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PAOLO VI

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 19 aprile 1972

 

I momenti della sofferenza e della gioia nel corso della vita cristiana

Ancora pensiero, parola, cuore bevono alla fontana pasquale. A Chi ha compreso che la prima conseguenza della vita cristiana è personale, è interiore alla persona stessa, non può celebrare la Pasqua, come noi siamo invitati a fare dalla Chiesa, solo nel giorno celebrativo della risurrezione del Signore, ma altresì nel periodo che succede a questa festività, non può non avvertire che tale conseguenza ha una sua espressione psicologica dominante, che è la gioia. Prima della gioia, lo sappiamo, vi è la grazia e con la grazia, la pace; ma questa, di per sé, supera la nostra interiore sensibilità (Cfr. Phil. 4, 7), sebbene diffonda in tutto l’essere umano un certo ineffabile benessere, un equilibrio, un vigore, una fiducia, uno «spirito», che dà all’anima un senso nuovo di sé, della vita e delle cose. Ma la gioia è, più d’ogni altro frutto spirituale derivante dalla grazia, dalla carità, il suo effetto dominante (Gal. 5, 22), tanto che la gioia pervade la liturgia pasquale, col suo «alleluia» e con tutta l’onda di letizia diffusa nello stile del costume cristiano di questa stagione. Anzi noi scopriamo, celebrando il mistero pasquale, che la gioia si effonde in tutta la vita cristiana oltre ogni limite di calendario; è la sua atmosfera, la sua nota caratteristica. Ricordate l’esortazione dell’Apostolo Paolo: «siate lieti sempre nel Signore; lo ripeto, siate lieti!» (Phil. 4, 4; 3, 1). Non può un cristiano essere veramente triste, radicalmente pessimista. Il cristiano non conosce la disperazione; non conosce l’angoscia, la quale sembra essere il traguardo della psicologia moderna, quand’è cosciente di sé, sia essa una «dolce vita», o anche una vita intensa e sofferta, ma senza ideali e senza fede. Si può dire che la gioia, la vera gioia, quella della coscienza, quella del cuore, è un tesoro proprio del cristiano, proprio di colui che veramente crede in Cristo risorto, a Lui aderisce, di Lui vive. Una gioia limpida, che pur troppo non sempre troviamo in coloro che interpretano l’esigenza del Vangelo, come oggi spesso è di moda, quasi un atteggiamento critico ed aspro verso la Chiesa di Dio, e le offrono, invece del franco e lieto saluto della fraternità, lo sfogo acerbo d’un qualche rimprovero, talora offensivo e sovversivo, dove indarno si cerca l’accento amico d’un comune gaudio pasquale. Il gaudio pasquale è lo stile della spiritualità cristiana; non è spensieratezza superficiale; è sapienza alimentata dalle tre virtù teologali; non è allegria esteriore e rumorosa; è letizia che nasce da profondi motivi interiori; né tanto meno è abbandono gaudente al facile piacere d’istintive e incontrollate passioni, ma è vigore di spirito che sa, che vuole, che ama; è l’esultanza della vita nuova che invade, ad un tempo, il mondo e l’anima (Cfr. Prefazio di Pentecoste).

LA CROCE E LA PENITENZA

Ma qui sorge una difficoltà. Non è la croce il segno del cristiano? Non è la tristezza della penitenza altrettanto normale ed obbligante quanto la gioia irradiante dalla novità vitale della risurrezione? Cristiani, non siamo educati ad una certa alleanza col dolore? Ad onorarlo, a tollerarlo, a valorizzarlo fondendolo con la passione del Signore? (Cfr. Col. 1, 24) E poi: tutte le virtù, così dette passive, come l’umiltà, la pazienza, l’obbedienza, il perdono delle offese, il servizio ai fratelli, ecc., non solcano sul volto cristiano le stigmate della sua autentica fisionomia? E il punto-vertice della grandezza cristiana non è il sacrificio? Dov’è la gioia?

Come mettere d’accordo queste due opposte espressioni della vita cristiana, la sofferenza e la gioia? La domanda è spontanea e la risposta non è facile. Cerchiamola dapprima nel dramma dello stesso mistero pasquale, cioè della redenzione, che realizza in Cristo la sintesi della giustizia e della misericordia, dell’espiazione e del riscatto, della morte e della vita. Dolore e gioia non sono più irriducibili nemici. La legge sovrana del morire per vivere è la chiave per comprendere Cristo sacerdote e vittima (Cfr. Io. 12, 24-25), cioè nella sua essenziale definizione di Salvatore.

