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LETTERA DI GIOVANNI PAOLO II
A FRA’ PASCUAL PILES, PRIORE GENERALE
DEI FATEBENEFRATELLI NEL V CENTENARIO
DELLA NASCITA DEL FONDATORE

 

Al Reverendissimo Fratello
Fra’ PASCUAL PILES
Priore Generale
dell’Ordine Ospedaliero
di San Giovanni di Dio
 

1. Mi è cosa gradita rivolgermi a tutti i membri dell’Ordine Ospedaliero (Fatebenefratelli) in occasione della celebrazione del V Centenario della nascita del venerato Fondatore, San Giovanni di Dio.

Lo faccio volentieri perché desidero sottolineare, ancora una volta, la grandezza della sua figura, come pure la missione che i suoi figli e quanti collaborano con loro, continuano a svolgere in favore dei poveri e dei bisognosi.

Giovanni di Dio fu un grande Santo della Chiesa del secolo XVI e la testimonianza della sua vita continua ad essere attuale anche nei nostri tempi. Fu un uomo toccato fortemente dalla grazia del Signore, un uomo che non pose resistenza alla grazia divina. Si impegnò nel generoso compimento della volontà di Dio nella sua vita sotto la guida di San Giovanni d’Avila, suo Direttore spirituale.

Visse anche l’esperienza di essere preso per un pazzo e internato nell’Ospedale Reale di Granada in Spagna. Uscì da quel luogo con il proposito di creare un suo Ospedale, come alternativa all’assistenza che veniva offerta alla sua epoca.

In esso i poveri, gli ammalati e quanti altri giungevano alla sua porta dovevano essere trattati con umanità e sensibilità ed offrire loro, in pari tempo, la salvezza di Gesù Cristo.

Nella sua opera di buon samaritano fu aiutato da molti benefattori, i quali fecero causa comune con lui, facendo proprio l’impegno del suo apostolato. Il suo grido: “Fratelli, fate del bene a voi stessi”, risuonava di notte allorquando usciva a chiedere l’elemosina per la città di Granada, in Spagna. Fu questo l’inizio della sua istituzione, la quale andò a mano a mano ampliandosi fino a diventare, al momento della sua morte, un Ospedale con 150 letti.

San Giovanni di Dio è chiamato il Santo della carità, il padre dei poveri, perché si identificò realmente con gli emarginati, ai quali dedicò con vera carità le sue migliori energie.

Il suo apostolato non si limitò solo a quanti accorrevano alla sua casa, ma si estese anche a coloro che si trovavano lungo le strade della città. Erano tutti ammirati per le sue doti di pacificatore e riconciliatore, sia tra rivali – i suoi primi compagni furono due nemici che si odiavano a morte –, sia tra persone che conducevano una vita disonesta.

Mi auguro che questo Centenario serva a far approfondire l’azione di Dio sulla persona del Fondatore e su quella dei suoi discepoli ed ammiratori. Fidando solo in Dio, egli fondò una comunità di Fratelli al servizio della carità, perché prolungassero nel tempo e nello spazio la sua missione a sollievo dei malati.

2. Fin dal secolo XVI i Fratelli Ospedalieri operano nella Chiesa come uno dei primi Ordini laici. E fin dall’inizio, vi sono stati alcuni Fratelli sacerdoti per le necessità dell’apostolato, ma tutti hanno il titolo di Fratelli.

Tale nome richiama alla mente la grande realtà della fraternità: Fratelli per promuovere la fratellanza! Bellissimo impegno, che ciascuno dei membri dell’Ordine è chiamato a realizzare in pienezza.

Desidero mettere in risalto anche la vocazione consacrata dei Fratelli laici, così come l’ha delineata il Concilio Vaticano II (cf. Perfectae Caritatis, 10), come la esprime il documento “Fratelli negli Istituti Religiosi Laicali”, redatto dalla Commissione dei Superiori Generali degli Istituti Religiosi Laicali e come l’ha trattata il recente Sinodo sulla Vita Religiosa.

