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CONCISTORO ORDINARIO PUBBLICO PER
LA CREAZIONE DI 22 NUOVI CARDINALI

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Aula Paolo VI - Venerdì, 28 giugno 1991

 

Pascete il gregge di Dio . . . facendovi modelli del gregge” (1 Pt 5, 2-3).

1. Queste parole dell’apostolo Pietro illuminano con singolare intensità l’odierno pubblico Concistoro. Esse risuonano nel profondo dello spirito e costituiscono un invito ed un richiamo; una consegna ed un incoraggiamento.

Si dirigono in primo luogo a voi, venerati fratelli, che ho voluto ascrivere al Senato della Chiesa Romana. Vi sono fra voi degni rappresentanti di antiche Comunità ecclesiali e Pastori di giovani Chiese; servitori indefessi della Sede apostolica e testimoni del Vangelo, la cui fedeltà a Cristo è stata saggiata da dure e prolungate prove. In voi si fanno presenti le speranze e le attese di tutto il Popolo di Dio, specialmente di Nazioni uscite di recente da un lungo periodo di oppressione e di gravose restrizioni politiche e religiose.

Nella gioia e nell’entusiasmo di questo incontro solenne si avverte la viva comunione della Chiesa che trova in Pietro “il principio e il visibile fondamento dell’unità” (Concilio Vaticano I, Pastor aeternus: Denz.-S., 3051; cf. Lumen gentium, 18).

Di questa Chiesa, che non vive rinchiusa ed inerte nel segreto dei suoi templi, ma spalanca col suo apostolato le braccia all’intera umanità, voi siete eminenti servitori. A voi, come ad ogni ministro del Vangelo, è chiesto di pascerla con amore e vigore; con la lucidità e la sapienza dei maestri; con l’energia e la fortezza dei pastori; con la fedeltà e il coraggio dei martiri.

Sono grato all’Eminentissimo Cardinale Angelo Sodano che, facendosi interprete dei vostri sentimenti, proprio questo impegno di servizio umile e disinteressato ha voluto riaffermare, assicurando generosa collaborazione in spirito di fedele comunione con questa Sede apostolica.

2. “Pascete il gregge di Dio”. Il gregge di Dio, dovendo percorrere nuove ed impegnative tappe missionarie nel cammino dell’evangelizzazione, ha oggi bisogno di Pastori umili ed audaci; di Pastori che sappiano servire la verità e render visibile l’amore misericordioso del Padre celeste.

Ho avuto ripetutamente occasione di sottolineare che la fede dei credenti è oggi interpellata con insistenza da radicali mutamenti. Ho anche espresso, a più riprese, l’intima gratitudine verso il Signore per la nuova situazione che s’è venuta creando nell’Europa centrale ed orientale, dove l’evolversi provvidenziale degli eventi ha reso possibile la riorganizzazione e la normalizzazione della vita della Chiesa cattolica, sia di rito bizantino che di rito latino, favorendone l’auspicata crescita.

La presenza fra i neo-porporati di Presuli provenienti da tali benemerite Comunità è, per esse, doveroso segno di apprezzamento, oltre che ragione di conforto e stimolo alla speranza. Se, infatti, nonostante l’asprezza e la persistenza delle prove, quelle Comunità cristiane non hanno ceduto a blandizie e ricatti, ciò è stato anche per merito di Pastori coraggiosi, che hanno saputo mantenere unito il gregge loro affidato, continuando ad alimentare nei cuori le rassicuranti certezze della fede.

A quelle Comunità, alcune delle quali sono qui degnamente rappresentate, va il mio commosso saluto, che intende raggiungere in particolare i sacerdoti, i religiosi e i laici che per la fede hanno dovuto pagare un tributo, a volte molto pesante, di sofferenza.

Il mio saluto s’estende, poi, alle altre Comunità, da cui provengono i nuovi Porporati, che ho chiamato a far parte del Collegio cardinalizio. Vi sono tra essi Presuli di ogni continente: Europa, Asia, Africa, Americhe e Oceania, persone che, in delicati e importanti servizi alla Sede apostolica o nel ministero pastorale, si sono distinte per dedizione, fedeltà, zelo illuminato ed instancabile. Scorrendo i loro nomi e le loro mansioni, si ha una stupenda conferma dell’universalità della Chiesa ed insieme della sua unità: personalità, culture, esperienze diverse convergono, in loro, verso il centro della cattolicità, verso questa Sede “fondata e costituita in Roma - per usare le parole di Sant’Ireneo, di cui ricorre oggi la memoria liturgica - dai due gloriosissimi apostoli Pietro e Paolo”, e con la quale “per la sua alta preminenza è necessario che convenga ogni Chiesa, cioè tutti i fedeli che sono nell’universo” (Sant’Ireneo, Adversus haereses, 3,3-2); al tempo stesso, da questa Sede, mediante la loro testimonianza, rifluisce nel mondo intero la genuina “tradizione che proviene dagli apostoli” (Ivi).

3. Venerati fratelli, quale esaltante prospettiva ci aprono dinanzi le parole del grande Vescovo di Lione! Ed insieme, quale impegnativo compito esse propongono! In questo essenziale rapporto di comunione, che esiste tra il centro della Chiesa ed ogni sua parte, voi avete compiti specifici e peculiari responsabilità. Non c’è forse un diretto riferimento ad esse nella antica e veneranda formula con cui, tra poco, avrò la gioia di imporre a ciascuno di voi la berretta rossa?

