EVANGELII GAUDIUM - page 69

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za dimenticare che « dove abbondò il peccato, so-
vrabbondò la grazia » (
Rm
5,20). La nostra fede è
sfidata a intravedere il vino in cui l’acqua può es-
sere trasformata, e a scoprire il grano che cresce
in mezzo della zizzania. A cinquant’anni dal Con-
cilio Vaticano II, anche se proviamo dolore per
le miserie della nostra epoca e siamo lontani da
ingenui ottimismi, il maggiore realismo non deve
significare minore fiducia nello Spirito né minore
generosità. In questo senso, possiamo tornare ad
ascoltare le parole del beato Giovanni XXIII in
quella memorabile giornata dell’11 ottobre 1962:
«Non senza offesa per le Nostre orecchie, ci ven-
gono riferite le voci di alcuni che, sebbene accesi
di zelo per la religione, valutano però i fatti senza
sufficiente obiettività né prudente giudizio. Nel-
le attuali condizioni della società umana essi non
sono capaci di vedere altro che rovine e guai [...]
A Noi sembra di dover risolutamente dissentire
da codesti profeti di sventura, che annunziano
sempre il peggio, quasi incombesse la fine del
mondo. Nello stato presente degli eventi umani,
nel quale l’umanità sembra entrare in un nuovo
ordine di cose, sono piuttosto da vedere i miste-
riosi piani della Divina Provvidenza, che si realiz-
zano in tempi successivi attraverso l’opera degli
uomini, e spesso al di là delle loro aspettative, e
con sapienza dispongono tutto, anche le avverse
vicende umane, per il bene della Chiesa ».
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Discorso di apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II
(11
ottobre 1962), 4, 2-4:
AAS
54 (1962), 789.
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