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DISCORSO DI PAOLO VI
DURANTE
LA «VIA CRUCIS» DAL COLOSSEO AL PALATINO

Venerdì Santo, 31 marzo 1972

 

Adesso, per concludere questa «Via Crucis», questo itinerario A di dolore, col quale abbiamo accompagnato Gesù, chiamato il Cristo, Re messianico del Popolo eletto, al patibolo crudele e ignobile della Croce, alla morte innocente e spietata, adesso che siamo arrivati al suo sepolcro, pregando e piangendo, e che restiamo muti, e come sopraffatti da questa tragedia, tipica della sofferenza umana, dell’umana ingiustizia e della divina misericordia, adesso ascoltiamo Lui, Gesù, il morto, l’ucciso, il sepolto, se Egli avesse una parola ancora da dirci: forse un lamento, una protesta, una condanna, un anatema? Ovvero forse un ricordo, un conforto, un’eco di quella sua voce grave e soave, tanto umana e profetica, che noi abbiamo ascoltato nel suo messaggio all’umanità, nel suo Vangelo?

Sì, Fratelli tutti, qui e nel mondo, che tendete l’orecchio ora al silenzio mortale e misterioso del sepolcro di Cristo; sì, Egli parla ancora. Egli l’aveva assicurato: «Passeranno il cielo e la terra, ma le mie parole non passeranno».

Quali sono le sue parole immortali?

Ascoltate: «Venite a me voi tutti, che siete affaticati ed oppressi; ed Io vi consolerò!».

Sono sue queste parole? Sì, sono parole di Cristo.

Sono vere queste parole? Sì, sono vere.

E sono possibili? Non sono una illusione? Non sono un inganno al dolore umano? Una beffa, un narcotico? Come possono essere vere?

Ecco: cominciamo a sentirne l’eco risuonare dentro i nostri animi. Sono parole pronunciate per noi infelici. Noi uomini siamo tutti infelici. E chi fra noi è più infelice meglio le può comprendere, come direttamente a se stesso rivolte.

Il Crocifisso parla a Te, uomo che soffri, a Te, uomo aggravato dalle fatiche, dagli affanni, dalle miserie della tua vita. Parla a Te, ammalato; a Te, povero; a Te, emarginato. Parla a Te, uomo che piangi; a Te, uomo che forse ridi per non imprecare; a Te, uomo che taci all’orlo della disperazione.

Chi è Colui che Ti parla e Ti chiama?

È l'Uomo del dolore; colui che conosce il soffrire (Cfr. Is. 53).

Se non altro, Cristo è Tuo collega; è Tuo amico. Non è già questa una consolazione, che toglie dal cuore la pena peggiore, quella dell’abbandono e della solitudine, quella della disperazione? Cristo è con Te, soffre con Te.

E ascoltalo ancora: non si è immedesimato Cristo con Te, qualunque sia la Tua sventura? La fame, la povertà, l’infermità, perfino la delinquenza, per impietosire così i cuori buoni e generosi, che ancora ci sono, e incitarli a venire in soccorso di Te, rivestito delle sue umano-divine apparenze? Quale maggiore dignità poteva esserti conferita?

Verranno gli uomini in Tuo soccorso così? Lo spero, ma non lo so con certezza; però, quale incentivo maggiore di questo poteva essere dato all’umana solidarietà, alla bontà che non umilia l’infelice, ma si umilia davanti a lui? Comprendi almeno questo, uomo che soffri: nessuno più di Cristo ha dato voce di giustizia al tuo dolore, al tuo bisogno, alla tua inferiorità, alla tua miseria. Tutta la sociologia moderna, che tende alla liberazione dell’uomo oppresso, alla sua riabilitazione, alla sua eguaglianza, deve attingere, fors’anche inconsciamente, alla rivendicazione del diritto più che civile instaurato da Cristo, il quale ha reso fratelli tutti gli uomini, redimendoli dall’egoismo, che li fa lupi gli uni per gli altri, nell’amore e nella pace.

E senti infine l’ultima rivelazione confortatrice, o uomo torturato dal grande problema circa il perché della tua sofferenza. Senti che cosa dice Gesù crocifisso: «Beati - beati, comprendi? non è irrisione! - beati coloro che piangono, perché saranno consolati!» (Matth. 5, 5) e al ladrone, che crocifisso pure lui gli agonizza vicino, Egli offre la grande promessa: «Oggi sarai con me in paradiso!» (Luc. 23, 43). Comprendi? Il dolore - ascolta! - non è più inutile! non è più soltanto dispersione e strazio della vita. Cristo lo ha tramutato in moneta di acquisto, in prezzo di riscatto, in pegno di risurrezione e di vita. Egli ha conferito un senso segreto e una virtù potente alla sofferenza umana, purché associata alla sua passione (Cfr. Col. 1, 24). Confortato da Cristo, o uomo che soffri, tu puoi essere perfino confortatore!

Fratelli, questa non è vertigine che ci assale alla fine del dramma del Calvario; non è follia.

È il balsamo della Via Crucis, la quale altro non è, se percorsa con Cristo, se non la via lucis, la via alla luce e all’ultima e vera vita, quella di Pasqua, quella della risurrezione.

Così sia per noi, e per tutta l’umanità sofferente.

* * *

Y ahora, nos dirigimos con especial afecto a nuestros amados hijos de los países de lengua española, exhortándoles a corresponder con el testimonio de sus vidas cristianas al amor generoso de Cristo, que ha muerto por nosotros en la Cruz.

Que estas santas celebraciones pascuales inunden nuestras almas del gozo mmenso de sentirnos, en este mundo, peregrinos que caminan bacia la Resurrección.

* * *

De igual modo, aos fiéis de lingua portuguesa, urna palavra.

Evocar Cristo crucificado é recordar o triunfo da vida sobre a morte, reviver, com emoção, urna epopeia de amor: amor que salva, amor que liberta, amor que dá a graça.

Pácoa é graça e paz. É o Senhor que passa, a interpelar cada um de nós, para imitá-Lo no amor, a fim de termos parte nas alegrias do «Homem que conheceu o sofrimento», mas soube superá-lo, amando, para nos revestir com a força lá do Alto, e nas nossas almas ser sempre Páscoa.

                               



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