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PAOLO VI

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 31 marzo 1976

 

L'unità nella Chiesa: un pensiero operante per il rinnovamento ecclesiale

Noi diremo ancora una parola derivante dall’Anno Santo, che non possiamo considerare come un avvenimento del tutto passato, ma che vorremmo riscontrare tuttora operante nell’eredità di quel rinnovamento, di cui l’Anno Santo volle essere un principio, un impegno per il presente e per l’avvenire della Chiesa.

Quale può essere questa parola conclusiva delle nostre riflessioni postume sulla celebrazione dell’Anno Santo? Conclusiva di questi tardivi commenti, non finale della meditazione sul rinnovamento spirituale e morale della Chiesa, la quale meditazione reclama un ben più ampio sviluppo, anzi un ricorrente e perenne «aggiornamento». Ma per ora la parola conclusiva, che tutti dobbiamo portare nel cuore con un rifiorente ricordo di quel provvido avvenimento, sia questa: l’unità nella Chiesa.

Se noi riflettiamo sulle impressioni più significative e commoventi dell’Anno Santo troveremo facilmente che una vi fu e rimane, come un’esperienza soprasensibile, goduta nelle cerimonie, nelle preghiere, negli incontri, nelle stesse molestie dei pellegrinaggi, ed è appunto l’incontro, l’insieme, la comunione eterogenea e pur sinceramente fraterna di tanti credenti, fedeli, fratelli, concorrenti e componenti una famiglia sola, una società unica, una ecclesia, cioè un’assemblea compaginata in un organismo solidale, il Corpo mistico di Cristo, quale appunto è la Chiesa. L’esperienza anche momentanea psico-sensibile di questa misteriosa parentela ci ha confermato nella beata certezza: sì, questa è la Chiesa vera, è la realtà storica e visibile, ma nello stesso tempo trascendente, soprannaturale, fondata e voluta da Cristo; «siano tutti uno»; (Io. 17, 21) così è e dev’essere il Popolo di Dio; così si compie il disegno universale dell’Incarnazione e della Redenzione per la salvezza dell’umanità. Non c’è dubbio: così Dio, il Padre ineffabile ed ottimo di tutti gli uomini, così Cristo, il Verbo fatto uomo, fratello, maestro, agnello espiatore per una comune rigenerazione, così lo Spirito, divino animatore d’ogni singola anima aperta al suo soffio interiore e d’ogni gente, docile alla guida della fede e della carità, così, in una parola, la divina rivelazione vivente e operante nel mondo, plasma i destini presenti della storia e prepara quelli sfolgoranti oltre il tempo; così la Chiesa, segno e strumento della relazione dell’umanità con Dio, cioè della vera religione, «dell’intima unione con Dio e della unità di tutto il genere umano» (Lumen Gentium, 1), manifesta «la sua natura e la sua missione universale» (Ibid.).

Questo pensiero dell’unità, specialmente nel suo primo aspetto di unità interiore alla composizione stessa della Chiesa, deve dominare i nostri ricordi e i nostri propositi derivati dall’Anno Santo: unità nella Chiesa.

E questo non è soltanto un pensiero che illumina dall’alto la nostra teologia; dev’essere anche un pensiero operante per quel rinnovamento ecclesiale, che è stato una delle mete spirituali e pratiche, tanto del recente Concilio, quanto dell’Anno Santo. L’unità nella Chiesa, luce posta allo zenit della speculazione dottrinale, dev’essere simultaneamente programma della nostra fedeltà a Cristo Signore: vogliamo che Cristo riviva nelle nostre anime e nel nostro tempo? procuriamo di mantenere, anzi di sviluppare quel senso di unità che da Lui stesso deriva. Nasce da questo senso di unità, che si fa bisogno, si fa dovere, si fa stile di vita il nostro ecumenismo (Cfr. Unitatis Redintegratio, praesertim 6 et 7). Ma di questo amplissimo tema ora non parleremo.

Accenneremo piuttosto alle infrazioni, alle tentazioni, alle paralisi, che al principio dell’unità si sono manifestate, anche dopo il Concilio, all’interno della Chiesa. Analisi delicata e discorso lungo richiederebbe la diagnosi dei fenomeni negativi, rispetto all’integrità della vera e vitale unione che deve caratterizzare la Chiesa, specialmente dopo la grande lezione del Concilio e dopo la tonificante esperienza dell’Anno Santo. Ci limitiamo a semplici e laconiche indicazioni.

Il costume associativo, tanto in auge prima dell’ultima guerra, ha subito una forte crisi, tanto nel campo ecclesiale, quanto in quello sociale e profano; in quest’ultimo però le esigenze della organizzazione sindacale e politica hanno agevolato la formazione di nuovi quadri molto forti, di cui ora non parliamo. Le belle e fiorenti associazioni, che raggruppavano organicamente (se pur in forma sempre perfettibile) le file del Popolo di Dio, si sono in grande parte dissolte. Il criterio, legittimo e provvido, della libertà individuale ha prevalso su quello complementare e non meno provvido dell’organizzazione, ch’è in fondo un omaggio all’unione, all’unità. La comunità ecclesiale per eccellenza, la Parrocchia, anch’essa ha subito in molte parti un allentamento dei suoi consueti vincoli e spesso tanto belli e conformi allo spirito cattolico; il Popolo di Dio non si è più sentito «un Cuor solo e un’anima sola» (Act. 4, 32) com’erano i credenti della prima generazione, e come lo furono tante nostre comunità ecclesiali. Motivi sociologici ben noti hanno fortemente contribuito ad «atomizzare» la cordiale compattezza delle nostre popolazioni cristiane. Bisogna studiare come rimediarvi.

Un altro fenomeno, sotto alcuni aspetti parimente negativo, ha pure corroso l’intima coesione del Popolo di Dio, con la contestazione alla consistenza organica e gerarchica della Chiesa cattolica, e con la rivendicata autonomia di individui o di gruppi di fronte all’obbedienza all’autorità legittima e responsabile derivata nella Chiesa da istituzione divina (Cfr. Luc. 10, 16). Un’eccessiva e spesso inesatta applicazione del «pluralismo» ha poi frantumato in diversi campi della vita ecclesiale e dell’attività cattolica quella esemplarità, quella armonia, quella collaborazione, e quindi quell’efficienza, che la presenza della Chiesa nel mondo ha non vano desiderio di attendere dai suoi figli. È la carità che esige l’unione; è la fede comune che le offre la base per goderne il corale concerto dei credenti.

Grandi temi! concentriamo il ricordo ed il proposito dell’unità nella Chiesa conservando scolpite nei cuori le parole di Gesù all’ultima cena: «amatevi anche voi gli uni gli altri come Io vi ho amato» (Cfr. J. HAMER, L’Eglise est une communion, Cerf, 1962; J. A. MOEHLER, L’Unité dam l’Eglise, Cerf, 1938).

Corrobori tale ricordo e tale proposito la nostra Benedizione Apostolica.

                             



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