Io stesso ho voluto ribadire la realtà di tale vocazione nel discorso alla Plenaria della Congregazione per i Religiosi e gli Istituti Secolari, il 24 gennaio del 1986, affermando: “la vita religiosa laica, come espressione di consacrazione totale per il Regno, è la manifestazione della santità della sposa di Cristo e contribuisce in maniera efficace e originale allo sviluppo della missione della Chiesa nell’evangelizzazione e nella molteplice ministerialità dell’apostolato. Non si può pensare alla vita religiosa nella Chiesa senza la presenza di questa particolare vocazione laicale, aperta ancora oggi a tanti cristiani che possono in essa consacrarsi alla sequela di Cristo e al servizio dell’umanità” (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, IX/1 [1986] 179-180).

Sull’esempio del Fondatore, i Fratelli dell’Ordine Ospedaliero sono chiamati ad una comunione universale con tutti gli uomini. Anzi dico di più, la Comunità religiosa non è evangelica, se non è universale. Il Fratello consacrato è un uomo capace di trovare nella sua propria esperienza spirituale tutti i mezzi necessari per sviluppare con tutti gli uomini relazioni di tipo fraterno.

Il Fratello è chiamato a sviluppare il carisma di accoglienza e di solidarietà, che è proprio dell’Ordine, ed a prestare il suo servizio con generosità e disponibilità, con gioia e amore verso tutti i bisognosi, e a sentirsi in ogni circostanza Fratello tra i fratelli, soprattutto tra coloro che contano meno nella nostra società.

3. Conosco il grande impegno con cui codesta Istituzione sta portando avanti la missione che le è stata affidata dalla Chiesa per rispondere alle esigenze professionali, etiche ed assistenziali del nostro tempo all’interno di una società segnata dalla tecnica, caratterizzata a volte dalla perdita dei valori umani e cristiani. Nella realizzazione di tutto ciò si richiede che ciascuno tenga sempre vivo lo spirito del Fondatore, come si raccomanda nel messaggio indirizzato dal precedente Governo Generale a tutti i Fratelli: “Giovanni di Dio continua a vivere nel tempo”.

Mi è di conforto sapere che molti Fratelli stanno lavorando nei Paesi in via di sviluppo e che alcuni di loro hanno vissuto o stanno vivendo situazioni difficili a causa della guerra e della violenza; ma per grazia di Dio c’è stata, come risposta, quella stessa fedeltà che, a suo tempo, caratterizzò i Confratelli Martiri. Difficile missione, ma quanto importante in un tempo, nel quale sono talora disattesi i diritti umani!

Nell’ultimo documento La Nuova Evangelizzazione e l’ospitalità alle soglie del terzo millennio, redatto dai Fratelli Capitolari, è stata fatta propria la necessità di una Nuova Evangelizzazione nell’odierna società, col proposito di viverla nel servizio di una nuova ospitalità secondo lo stile di Giovanni di Dio. Mi rallegro per lo slancio col quale i Fratelli dell’Ordine Ospedaliero vivono questo loro apostolato nei vari Continenti.

4. È noto che in codesto Ordine si mantiene con i Collaboratori un tipo di rapporto che supera quello puramente contrattuale, giungendo fino a fare di una comunità terapeutica una vera famiglia, fondata sullo spirito evangelico e sui diritti della persona umana, alla quale si presta servizio.

Ugualmente lodevole è l’impegno con il quale è stato realizzato, a livello pratico e dottrinale, il documento Confratelli e Collaboratori insieme uniti per servire e promuovere la vita. Nonostante le immancabili difficoltà, non bisogna desistere dal personale impegno in questo lavoro, che va vissuto con fermezza e costanza, fidando pienamente nel Signore. San Giovanni di Dio, San Riccardo Pampuri e tutti i Beati dell’Ordine non mancheranno di benedire queste iniziative.

5. Auspico che l’Anno Giubilare sia di stimolo alla riflessione sulla vita del santo Fondatore, sulle sue Lettere e sulle Costituzioni e, soprattutto, serva a far approfondire la spiritualità propria dell’Ordine e a difendere e rendere più fraterna la vita umana, per meglio servire il malato, il povero e il bisognoso.

Con questi voti nel cuore, imparto a Lei ed a tutti gli appartenenti all’Ordine Ospedaliero l’Apostolica Benedizione, in lieto pegno di abbondanti favori celesti.

Dal Vaticano, 8 marzo 1995.

GIOVANNI PAOLO II

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