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CELEBRAZIONE EUCARISTICA NELLA PARROCCHIA ROMANA
DEI SACRI CUORI DI GESÙ E MARIA A TOR FIORENZA

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 17 marzo 1985

 

1. “Per grazia . . . siete stati salvati” (Ef 2, 5).

Queste parole della Lettera agli Efesini si trovano quasi al centro delle letture e delle meditazioni della Chiesa nell’odierna quarta domenica di Quaresima.

Tali parole sembrano rivestire una particolare eloquenza in questa visita alla comunità parrocchiale, dedicata al Cuore divino di Gesù e al Cuore immacolato di sua Madre: questi due Cuori uniti da un santissimo legame d’amore, di quell’amore che ha in Dio trino e uno la sua eterna e inesauribile fonte. Dio infatti è amore, e da quell’amore prende il suo inizio ciò che l’apostolo chiama “grazia”, quando dice: “Per grazia siete stati salvati”.

Sì. La grazia è quel dono indicibile, per mezzo del quale Dio vuole salvare l’uomo concedendogli di partecipare alla sua divinità: alla sua natura divina, nell’inscrutabile vita del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Il testimone più alto e più pieno di questa volontà salvifica della santissima Trinità è il Cuore del Redentore, e, a lui unito, il Cuore della Serva del Signore, in cui la grazia ha raggiunto la pienezza indicibile della materna divinità.

2. Il periodo di Quaresima richiede che noi meditiamo il mistero della grazia divina. Non solo il mistero del peccato, ma anche quello della grazia. Nell’economia rivelata della salvezza, non si può staccare l’uno dall’altro. Non si può staccare la grazia dal peccato e il peccato dalla grazia. Essi sono in un rapporto reciproco, strettamente complementari.

Il clima quaresimale richiede che noi penetriamo più a fondo in tutti e due i misteri: della grazia e del peccato, del peccato e della grazia. Nella loro radicale contrarietà, rispetto alla condizione umana. E, al tempo stesso, nella loro pur mirabile complementarità da parte di Dio.

Proprio questa mirabile complementarità richiama la misericordia di Dio. Lo dice la Lettera agli Efesini nell’odierna liturgia: “Ma Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo” (Ef 2, 4-5).

Dives in misericordia (ricco di misericordia)! è in un certo senso l’enciclica programmatica del mio ministero nella sede di San Pietro.

Misericordia significa proprio questo amore che non si allontana dal peccato, che non si stacca da esso, ma si avvicina ad esso. Tale è proprio l’amore di Dio, rivelato in Gesù Cristo.

3. Ne parla San Paolo, e anche il Vangelo odierno di San Giovanni: “Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui” (Gv 3, 17).

Secondo la logica della “pura” giustizia, il peccato meritava la condanna. Il Figlio di Dio, venendo nel mondo, ha preso su di sé l’eredità del peccato; egli è “morto per i peccati” (cf. Ef 2, 5), mentre avrebbe dovuto presentarsi dinanzi all’umanità come giudice che punisce.

Invece no!

È venuto “perché il mondo si salvi per mezzo di lui”. Per questo è stato elevato sul legno della croce. Il Vangelo paragona questa elevazione di Cristo al gesto compiuto da Mosè nel deserto, quando gli israeliti morivano per il morso dei serpenti velenosi: egli innalzò sul legno “un serpente di rame” (Nm 21, 9) e chiunque lo guardava dopo essere stato morso, era salvato dalla morte.

4. Così dunque la liturgia di Quaresima ci invita e ci richiama, nella giornata odierna, ad approfondire questo mirabile mistero dell’amore misericordioso. In esso si racchiude la fonte della vita!

Dio infatti, ricco di misericordia, insieme con Cristo - e proprio con Cristo crocifisso! - “ci ha fatti rivivere”. E per di più noi: “da morti che eravamo per i peccati” (cf. Ef 2, 5).

E insieme con Cristo risorto, “ci ha anche risuscitati” (Ef 2, 6). A quale vita? A quella stessa di Cristo! Alla vita di Dio nell’uomo. La vita divina, cioè soprannaturale: sopra le esigenze e le leggi della stessa natura umana. La vita divina, cioè eterna. Qui in terra sperimentiamo il suo inizio nelle nostre anime, mentre il compimento appartiene all’eternità: “per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Gesù Cristo” (Ef 2, 7).

La grazia - mirabile dono di Dio - fa sì che siamo in un certo senso creati di nuovo: “creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha predisposto perché noi le praticassimo” (Ef 2, 10).

5. Il periodo di Quaresima ci deve introdurre in questa “nuova creatura” in Gesù Cristo. Questo è il periodo in cui dobbiamo allontanare da noi il peccato, e ricevere il dono di Dio!

La liturgia ci ricorda il meraviglioso salmo 136: il canto che intonano i figli di Israele deportati dalla loro patria nella schiavitù di Babilonia: “Come cantare i canti del Signore in terra straniera? Se ti dimentico, Gerusalemme, si paralizzi la mia destra” (Sal 137, 4-5).

Occorre, perciò, cari fratelli e sorelle, “venire alla luce” (cf. Gv 3, 21). Occorre, mediante questa luce, che è Cristo, vedere tutta la nostra vita terrena nelle sue giuste proporzioni. Non è essa la vita definitiva: “Non abbiamo quaggiù una città stabile, ma andiamo in cerca di quella futura” (Eb 13, 14). La grazia innestata nelle nostre anime mediante Gesù Cristo, orienta tutta la nostra esistenza verso la “Gerusalemme eterna”, verso di essa apre i nostri cuori, così come i cuori dei figli di Israele verso i fiumi di Babilonia.

6. Cari fratelli e sorelle! La vostra parrocchia è dedicata ai sacratissimi Cuori di Gesù e Maria. Oggi mi è dato visitare questa parrocchia per meditare con voi i misteri della grazia di Dio secondo la liturgia della quarta domenica di Quaresima.

7. Desidero ora salutare cordialmente tutti i presenti: il cardinale vicario, il vescovo del settore, il parroco coi suoi collaboratori sacerdoti, le religiose, il consiglio pastorale, il consiglio di amministrazione, i vari gruppi, il popolo qui convenuto: le famiglie, i giovani, gli anziani, i bambini; e vi prego di portare un mio particolare saluto a coloro che, pur desiderandolo, per vari motivi non hanno potuto essere presenti: soprattutto ai malati e ai lontani da casa. Il mio saluto vuole andare anche all’intera popolazione residente nel territorio di questa parrocchia: a loro va il mio rispettoso pensiero sulla base dei comuni valori di umanità e di promozione della persona umana, ai quali tutti siamo chiamati a porgere la massima attenzione.

Conosco l’impegno di questa comunità parrocchiale in quelli che sono gli ambiti principali della vita e della testimonianza cristiana: nella catechesi, articolata in varie forme: in special modo nella catechesi prematrimoniale, compito delicato e oggi quanto mai urgente; nella vita liturgica, particolarmente sentita e curata; nella qualificata partecipazione da parte dei laici, dediti a molteplici attività caritative, in particolare a favore degli anziani soli, degli ammalati, degli handicappati; in una vita comunitaria ricca di risorse e di iniziative.

So che nei suoi trentacinque anni di vita, questa parrocchia ha dato alla Chiesa un certo numero di vocazioni sacerdotali e religiose: segno, questo, indubitabile di autentica vita cristiana e comunione ecclesiale. E so anche che questa sensibilità per il problema delle vocazioni continua ad essere viva e fattiva.

Con tante forze operanti e tante possibilità, è chiaro che la vostra parrocchia è chiamata, forse più di altre, ad essere una “parrocchia aperta”, vale a dire in atteggiamento di disponibilità generosa anche nei confronti di altre parrocchie e dell’intera diocesi. Vi invito comunque ad accentuare questo impegno.

Non posso che congratularmi per tutto il bene che fate nel nome del Signore, sotto la guida dei vostri pastori. Non ponete mai un limite ai risultati raggiunti, ma ispirate sempre la vostra condotta al Cuore traboccante d’amore di Gesù e al Cuore immacolato della sua santissima Madre. Prendete esempio dalla generosità della misericordia del Padre. La parrocchia dev’essere una comunità di misericordia.

A tal fine, sarà bene accentuare sempre più, in voi stessi e negli altri, la promozione di quelle interiori condizioni spirituali di conversione e di penitenza, che attirano in modo speciale su di noi i doni della divina misericordia, e che si esprimono in modo eminente in una fervorosa pratica del sacramento della Riconciliazione. Per questo, non posso che lodare il piano pastorale, previsto per il prossimo anno, teso appunto ad avere un maggior apprezzamento per il sacramento del perdono divino, nel quale è possibile compiere un’esperienza preziosissima della grazia che ci salva.

8. “Per grazia . . . siete stati salvati” (Ef 2, 8).

Che il nostro incontro odierno - in questo speciale periodo della grazia salvifica che è la Quaresima - rinnovi in voi il desiderio della vita nella grazia divina.

Ancora una volta mi richiamo al Cuore del nostro Redentore, che è “sorgente di vita e di santità”, mi richiamo a lui mediante il Cuore immacolato della Generatrice di Dio!

Che nella mirabile unione di questi Cuori che proteggono la vostra parrocchia, si manifesti a voi sempre Dio, che è ricco di misericordia (“Dives in misericordia”).

Che operi in voi con la potenza della sua grazia!


A bambini e ragazzi

Vi voglio tanto bene, cari ragazzi e ragazze della parrocchia dei sacri Cuori di Gesù e Maria e di questa scuola delle suore francescane. È una vera gioia per me incontrare i bambini e i ragazzi delle scuole elementari e dell’asilo che si preparano alla prima comunione. Il vostro collega, che ha parlato a nome di tutti, ha parlato molto bene. È un buon oratore e si vedeva che anche il suo Cuore è buono perché prende esempio dai Cuori di Gesù e Maria e vede tutto nei colori chiari. Ha lodato anche il vostro parroco, don Cesare, e questo mi è piaciuto molto, perché ci vuole una buona parola al nostro parroco e ai suoi cooperatori che vi insegnano la religione, la catechesi, come anche una parola buona alle suore che guidano questa scuola in cui voi imparate tante materie. Poi una buona parola alle vostre famiglie, ai vostri genitori: voglio abbracciare tutti i bambini e, per mezzo loro, tutte le famiglie perché così faceva Gesù che attirava a sé i bambini, li abbracciava e così mostrava loro il suo Cuore.

È importante che i bambini possano conoscere il cuore: cuore vuol dire amore. Ecco, Gesù vi fa conoscere l’amore più grande di tutti gli amori possibili, e sua Madre vi fa conoscere l’amore materno vicino all’amore di Gesù. È importante poter conoscere l’amore nella vita, poter conoscere il cuore umano, e poter imparare dal cuore, dall’amore, ad amare. Questa è la cosa più importante della vita. Vi sono molte persone, anche giovani, che forse hanno imparato ad odiare, e questo è molto pericoloso, distruttivo: distrugge il bene, crea il male. Si deve imparare ad amare, imparare l’amore, perché è solo l’amore che crea il bene, porta il bene nella vita, nei diversi ambienti. Così nella vostra classe, se c’è, l’amore porta il bene nei diversi contatti tra voi; nella famiglia, se c’è amore, il bene vive; e le stesse cose si applicano anche agli altri ambienti, alla società, anche a tutta l’umanità.

Ai fedeli, rispondendo all’indirizzo del parroco

Sia lodato Gesù Cristo. Voglio ringraziare per queste parole che mi ha rivolto il parroco a nome di tutta la comunità. Vi saluto nel nome dei sacri Cuori di Gesù e Maria ai quali la parrocchia è dedicata. Saluto tutti i presenti, che vedo abbastanza numerosi; penso che siano tanto numerosi a causa del tempo un po’ freddo: essendo così numerosi si sente meno freddo. Saluto anche tutti gli abitanti di questa parrocchia, la comunità dei sacri Cuori; saluto i vicini, ma anche i lontani, ovunque si trovino, perché con questa visita viene abbracciata spiritualmente tutta la parrocchia, tutta la comunità, perché tutti siamo il popolo di Dio e tutti camminiamo come popolo di Dio in questa città eterna, città privilegiata dalla missione degli apostoli San Pietro e San Paolo, e camminiamo ormai verso la fine del XX secolo. Dobbiamo riflettere su ciò che significa essere cristiani alla fine del XX secolo: questa è una delle tematiche del lavoro della Chiesa di Roma e anche di questa visita. Saluto le vostre famiglie, tutte; i genitori, i giovani, i piccoli; abbraccio tutti i bambini e li bacio perché sono molto simpatici e vogliono bene al Papa. Anche il Papa vuole bene a tutti voi: quando siamo sotto l’auspicio dei Cuori di Gesù e Maria non si può non volere bene, perché il cuore umano è per il bene, per l’amore. Vi auguro che l’amore regni in queste vostre famiglie, nei vostri ambienti, nella vostra comunità; che sia dominante, che dia un indirizzo portante alla vostra vita, l’amore: cuore vuol dire amore, Cuore di Gesù vuol dire amore, Cuore di Maria vuol dire amore. Vi auguro infine una buona Pasqua: buona Pasqua a tutti.

Ai catechisti e alla Caritas parrocchiale

Voglio esprimere la mia gioia e la mia riconoscenza al Signore perché vi sono persone come voi pronte a portare la parola di Dio, con certezza di fede, non solamente nel proprio animo ma anche agli altri.

Questa è la dinamica della fede che, una volta ottenuta, non può essere posseduta come un’esclusiva. Essa è un dono soprannaturale e come tale è sempre donata e sempre elargita dallo Spirito Santo. Per questa ragione, avendo la fede, non si può non parteciparla, insegnarla, portarla ad altri. Catechesi tradendae: tutto ciò che potrei dire a proposito è poco in confronto di quel che dice questo documento del Sinodo dei vescovi al riguardo. Ma vi è anche la lunghissima tradizione di catechesi che ha inizio con gli apostoli e che tramite i Padri della Chiesa arriva fino ai nostri giorni. Io sono riconoscente al Signore per i molti catechisti presenti nella Chiesa di Roma e per quelli che sono nella vostra parrocchia. E per i dispensatori della carità che posso dire? Voi fate parte della “parrocchia dei Cuori”, Cuore di Gesù, Cuore di Maria: cuore vuol dire amore, vuol dire carità, vuol dire misericordia, vuol dire grazia, così come ne abbiamo parlato nella nostra meditazione durante la messa.

Vi ringrazio per questo compito apostolico. La Chiesa dei primi tempi sapeva bene che non poteva essere se stessa, che non poteva essere Chiesa, senza la carità. Questa consapevolezza ci accompagna sempre e dappertutto. Non posso quindi che ringraziarvi e ringraziare il Signore perché vi è chi sa trovare nel Cuore di Gesù e nel Cuore di Maria l’ispirazione del proprio cuore ad essere cuore per gli altri. E con questo vi benedico insieme ai vostri cari.

Ai giovani

Anzitutto voglio ringraziarvi per la passeggiata che mi avete offerto attraverso la vostra proiezione. Poi un altro ringraziamento è per la vostra partecipazione alla vita di questa parrocchia. Ho potuto assistere alla vostra liturgia eucaristica e ho potuto ascoltare i vostri canti, e voglio sottolineare quanto importante è il canto nella liturgia. Inoltre, queste fotografie mi hanno mostrato i diversi momenti della vostra presenza e della vostra partecipazione in questa comunità dedicata al sacro Cuore di Gesù e al sacro Cuore di Maria.

Per quel che concerne la scuola, inoltre, risposte sono state già date tanto dal Concilio Vaticano II quanto da altri importanti documenti del magistero. Resta sempre lo stesso indirizzo verso un’educazione cristiana, e verso la presenza dei cristiani nella scuola. Naturalmente noi rispettiamo la presenza e le convinzioni di ciascuno anche nella scuola ma dobbiamo tutelare la nostra presenza. Penso che con la situazione creatasi con le nuove norme concordatarie e paraconcordatarie, avremo per la comunità cristiana, per la Chiesa cattolica, un nuovo esame da superare, specialmente da parte delle famiglie e dei giovani stessi.

Per quanto riguarda la pace, la Chiesa lo assume perché esso è suo, perché è portatrice del Vangelo che è Vangelo della pace. Ma la Chiesa cerca di evitare di confondere la pace con il cosiddetto pacifismo. La pace e il pacifismo sono due cose diverse. Il pacifismo è un atteggiamento unilaterale insufficiente, non prende in considerazione tutti gli aspetti della giustizia sociale, della giustizia internazionale. Voi giovani avete ricevuto all’inizio di quest’anno un grande invito con il messaggio del primo dell’anno: “I giovani e la pace camminano insieme”: vi invito a meditare con attenzione questo documento.

In quanto alla missione del Papa, penso che essa è un po’ la missione di ciascuno di voi. Tutti i cristiani, ciascuno di noi ha una missione: siamo tutti partecipi della missione di Cristo. Vi sono modi diversi di partecipare a questa missione ma vi siamo coinvolti tutti. Se il Signore ci chiama a compiere una missione, noi sappiamo e abbiamo fede che egli ci darà la grazia per poterla compiere. Ciò è sicuro. Mi auguro anche che voi, quale che sia la vostra missione personale, il vostro compito, la vostra vocazione, siate sorretti dalla stessa fiducia nella grazia di Cristo. Naturalmente io mi sento molto aiutato dalla preghiera di tante, tante persone nel mondo intero. E non soltanto dalla preghiera ma dai sacrifici, dai tanti sacrifici che vengono offerti per la missione del Papa e per la missione della Chiesa. Per questo sono in grande debito.

I problemi che mi stanno a cuore sono tanti e diversi. Forse sento particolarmente il problema di coloro che non possono professare la loro fede, che mancano di libertà. Ciò mi appare come una grande ingiustizia contro i diritti dell’uomo e contro i diritti di Cristo, contro i diritti di Dio nella vita umana e nella società. Ma ce ne sono tanti altri: per esempio, non si può non soffrire insieme ai tanti affamati, e non si può non soffrire insieme ai tanti che muoiono per la violenza. Sono convinto che il cristianesimo in Italia è un grande tesoro e una grande eredità. Mi domandate se il cristianesimo in Italia sia superficiale. Non penso che possa essere superficiale il cristianesimo in un popolo che ha dato tanti santi e che continua a darne ai nostri giorni. La santità è la prova di un cristianesimo profondo, la prova più sicura, più qualificata. Altra cosa è che forse questa fede non viene condivisa da molti. Preoccupante è la scarsa pratica religiosa: non si attribuisce molta importanza alla partecipazione alla vita eucaristica, alla pratica eucaristica soprattutto domenicale. Questo è preoccupante ma penso che la fede, in duemila anni di cristianesimo, sia profondamente stratificata in questo popolo.

Ad un gruppo di famiglie impegnate nella catechesi

Prima di tutto vorrei esprimere la mia gioia per questo gruppo un po’ particolare: forse è la prima volta che ne incontriamo uno di catechesi per adulti incentrato sulla vita della famiglia. Per questo mi congratulo con tutti coloro che vi partecipano e con i pastori di questa parrocchia: si tratta di una cosa importante e molto significativa. Ci sarebbe molto da dire ma mi limiterò a riferirmi a quel magistrale documento della Chiesa che è la Familiaris consortio. In esso si trovano quasi tutte le risposte.

Penso che voi, carissimi sposi, fratelli e sorelle, incontrandovi regolarmente, cerchiate di seguire il filo centrale della vostra vita, quel nesso che è stato stabilito mediante la grazia del sacramento del matrimonio. Si medita poco su ciò, eppure sappiamo bene che i sacramenti sono i mezzi divini istituiti da Cristo nella Chiesa per trasmettere la grazia, e che il sacramento del matrimonio ci offre la grazia specifica propria dello stato degli sposi, dei genitori, della famiglia. Penso che voi, partecipando a questi incontri di catechesi, pregando insieme, collaboriate e cooperiate a questa grazia che sta a fondamento della vostra vocazione costituita, appunto, tramite il sacramento dell’amore.

Questa è la prima cosa che voglio dirvi, quindi, ringraziando colui che ha parlato a nome di tutti, voglio rispondere alle due domande molto chiare che mi sono state rivolte. Comincio dalla seconda: si tratta della società contemporanea, di quella specifica della città di Roma, della gente che ci vive, di una certa crisi. Bisogna dire più esplicitamente qual è la caratteristica di questa crisi: penso che non esageriamo se diciamo che essa è crisi morale, crisi di ordine morale, minaccia dei valori morali. Dite: la Chiesa continua a portare il suo messaggio di salvezza, e poi, più specificamente: quali aspetti della vita degli uomini attendono più sentitamente l’annuncio della salvezza? Io direi: la famiglia. Nella nostra civiltà occidentale, la famiglia è molto minacciata, molto. Con tutte le invenzioni, con tutti i segni del cosiddetto progresso, la famiglia, come vera comunità, come comunione delle persone, è minacciata, e in diversi modi, fra i più impensabili. Per questo l’annuncio della salvezza deve essere indirizzato soprattutto alla famiglia.

Il pericolo che minaccia la famiglia minaccia insieme la persona umana. L’uomo viene posto in pericolo se la famiglia è in pericolo, se i valori fondamentali della famiglia non vengono osservati, se crolla la comunione della famiglia, la vera comunità, se crolla la consapevolezza e la responsabilità della trasmissione della vita, della paternità e della maternità.

Si tratta di danni profondi dell’ordine morale e non possiamo illuderci, non possiamo ingannarci. Oggi il degrado è presentato come progresso e invece si tratta di regresso, è regresso. E su questo punto il Papa parla con la voce del suo magistero, parla con il Vangelo. Fa ciò che gli è possibile. Si tratta di cosa tanto grave che egli desidera che tutti lo capiscano e che vogliano raccogliere lo stesso messaggio e la stessa preoccupazione. Per questo sono tanto grato di poter incontrare un gruppo di sposi che si applicano a una catechesi incentrata sui problemi della famiglia.

La prima domanda in un certo senso coinvolge la seconda e tocca tutta la vita sociale e io rispondo toccando appunto tutta la vita sociale. Per tutta la società, per la sua sanità morale, il criterio è la famiglia. Se le famiglie sono sane, la società è sana. Ciò si deve tener presente anche per giudicare la vita della propria società. So che vengono adottati altri criteri e che essi vengono presentati con il sigillo del progresso; ma per noi, per la Chiesa - e penso anche per tanti altri ambienti - resta il criterio della famiglia sana, della famiglia profondamente unita, cristianamente matura.

Voglio ringraziare qui il cardinale vicario e monsignor Plotti, che sono molto più addentro alla vita di Roma e della comunità che ci vive, per la loro responsabilità nel sostenere i valori umani e cristiani e per il loro predicare questi valori umani e cristiani con voce chiara, senza ambiguità. Ringrazio per questo tutti i miei collaboratori e tutti coloro che fanno ciò nella città di Roma, in tutt’Italia, nel mondo. Preghiamo per le vostre famiglie, preghiamo per tutte le famiglie dell’Italia e del mondo.

 

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