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82.âIl problema non sempre è lâeccesso di atti-
vità , ma soprattutto sono le attività vissute male,
senza le motivazioni adeguate, senza una spiri-
tualità che permei lâazione e la renda desidera-
bile. Da qui deriva che i doveri stanchino più di
quanto sia ragionevole, e a volte facciano amma-
lare. Non si tratta di una fatica serena, ma tesa,
pesante, insoddisfatta e, in definitiva, non accet-
tata. Questa accidia pastorale può avere diverse
origini. Alcuni vi cadono perché portano avan-
ti progetti irrealizzabili e non vivono volentieri
quello che con tranquillità potrebbero fare. Altri,
perché non accettano la difficile evoluzione dei
processi e vogliono che tutto cada dal cielo. Altri,
perché si attaccano ad alcuni progetti o a sogni
di successo coltivati dalla loro vanità . Altri, per
aver perso il contatto reale con la gente, in una
spersonalizzazione della pastorale che porta a
prestare maggiore attenzione allâorganizzazione
che alle persone, così che li entusiasma più la âta-
bella di marciaâ che la marcia stessa. Altri cadono
nellâaccidia perché non sanno aspettare, vogliono
dominare il ritmo della vita. Lâansia odierna di
arrivare a risultati immediati fa sì che gli opera-
tori pastorali non tollerino facilmente il senso di
qualche contraddizione, un apparente fallimento,
una critica, una croce.
83.âCosì prende forma la più grande minaccia,
che « è il grigio pragmatismo della vita quotidiana
della Chiesa, nel quale tutto apparentemente pro-
cede nella normalità , mentre in realtà la fede si