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VIAGGIO APOSTOLICO IN ZIMBABWE,
BOTSWANA, LESOTHO, SWAZILAND, MOZAMBICO

SANTA MESSA NELL’IPPODROMO «ASCOT RACE COURSE»

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Bulawayo (Zimbabwe) - Lunedì, 12 settembre 1988

 

Cari fratelli e sorelle in Cristo.

1. Questo invito del profeta Isaia, un invito dell’Antico Testamento, trova la sua realizzazione con l’avvento del Nuovo Testamento, il Nuovo ed eterno Testamento, nel sangue di Cristo: nella sua croce e nella sua risurrezione.

Vedete, gli apostoli “andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fissato” (Mt 28, 16).

Cristo andrà subito dal Padre. Ma prima di andar via dirà loro: “Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 18-20).

2. “Ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole”.

Questo comandamento è già stato adempiuto e, in effetti, lo si adempie costantemente in tutte le nazioni della terra. Ciò è avvenuto ed avviene costantemente fra di voi - in questa nazione del continente africano chiamata “Zimbabwe”. In effetti, i primi sforzi per l’evangelizzazione cominciarono più di quattrocento anni fa, sforzi che erano ispirati da un grande amore per il Signore risorto ma che non riuscirono a stabilire una comunità cristiana duratura. Solo nel 1879 potè essere realizzato un notevole sforzo missionario da parte della Chiesa cattolica. Ma da allora in poi, il vostro Paese ha testimoniato ed è stato benedetto dal costante adempimento del comandamento di Cristo.

Nel secolo scorso, l’azione missionaria ha sperimentato numerosi cambiamenti, cambiamenti nelle scelte delle priorità e cambiamenti nei metodi impiegati. Ma ad ogni stadio l’insegnamento ha svolto un ruolo centrale. Gesù disse: “Create discepoli . . . battezzateli . . . ammaestrateli”. E questo è ciò che voi avete fatto.

Il prodigioso risultato dell’evangelizzazione è più che evidente nella Chiesa nell’attuale Zimbabwe e nella celebrazione eucaristica di oggi. Vi assicuro, cari fratelli e sorelle in Cristo, che è per me una grande gioia essere in mezzo a voi a testimoniare direttamente le opere meravigliose che la divina Provvidenza sta compiendo in questo Paese, e a celebrare insieme con voi questi sacri misteri.

Vi saluto tutti nel santo Nome di Gesù: in primo luogo il Vescovo di Bulawayo, Vescovo Karlen, e con lui tutti i miei fratelli Vescovi che condividono con me, Vescovo di Roma, la responsabilità della custodia del gregge di Cristo e della proclamazione della buona novella della salvezza. In particolar modo, saluto il Vescovo Ignatius Prieto nel venticinquesimo anniversario della sua ordinazione episcopale e anche nel venticinquesimo anniversario della diocesi di Hwange. Estendo le mie congratulazioni e i miei più fervidi auguri al Vescovo Prieto e a tutto il suo popolo.

Un saluto fraterno anche ai sacerdoti, religiosi e laici che rappresentano tutte le comunità parrocchiali di questa vasta regione dello Zimbabwe nota con il nome di Matabeleland. È nelle comunità cristiane locali che il messaggio di Cristo viene in primo luogo ricevuto e rafforzato, ed è lì che esso deve essere messo in pratica quotidianamente. Nelle comunità parrocchiali, fede, speranza e amore sono i principi guida della vostra vita.

So che molti non sono potuti venire qui oggi, anche se lo desideravano moltissimo. Perciò chiedo a voi, miei amici in Cristo, di riportare nelle vostre parrocchie l’affettuoso saluto del Papa. Assicurate loro del mio amore pastorale nel Sacro Cuore di nostro Signore Gesù Cristo.

3. In questa celebrazione dell’Eucaristia, vi chiedo di unirvi a me nel ringraziare Dio per i frutti della evangelizzazione nello Zimbabwe e di pregare perché gli sforzi in tale direzione continuino ad avere successo.

Cos’è l’evangelizzazione?

Potremmo rispondere con le parole dell’apostolo Paolo nella sua lettera ai Romani: “Se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo” (Rm 10, 9).

Evangelizzazione significa accettare la rivelazione che Dio fa di se stesso in Gesù Cristo. Il che implica l’accettare con fede ciò che Dio ha rivelato all’umanità, l’accogliere la verità del Cristo crocifisso e risorto (come diciamo nel Credo, “Fu crocifisso, morì e fu sepolto; e il terzo giorno resuscitò dai morti”).

È esattamente questo Cristo “il Signore di tutti”. Come Signore, cioè colui al quale “è stato dato ogni potere in cielo e in terra”, Cristo distribuisce ad ognuno le ricchezze della salvezza che egli ottenne per noi con il sacrificio della sua vita sulla croce. Le ricchezze della salvezza sono le ricchezze dell’amore e della grazia di Dio. Noi condividiamo questi beni attraverso la fede. San Paolo dice: “Con il cuore si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza” (Rm 10, 10).