IL MESSAGGIO EVANGELICO DELLE BEATITUDINI

E cerchiamo la risposta al problema dell’armonia fra gioia e dolore nella vita cristiana nell’applicazione sacramentale della salvezza di Cristo alle nostre singole personali esistenze, nel battesimo e nell’eucaristia specialmente. Cerchiamola nella successione delle fasi diverse in cui si distribuisce il disegno della nostra vita presente: il messaggio evangelico delle beatitudini non è forse la rivelazione d’un nesso fra un presente infelice, povero, mortificato, oppresso, e un domani di beatitudine, di rivincita e di pienezza? Beati, in un futuro domani (fin d’ora pregustato), quelli che oggi sono poveri, sono piangenti, sono oppressi . . . proclama Gesù; la soluzione fa perno sulla speranza, e in Cristo «la speranza non delude» (Rom. 5, 5). «Voi piangerete, mentre il mondo godrà; ma la tristezza vostra si convertirà in gaudio» dice ancora Gesù (Io. 16, 20).

UNA DUPLICE VITA

Anzi, a ben guardare, nella esperienza fedele della vita cristiana i due momenti, quello della sofferenza e quello della gioia, si possono sovrapporre e rendersi simultanei, almeno in parziale misura. S. Paolo lo afferma in una frase scultorea: «Io sovrabbondo di gaudio in tutte le mie tribolazioni» (2 Cor. 7, 4). Gioia e dolore possono convivere. È questo uno dei punti più alti, più interessanti e più complessi della psicologia del cristiano, quasi ch’egli vivesse, e in realtà vive, una duplice vita; la propria, umana, terrena, soggetta a mille avversità, e quella di Cristo che in lui è stata già inizialmente, ma realmente infusa. «Non sono più io che vivo, dice ancora l’Apostolo; è Cristo che vive in me» (Gal. 2, 20).

E Cristo, ricordiamolo, è la gioia!

Auguriamoci tutti di farne l’ineffabile esperienza.

Con la nostra Apostolica Benedizione.


Le «Pie Madri della Nigrizia»

Tra gli altri gruppi, che affollano l’udienza, si trovano duecento Religiose Missionarie comboniane, le «Pie Madri della Nigrizia», che ricordano il primo Centenario di fondazione del loro Istituto. Vi esprimiamo affetto e riconoscenza per l’apostolato, che, in stretta collaborazione con la Sacra Gerarchia e con le direttive della Santa Sede, la Congregazione ha svolto in questi cento anni. Essa è sorta con intenti esclusivamente missionari, nella fioritura di santità e di opere, che seguì alla celebrazione del Concilio Vaticano I; è passata attraverso eventi e trasformazioni, che hanno segnato la storia recente con l’evoluzione e il progresso del Terzo Mondo; ed è significativo che la celebrazione commemorativa, col suo andare alle origini, cada in questo tempo Post-conciliare di presenza pastorale e missionaria della Chiesa. I propositi, che farete in questa circostanza, ripensando allo spirito da cui è sorta la vostra Famiglia Religiosa, non possono essere che di sempre più completa donazione a Cristo e alle anime, nelle linee direttive del Decreto Conciliare Ad Gentes; di piena, leale e disinteressata disponibilità al servizio della Chiesa e della Gerarchia; di fraterna unità nella vita interna della Comunità, affinché la vostra azione di affiancamento missionario tragga dalla carità l’ispirazione e la forza continua. Il Signore benedica le vostre schiere generose, e accompagni l’ulteriore cammino dell’Istituto con l’effusione di ogni suo dono: ve lo auguriamo di cuore, con la nostra Benedizione Apostolica.

La scuola «Mater Divinae Gratiae»

Ci piace ora rivolgere un particolare saluto al gruppo ben numeroso di Religiose che, venute a Roma a frequentare un corso di formazione per Maestre di Noviziato presso la Scuola «Mater Divinae Gratiae», partecipano a questo incontro e da noi attendono una parola di conforto e di incoraggiamento.

