), i quali partecipano a Roma ai loro «Giuochi di Primavera», organizzati dal benemerito Ente. Salutiamo le personalità che li accompagnano, il Presidente Professor Giaccone, il Direttore Generale Dott. Pini, il Consigliere Ecclesiastico Mons. Bovone, e i qualificati rappresentanti dei Ministeri e delle Istituzioni, che seguono l’attività dell’ENAOLI, ed esprimiamo loro il nostro sincero apprezzamento per l’opera che svolgono, con saggezza e abnegazione, per il bene di codesta fiorente gioventù Ma a voi, soprattutto, desideriamo rivolgerci, per dirvi che vi seguiamo con tutto il nostro affetto da tanti anni: ci siete tanto vicini e cari, diletti figli, perché siete giovani; perché siete la speranza di un domani migliore, fondato su energie sane e generose, quali voi siete; perché siete pensosi del vostro avvenire, e, ormai preparati in questi anni di formazione tecnica e professionale, vi disponete a dare alla società l’apporto del vostro lavoro; perché sapete impiegare il tempo libero in queste nobili competizioni sportive, che certamente vi temprano l’animo, oltre che il fisico, all’esercizio di forti virtù; ma ci siete cari soprattutto perché il dolore vi ha precocemente visitati e voi siete cresciuti a questa impareggiabile scuola di nobiltà, che è la sofferenza, specie quella che tocca negli affetti più sacri, lasciando un’impronta di maturità e di fortezza d’animo che non si cancella più. Per questo vi ripetiamo la nostra stima, commossa e sincera, e vi incoraggiamo a mantenervi sempre fedeli ai principii che avete ricevuto. La Chiesa si aspetta molto, oggi, dai giovani: dalla loro esigenza di autenticità, dal loro coraggio, dalla loro lealtà, dal loro impegno. E noi vi invitiamo a fare onore alla Chiesa, come alla società, recando il vostro contributo di convinzioni e di opere, che è tanto necessario. A voi, ai vostri Cari, a quanti hanno contribuito egregiamente alla vostra formazione umana e cristiana, di cuore impartiamo l’Apostolica Benedizione, pegno della Nostra grande benevolenza.


Un particolare saluto desideriamo rivolgere anche al folto gruppo di bambine ed adolescenti ospiti dei Centri Medico-Sociali «Santa Zita» di Altopascio ed «Elena Guerra» di Pescia.
Sappiamo, dilette figlie, che vi ha spinte a questa Udienza il desiderio di porgere l’omaggio della vostra devozione e del vostro affetto al Vicario di Cristo. È, questa, una testimonianza di fede che ci commuove profondamente e ci reca molto conforto. Vi ringraziamo di cuore, e insieme ringraziamo le buone Suore Oblate dello Spirito Santo, che vi assistono con tanto amore e dedizione. Vi assicuriamo la Nostra preghiera, con la quale chiediamo al Signore che esaudisca i vostri desideri e voglia trasformare in ricca sorgente di grazie e di meriti le fatiche di quanti si prodigano per il vostro bene.
Nel ritornare alle vostre case, dite ai vostri cari, alle vostre compagne e a tutti quelli che non vi hanno potuto personalmente seguire, che il Papa li ha presenti insieme a voi nel Suo cuore e tutti paternamente benedice.

Nous sommes heureux de vous saluer, chers représentants de l’«Association sportive de la Préfecture de Police de Paris», et nous saluons les membres de vos familles qui vous ont accompagnés. A la rencontre amicale avec le groupe sportif des Agents de Ville de Rome vous avez voulu ajouter une rencontre de foi avec le Représentant de Pierre au centre de la chrétienté. Soyez-en félicités et remerciés. Puissiez-vous emporter de votre séjour romain une joie durable, celle qui résulte de la fraternité humaine et celle, plus profonde encore, qui est le fruit de la grande fraternité des enfants de Dieu dans le Christ. C’est en son nom que nous vous bénissons de grand cœur, et que nous bénissons aussi, avec ceux que vous représentez ici, tous ceux qui vous sont chers.

Unas palabras de saludo, con nuestra bienvenida, para vosotros, Peregrinos de Guatemala, cuya devota participacion a esta audiencia agradecemos vivamente.
Que vuestra presencia ante la Tumba de San Pedro sirva para alentar vuestros anhelos de vivir fielmente el cristianismo, cuya esencia en amor a Dios y a los hermanos los hombres.
Que las gratias celestiales os acompaiien copiosas en vuestros caminos que os deseamos serenos y felices. Prenda de ellas es Nuestra Bendicion Apostolica.

E agora, aos queridos peregrinos de lingua portuguesa, urna palavra, para vos saudar, com muito afecto e estima: sede bem-vindos, todos! Em particular, um aceno d e simpatia ao Grupo Cora1 de Belo Horizonte, denominado «Madrigal Renascentista».
Quisestes vir render homenagem ao Vigario de Cristo, na Nossa humilde pessoa: muito obrigado!
Que Deus vos pague, com seus favores, a delicadeza do gesto; e que sempre, ao cantardes, possa a mensagem do belo, ser para vós e para os que a ouvem, meio de elevagáo espiritual, até ao Altíssimo, e fonte de serenidade espiritual, com a paz de consciência.
Com estes votos, vos abencoamos, bem como aos vossos familiares, na pátria distante, o querido Brasil.

                  



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