Dunque si tratta di una fede accettata con il cuore (con l’intelletto e la volontà), una fede radicata nel nostro intimo. E poi, essa viene professata con la nostra bocca e le nostre opere. “Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato” (Rm 10, 13).

4. Una simile fede ci aiuta a guardare il mondo in modo nuovo, a vedere tutto ciò che ci circonda in una luce diversa. Ci rende capaci di considerare l’intero creato come l’opera di Dio, come un suo dono. Dunque attraverso il creato, possiamo rivolgerci al Creatore e glorificarlo con il nostro cuore e la nostra bocca; lo glorifichiamo secondo il modo indicato dallo splendido salmo della liturgia di oggi:

“Ti lodino i popoli, Dio;
ti lodino i popoli tutti.
La terra ha dato il suo frutto.
Ci benedica Dio, il nostro Dio.
Ci benedica Dio e lo temano
tutti i confini della terra” (Sal 67 [66], 6-8).

La fede nel Cristo crocifisso e risorto ci ispira inoltre a trasformare il mondo nello Spirito di Dio. Ma in primo luogo ciò significa una trasformazione del cuore umano, che ha le sue conseguenze nell’ambito della società e dei rapporti fra individui e nazioni.

Torniamo di nuovo alle parole del profeta Isaia:
“Venite saliamo sul monte del Signore,
al tempio del Dio di Giacobbe,
perché ci indichi le sue vie
e possiamo camminare per i suoi sentieri;
poiché da Sion uscirà la legge
e da Gerusalemme la parola del Signore.
Egli sarà arbitro fra molti popoli;
forgeranno le loro spade in vomeri,
le loro lance in falci.
Un popolo non alzerà più la spada
contro un altro popolo,
non si eserciteranno più nell’arte della guerra.
Casa di Giacobbe, vieni,
camminiamo nella luce del signore” (Is 2, 3-5).

5. L’evangelizzazione comincia nel cuore umano, in quel dialogo intimo fra ognuno di noi e Dio, nel momento in cui riconosciamo i nostri peccati e il nostro bisogno di un salvatore, allorché crediamo e professiamo con la bocca che Gesù Cristo è il Signore.

Ma la fede non può rimanere un fatto puramente privato. Poiché il sacramento del Battesimo ci rende membri della comunità cristiana, e ci si aspetta che diventiamo membri attivi della Chiesa locale, ascoltiamo la Parola di Dio, partecipiamo alla liturgia sacra, viviamo in fraterna carità. E la nostra fede in Cristo ci apre gli occhi affinché guardiamo al di là della nostra comunità parrocchiale, alla vita della Chiesa universale e ai bisogni del mondo che ci circonda. La Chiesa è presente nel mondo per il bene del mondo. Ed ogni suo membro ha la responsabilità di portare l’amore di Dio nel mondo.

Qui nello Zimbabwe, ciò significa che voi siete chiamati da Cristo per rispondere alle necessità e alle difficoltà dei vostri concittadini. Pensiamo subito alla grande sofferenza causata dalla guerra. Sono trascorsi appena 8 anni da quando ha avuto fine la vostra lotta per l’indipendenza nazionale. Anche dopo la fine della guerra, molte persone nel Matabeleland non hanno ancora trovato la vera pace. Quanto ha continuato a patire la popolazione civile a causa della guerriglia ed altre forme di violenza!

Recentemente, nell’aprile scorso, il fratello Killian Knoerl di questa diocesi è rimasto vittima di una simile violenza.

So che non avete sofferto soltanto per voi stessi, ma avete anche cercato di aiutare le molte vittime della violenza: gli storpi, i mutilati, i parenti dei defunti, quelli ingiustamente privati delle loro proprietà e dei loro averi. Nello stesso tempo avete dovuto lavorare con pazienza e continuità per la riconciliazione e la pace, un obiettivo raggiunto con difficoltà dopo anni di conflitti. Avete cercato di portare a compimento la profezia di Isaia, dove afferma che le genti “forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell’arte della guerra” (Is 2, 4).

Sì, “non più esercitazioni per la guerra”. Ma esercitazioni per la pace e lo sviluppo e soprattutto esercitazione nella verità. Ecco perché l’istruzione è così importante per lo sviluppo e per la evangelizzazione. L’esercitazione implica un impegno nell’apostolato dell’insegnamento e nelle scuole, soprattutto fra i giovani. Il futuro dello Zimbabwe dipende da questo. Il futuro della Chiesa nello Zimbabwe sarà forgiato sulla base dell’istruzione, poiché essa è essenziale per lo sviluppo dell’uomo. Come Papa Paolo VI ci ha ricordato: “fra l’evangelizzazione e il progresso umano - sviluppo e liberazione - esistono profondi legami” (Pauli VI Evangelii Nuntiandi, 31).