Rispondiamo volentieri, Figlie carissime, al vostro desiderio; e il nostro saluto non può che ricordarvi l’Esortazione Evangelica Testificatio, che è stata la continuazione ideale del discorso del Concilio intorno al rinnovamento della vita religiosa. Per voi - diremo - essa ha un particolare valore, in quanto siete destinate a renderla familiare alle vostre Consorelle. Non occorre sottolineare l’importanza del lavoro che svolgerete, tra breve, nelle vostre Case. Ma, intanto, il prepararsi ad esso sarà semplice acquisizione di nuove ed aggiornate nozioni, o perfezionamento di un’adeguata tecnica pedagogica? Sì, anche questo, ma non solo questo! Se volete divenire maestre, non potete prescindere da Colui che - come dice il Vangelo - unus est . . . Magister vester (Matth. 23, 8). Sappiate cogliere, in questo rapido cenno, l’importanza, anzi la necessità di subordinare il vostro magistero - come, del resto, ogni magistero che, a qualsiasi livello, esiste nella Chiesa - al magistero supremo del Figlio di Dio.

Questa disposizione di fondo vi insegnerà l’umiltà ed il discernimento necessario per entrare nei cuori; vi favorirà nel raccoglimento interiore per ascoltare la voce dello Spirito che parla nel segreto; vi porterà a considerare come sussidiaria, eppur preziosa, la vostra missione rispetto all’azione di Dio; vi solleciterà, infine, ad integrare l’insegnamento con la testimonianza esemplare della vostra vita di anime consacrate.

Vogliamo accompagnare il nostro augurio con una speciale Benedizione, che impartiamo di cuore a voi, alle consorelle delle Famiglie e Nazioni a cui presto ritornerete, ed ai vostri insegnanti.

Soyez les bienvenues, chères Filles de langue française; en vous bénissant de grand cœur, Nous prions Dieu de vous donner la lumière et la force qui vous permettront demain d’aider vos Sœurs à répondre avec joie et générosité à l’appel du Seigneur.

We wish to stress, beloved daughters in Christ, the esteem we have for the religious life. We would like you to understand how much the Lord loves you and how much the word needs the witness of your dedication and of your fidelity. Our prayer today is that your mission of service will be effettive for the glory of God’s name and that he will fill you with his joy. To each of you goes our Apostolic Blessing.

Os acompañamos con nuestros mejores votos para vosotras y vuestra labor, y os aseguramos nuestras plegarias para que sepais guiar a las jóvenes que con amor, gozo y esperanza desean consagrarse al total servicio de Dios y de sus hermanos. Una especial Bendición Apostólica.

Congresso internazionale di chirurgia

Salutiamo i membri della International Academy of Cosmetic Surgery e della Società Italiana di Chirurgia Estetica, venuti a Roma, con i loro familiari, per partecipare al loro primo Congresso Internazionale. Mediante l’impiego dei moderni mezzi di chirurgia voi cercate di ridurre anomalie congenite o acquisite per riabilitare al lavoro persone menomate, e per migliorare i rapporti familiari e sociali; e applicate terapie ausiliarie in soggetti affetti da turbe psichiche o psicosomatiche, derivanti dal confronto quotidiano, oggi particolarmente acuito, con la normalità fisica ed estetica degli altri. La vostra mano paziente di chirurghi sa perciò restituire alla serenità e alla fiducia nella vita persone, che traumi o alterazioni della propria figura conducono ad acuto senso di inferiorità, di sofferenza, talora di rivolta. Il nostro Predecessore Pio XII di v.m., in occasione dell’inaugurazione del reparto di Chirurgia Plastica nell’ospedale romano di S. Eugenio, tracciava un quadro profondo e chiaro della vostra professione, dando i fondamentali principi teologici e morali che debbono regolarla (4 ott. 1958; Discorsi e Radiomessaggi, XX, pp. 415-427): tra l’altro, egli sottolineava che «da un lato, l’analogia, sia pure pallida e lontana, tra l’opera del chirurgo plastico con quella divina del Creatore, che plasmò dal limo della terra il primo corpo umano, infondendovi la vita; dall’altro il sollievo che ne deriva a così gran numero di sofferenti; infine l’indefinita varietà dei trattamenti concorrono ad accrescere l’alto interesse di questa parte della chirurgia» (Ibid., p. 421). Quell’allocuzione, la penultima da Lui pronunciata, resta un esemplare trattato di deontologia morale della vostra arte, e ad essa vi rimandiamo perché l’azione che svolgete sia sempre rispettosa delle leggi divine, e improntata alla nobilissima intenzione di aiutare i menomati che soffrono, diciamo cioè, ispirata alla virtù cristiana della carità, al di sopra di interessi particolaristici di affermazione, di prestigio, di lucro.

