Index   Back Top Print

[ EN  - ES  - FR  - IT  - PT ]

VISITA ALLA PARROCCHIA DI SAN BONAVENTURA A TORRE SPACCATA

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 1° aprile 1979

 

“Signore, vogliamo vedere Gesù” (Gv 12,21). 

1. Così dice a Filippo, che era di Betsaida, la gente venuta a Gerusalemme da diverse parti. Quando qui, in questo luogo, ai confini della grande Roma, dove fino a qualche tempo fa c’era solo campagna, giunse la gente dalle varie parti d’Italia, sembrava dicesse lo stesso: Vogliamo vedere in mezzo a noi Cristo! Vogliamo che egli abiti con noi; che qui si alzi la sua casa. Ci conosciamo poco tra noi. Vogliamo che egli ci faccia conoscere gli uni gli altri, che ci faccia reciprocamente avvicinare, affinché non siamo più estranei, ma diventiamo una comunità. 

Così ha parlato la gente venuta qui dalle diverse parti d’Italia. Così avete parlato voi stessi, cari parrocchiani di questa giovane parrocchia di San Bonaventura da Bagnoregio. E tali, o simili discorsi, sono tuttora attuali: si ascoltano anche adesso. 

La vostra parrocchia è molto giovane. Essa è nata qui dalla vostra fede, su questo terreno poco fa ancora incolto. 

È nata qui dalla vostra ferma volontà di fare abitare Gesù in mezzo a voi. 

È nata dall’iniziativa che avete manifestato davanti alle autorità ecclesiastiche, e anche davanti alle autorità civili. Grazie a ciò è sorta questa chiesa che serve già alla vostra comunità cristiana. E sono stati messi in opera gli altri strumenti utili alla vita parrocchiale. 

So bene che molto lavoro e stato già compiuto con metodo ed abnegazione, nonostante le molte difficoltà incontrate, e che avete in animo di continuare la bella opera sviluppandola secondo le linee di un progressivo incremento che si allarghi, ogni giorno più, per raggiungere tutte le necessità di questa famiglia parrocchiale. Il Papa vi segue con la sua benevolenza e il suo paterno auspicio: vogliamo vedere Gesù! 

2. Con tanta maggiore gioia vengo oggi da voi come Vescovo di Roma, trattandosi della mia prima visita canonica. Mi rallegro di poterla compiere, oggi nella quinta Domenica di Quaresima; ma altresì mi compiaccio che sia presente il Cardinal Vicario di Roma ed anche il Vescovo Ausiliare Monsignor Salimei, il quale durante questa settimana attuerà nella Vostra parrocchia una visita pastorale più dettagliata. Cordialmente saluto tutti i parrocchiani. Mi congratulo con voi di questo buono e coraggioso inizio. Saluto i vostri Pastori, i Padri Francescani Conventuali, con i quali ho avuto già l’occasione d’incontrarmi e di informarmi sui problemi essenziali della vita parrocchiale. Desidero rivolgere una parola di plauso e d’incoraggiamento ai numerosi gruppi che operano con zelo e dedizione nei vari settori dell’apostolato, auspicando per essi un’attività sempre più prospera e ricca di bene. 

Voglio anche attestare la mia viva riconoscenza e la mia sincera benevolenza ai Padri Carmelitani della vicina parrocchia di Santa Maria “Regina Mundi”, che hanno avuto il merito di dare inizio, in mezzo ad intuibili e gravi difficoltà, alla cura pastorale di questa zona che andava sempre più popolandosi. 

3. E adesso permettete che mi riferisca di nuovo alle letture liturgiche di questa domenica. Il profeta Geremia parla nella prima lettura dell’alleanza che Dio vuole stringere ancora una volta, con la casa di Israele. Dal momento che il popolo d’Israele non ha mantenuto la precedente alleanza, Dio ne vuole costituire un’altra più solida ed interiore: “Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi il mio popolo” (Ger 31,33). 

Cari Fratelli e Sorelle! Dio ha concluso con noi la nuova e insieme definitiva alleanza in Gesù Cristo, il quale, come dice oggi San Paolo, “divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono” (Eb 5,9). 

Questa alleanza si basa sulla perfetta obbedienza del Figlio riguardo al Padre. In virtù di quest’obbedienza, Cristo “fu esaudito” (Eb 5,7) e viene esaudito sempre; egli mantiene ininterrottamente questa unione dell’uomo con Dio che si è stabilita sulla sua Croce. La Chiesa – come afferma il Concilio – “è sacramento o segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (Lumen Gentium, 1). 

