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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
ALLA CURIA GENERALIZIA DEI PADRI AGOSTINIANI

Venerdì, 7 maggio 1982

 

Reverendo Priore Generale,
e cari confratelli dell’Ordine Agostiniano!

1. “Ecce quam bonum et quam iucundum habitare fratres in unum” (Sal 132, 1).

Dopo l’incontro di poco fa nella bella sede dell’Istituto Patristico sono veramente lieto di ritrovarmi ora in mezzo a voi che, come membri della Curia Generalizia, rappresentate visibilmente l’intera Famiglia spirituale di sant’Agostino. E sono anche lieto del fatto che questo secondo incontro si svolga all’interno della Cappella, quasi a segnare - io direi nello stile stesso del Santo - un emblematico itinerario dall’esterno all’interno, dall’attività didattico-formativa al suo centro ispiratore ch’è la preghiera, dalla derivazione di un così importante lavoro ecclesiale alla sua fonte di alimentazione ch’è il contatto con Dio.

Il saluto, pertanto, che ora rivolgo a ciascuno di voi, qui presenti, ed attraverso voi desidero estendere a tutti i religiosi dell’Ordine, sparsi in più di quaranta Paesi, è secondo questa linea di priorità nel nome di Dio Padre e del suo Figlio Gesù Cristo. “Gratia vobis et pax - vi ripeterò con san Paolo - a Deo Patre nostro et Domino Iesu Christo” (1 Cor 1, 3). Voglia il Signore, che ci trova riuniti, confermare il nostro spirito nella pace e nella grazia, facendoci assaporare la gioia di quel vivere insieme nel vincolo della comunione fraterna, di cui il vostro Maestro ed insieme il grande Dottore di tutta la Chiesa, Agostino, in tante pagine delle prestigiose sue Opere ha celebrato la spirituale e corroborante fecondità. Guidati dal suo esempio e dal suo insegnamento, noi tutti qui presenti vogliamo sperimentare l’ineffabile letizia di questa comunione: “Ecce quam bonum et quam iucundum habitare fratres in unum”.

2. Ma io ho anche un debito di riconoscenza da soddisfare: riconoscenza per il modo non soltanto ospitale e cortese, ma tanto caloroso ed intimamente familiare con cui sono stato accolto nell’odierna mia visita alle tre Istituzioni, nelle quali si articola questo complesso unitario; riconoscenza per le amabili e deferenti parole, che mi ha or ora rivolto il Superiore Generale nel suo indirizzo di saluto; riconoscenza, soprattutto, per i servizi molteplici che il vostro Ordine presta alla Chiesa ed alla Santa Sede, a cominciare dall’operosità che viene svolta e promossa in questa Curia, e dal ministero dei religiosi agostiniani presso il Vicariato Generale per la Città del Vaticano e presso la Pontificia Parrocchia di sant’Anna.

Chiamato a reggere la Chiesa in questo periodo della storia, io non posso dimenticare la peculiare origine del vostro Ordine, il quale nacque, nel cuore stesso dell’età medievale, per l’iniziativa dei miei predecessori Innocenzo IV e Alessandro IV e, per tale ragione, si differenzia dagli altri Istituti religiosi, configurandosi come tipico nella vasta gamma delle diverse forme e strutture canoniche per la professione dei consigli evangelici. Nel riferimento alla lettera ed allo spirito della Regula agostiniana, nell’altissimo titolo di nobiltà che il nome stesso del Santo gli conferisce, il vostro Ordine per la sua istituzione giuridica ha come fondatrice la santa madre Chiesa.

3. Agostino e la Chiesa, dunque: due grandi nomi stanno a definire, fratelli carissimi, la vostra specifica fisionomia come religiosi. L’eredità dell’uno e la realtà stessa dell’altra (ed Agostino - è superfluo star qui a ricordarlo - resta un insuperato maestro di tale realtà per la profondità delle sue intuizioni ecclesiologiche) vi sollecitano a vivere in un’intima ed esemplare comunione di vita, ad attuarla ed esprimerla in modi sempre genuini, a non smentire mai quel che giustamente è chiamato il “carisma agostiniano” di una vita comunitaria resa una dalla carità.

Fate in modo che quel che su un piano generale è la Chiesa (come vi ricorda e vi insegna il vostro padre Agostino) si verifichi per ciascuna delle vostre comunità: sappiate promuovere in esse una tale coesione di vita, per cui i molti, che vi si ritrovano insieme, siano fusi per mezzo della carità ed abbiano “unità di mente e di cuore protesi verso Dio” (S. Agostino, Regula, 1,3). Potrete allora comprendere appieno la verità delle citate parole del Salmo: “Ecce quam bonum et quam iucundum habitare fratres in unum”. Difatti, “tanto dolce è il suono di queste parole. È tanto dolce, quanto è dolce la carità che fa sì che i fratelli stiano a vivere insieme . . . Sì, queste parole del Salterio, questo dolce suono, questa soave melodia . . . ha anche generato i monasteri. A questo suono si sono destati i fratelli che han desiderato di vivere insieme: questo versetto fu per loro come una squilla” (S. Agostino, Enarrat. in Ps. 132, 1-2: PL 37, 1729).

Facendo eco a richiami tanto suggestivi quanto autorevoli, io fraternamente vi invito a mantenervi sempre fedeli, affrontando i necessari sacrifici, rispettando le sue esigenze intrinseche, alla vita comunitaria, generata e radicata nella carità.

4. Sapete bene che questa vita non significa in alcun modo chiusura in se stessi ed esclusione degli altri: tanto meno, direi, che potrebbe significarlo per voi, figli di sant’Agostino. La vostra è e deve essere una comunità apostolica, cioè aperta e dinamica, protesa - come ho già ricordato - verso Dio, ma proprio per questo protesa anche verso i fratelli. Secondo tale impostazione, io mi rifaccio a quanto ha accennato il Priore Generale, e plaudo alle nuove iniziative che, in coerente continuità con tutto ciò che è stato fatto in passato dall’Ordine Agostiniano e con singolare onore s’inscrive nell’albo d’oro dell’attività ministeriale e missionaria della Chiesa, sono avviate e promosse al presente, “affinché la Parola di Dio si diffonda e sia glorificata” (2 Ts 3, 1). Per questo lavoro molto opportuno e tanto promettente vi rivolgo, con grande fiducia, il mio più vivo incoraggiamento, implorando su di esso l’abbondanza dei favori celesti.

Voi che professate - ed è un altro titolo d’onore per l’Ordine - una speciale devozione alla Madre di Dio e tanto spesso la invocate sotto il bel titolo di “Mater Boni Consilii”, possiate ottenere da lei aiuto e conforto nel rinnovato proposito di stringere i vincoli della vita comunitaria e di proiettarla, appunto in ragione di questo radicamento interiore, nell’intera comunità ecclesiale ed anche al di fuori. Possiamo soprattutto ottenere da lei quel superiore “consiglio”, che è discernimento e saggezza nelle decisioni, ma più ancora individuazione degli accresciuti bisogni spirituali della nostra età, visione della realtà sociale ed umana alla luce del Vangelo e, di conseguenza, anche coraggio nel dare a quei bisogni ed a quella visione le adeguate risposte.

                                                



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