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VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA DI SANTA LUCIA

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 18 gennaio 1987

 

Il gioioso incontro con i bambini e i ragazzi di Santa Lucia

Sia lodato Gesù Cristo. Allora devo dirvi che durante questa settimana ho guardato un po’ il cielo di Roma e ho constatato che pioveva. E durante questa settimana ha veramente piovuto. E pensavo, quasi parlando a questa pioggia: pioggia, aspetta; come faremo con questa visita nella parrocchia di Santa Lucia, la prima visita del Papa in questo nuovo anno? E oggi, al mattino, vedo che non c’è più pioggia, anzi il cielo è terso, bello e veramente abbiamo una bella giornata, un bel pomeriggio; possiamo incontrarci anche fuori chiesa: è questo il primo incontro che facciamo, come di solito durante le visite nelle parrocchie, con i bambini, con i genitori, con i maestri e insegnanti. Io sono tanto contento, gioisco con voi perché possiamo fare questo incontro in una così bella giornata anche se certo c’è un po’ di vento e si sente il mese di gennaio.

Vi ringrazio per la vostra presenza, vi ringrazio per il programma che avete preparato, programma molto ben pensato. Sono convinto che san Pietro è contento. Sì, è contento, perché quasi duemila anni fa lui parlava e scriveva non di mattoni ma di “pietre vive”; diceva che la Chiesa viene costruita dalle pietre vive e noi siamo le pietre vive, e Gesù Cristo è la “pietra angolare” su cui tutto questo edificio, tutta la costruzione della Chiesa, viene posata, viene fondata. Questo, naturalmente, era un modo di parlare metaforico, come voi stessi avete ben sottolineato nei vostri canti: “Noi non siamo mattoni, mattoni no, persone sì”. È vero, voi avete parlato di mattoni, come san Pietro parla di “pietre vive”, cioè di persone.

La Chiesa viene costruita dalle persone come avete bene spiegato nel vostro programma scenico e anche nei vostri canti. Devo congratularmi con voi e con gli organizzatori di questo incontro per aver proposto una composizione, un programma così bene inventato, pensato e che certamente piace a san Pietro.

Voi sapete che ogni Vescovo di Roma, ogni Papa, è suo successore perché san Pietro ha fondato la Chiesa di Roma all’inizio del I secolo dopo Cristo.

Cosa devo augurare alla nostra assemblea in cui si trovano i genitori, gli adulti, ma soprattutto i bambini, i ragazzi e ragazze?

Ciò che voglio augurare a voi si trova soprattutto nel Vangelo di san Luca dove lui parla di Gesù dodicenne. L’episodio si riferisce a quando Maria e san Giuseppe, che tra la popolazione di Nazaret era pensato padre terreno di Gesù, lo hanno trovato nel tempio e a quando sono ritornati a Nazaret, nella loro casa. E l’evangelista dice che Gesù cresceva negli anni, nella sapienza e nella grazia di Dio.

Penso che questo sia, nello stesso tempo, un augurio che si può e si deve fare a voi e a tutti i vostri coetanei: crescere così, perché crescere così, non solamente negli anni, ma anche nella sapienza e nella grazia di Dio, vuole dire essere “pietre vive”. Allora non mattoni ma persone. Tutto ciò vuol dire essere persone, vuol dire costruire se stessi, maturare, essere sempre più uomo, più persona, più immagine e somiglianza di Dio, sì, più somiglianza di Gesù. Ciò significa anche costruire la Chiesa, perché sempre la Chiesa si costruisce con le persone che hanno questa vita di sapienza e di grazia.

Questo auguro a voi e alle vostre famiglie, ai vostri genitori e insegnati, ai vostri catechisti e catechiste e ai vostri sacerdoti.

Credo non ci sia augurio migliore per il nuovo anno.