Voi che avete qui formato una viva particella della Chiesa, cioè la vostra parrocchia, avete espresso in modo particolare quest’alleanza con Dio, nella quale volete perseverare con la grazia di Gesù Cristo. 

Se qualcuno vi chiedesse perché lo avete fatto, gli potreste rispondere così, come dice oggi il profeta: noi vogliamo che egli sia il nostro Dio e noi il suo popolo; noi vogliamo che le sue leggi siano inscritte nel nostro cuore. 

Voi cercate un appoggio per questi vostri cuori e per le vostre coscienze. Voi cercate un appoggio per le vostre famiglie. Volete che esse siano stabili, che non si dissolvano; che costituiscano quei vivi focolari dell’amore, vicino ai quali l’uomo può riscaldarsi ogni giorno. Perseverando nel sacramentale vincolo matrimoniale, voi volete trasmettere la vita ai vostri figli e insieme con la vita l’umana e cristiana educazione. Ognuno di voi, cari genitori, avverte profondamente questa grande responsabilità che è legata alla dignità del padre e della madre. Sapete che da ciò dipende la vostra propria salvezza, e la salvezza dei vostri figli. Come faccio, io, il padre? Quale madre sono io? Ecco le domande che vi ponete più di una volta. Voi vi rallegrate, e io con voi, di ogni bene che si manifesta in voi, nelle vostre famiglie, nei vostri figli; gioisco con voi dei loro progressi nella scuola, dello sviluppo delle loro giovani coscienze. Volete che essi diventino veramente “uomini”. E questo, in grande misura, dipende da ciò che essi acquistano nella casa paterna. In quest’opera nessuno può sostituirvi. La società, la nazione, la Chiesa si costruiscono in base ai fondamenti che gettate voi. 

Guardo questi vostri bambini, la gioventù della vostra parrocchia. Sono presenti qui numerosi. È giovane, veramente giovane questa parrocchia. I bambini, i giovani, quante speranze ripongono essi nella vita! E quanta speranza abbiamo noi in loro! 

Proprio per questo bisogna che noi appoggiamo fortemente tutta la nostra vita, e anzitutto la vita familiare, su Gesù Cristo. Perché egli, che “divenne causa di salvezza eterna per tutti...” (Eb 5,9), ci indica ogni giorno le vie di questa salvezza. Con la parola e con l’esempio ci insegna come dobbiamo vivere. Ci mostra qual è il profondo e ultimo senso della vita umana. 

E se l’uomo diventa sicuro di questo senso della vita, allora tutti i problemi, anche quelli ordinari e quotidiani si risolvono in concordanza con esso. La vita si sviluppa, allora, in pari tempo, sul piano umano e divino. 

Oggi sentiamo che il Signore Gesù preannunzia la sua morte. Questa è già la quinta Domenica di Quaresima; ci siamo avvicinati molto alla Settimana Santa, al Triduo Sacro che ci ricorderà di nuovo in modo particolare la sua passione, morte e risurrezione. Perciò le parole con cui il Signore annuncia la sua fine ormai vicina parlano della gloria. “È giunta l’ora che sia glorificato il Figlio dell’uomo... 

Ora l’anima mia è turbata; e che devo dire?... Padre, glorifica il tuo nome” (Gv 12,23.27-28). E infine pronuncia le parole che così profondamente manifestano il mistero della morte redentrice: “Ora è il giudizio di questo mondo... Io quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,31-32). Quell’elevazione di Cristo da terra è anteriore alla elevazione nella gloria: elevazione sul legno della Croce, elevazione di martirio, elevazione mortale. 

Gesù preannunzia la sua morte anche in queste misteriose parole: “In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12,34). La sua morte è il pegno della vita, è la sorgente della vita per tutti noi. L’Eterno Padre ha preordinato questa morte nell’ordine della grazia e della salvezza, così come è stabilita, nell’ordine della natura, la morte del grano di frumento sotto terra, affinché possa da esso spuntare la spiga portando frutto abbondante. Di questo frutto poi, che diventa pane quotidiano, si nutre l’uomo. Anche il sacrificio compiutosi nella morte di Cristo è diventato cibo delle nostre anime sotto le apparenze del pane. 

Prepariamoci a vivere la Settimana Santa, il Triduo Sacro, la Morte e la Risurrezione. Accettiamo questa vita, la cui sorgente è il suo Sacrificio. Viviamo questa vita nutrendoci con il cibo del Corpo del Sangue del Redentore, cresciamo in essa per raggiungere la vita eterna. 



Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana