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VISITA PASTORALE A CARPINETO ROMANO

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Piazza del Municipio - Domenica, 1° settembre 1991

 

1. “Osservate i comandamenti del Signore Dio vostro . . . li metterete in pratica perché quella sarà la vostra saggezza e la vostra intelligenza agli occhi dei popoli” (Dt 4, 2-6).

Questi precetti del Deuteronomio costituiscono per Israele un impegno di alleanza con Jahvè, un programma etico fondato sulla sua Parola. La legge del Signore, data a Mosè sul Sinai, si trasforma, così, in una missione di testimonianza per il popolo dell’Antico Testamento: Israele sa di essere stato scelto per annunciare, insieme con la verità del Dio unico e trascendente, la santità della sua volontà, la sua giustizia, la sua sapienza.

Anche oggi il messaggio dei comandamenti rappresenta un fondamentale ed impegnativo patrimonio della Chiesa, Popolo della Nuova Alleanza. Essa è chiamata a proclamare a tutte le genti la “saggezza” e “l’intelligenza” divina, rivelandone l’intima perfezione. Ed adempie tale missione seguendo Cristo suo Maestro e Signore, che non è venuto per abolire, ma per dare pieno compimento alla legge (cf. Mt 5, 17). Il compimento della legge è l’Amore. “Che cosa sta scritto nella legge? - domanda Gesù - Che cosa vi leggi? . . . Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il prossimo tuo come te stesso” (Lc 10, 26-27).

2. Carissimi fratelli e sorelle, questi testi della liturgia odierna erano ben presenti allo spirito del venerato Pontefice Leone XIII, che è nato proprio qui, a Carpineto Romano. Qui ha trascorso gli anni della fanciullezza e all’ombra della parrocchia è sbocciato il germe della sua vocazione. Sono, pertanto, lieto di rievocare con voi la sua memoria, nel compiersi del primo secolo dalla pubblicazione dell’Enciclica Rerum novarum.

Ringrazio Iddio, che ha suscitato nel nostro tempo un tale testimone del precetto della carità e del valore dei comandamenti. L’Enciclica Rerum novarum, infatti, è annuncio rigoroso ed illuminato del dovere della giustizia, nel contesto di un amore che si ispira alla santità di Dio e alla sua misericordia verso gli uomini, soprattutto verso gli umili e i poveri.

In un periodo storico caratterizzato da profonde trasformazioni culturali e da acute tensioni sociali, provocate dal nuovo rapporto venutosi a creare tra capitale e lavoro, Leone XIII volle dare in un campo così importante una chiara formulazione al pensiero della Chiesa. Lo fece con coraggio, quasi sfidando non solo il mondo laico, ma la stessa coscienza del mondo cattolico. E con il suo intervento profetico favorì il consolidarsi della dottrina sociale cristiana.

I Pontefici che si sono succeduti in questo secolo, proseguendo nella scia da lui tracciata, hanno potuto elaborare un insegnamento sistematico sulle questioni attinenti al bene comune, a mano a mano che, lungo il corso degli anni, se ne presentarono le circostanze opportune.

Con Leone XIII, noi oggi vogliamo ripetere, alla luce anche di eventi mondiali recenti, che la piena soluzione della questione sociale passa attraverso Cristo e l’accoglienza della sua parola di verità. Diciamo questo non solo perché Cristo, Verbo incarnato, rivela l’uomo a se stesso ed è perciò in grado di illuminarne il cammino verso il bene che egli cerca; ma perché la storia dell’umanità manifesta costantemente come soltanto sulla legge della carità evangelica, posta a fondamento e guida della cooperazione solidale, è possibile costruire una convivenza civile rispettosa della persona e aperta ai grandi ideali del progresso e della pace.

3. Saluto il Vescovo di Anagni-Alatri, Monsignor Luigi Belloli, il Cardinale Camillo Ruini, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana e Vicario Generale della diocesi di Roma, il Cardinale Roger Etchegaray, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, e tutti i venerati fratelli Vescovi della Regione del Lazio.

Il mio deferente pensiero si rivolge, poi, al Signor Ministro del Lavoro, Onorevole Franco Marini, al Presidente della Regione Lazio, al Sindaco di Carpineto e a tutte le Autorità presenti. Ad ognuno esprimo gratitudine per aver voluto prender parte a questa celebrazione eucaristica, in memoria del Papa Leone XIII, nella sua terra natia.

In modo particolare abbraccio spiritualmente voi, fratelli e sorelle di Carpineto e delle località vicine, e vi sono grato per la vostra cordiale accoglienza.

Con grata cordialità penso ai membri della famiglia Pecci, nella quale Gioacchino crebbe e fu educato a quello spirito di fede e di servizio che lo contraddistinse nel ministero ecclesiale, sia come Nunzio apostolico, sia quale Pastore della diocesi di Perugia, dove egli poté porre le basi del suo insegnamento sociale stendendo lettere pastorali di notevole importanza.