Un cuore aperto all’accoglienza di chi soffre

Ricordo le parole di Gesù che diceva: “Ero abbandonato, malato, e mi avete assistito”. Ecco quello che si ripete nella vostra comunità. Gesù viene assistito, viene accettato, anzi cercato; viene cercato dappertutto in tutti i suoi fratelli e sorelle che sono nello stesso tempo fratelli e sorelle nostri; viene cercato e viene trovato. Come viene trovato? Come può essere trovato Gesù, come può essere assistito? Con amore, e questo è una manifestazione dell’amore, l’Amore che salva tutti, poiché la grazia di Dio è salvezza di Dio a tutti, senza nessuna eccezione.

Essendo qui con tutti voi sono molto commosso: constato la realizzazione del progetto di Gesù più importante e più grande, quello dell’amore, dell’amore del prossimo. C’è bisogno dell’amore che può essere trascurato, lasciato facilmente perché nei calcoli umani sembra non contare. Invece nei calcoli del Padre eterno conta, conta molto.

Mi congratulo, giovani, con la vostra comunità, con la vostra parrocchia per questa giusta, veramente evangelica scala dei valori che si esprime e si realizza in questo ambiente. Benedico tutti gli assistiti e gli assistenti.

Vivere nella quotidianità la verità del Verbo che abita tra noi

Ecco io vengo, / per compiere il tuo volere. / Mio Dio, questo io desidero (cf. Sal 40, 8-9).

1. In queste parole dell’odierna liturgia ascoltiamo colui che è venuto. Abbiamo vissuto la sua venuta nella notte di Natale insieme con i pastori. L’abbiamo vissuta di nuovo nel giorno dell’Epifania, quando vennero da lontano i Re Magi, cercando dove era nato lui, il Re messianico.

Oggi viviamo ancora una volta la sua venuta al Giordano. Dopo trent’anni circa dalla nascita a Betlemme, Gesù di Nazaret viene sul luogo in cui Giovanni stava battezzando col battesimo di penitenza, per preparare la gente alla venuta del Messia. Egli diceva: “Sono venuto a battezzare con acqua perché egli fosse fatto conoscere a Israele” (Gv 1, 31).

Il giorno in cui Gesù di Nazaret venne al Giordano, Giovanni proclamò al popolo: “Ecco l’agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo” (Gv 1, 29).

2. La liturgia dell’odierna domenica ci permette di meditare ancora una volta sulla venuta di Gesù al Giordano, perché lo riceviamo in ogni comunità della Chiesa in tutta la verità della sua missione.

Meditiamo oggi su tale venuta in questa comunità che costituisce la vostra parrocchia, riunita insieme al suo Vescovo in occasione della visita pastorale.

Chi è Gesù di Nazaret? Giovanni Battista dice che egli è l’agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. In tal modo pronunzia fino in fondo, per così dire, la verità circa il Messia-Redentore.

Vediamo, mediante le letture dell’odierna liturgia, come questa verità si delinea nell’Antico Testamento.

Innanzitutto Isaia. Il profeta parla di un misterioso personaggio che incarna, in certo modo, il popolo d’Israele, tanto che lo chiama con questo stesso nome. Tuttavia, che non si tratti del popolo come tale ma di un suo membro - rappresentativo di tutto il popolo - appare chiaro nei versetti seguenti, dove Dio dà l’incarico a questo suo “servo” di “riunire Israele, di restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti di Israele”.

Si tratta dunque di una singola persona, investita da Dio di una straordinaria missione pacificatrice e riconciliatrice a favore non soltanto del suo popolo, ma dell’intera umanità. Una missione di salvezza, che si allarga “fino all’estremità della terra”. Dunque, per tutti i luoghi e per tutti i tempi.

Ma quale essere umano, con le sue sole forze naturali, potrebbe mai assolvere a una missione così grande e universale?

Ecco allora che già la prima tradizione cristiana ha ravvisato, in questa profezia di Isaia, un chiaro annunzio della missione redentrice dell’uomo-Dio, dell’agnello di Dio, di Gesù nostro Signore.

3. Il salmo responsoriale dell’odierna liturgia ci consente di avvicinarci ancor di più alle parole pronunziate nei pressi del Giordano.

In questo salmo, infatti, si prospetta il superamento del sacrificio esteriore di animali, che viene sostituito da un sacrificio interiore: l’uomo non deve più offrire qualcosa di esterno a se stesso, ma deve offrire la sua stessa persona, ponendosi in ascolto della parola di Dio, lasciando che la legge divina penetri “nel profondo del cuore”, e mettendosi in atteggiamento di totale adesione e obbedienza alla sua volontà: “Ecco, io vengo”.

Il salmista preannuncia velatamente la nascita di un nuovo culto, nel quale, nell’agnello divino, ogni uomo può e deve offrire se stesso al Padre per la salvezza propria e di molti fratelli. Questo nuovo culto non sarà altro che la celebrazione eucaristica, come quella che stiamo svolgendo in questo momento.

4. Così dunque ciò che nelle letture dell’Antico Testamento è già parzialmente “svelato” ma ancora “velato”, si fa chiaro contemporaneamente con la venuta di Cristo.

Già nei pressi del Giordano il mistero riceve una luce penetrante dalle parole di Giovanni Battista. E poi in un certo senso questa luce si riconfermerà ripetutamente, passo dopo passo, tappa dopo tappa, sulle vie del servizio messianico di Gesù di Nazaret. Il significato delle parole di Giovanni: “l’agnello di Dio . . . che toglie il peccato del mondo” diventerà chiaro fino in fondo mediante la croce sul Golgota, e poi la mattina del giorno di Pasqua.

5. Chi siamo noi, riuniti qui? Siamo tra coloro che in tanti luoghi della terra “invocano il nome del Signore Gesù Cristo” (1 Cor 1, 2).

È di noi che l’Apostolo parla con le parole della Prima Lettera ai Corinzi: siamo tra coloro “che sono stati santificati in Cristo Gesù, chiamati ad essere santi” (1 Cor 1, 2).

Egli ci “ha messo sulla bocca un canto nuovo, lode al nostro Dio” (Sal 40, 4).

Egli ci “ha dato potere di diventare figli di Dio” (Gv 1, 12).

Egli, l’agnello di Dio, mediante il sacrificio del suo corpo e del suo sangue, ci ha portato un battesimo diverso da quello predicato da Giovanni al Giordano. Egli, l’agnello di Dio, “è colui che battezza in Spirito Santo”. Per la sua opera siamo rinati “da acqua e da Spirito” (Gv 1, 3; 3,5 ) alla vita di Dio.

6. Chi siamo noi, riuniti qui? Siamo la Chiesa dell’agnello di Dio, Redentore del mondo. Siamo una parrocchia - una parte viva e organica di questa Chiesa.

Qui a Roma siamo legati in modo particolare all’eredità degli apostoli; all’eredità dei santi Pietro e Paolo.

Siamo - in questa parrocchia - particolarmente legati all’eredità dei martiri. La patrona, infatti, di questa comunità è santa Lucia, la famosa vergine siracusana, il cui culto ha sempre suscitato nei secoli - non solo in Italia, ma anche in altre nazioni europee - nobili energie morali, molteplici e preziose espressioni artistiche, svariate manifestazioni della pietà popolare. Splendono in modo speciale in questa giovinetta - anche se purtroppo ben poco si sa di storicamente certo sul suo conto - le virtù della fede, della purezza, del coraggio cristiano: quanto basta perché anche oggi, come per il passato, essa possa continuare ad essere di esempio e di conforto - soprattutto per i giovani - sul cammino difficile ma stupendo delle virtù umane e cristiane.

Non dimenticate dunque mai questa vostra patrona. Il titolo parrocchiale non deve servire solo per distinguere una parrocchia da un’altra, ma deve contribuire in modo determinante a imprimere a quella data parrocchia un suo proprio volto spirituale, derivato appunto dalla devozione al santo o alla santa cui la parrocchia è intitolata, e dal sentirli presenti accanto a noi.

7. Desidero poi ora salutare cordialmente tutti voi che siete convenuti per questo fraterno incontro: il card. vicario, mons. Remigio Ragonesi, vescovo ausiliare del settore, il parroco mons. Antonio Nicolai e i sacerdoti suoi collaboratori, i membri del Consiglio pastorale, le religiose, i catechisti, i gruppi parrocchiali, dediti ai vari servizi della comunità sia nel campo della liturgia, come in quello della carità, dell’economia, o delle attività ricreative e culturali. Saluto di cuore tutto il popolo di Dio qui presente: i fanciulli, i giovani, le famiglie, i lavoratori, gli anziani. Un saluto particolare a coloro che sono stati impediti dalla malattia o da qualunque altra ragione. Un saluto anche a tutti gli assenti, anche a coloro che, per vari motivi, non si riconoscono come membri di questa comunità: ma la nostra carità, la nostra preghiera, questo nostro incontro sono fatti anche pensando a loro, anche cercando di fare qualcosa per loro.

8. Ho notato in questa parrocchia una vitalità veramente ricca, un associazionismo molto progredito, che copre tutti i centri di interesse o gli obiettivi essenziali di una comunità parrocchiale.

Il merito di questa fiorente attività pastorale va sia alla dedizione pastorale dei sacerdoti che vi guidano, sia alla corrispondenza generosa di voi tutti fedeli nelle varie iniziative realizzate in comunione con i vostri pastori.

Quanto a voi, cari sacerdoti, so che vi accingete a iniziare, tra poco, la visita alle famiglie per la benedizione pasquale: proposito sempre santo e benedetto, ottima occasione per il parroco e i suoi aiutanti al fine di favorire e incrementare la necessaria comunione che deve esistere tra i ministri del Signore e la porzione del popolo di Dio a loro affidata. Per questo, auguro largo successo a questo ministero e lo benedico di cuore.

Vorrei inoltre esprimere una parola di compiacimento in modo speciale per due iniziative in atto: una, di data assai recente, i cosiddetti “Centri di ascolto”; e l’altra, operante ormai da anni, il “Segretariato della fraternità”. Mi auguro - come del resto è nei vostri stessi intenti e desideri - un potenziamento sia degli uni come dell’altro. Per quanto riguarda i primi, si tratterà di rendere più intensa la preparazione pastorale dei responsabili degli incontri, tenendo conto delle situazioni concrete di coloro ai quali si propone il messaggio cristiano. Quanto invece al Segretariato della fraternità, potrà essere utile accentuare ulteriormente l’opera di sensibilizzazione delle persone, approfondendo nel contempo la conoscenza dei problemi e delle necessità non solo della parrocchia ma anche della diocesi e della Chiesa stessa, senza mete troppo ambiziose, ma tuttavia con un generoso e quotidiano impegno, confidando nel Signore.

9. Cari fratelli e sorelle,

“Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1, 14).

Viviamo di questa verità divina che è stata ripresentata nelle nostre coscienze nel tempo di Natale appena terminato!

Viviamo di questa verità non soltanto in occasione di una festa, ma nella quotidianità della nostra vita. Poiché essa costituisce il fondamento stesso della nostra esistenza, qui sulla terra.

“Il Verbo... venne ad abitare in mezzo a noi...

A quanti l’hanno accolto, ha dato il potere di diventare figli di Dio”.

Viviamo di questa verità! Vivete di essa nella comunità della vostra parrocchia! Accogliete sempre di nuovo il Verbo che si fece carne! Accogliete il Figlio di Maria! Accogliete l’agnello di Dio, il Redentore del mondo!

Durante tutti i giorni della vita, particolarmente in mezzo alle prove e alle sofferenze, sgorghi da lui la vostra potenza!

Alle suore del quartiere

Grazie perché siete di grande aiuto e di appoggio al Papa. Pregando, obbedendo alla vostra vocazione religiosa voi testimoniate ciò a cui la vocazione religiosa è destinata nella sua specificità. Infatti, seguendo i consigli evangelici della castità, della povertà e dell’obbedienza vi fate più vicine, simili a Cristo e testimoniate tra la gente, tra i credenti e non credenti, la sua presenza. La vostra è la testimonianza di un altro regno, è la testimonianza di una vita, di un destino di cui l’uomo nel mondo, e specialmente in questo mondo d’oggi, si dimentica molto facilmente. La vostra presenza e la vostra testimonianza è di grande aiuto per tutti i vostri fratelli e vostre sorelle e di grande aiuto anche per il Papa.

