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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PELLEGRINI ITALIANI

Lunedì, 25 aprile 1983

 

1. A tutti voi, carissimi fratelli e sorelle che partecipate a questa udienza, il mio saluto cordiale! Sento il dovere di esprimere ad ogni singolo gruppo qui presente la mia gratitudine per la gioia che questa visita mi reca: il caloroso entusiasmo con cui vi stringete intorno al Papa, successore di Pietro, costituisce una testimonianza eloquente della viva coscienza ecclesiale e della fede che vi animano.

Voi siete venuti a Roma con tanto fervore per acquistare il Giubileo nella ricorrenza dell’Anno Santo della Redenzione, e grande è la vostra gioia di poter usufruire di questo prezioso tesoro spirituale che la Chiesa vi offre, per purificare le vostre anime in una sincera conversione interiore che rappresenti un vero incontro con Cristo, che ci ha amati fino a dare se stesso per noi (cf. Gal 2, 20).

Vi esorto di cuore a fare in modo che questa importante circostanza diventi stimolo ad una vita cristiana sempre più autentica e coerente, ad una testimonianza di fede e di carità sempre più convinta e coraggiosa. Attingete da questo vostro Pellegrinaggio giubilare la forza e la gioia di essere generosi messaggeri di Cristo nelle vostre parrocchie e in tutti i luoghi della vostra attività.

2. Sono lieto ora di rivolgere una speciale parola innanzitutto ai rappresentanti delle Presidenze diocesane di Azione cattolica, qui convenuti insieme con la Presidenza nazionale e con l’Assistente ecclesiastico Monsignor Tagliaferri. Carissimi, so che vi siete raccolti a Convegno nazionale per riflettere sull’impegno dei cattolici italiani verso il Paese e in particolare sul contributo che la vostra Associazione è chiamata a recare alla società di oggi per essere realmente efficace fermento evangelico.

Parlando di “fermento evangelico” il pensiero si porta spontaneamente a san Marco, di cui oggi ricorre la festa, e al suo Vangelo. Come è noto, il Vangelo che egli ha scritto pone in particolare evidenza il contrasto tra la Chiesa che perdona (Mc 2, 10), vince i demoni (Mc 1, 24-27 ecc.), guarisce le malattie (Mc 1, 31 ecc.), e gli uomini che si beffano di lui (Mc 5, 40: 6, 3; 15, 29-32) e vogliono la sua rovina (Mc 3, 6; 12, 13; 14, 1). Marco vede in questo “scandaloso” contrasto la linea maestra dell’agire di Dio, il quale in tal modo sorprende le persone e le induce ad interrogarsi sull’identità di Cristo (“Chi è costui?” [Mc 4, 41; 1, 27]), preparandole, attraverso l’esperienza stessa della sua umiliazione, all’atto di fede nella sua missione salvatrice. “Veramente quest’uomo era figlio di Dio” (Mc 15, 39), è la confessione a cui giunge il centurione sotto la Croce.

Come non vedere in ciò una chiara indicazione per chiunque voglia porsi sulle orme di Cristo e farsi suo testimone nel mondo contemporaneo? La mitezza di fronte ad opposizioni e a contrasti, il dominio sulle passioni e sulle forze del male, l’impegno per alleviare ogni forma di sofferenza sono i modi concreti, con cui il cristiano può suscitare anche negli uomini di oggi l’interrogativo su Cristo e disporne i cuori all’accettazione del suo messaggio.

Egli potrà in tal modo operare efficacemente per l’avvento del Regno di Dio e per la costruzione della Città terrena, in lineare coerenza con la visione cristiana del mondo e della storia, la quale non è conciliabile con ideologie e movimenti che si ispirano al materialismo.

Esorto pertanto l’Azione Cattolica a vivere i problemi della realtà italiana e a continuare ad essere valida componente del movimento cattolico italiano, esercitando quell’opera religiosa di formazione che è premessa essenziale di ogni forma di presenza sociale e politica dei cristiani nella società.

3. Il mio pensiero si volge poi ai membri del Movimento lavoratori dell’Azione cattolica, convenuti a Roma per il loro V Congresso nazionale, il cui tema: “Il fine del lavoro è l’uomo”, ripropone alla riflessione comune i contenuti dell’enciclica Laborem Exercens. Carissimi fratelli e sorelle che volete realizzare una presenza cristiana nel mondo del lavoro, siate consapevoli del grande compito che Cristo vi affida.