4. La questione sociale - ricordava Papa Leone - attinge per sua natura l’ambito della morale. Esiste, pertanto, un legame stretto tra doveri sociali e doveri etici, i cui principi vanno ricercati nella legge naturale, fondamento della coscienza etica di ogni uomo in quanto persona. A proposito, inoltre, dei gravi conflitti di quel tempo, egli scriveva: “I violenti mutamenti sociali hanno prodotto la divisione della società in due classi separate da un abisso profondo. Da una parte una frazione strapotente, perché straricca, la quale, avendo in mano ogni sorta di produzione e commercio, sfrutta per sé tutte le sorgenti della ricchezza ed esercita pure nell’andamento dello Stato una grande influenza. Dall’altra una moltitudine misera e debole, dall’animo esacerbato e pronto sempre ai tumulti” (Leonis XIII, Rerum novarum, 39). E ne individuava la risoluzione pacifica nel ridurre “l’immensa distanza tra la somma povertà e la somma ricchezza” (Ivi).

Le osservazioni del mio venerato predecessore conservano valore ed attualità nella nostra epoca. Se giustamente egli metteva in luce la disparità sociale ed economica esistente allora all’interno delle singole Nazioni, oggi tale preoccupante divario è possibile costatarlo anche su scala mondiale. Gran parte dell’umanità versa in condizioni precarie ed interpella i popoli detentori di enormi ricchezze mentre il fossato degli squilibri sociali, nel pianeta come all’interno degli Stati, tende purtroppo ad allargarsi.

Nell’attuale nuova situazione, caratterizzata dall’interdipendenza dei popoli, favorita da una sempre crescente rete di rapporti e di comunicazioni, il problema dell’equa ripartizione delle risorse materiali, intellettuali e spirituali, che costituiscono il patrimonio “umano” dell’intera comunità mondiale e che sono alla base del suo sviluppo integrale, va affrontato alla luce di una attenta giustizia sociale volta a realizzare una reale compartecipazione di tutti ai beni che a tutti devono servire. Al riguardo - come ho ricordato nella recente Enciclica Centesimus annus - “la Chiesa non ha modelli da proporre. I modelli reali e veramente efficaci possono solo nascere nel quadro delle diverse situazioni storiche, grazie allo sforzo di tutti i responsabili che affrontino i problemi concreti con tutti i loro aspetti sociali, economici, politici e culturali che si intrecciano tra loro.

A tale impegno la Chiesa offre, come indispensabile orientamento ideale, la propria dottrina sociale” (Ioannis Pauli PP. II, Centesimus annus, n. 43).

Quanto necessarie appaiono, pertanto, all’odierna umanità e soprattutto a coloro che ne guidano le sorti le virtù della saggezza e della solidarietà!

5. “Ogni dono perfetto viene dall’alto e discende dal Padre della luce” (Gc 1, 17).

Anche il “dono” della sapienza sociale discende dalla legge di Dio e dalla sua grazia. Nella sua bontà il Padre celeste dona una “parola di verità” che rigenera gli esseri umani, ne guida il cammino verso la pace e verso l’autentico progresso integrale, nel quale la persona è riconosciuta come “una primizia delle sue creature” (Gc 1, 18). La dottrina sociale della Chiesa, in tale luce, è espressione ed attuazione di questo progetto divino e del Vangelo della carità. Iddio parla al cuore dell’uomo. È dentro di esso che si trova la sede delle scelte e delle decisioni. Lo invita alla conversione e alla riconciliazione. Lo chiama ad onorarlo con gesti concreti di servizio e di solidarietà. Può, purtroppo, verificarsi che l’essere umano “onori Dio con le labbra, ma con il cuore sia lontano da lui” (cf. Mc 7, 6). Perché ciò non avvenga è necessaria ed urgente una grande opera educativa e culturale, che tenda ad illuminare lo spirito degli uomini, che lo renda aperto e disponibile, facendolo crescere nell’impegno dell’accoglienza e della cooperazione.

È buona cosa impegnarsi e lavorare per vivere meglio; ma è un dovere per ciascuno costruire tale progresso insieme agli altri per il bene di tutti, nella condivisione generosa e pacifica delle risorse della terra, dono di Dio per l’intera umanità.

6. “Signore, chi abiterà nella tua tenda? . . . Colui che cammina senza colpa . . . Non fa danno al suo prossimo . . . ma onora e teme il Signore” (Sal 15,passim).

“Abitare nella tenda del Signore” significa dimorare nell’Alleanza, vivere nella fedeltà al patto stabilito con Dio. Significa rimanere uniti a Cristo: egli è la “tenda” perfetta e definitiva di un’alleanza che non fallisce e che non viene meno.

Chi potrà, dunque, abitare nella tenda del Signore, cioè essere sempre in comunione perfetta con Cristo? “Colui che pratica la giustizia”, espressione dell’amore universale di Dio.

Ecco l’impegno dei credenti e degli uomini di buona volontà! Invochiamo per questo l’aiuto del Signore mentre proseguiamo la celebrazione dell’Eucaristia, nel ricordo del Pontefice Leone XIII, illuminato e coraggioso Pastore della Chiesa.

Vogliamo abitare “nel tuo santo monte”, o Signore! Vogliamo dimorare nel tempio della tua Alleanza! Vogliamo crescere nell’amore di Cristo, il figlio di Maria Vergine, Madre dell’intera umanità! Testimonieremo, così, “la saggezza e l’intelligenza agli occhi dei popoli”. Saremo costruttori di pace vera, di progresso autentico e integrale.

“Colui che agisce in questo modo resterà saldo per sempre” (Sal 15, 5).

Amen.

 

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