Alle coppie di sposi della parrocchia

Per diventare sacerdoti c’è una scuola che dura sei anni, il seminario. Ma c’è anche un grande sacramento, quello del matrimonio - così ne parla san Paolo nella Lettera agli Efesini - ma per questo grande sacramento mancano i seminari. Per questo ho pensato con soddisfazione: ecco una scuola per le famiglie, per gli sposi, ed è un bene che ci sia. Così, se non c’è stata possibilità di andare a una scuola di questo tipo prima di ricevere questo sacramento, è bene che si faccia dopo, questa scuola, nel corso del matrimonio, lungo il cammino della vita coniugale e della vita familiare. Certo, oggi si attribuisce molta importanza alla buona preparazione sacramentale, cristiana, e anche umana, etica, e anche a una preparazione dal punto di vista della paternità e della maternità responsabile. Oggi si fa una preparazione prima del matrimonio, ma bisogna sempre ritornarci su durante il cammino coniugale perché lungo una strada è sempre importante seguire i segnali. Questo vale per ogni tipo di viaggiatore e quindi anche per questo cammino. Ecco, io penso che voi facciate appunto questo, che cerchiate di seguire i segnali della vostra vocazione, quella di sposi, di genitori, lungo questo cammino nel sacramento del matrimonio. Vi auguro di perseverare su questa strada, in questa scuola, in questo seminario e di goderne i frutti: che sono maturazione spirituale, amore responsabile più approfondito, più permeato della luce e della grazia del Signore, amore più fruttuoso in senso spirituale, che vuol dire più forte in senso educativo. Questo compito, che è certo il principale per gli sposi, di educare i figli a crescere spiritualmente fino alla piena maturità, tutto questo io vi auguro e lo faccio quasi ancora alla luce del mistero natalizio che è anche mistero della famiglia.

Ai movimenti neocatecumenali

Vorrei dirvi che a noi tutti manca un vero catecumenato, come lo avevano i cristiani delle prime generazioni, un catecumenato come il vostro, un neocatecumenato. Perché non basta essere battezzati, bisogna diventare di nuovo catecumeni, e poi cominciare un cammino come questa vostra preparazione. Così si diventa anche itineranti, perché così Gesù ha fatto dei suoi primi discepoli, degli apostoli: itineranti viaggiatori (e anch’io cerco di imitare un po’ il vostro esempio anche se la mia “itineranza” è forse meno dura, almeno credo). Vi auguro di procedere bene in questo cammino scelto da voi stessi. Andate anche in altre parrocchie, e andate in tutto il mondo. Vi auguro di portare la testimonianza di una fede matura e per questo ricordatevi sempre della Vergine Maria: ha creduto alle parole del Signore con una fede che è il massimo che si possa concepire. Ha creduto, e “come” ha creduto! Una cosa stupenda, le parole non possono esprimerlo. Ed è con questa fede matura, ad immagine di Maria, la quale ha creduto nel Signore, è con questa fede che voi cercate d’incontrarvi con il mondo d’oggi, con i vostri fratelli e le vostre sorelle, in quest’epoca difficile, lontana dalla fede. È solo con una fede matura che potrete accendere questa luce negli altri, soprattutto nei lontani. Vi benedico di cuore insieme alle vostre famiglie e benedico il vostro cammino.

Alle nuove generazioni

Desidero anzitutto salutare i vostri gruppi: della cresima, del dopo cresima, i liceali, gli universitari, gli scout, i marinai, i Focolarini, Comunione e Liberazione, il gruppo sportivo e Fede e Luce. E poi i giovani di Capo Verde. Saluto tutti e auguro buon anno a voi e a tutti i vostri amici. Per quanto riguarda i problemi che avete affrontato nella rappresentazione ispirata dalle Confessioni di sant’Agostino, sono contento perché già lo stesso sant’Agostino mi dà la risposta. Certo, Agostino me lo immaginavo vestito con abiti diversi, ma va bene così, Agostino in abiti moderni. Ciò prova che a sedici secoli dalla conversione sant’Agostino è attuale anche oggi e lo abbiamo visto proprio attraverso la vostra rappresentazione. Che aggiungere a quello che avete detto con tanto fervore e convinzione?

