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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AD UN GRUPPO DI LAVORATORI CRISTIANI

Sabato, 9 dicembre 1978

 

Carissimi Fratelli e Sorelle, lavoratori e lavoratrici della Montedison, della Società Alfa-Romeo, della Pirelli, del “Corriere della Sera”, e di altre Società ancora, appartenenti ai “Gruppi di impegno e presenza cristiana”.

Siate i benvenuti nella casa del Padre comune!

1. So che da tempo attendevate questa udienza del Papa. Volevate già incontrarvi con Papa Giovanni Paolo I, di venerata memoria, il quale – mi dicono – era un po’ di casa nel grande stabilimento di Porto Marghera. Il Signore l’ha chiamato a sé dopo un pontificato tanto breve, ma così intenso da lasciare un’immensa commozione nel mondo. Ed ecco a voi il nuovo Papa, che è particolarmente lieto di ricevere oggi questa folta rappresentanza dell’Industria Italiana qualificata e ben conosciuta nel mondo intero. Vi saluto tutti di gran cuore e vi ringrazio della gioia che mi procurate con la vostra visita.

2. Come sapete, anch’io sono stato un lavoratore: per un breve periodo della mia vita, durante l’ultimo conflitto mondiale, anch’io ho fatto un’esperienza diretta del lavoro in fabbrica. Conosco, quindi, ciò che significa l’impegno della fatica quotidiana alle dipendenze di altri; ne conosco la pesantezza e la monotonia; conosco i bisogni dei lavoratori e le loro giuste esigenze e legittime aspirazioni. E so quanto è necessario che il lavoro non sia mai alienante e frustrante, ma sempre corrispondente alla superiore dignità spirituale dell’uomo.

3. Vi è noto, altresì, quanto la Chiesa, seguendo l’esempio del divin Maestro, abbia sempre stimato, protetto e difeso l’uomo e il suo lavoro, dalla condanna della schiavitù fino all’esposizione sistematica della “Dottrina sociale cristiana”, dall’insegnamento della carità evangelica quale precetto supremo, fino alle grandi encicliche sociali, come la Rerum Novarum di Leone XIII, la Quadragesimo Anno di Pio XI, la Mater et Magistra di Giovanni XXIII, la Populorum Progressio di Paolo VI. Essa, in mezzo ai travagli e alle tribolazioni della storia umana, ha sempre difeso il lavoratore, propugnando l’urgenza di un’autentica giustizia sociale, unita alla carità cristiana, in un clima di libertà, di rispetto reciproco, di fratellanza. A questo proposito, vorrei solo ricordare il Radiomessaggio di Papa Giovanni XXIII ai lavoratori polacchi, il 26 maggio 1963, pochi giorni prima di morire: “Non ci risparmieremo fatica, fino a quando avremo vita, affinché si abbiano per voi sollecitudini e cure. Abbiate fiducia nell’amore della Chiesa e ad essa affidatevi tranquilli, nella certezza che i suoi pensieri sono pensieri di pace e non di afflizione”.

4. Ed ora che dirò io a voi, lavoratori cristiani, che dirò in particolare, che possa servirvi come ricordo del nostro incontro?

Prima di tutto, auspico vivamente che il lavoro sia un reale diritto per ogni persona umana. La situazione nazionale e internazionale oggi è talmente difficile e complicata che non si può essere semplicisti. Ma poiché sappiamo che il lavoro è vita, serenità, impegno, interesse, significato, dobbiamo augurarlo a tutti.

Chi ha un lavoro, sente di essere utile, valido, impegnato in qualche cosa che dà valore alla propria vita. Il non avere un lavoro è psicologicamente negativo e pericoloso, tanto più per i giovani e per chi ha la famiglia da mantenere. Pertanto, mentre dobbiamo ringraziare il Signore se abbiamo un lavoro, dobbiamo anche sentire la pena e l’affanno dei disoccupati e, per quanto ci è possibile, studiarci di venire incontro a queste dolorose situazioni. Non bastano le parole! Bisogna aiutare concretamente, cristianamente! Mentre faccio appello ai responsabili della società, mi rivolgo anche a ciascuno di voi direttamente: impegnatevi anche voi, perché tutti possano avere un lavoro!

In secondo luogo, esorto all’attuazione della giustizia sociale. Anche qui i problemi sono molti, sono enormi; ma mi appello alla coscienza di tutti, ai datori di lavoro e ai lavoratori. I diritti e i doveri sono da entrambe le parti e, perché la società possa mantenersi nell’equilibrio della pace e del benessere comune, è necessario l’impegno di tutti per combattere e vincere l’egoismo. Impresa certo difficile, ma il cristiano deve farsi uno scrupolo di essere giusto in tutto e con tutti, sia nel remunerare e nel proteggere il lavoro, sia nello spendere le proprie forze. Egli, infatti, dev’essere un testimone di Cristo dappertutto, e perciò anche sul lavoro.

Infine, vi invito alla santificazione del lavoro. Non sempre il lavoro è facile, piacevole, soddisfacente; talvolta può essere pesante, non valutato, non ben retribuito, perfino pericoloso. Bisogna allora ricordare che ogni lavoro è una collaborazione con Dio per perfezionare la natura da lui creata, ed è un servizio ai fratelli. Bisogna, perciò, lavorare con amore e per amore! Allora si sarà sempre contenti e sereni, e, pur se il lavoro stanca, si prende la croce insieme con Gesù Cristo e si sopporta la fatica con coraggio.

Carissimi lavoratori e lavoratrici!

Sappiate che il Papa vi ama, vi segue nelle vostre fabbriche e nelle vostre officine, vi porta nel cuore! Tenete alto il nome “cristiano” sui luoghi del vostro lavoro, insieme con quello della vostra, anzi della nostra Italia!

Con la mia Apostolica Benedizione.



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