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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DEL SUD AFRICA
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Martedì, 27 aprile 1982

 

Cari fratelli in nostro Signore Gesù Cristo.

1. Durante la settimana scorsa ci siamo incontrati individualmente, in colloqui di solidarietà fraterna, e abbiamo parlato della vita delle vostre Chiese locali. Sono stati momenti di comunione ecclesiale; sono stati momenti di condivisione dell’amore pastorale per il Popolo di Dio, momenti di speranza per voi, per me e per la Chiesa. E siamo ora giunti al nostro incontro collettivo, che assume una più piena dimensione della nostra collegialità e diviene l’espressione dei nostri comuni sforzi per servire il Popolo di Dio in tutte le vaste aree comprese nelle quattro province ecclesiastiche di Cape Town, Durban, Pretoria e Bloemfontein, così come i due Vicariati Apostolici in Namibia.

2. Voi siete a Roma nella vostra qualità di Pastori di una vasta porzione del gregge di Cristo. In quanto rappresentanti costituiti per volere divino delle vostre Chiese locali, in quanto successori degli Apostoli, voi siete qui per rinnovare l’offerta delle vostre Chiese locali a Gesù Cristo che è “pastore supremo” (1 Pt 5, 4) dell’intero gregge. Voi state compiendo questo insieme con il successore di Pietro e nella comunione ecclesiale con tutti i vostri fratelli Vescovi di tutto il mondo.

La volontà di Gesù Cristo per la sua Chiesa è il criterio supremo di tutta la nostra azione pastorale, di tutto ciò che noi diciamo e facciamo, dei nostri piani per il futuro e della nostra valutazione del passato. Nella nostra azione collegiale volta ad esaminare il nostro ministero pastorale e a provvedere al benessere della Chiesa che appartiene soltanto a Cristo, dobbiamo ricordare l’esortazione della lettera agli Ebrei: “Teniamo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede” (Eb 12, 2). Perciò ci siamo radunati nella potenza dello Spirito di Cristo, col solo desiderio di discernere la volontà di Dio per la sua Chiesa e obbedirle. Chi vi parla oggi è particolarmente mosso dalle parole di Gesù, il quale, promettendo di costruire la sua Chiesa su Pietro, insiste ciononostante sul fatto che essa appartiene a lui: “E su questa pietra edificherò la mia Chiesa” (Mt 16, 18). È per il bene della Chiesa di Cristo - il Popolo di Dio, il Corpo di Cristo - che noi impegnamo tutte le nostre energie, sforzandoci di professare coraggio apostolico e amore pastorale.

3. Cari fratelli in Cristo, siete venuti alla Sede di Pietro, portando i problemi e le difficoltà, le gioie e le ansie, le aspirazioni, i desideri e le speranze del vostro popolo. Voi venite come Pastori di comunità ecclesiali dove, nonostante le vicissitudini della storia e le debolezze della natura umana, il cristianesimo è stato fedelmente vissuto da innumerevoli persone e numerose comunità per anni e anni. In voi e nel vostro ministero desidero rendere onore a tutte le grandi opere di carità soprannaturale e di sollecitudine fraterna che sono state compiute e si stanno compiendo nelle vostre diocesi, Vicariati e Prefetture da voi stessi, dai vostri sacerdoti, religiosi e amati laici.

Penso a tutto ciò che è stato fatto per manifestare l’amore di Cristo per i poveri, gli oppressi, i bisognosi, gli ammalati, gli handicappati, gli anziani, gli abbandonati, e tutti coloro che sono nell’angoscia mentale e spirituale. Penso a tutti gli sforzi fatti per assicurare l’educazione cattolica della gioventù e per portare il messaggio trasformante ed elevante del Vangelo agli individui e alle comunità. Penso alla generosa dedizione di generazioni di catechisti che si sono adoperati per condurre i loro fratelli e sorelle ad una maggiore conoscenza del mistero di Gesù Cristo e del suo amore salvifico. Tutto ciò, unito alla quotidiana fedeltà di migliaia e migliaia di discepoli di Cristo, è una eloquente testimonianza resa alla potenza del Signore Crocifisso e Risorto che opera nei cuori dei fedeli. Tutte queste sono ragioni di gratitudine a Dio, di speranza e fede, di rinnovato impegno nelle nostre responsabilità pastorali. È nella potenza del Mistero Pasquale che voi e i vostri fedeli troverete sempre incoraggiamento e forza: “Sursum corda”!