Poiché ogni persona ha delle necessità sociali ed economiche nonché spirituali, la Chiesa non può ignorare nessun aspetto di ciò che significa essere pienamente umani. I suoi programmi educativi mirano allo sviluppo della persona nella sua interezza - corpo e anima.

La Chiesa si occupa molto della famiglia, la famiglia nel suo insieme e nei suoi singoli membri. Nel vostro Paese, come nella maggior parte delle nazioni del mondo, la stabilità della vita familiare è seriamente minacciata da problemi come l’immoralità sessuale ed unioni irregolari, ma anche dalla mancanza di sicurezza economica e di alloggi. Occorre che gli sforzi per rafforzare la vita familiare ed insegnare la vera natura del matrimonio comincino nelle comunità parrocchiali locali, dove si conoscono gli individui e le loro situazioni reali. In conformità, l’opera di evangelizzazione, che è la vera ragione di esistenza della Chiesa, deve coinvolgere anche la famiglia e attraverso essa fare di ogni membro della Chiesa un discepolo attivo.

6. Fu in nome della evangelizzazione che Cristo inviò i suoi apostoli nel mondo intero ed egli volle che ogni fedele prendesse parte attiva ad essa. Questa missione deve essere portata avanti in modo tale che le vite di tutti coloro che credono in Cristo abbonderanno sempre di opere buone, cosicché essi porteranno agli individui e alle nazioni il vero sviluppo e il vero progresso. Ma affinché questa missione possa essere davvero efficace, dobbiamo tenere a mente le parole di san Paolo ai Romani:

“Ora, come potranno invocarlo senza prima aver creduto in lui? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi? E come lo annunzieranno senza essere prima inviati?” (Rm 10, 14-15).

Ma chi deve essere inviato? Chi sono gli evangelizzatori? Papa Paolo VI ha risposto davvero chiaramente a questi interrogativi dicendo: “È l’intera Chiesa che riceve la missione di evangelizzare, e l’opera di ciascun singolo membro è importante per l’insieme . . . La persona che è stata evangelizzata va ad evangelizzare gli altri. In ciò consiste la prova della verità, la pietra miliare della evangelizzazione: è impensabile che una persona debba accettare la Parola e donarsi al regno di Cristo senza diventare una persona che rechi testimonianza di esso e lo proclami a sua volta” (Pauli VI Evangelii Nuntiandi, 15.24).

E così, nelle vostre comunità cristiane nello Zimbabwe, coloro che hanno sofferto sono i più adatti a consolare ed incoraggiare gli altri. Come dice san Paolo, “(Dio) ci consola in ogni nostra tribolazione perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione con la consolazione con cui siamo consolati noi stessi da Dio” (2 Cor 1, 4).

I migliori apostoli della gioventù saranno spesso i giovani stessi, giovani uomini e giovani donne che gioiscono della loro fede in Cristo e conoscono l’importanza della preghiera quotidiana. E le coppie sposate, il cui amore reciproco è stato sigillato dal sacramento del Matrimonio e si è costruito col sacrificio giornaliero, sono le più adatte ad aiutare altri mariti e mogli a conoscere più a fondo il mistero dell’amore di Cristo per la Chiesa. Circoli familiari, ritrovi per persone sposate e programmi di approfondimento matrimoniale sono mezzi idonei all’apostolato del matrimonio e della famiglia.

Ma le nostre famiglie e le nostre piccole comunità cristiane, le parrocchie e le diocesi, hanno anche bisogno di pastori che votano se stessi esclusivamente al bene del gregge di Dio. In altre parole, abbiamo bisogno di buoni sacerdoti e religiosi, uomini e donne. Senza le loro preghiere e il loro pieno servizio, la evangelizzazione potrebbe perdere il senso della sua direzione e, soprattutto, la sua consapevolezza della dimensione universale della Chiesa.

7. Oggi il Vescovo di Roma, consapevole dell’eredità apostolica derivata dai santi Pietro e Paolo, si unisce a voi nel ringraziamento per il frutto della evangelizzazione che avete già ricevuto.

Veramente, “la terra ha ottenuto il suo frutto”. Davvero, “Dio, il nostro Dio, ci ha benedetti”. Eppure sappiamo che, “Non tutti hanno obbedito al Vangelo” (Rm 10, 16). Così Cristo disse e continua a dire: “Andate, dunque, e ammaestrate tutte le nazioni”.

Mentre sono qui in questa terra, in questo continente, vi invito: innalziamo i nostri cuori a colui che è “il padrone della messe” e non cessiamo mai di pregare affinché “mandi operai nella sua messe” (Mt 9, 38).

Nella sua messe!

Poiché questa messe è davvero ricca!



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