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MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PRESULI PARTECIPANTI ALLA RIUNIONE
DEL CONSIGLIO DELLE CONFERENZE EPISCOPALI EUROPEE

 

Venerati fratelli nell’Episcopato!

1. La pace del Signore sia con voi tutti e lo Spirito Santo guidi i vostri lavori! Rivolgo a ciascuno il mio più cordiale saluto, augurando di cuore che quest’incontro contribuisca a rinsaldare i vincoli di unità e di comunione tra i Vescovi dell’Europa e ad imprimere un ulteriore coraggioso impulso all’opera della Nuova Evangelizzazione nel Continente. Indirizzo un particolare pensiero al Cardinale Carlo Maria Martini, con viva riconoscenza per l’apprezzato servizio come Presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee per ormai lunghi anni. Particolarmente importante è la riunione di questi giorni proprio alla luce degli eventi che hanno ultimamente caratterizzato l’evoluzione della storia sociale e civile delle nazioni europee, portando ad un nuovo assetto politico nell’Europa centrale ed orientale. Gli Episcopati d’Europa da molti anni operano attraverso una struttura di collegamento (CCEE) che ha loro permesso di collaborare in attività pastorali ed ecumeniche, con benefico effetto sulla crescita spirituale delle Chiese particolari, sullo spirito di apertura e comprensione verso le altre confessioni cristiane, come sull’unità degli intenti e delle opere. Però il raggio d’azione del “Consilium Conferentiarum Episcopalium Europae” era piuttosto diretto, a motivo della situazione, verso le comunità ecclesiali dell’Europa occidentale, che potevano facilmente comunicare fra loro nella libertà di movimento e di parola.

2. Guardando il passato, si deve riconoscere che l’opera del CCEE è stata un provvidenziale frutto del Concilio Vaticano II, un dono speciale di Dio per il nostro tempo. Ne siamo profondamente grati al Signore! Tuttavia, dopo gli eventi del 1989, avevo convocato un’Assemblea speciale per l’Europa del Sinodo dei Vescovi, con l’intento fondamentale di cogliere, tempestivamente il senso dei rivolgimenti sociali e politici avvenuti, così da favorire un’adeguata maturazione delle coscienze circa le nuove realtà e predisporre gli strumenti più idonei per corrispondere alle esigenze inedite ed urgenti che venivano affermandosi. Per tale motivo tutto ciò che è avvenuto nel Sinodo speciale per l’Europa del 1991 costituisce oggi per ciascun Pastore, e soprattutto per il Vescovo di Roma, un impellente ed inderogabile invito a non frapporre indugi nel cercare i mezzi più utili, anche nuovi, per far fronte in modo efficace alle sfide dell’ora presente. In seguito, inoltre, alla caduta degli storici steccati che dividevano l’Est dall’Ovest dell’Europa, si impone ora un maggiore “scambio dei doni”, quasi come una conseguenza fisiologica della carità pastorale, così da rendere ancor più unitari gli orientamenti operativi, maggiormente effettiva la collegialità tra i Pastori e sempre più ricca la comunione gerarchica con il Successore di Pietro. Si tratta, in fondo, di dare attuazione allo spirito del Sinodo per l’Europa, scrutando con acutezza e coraggio i segni dei tempi e dando puntuale esecuzione alle nuove indicazioni emerse nell’Assemblea sinodale. A nuove esigenze è necessario rispondere con strutture adatte. Ecco perché il CCEE è chiamato a rinnovarsi così da rispondere efficacemente alle mutate domande pastorali del nostro tempo.

3. Il primo cambiamento è stato apportato con la chiamata dei Presidenti delle Conferenze Episcopali Europee a fare parte del CCEE. Essi dovranno ora dedicarsi in maniera diretta alla ristrutturazione di tale importante organo di collegamento fra i diversi Episcopati del Continente. Poi, dopo accurata riflessione, si dovrà procedere ad innovazioni ulteriori da apportare all’organismo come tale e ai suoi Statuti. I nuovi membri, in leale collaborazione con il Presidente, che essi eleggeranno, avranno l’incombenza di rendere sempre più chiari i compiti e la configurazione del CCEE, approfondendone la natura e la prassi.

L’obiettivo di fondo resta la nuova evangelizzazione dell’Europa: obiettivo generale, ma non generico. L’Europa, infatti, ha una sua costituzione storica, civile, sociale, religiosa, culturale, che richiede un adeguamento specifico dell’attività pastorale. La nuova evangelizzazione deve, per questo, essere “tipica”, adeguata cioè agli europei. Anche l’attività del CCEE dovrà concentrarsi su ciò che è tipico dell’insieme dell’Europa, se vuole mantenersi fedele alle sollecitazioni provenienti dai segni dei tempi.

Venerati fratelli, grandi compiti attendono le Chiese in Europa alle soglie del nuovo millennio. È un appuntamento storico a cui non è possibile mancare. La posta in gioco è il futuro cristiano del Continente. Sappia ciascuno aprire il cuore all’ascolto di ciò che lo Spirito dice alle Chiese (cf. Ap 2, 7).

A tutti voi porgo gli auguri più cordiali di buon lavoro, affidandoli al Signore con la mia preghiera.

Vaticano, 14 aprile 1993.


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