4. Ma c’è di più. Desidero ringraziarvi nel nome di Cristo e della sua Chiesa per tutti i vostri sforzi indirizzati in favore della pace. Vi siete vigorosamente adoperati per contribuire a portare la pace nei cuori degli uomini, nelle famiglie, nelle comunità in cui vi sono diversità di razza e devono affrontare serie discriminazioni razziali, e in tutte le vostre nazioni. Per sua stessa natura, la vostra opera in favore della pace, posta com’è nella cornice storica delle vostre situazioni locali, ha dovuto occuparsi della libertà e di tutto ciò che la libertà comporta. Avete lavorato coscienziosamente e con perseveranza per la giustizia e la dignità umana, insistendo giustamente sulla non-violenza e sulla necessità della riconciliazione tra fratelli e sorelle - così che tutto il popolo potesse godere della libertà dei figli di Dio, quella libertà mediante la quale Cristo ci ha liberati (cf. Gal 5, 1). Nell’adempimento del vostro ministero, avete cercato di applicare i fondamentali principi cristiani, ad alcuni dei quali ho fatto allusione nel contesto del Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 1981: “Senza un rispetto profondo ed esteso della libertà, la pace sfuggirà all’uomo . . . La libertà è ferita quando i rapporti tra i popoli sono fondati non sul rispetto dell’eguale dignità di ciascuno, ma sul diritto del più forte . . .” (Giovanni Paolo II, Nuntius ob diem ad pacem fovendam toto orbe terrarum Calendis Ianuariis a. 1981 celebrandum, 2, die 8 dec. 1980: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, III, 2 [1980] 1629s). E ancora: “La libertà della persona trova in effetti il proprio fondamento nella sua dignità trascendente: una dignità che ad essa è stata donata da Dio, suo Creatore, e che la orienta verso Dio . . . Essere libero significa potere e volere scegliere, significa vivere secondo la propria coscienza” (Ivi. 5, die 8 dec. 1980: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, III, 2 [1980] 1632).

In particolare, so che considerate con ansia ma anche con positiva speranza il difficile ma necessario processo che deve sfociare in una soluzione equa e pacifica del problema della Namibia per il bene del suo popolo. Sono vicino a voi in questa vostra preoccupazione pastorale e conservo questa intenzione nel mio cuore e la ricordo sempre nelle mie preghiere.

5. Nel vostro sforzo di adempiere alle esigenze pratiche del Vangelo di Gesù Cristo, voi trovate forza nella comunione universale della Chiesa di Cristo. La vostra unità con i Vescovi del mondo e con me vi è di sostegno per il vostro ministero apostolico. Milioni di cattolici pregano quotidianamente per la Chiesa e i suoi Pastori, in modo che voi possiate fedelmente proclamare il messaggio liberante, riconciliante e vivificante di Gesù Cristo. Sostenuti dal Popolo di Dio, e fortificati dalla grazia del Salvatore, dovete continuare a riaffermare con fiducia tutte le implicazioni della libertà evangelica. Le parole stesse di Cristo sono una costante ispirazione per voi e per il vostro popolo: “Se il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero” (Gv 8, 36).