Ci è gradito cogliere questa occasione per esprimervi il nostro incoraggiamento e assicurarvi la nostra preghiera, affinché il Signore sempre vi assista.

We would like to add a word of greeting in English to the members of the International Academy of Cosmetic Surgery and of the Italian Society of Aesthetic Surgery and their families. Trusting that your International Congress will favour the progress of your branch of surgery, we invoke upon you all the choicest blessings of God.

Il Consiglio per brevetti europei

Nous souhaitons la bienvenue aux membres du Comité exécutif de l’union des Conseils en brevets européens. Vous voulez, chers Messieurs, promouvoir et garantir le statut de ceux dont la haute qualification professionnelle et l’initiative inventive stimulent le progrès industriel.

Cette ingéniosité technique mérite en effet d’être reconnue, respectée et encouragée, sans oublier le bien commun de la société qu’elle doit finalement servir, ni les autres valeurs qui font la grandeur de l’homme. Sur vous, sur tour ceux et celles qui vous accompagnent Nous invoquons de grand cœur les Bénédictions du Seigneur.

Alunni del Seminario Maggiore di Graz

Ein wort herzlicher Begrußung richter Wir an den anwesenden Bischof von Graz-Seckau, Msgr. Weber, der mit den Alumnen seines Großen Priesterseminars und ihren Vorgesetzten zu den Gräbern der Apostelfürsten nach Rom gepilgert ist. Es bedeutet für den Papst immer einen besonderen Trost, zu den künftigen Priestern der Kirche einige Worte sprechen zu können.

Liebe Freunde! Heiligkeit und Wissenschaft sind die beiden großen Leuchten, die Ihr junges Leben erhellen und formen sollen. Eignen Sie sich durch eifriges Studium ein gründliches theologisches Wissen an, so wie es vom zustaìändigen Lehramt der Kirche in den Konzilsdokumenten niedergelegt ist. Stellen Sie in den Mittelpunkt Ihres religiösen Lebens die Anbetung der heiligen Eucharistie und eine glaubensstarke Verehrung der Gottesmutter. Dann steht es gut um Sie und Sie werden einmal würdige Diener des Heiligtums sein. Dazu erteilen Wir Ihnen und allen Anwesenden aus der Ftille des Herzens Unseren Apostolischen Segen.

Studenti ed insegnanti italiani

Carissimi giovani!

Ci fa piacere trovarci in mezzo a voi, e vorremmo salutarvi ad uno ad uno, insieme con i vostri Insegnanti e con i vostri familiari che vi hanno accompagnati, o che, sia pure lontani, sono qui col pensiero e con l’affetto.

A tutti vogliamo assicurare che vi siamo vicini, vi comprendiamo nell’ansia di autenticità, di rinnovamento che vi muove, e tutti vi incoraggiamo a non lasciarvi andare alle mode mutevoli delle ideologie che passano, ma a restare fedelmente attaccati alla Verità che rimane: quella verità che è Cristo, Iute delle nostre menti, che permea di sé le espressioni della cultura, dell’arte, della conoscenza scientifica, perché tutto quanto è luce, bellezza, armonia, ordine, nel cosmo, nella natura, nelle civiltà tutto ha attinto un raggio da Lui, Logos creatore, Verbo seminale del Padre, e a Lui tutto si rapporta nella creazione e nella storia dell’uomo.

Sia Lui la vostra vita, cercatelo con sforzo costante nella fatica dello studio, vivete di Lui, della sua Parola, della sua presenza, della sua grazia. E che il periodo fecondo dei vostri studi sia veramente fondamentale per la formazione della vostra personalità, umana e cristiana.

Con questi voti vi benediciamo di cuore, con i vostri cari e con tutte le benemerite persone che si dedicano a prepararvi alla vita.

                                 



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