Solo una parola, ma è una parola chiave che viene da Gesù Cristo: “Voi conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”. Per il cammino dell’uomo e non solo dei cristiani sono parole chiave. Si può infatti pensare a una separazione tra la libertà e la verità? Si può pensare che ciascuna vada per la sua strada?

Alcuni oggi lo pensano, pensano che la verità sia di ostacolo alla libertà. Eppure Cristo dice chiaramente: “La verità vi farà liberi”. Non possiamo fare come Ponzio Pilato, lavarcene le mani. Tanti lo vogliono, vogliono dispensarci dalla verità, dalla sua ricerca. È più moderno, pensano, più alla moda, vivere senza certezze, nel dubbio. Ma sant’Agostino era un ricercatore appassionato, tra i più appassionati anzi e non solo nella Chiesa. Questa passione per la verità era la sua vita. E se uno possiede questa passione arriva alla verità come lui ci è arrivato. E arrivandoci ha compreso che non ci può essere libertà senza verità. Molte volte l’uomo moderno non vuole conoscerla, perché la verità è sì una luce per la libertà, la sua guida, ma anche un impegno, qualcosa di esigente. Ma io vi auguro di cercare la verità, di non essere indifferenti. E di fare della verità una luce che vi sia di guida verso la libertà. Essere liberi non vuol dire agire secondo i propri piaceri o interessi, perché libertà è scegliere il vero bene. È un problema centrale per ogni epoca, non solo per quella di sant’Agostino e quelle parole sono valide sempre. Vi auguro di non dimenticare l’incontro di oggi, in particolare le parole di sant’Agostino e soprattutto le parole di Cristo: essere liberi seguendo la verità, durante la vostra giovinezza e per tutto il corso della vostra vita. Vi benedico.

Ai rappresentanti del TG3 Lazio

La vostra è una presenza significativa per il lavoro che fate da un punto di vista individuale e comunitario. Vi ringrazio per la vostra presenza, per quello che rappresentate e cercate di fare nel mondo contemporaneo. Arrivando in parrocchia e poi nel campo sportivo vedevo le antenne e le attrezzature della RAI qui vicina. Il mondo contemporaneo è molto marcato dai mass-media che qualcuno chiama il quarto potere. Questo potere lo vedo in voi, rappresentato tuttavia da persone simpatiche, disarmate, semplici, da cristiani che vogliono incontrarsi con il Vescovo di Roma e io formulo auguri per la vostra importantissima istituzione e per i suoi responsabili. E un augurio specifico voglio farlo a ciascuno di voi e alle vostre famiglie e dunque nello spirito del periodo natalizio invio a tutti auguri di buon anno. E passando dalle persone all’istituzione auguro che la vostra opera sia il più possibile al servizio del bene e del vero, che aiuti la crescita dell’uomo, il suo essere cristiano. TG3 Lazio si occupa anche delle trasmissioni religiose, delle mie visite pastorali e ve ne sono grato perché così questi fatti possono essere conosciuti. Non è propaganda, ma un punto di riferimento, un’informazione per chi non può essere presente a causa di una malattia o perché è lontano. Un punto di riferimento di ciò che la Chiesa rappresenta, un grande servizio. La Chiesa ha bisogno dei mezzi di comunicazione per la sua missione, perché la Chiesa è missionaria. Certo nei tempi missionari, apostolici non si sapeva ancora nulla né della RAI, nei dei mass-media; ma Gesù non diceva solo: “Parlate”, diceva anche: “Ammaestrate”; dobbiamo dunque cercare i mezzi più adatti per diffondere questo magistero, perché diventi un bene comune per l’umanità. Per questo le trasmissioni sono un’importante collaborazione e ve ne sono debitore. Vi ringrazio anche per i doni che mi avete offerto, doni senza precedenti perché è la prima volta in 121 parrocchie visitate che ho un incontro come questo. Auguro tutto il bene possibile a voi, a tutta la RAI e in particolare al TG3 Lazio e vi benedico.

 

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