6. Mediante la grazia sacramentale della nostra ordinazione, lo Spirito Santo ci dà la capacità di affrontare tutte le circostanze come Vescovi della Chiesa di Dio. Lo Spirito Santo ci conduce a vedere tutte le situazioni alla luce della missione della Chiesa e alla luce del nostro specifico ruolo pastorale. Come Vescovi siamo chiamati ad essere guide di una Chiesa che giustamente ricerca quelle condizioni di libertà e giustizia che sono necessarie per lo stadio iniziale del Regno di Dio sulla terra. Nello stesso tempo, in quanto Vescovi abbiamo un ruolo profetico in merito alla pienezza della libertà e della vita cristiana. Come ho scritto nel sopra menzionato Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace: “Essere liberati dall’ingiustizia, dalla paura, dall’oppressione, dalla sofferenza non servirebbe a nulla, se si rimanesse schiavi nel profondo del cuore, cioè schiavi del peccato. Per essere veramente libero, l’uomo deve essere liberato da questa schiavitù e trasformato in una creatura nuova. La libertà radicale dell’uomo si colloca così su un piano più profondo: quello dell’apertura verso Dio mediante la conversione del cuore, perché è nel cuore dell’uomo che affondano le radici di ogni assoggettamento e di ogni violazione della libertà. Finalmente, per il cristiano la libertà non deriva dall’uomo stesso: essa si manifesta nell’obbedienza alla volontà di Dio e nella fedeltà al suo amore”. (Giovanni Paolo II, Nuntius ob diem ad pacem fovendam toto orbe terrarum Calendis Ianuariis a. 1981 celebrandum, 11, die 8 dec. 1980: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, III, 2 [1980] 1638).

7. Per questa ragione, in quanto Vescovi non dobbiamo esitare a continuare ad esortare il nostro popolo alla conversione di vita, proprio come ha fatto Cristo. E l’esempio di Cristo costituì lo schema per la predicazione di Pietro nella Pentecoste (cf. At 2, 38) e da allora anche per tutti noi. La nostra proclamazione della conversione è accompagnata dal grande annuncio della illimitata misericordia di Dio e dal suo amorevole perdono. Questa comprensione del piano di Dio per il suo popolo ci sprona alla fedeltà apostolica e alla fortezza nella interpretazione, secondo l’espressione del Concilio Vaticano II, dell’“intero mistero di Cristo” (Christus Dominus, 12). Mentre adempite a questo compito della predicazione di Cristo crocifisso, sappiate che il Signore Gesù è con voi, e ricordate sempre che egli può, mediante la potenza del suo Spirito, disporre i cuori umani a ricevere il messaggio della verità rivelata, anche nelle sue esigenze più grandi, i suoi ideali più alti e le sue applicazioni più impegnative. Con san Paolo, ognuno di noi dovrebbe sollecitare fiduciosamente il sostegno del popolo: “Pregate per me, perché quando apro la bocca mi sia data una parola franca, per far conoscere il mistero del Vangelo . . .; pregate perché io possa annunziarlo con franchezza come è mio dovere” (Ef 6,19-20).

8. Cari fratelli, attraverso la vostra presenza qui questa mattina, come attraverso il vostro intero ministero episcopale, voi esprimete la vostra fede nella potenza di Gesù Risorto. È soltanto mediante il dinamismo che deriva dalla sua morte e Risurrezione che ci viene la capacità di proclamare il suo Vangelo e di offrire la speranza al popolo. Nonostante i vari ostacoli presenti nel vostro ministero, nonostante la mancanza di collaboratori nell’annuncio del Vangelo in numero sufficiente, nonostante la vastità del territorio nel quale molti di voi operano, avete riposto la vostra speranza nel Signore Risorto e nel suo potere di elevare la vita umana e di trasformare nell’intimo i cuori umani.

9. Ritornando alle vostre Chiese locali, vi chiedo di presentare i miei saluti al vostro popolo. Invio un ricordo particolare a tutti i sacerdoti, diaconi e religiosi che offrono le loro vite affinché la speranza che si era manifestata nella Risurrezione di Cristo possa permeare la vita del Popolo di Dio. Affido il successo del vostro apostolato a Maria, Madre del Salvatore e Regina della Pace. Prego affinché ella aiuti tutti i vostri fedeli a comprendere il significato della speranza pasquale, e ad essere capaci di ripetere quelle parole con le quali l’apostolo Pietro incoraggiò un tempo i primi cristiani: “Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo! Nella sua grande misericordia egli ci ha rigenerati, mediante la Risurrezione di Gesù Cristo dai morti” (1 Pt 1, 3).

Con tutte le nostre forze, cari fratelli, proclamiamo con fede questa “speranza vivente che ci viene dalla Risurrezione di Gesù Cristo dai morti”.

                                              



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