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PAPA FRANCESCO

MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE

La grazia della gioia e della magnanimità

Mercoledì, 19 giugno 2013

 

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIII, n. 140, Giov. 20/06/2013)

 

«Intellettuali senza talento, eticisti senza bontà, portatori di bellezze da museo»: sono queste le categorie di «ipocriti che Gesù rimprovera tanto». Le ha indicate Papa Francesco nella messa di mercoledì mattina, 19 giugno, nella cappella della Domus Sanctae Marthae, soffermandosi sull’ipocrisia che c’è anche nella Chiesa e sul male che essa produce. Con lui hanno concelebrato, tra gli altri, il cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi, e l’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, che accompagnavano due gruppi di officiali e collaboratori dei rispettivi dicasteri.

All’omelia il Pontefice ha ricordato che «il Signore parecchie volte nel vangelo parla dell’ipocrisia» e «contro gli ipocriti», elencandone i tre episodi più significativi. Il primo quando i farisei vogliono mettere Gesù alla prova, chiedendo se fosse lecito pagare le tasse a Cesare (Matteo 22, 15-22); il secondo, quando i sadducei gli sottopongono il caso della donna vedova sette volte (Matteo 22, 24-30). Da questi primi episodi emerge per il Papa una categoria specifica di ipocriti; quelli che «andavano sulla strada della casistica» e in questo modo «volevano fare cadere Gesù in una trappola».

La terza volta in cui si fa riferimento agli ipocriti — in modo «più forte ancora» ha fatto notare il Santo Padre — è nel capitolo 23 del vangelo di Matteo, quando Cristo si rivolge agli scribi e ai farisei con un richiamo che il Pontefice ha riassunto così: «Ipocriti, voi che non entrate nel regno dei cieli, non lasciate entrare gli altri; ipocriti voi che allargate i filattèri e allungate le frange». Questa tipologia di ipocriti rientra per Papa Francesco in una seconda casistica: quella di coloro che vanno per la strada dei precetti, attraverso «tanti precetti a causa dei quali la parola di Dio non sembra feconda»; e «anche per la strada della vanità», quella dei filattèri e delle frange. «Si fanno vanitosi e finiscono per rendersi ridicoli», ha commentato.

Insomma — ha riassunto i propri pensieri il Santo Padre — «i primi sono gli ipocriti della casistica, sono intellettuali della casistica», che «non hanno l’intelligenza di trovare, di spiegare Dio»; restano solo nella «casistica: fino qui si può, fino qui non si può». Sono, ha detto attualizzando il discorso, «cristiani intellettuali senza talento». I secondi sono invece quelli dei precetti, che «portano il popolo di Dio su una strada senza uscita. Sono eticisti senza bontà. Non sanno cosa sia la bontà. Sono eticisti: si deve far questo, questo, questo... Riempiono di precetti» ma «senza bontà». Si adornano con «drappi, tante cose per fare finta di essere maestosi, perfetti»; e tuttavia «non hanno senso della bellezza. Arrivano soltanto a una bellezza da museo».

Ma — ha avvertito Papa Francesco — «la storia non finisce». E nel vangelo del giorno (Matteo 6, 1-6. 16-18) «il Signore parla di un’altra classe di ipocriti, quelli che vanno sul sacro». Questo caso, ha avvertito, è il più grave, perché sfiora il peccato contro lo Spirito Santo. «Il Signore — ha detto — parla del digiuno, della preghiera e dell’elemosina: i tre pilastri della pietà cristiana, della conversione interiore che la Chiesa propone a noi tutti nella Quaresima. E in questa strada ci sono gli ipocriti, che si pavoneggiano nel fare digiuno, nel fare elemosine, nel pregare. Io penso che quando l’ipocrisia arriva a quel punto, nella relazione con Dio noi stiamo abbastanza vicini al peccato contro lo Spirito Santo. Questi non sanno di bellezza, questi non sanno d’amore, questi non sanno di verità; sono piccoli, vili».

Eppure non tutto è perduto. Un aiuto per intraprendere «la strada contraria» viene da quello che dice Paolo nella prima lettura (2 Corinzi 9, 6-11). L’apostolo infatti, ha proseguito il Santo Padre, «ci parla di larghezza, di gioia. Tutti noi abbiamo la tentazione dell’ipocrisia. Tutti. Tutti i cristiani. Ma tutti abbiamo pure la grazia, la grazia che viene da Gesù Cristo, la grazia della gioia, la grazia della magnanimità, della larghezza». Ebbene, se «l’ipocrita non sa cosa sia gioia, non sa cosa sia larghezza, non sa cosa sia magnanimità», Paolo ci indica una strada alternativa fatta proprio «di gioia, di larghezza, di magnanimità».

Da qui il richiamo di Papa Francesco «all’ipocrisia nella Chiesa». «Quanto male ci fa a tutti!» ha esclamato. Anche perché «tutti noi abbiamo la possibilità di diventare ipocriti». Perciò il Pontefice ha invitato a pensare a Gesù, «che ci parla di pregare nel nascondimento, di profumarci la testa nel giorno del digiuno e di non far suonare la tromba quando facciamo un’opera buona». In questo, ha assicurato citando la parabola di Gesù riportata nel vangelo di Luca (18, 9-14), nella preghiera «ci farà bene quell’icona tanto bella del pubblicano: abbi pietà di me Signore, io sono un peccatore. E questa — ha esortato — è la preghiera che noi dobbiamo fare tutti i giorni, nella consapevolezza che noi siamo peccatori, ma con peccati concreti, non teorici».

Nella stessa parabola, del resto, c’è un altro atteggiamento da evitare, quello del fariseo, che il Papa ha stigmatizzato così: «Ma Signore, io faccio questo, sono in questa associazione... Non va». Al contrario — ha concluso — «chiediamo al Signore che ci salvi da ogni ipocrisia e ci dia la grazia dell’amore, della larghezza, della magnanimità e della gioia».

 



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