“Accipite biretum rubrum . . . per quod designatur quod usque ad sanguinis effusionem . . . vos intrepidos exhibere debeatis”.

Usque ad sanguinis effusionem: sino all’effusione del sangue! Non sono soltanto parole convenzionali: alcuni di voi lo sanno bene! La loro esperienza è un monito per tutti: ciascuno dev’essere pronto a comportarsi con indomita fortezza per l’incremento della fede, per il servizio del popolo cristiano, per la libertà e la diffusione della Chiesa.

Servire e dare la vita per i fratelli sino all’effusione del sangue: ecco la consegna che questa mattina vi viene solennemente affidata.

4. “Chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti” (Mc 10, 43-44).

Fedele all’invito del Figlio di Dio, la Chiesa percorre da duemila anni le strade degli uomini, al servizio dell’uomo. Educatrice dell’individuo e dei popoli, essa si china sulla persona con incessante premura; ne scruta le ricchezze e ne percepisce le aspirazioni, anche le più profonde, con l’intuizione dell’amore. L’uomo è la via della Chiesa: essa vive nel cuore dell’uomo e l’uomo vive nel suo cuore. Per questo ogni umana speranza e sofferenza la concerne e la interpella.

E all’umanità inquieta e preoccupata, affamata di verità e di pace, essa continua ad annunciare ed offrire l’unica salvezza: Gesù Cristo, il Figlio di Dio e della Vergine Maria. Così, mentre l’azione dello Spirito Santo rinnova costantemente il gregge del Signore e rende salda al suo interno la comunione e l’unità, l’impegno dell’evangelizzazione lo spinge verso traguardi apostolici sempre nuovi tra popoli e nazioni di ogni condizione e cultura. Ad ogni credente la Chiesa reca la Buona Novella dell’Amore che redime.

Voi, carissimi neo-Cardinali, sarete di questa Chiesa attenti servitori ed apostoli, associati al mio singolare ministero petrino per un nuovo e più diretto titolo. Vostro impegno peculiare sarà amare Cristo, testimoniarlo e farlo amare; amare la Chiesa, difenderla e farla conoscere, affinché tutte le tribù, lingue, popoli e nazioni (cf. Ap 5, 9) riconoscano che in essa si attua la salvezza di Dio fino agli estremi confini della terra (cf. Is 49, 6).

Non è compito facile, ma è nobile ed esaltante; esige apertura e fermezza, fedeltà e dedizione senza riserve né tentennamenti, ma arricchisce chi lo accetta delle superiori consolazioni dello Spirito. Solo persone che vivano in se stesse una autentica passione per Cristo e per l’uomo possono percorrere un così esigente itinerario di santità, che li conduce a farsi servi di tutti, e a dare, come Cristo e in Lui, “la propria vita in riscatto per molti” (Mc 10, 45).

5. Con rinnovata adesione al Signore della vita, la Chiesa si avvia, così, a percorrere quest’ultimo periodo del secolo che ci separa dal Terzo Millennio, raccogliendo le sfide dei tempi moderni e recando all’uomo contemporaneo la fiaccola della grazia divina che salva.

Essa non teme i venti delle contraddizioni, delle tentazioni e delle avversità, perché è radicata nella verità di Cristo che la illumina e nella forza dello Spirito che la sostiene. Anche quando tutto sembra vacillare intorno, essa rimane salda. A lei si applica opportunamente la parola del Salmo: “Si scuota la terra con i suoi abitanti, io tengo salde le sue colonne” (Sal 75, 4). La Chiesa sa di essere chiamata a formare il fondamento stabile della nuova società rinnovata nell’amore, di quella “una gens” a cui si riferiva con parola appassionata il grande Vescovo di Ippona: “Una gens quia una fides, quia una spes, quia una caritas, quia una expectatio” (Sant’Agostino, Enarrationes in Psalmos, 85, 14).

6. Di questa Chiesa, che nella fede, nella speranza e nell’amore vive l’attesa dell’incontro definitivo con lo Sposo divino, è immagine perfetta Maria. A Lei, Madre di Dio e Madre nostra, in questa significativa circostanza, alla vigilia della solennità dei Beati Apostoli Pietro e Paolo, vada la nostra filiale gratitudine per la materna assistenza con cui ha guidato e costantemente guida il Popolo cristiano. Si indirizzi a Lei la nostra invocazione per voi, nuovi Cardinali, per i Vescovi, i sacerdoti, i religiosi, le religiose che collaborano con voi nell’apostolato, per tutti i fedeli delle vostre Diocesi, per le persone a voi care e per le Nazioni da cui provenite.

Sia il cammino della Chiesa pieno di saggezza e di santità, di speranza e di riconciliazione. Cresca in essa il dialogo fiducioso fra tutte le Comunità nell’Occidente e nell’Oriente, specialmente in quelle Nazioni, come ad esempio il Libano, dove la famiglia dei credenti è posta di fronte a molteplici e gravi difficoltà, per il cui superamento è necessario il concorde impegno di tutti. Saluto, in questo spirito di fraterna comunione, anche i rappresentanti del Patriarcato di Costantinopoli, venuti a Roma per le annuali celebrazioni in onore degli Apostoli Pietro e Paolo e, attraverso le loro persone, desidero far giungere il mio cordiale ricordo a tutte le Chiese d’Oriente. Possa il Popolo di Dio rispondere nella sua totalità alla missione, affidatagli dalla Provvidenza, di essere in Cristo il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano (cf. Lumen gentium, 1).

Accompagno questi voti con una particolare benedizione apostolica.

 

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