A fianco dei vostri colleghi, voi dovete farvi carico di ogni giusta iniziativa a tutela della dignità dell’uomo, nell’esplicazione della propria attività. Ma voi dovete pure, accanto ad essi, attestare con la parola e con l’esempio che “non di solo pane vive l’uomo”, né soltanto di ciò che le sue mani possono produrre. L’uomo per vivere ha bisogno di una parola, di un senso, di una speranza, che soltanto la sovrana libertà di Dio può accordargli.

Questa parola liberatrice voi l’avete scoperta nel Vangelo di Cristo: portare a quanti lavorano con voi la testimonianza della gioia che essa ha messo nel vostro cuore. Recherete in tal modo un contributo insostituibile all’edificazione di un mondo, in cui ogni lavoratore possa sentirsi pienamente rispettato nella sua dignità di essere umano.

4. Saluto ora con sincero affetto quanti, provenienti da varie regioni d’Italia, rappresentano l’Istituto “Pro Familia” che, fondato a Brescia sessantacinque anni or sono dal sacerdote Giovanni Battista Zuaboni, è presente nell’apostolato familiare attraverso espressioni diverse, ma tutte orientate ad esaltare e promuovere i valori del sacramento del matrimonio.

Carissimi, il Fondatore del vostro Istituto fu, in un certo senso, un anticipatore dei tempi, in quanto seppe individuare la fondamentale importanza della famiglia nel tessuto sociale ed ecclesiale, ponendo in rilievo che i mali della famiglia, in un mondo in continua trasformazione, dipendevano in gran parte dall’impreparazione dei giovani ad essa. Egli capì che per salvare la famiglia, e con essa la società, era necessario e urgente preparare la gioventù al futuri compiti di sposi e di genitori cristiani.

Ora l’Istituto è diventato un albero rigoglioso, che comprende:

- le Missionarie della famiglia consacrate a Dio con i voti di castità, povertà e ubbidienza, che si prefiggono di servire le famiglie aiutandole a seguire e a vivere la bellezza e la verità dell’insegnamento evangelico sull’amore sponsale e familiare;

- e gli Apostoli della famiglia, costituiti da coppie di sposi e anche da vedovi, che vivono nel mondo impegnati a tradurre nella loro vita, con riconoscenza e gioia, i valori umani e cristiani del matrimonio e della famiglia, secondo la parola di Dio.

Auspico di cuore che la compresenza, in uno stesso Istituto secolare, di consacrati e di coniugati, sia stimolo a proclamare insieme, secondo lo stato di ciascuno, l’amore di Cristo, significato dell’amore sia verginale che coniugale.

In particolare vi esorto a continuare nel vostro impegno diretto a fare comprendere quale sublime ideale è la famiglia e quali responsabilità comporta. Siate sempre dei fedeli evangelizzatori del disegno di Dio sul matrimonio e sulla famiglia proponendolo nella sua autenticità e facendo comprendere che solo con l’accoglienza del Vangelo trova piena realizzazione ogni speranza che l’uomo legittimamente pone nel matrimonio e nella famiglia. A tal fine incoraggio volentieri il lavoro svolto nelle “Scuole di vita familiare”, soprattutto mediante l’organizzazione di opportuni corsi di preparazione specializzata e di formazione spirituale a beneficio dei fidanzati e dei giovani sposi.

Vi assista e vi sostenga la Vergine santissima.

5. Sono inoltre lieto di porgere il benvenuto e di rivolgere un cordiale saluto anche a voi, dirigenti e dipendenti della Banca Popolare di Lodi e della Cassa Rurale ed Artigiana di Casalmorano.

Voi fate parte di quelle forme di istituti di credito che fondano la loro attività sull’obiettivo della cooperazione e della solidarietà al fine di assicurare e sviluppare il lavoro che considera forza propulsiva l’onestà e la laboriosità.

Dalla storia sociale di quest’ultimo secolo in Italia è noto il contributo offerto da questo tipo di organizzazione a favore delle categorie meno agiate; e perciò intendo rivolgervi il mio incoraggiamento nel vostro servizio. Vi auguro di approfittare di questo soggiorno romano per approfondire la fede e il vostro impegno cristiano.

Estendo il mio saluto anche agli altri gruppi presenti. A tutti esprimo il mio sincero affetto e a tutti imparto la mia benedizione.

 

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