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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AD UN GRUPPO DI VESCOVI AMERICANI
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Sabato, 22 ottobre 1983

 

Cari fratelli in nostro Signore Gesù Cristo,

1. Alcune settimane fa, durante un’altra visita “ad limina”, ho parlato di vari aspetti della identità del Vescovo quale segno vivente di Gesù Cristo, nel contesto della sacramentalità della Chiesa. Vorrei ora continuare su quel tema generale, riflettendo con voi sul ruolo del Vescovo quale ministro della parola di Dio, “ministro del Vangelo” (Ef 3, 7). Perché è proprio come ministro della parola di Dio, che agisce per potenza dello Spirito Santo e mediante il carisma del suo servizio episcopale, che il Vescovo manifesta Cristo al mondo, rende Cristo presente nella comunità, e comunica efficacemente Cristo a tutti coloro che aprono largamente i loro cuori.

Come ministro del Vangelo, il Vescovo è espressione vivente di Cristo, il quale, essendo il Verbo Incarnato, è egli stesso suprema rivelazione e comunicazione di Dio. Il ministero della parola definisce chiaramente la nostra identità di servitori di Gesù Cristo, chiamati ad essere apostoli e “consacrati al Vangelo di Dio” (Rm 1, 1). Nella predicazione e nel magistero noi adempiamo alla nostra missione specifica. Ognuno di noi attua così il suo speciale carisma di essere segno vivente del Cristo che dice: “È necessario che io annunci la buona novella del Regno di Dio . . . Perché appunto per questo sono stato mandato” (Lc 4, 43).

2. Il Concilio Vaticano II coglie il senso della nostra identità quando afferma: “Tra i principali doveri del Vescovo, eccelle la predicazione del Vangelo. I Vescovi infatti sono gli araldi della fede che portano a Cristo nuovi discepoli; sono dottori autentici, cioè rivestiti dell’autorità di Cristo, che predicano al popolo loro affidato la fede da credere e da applicare nella pratica della vita” (Lumen Gentium, 25). Come predicatori e maestri, i Vescovi hanno un ruolo vitale da adempiere, un messaggio vitale da comunicare. I Vescovi esistono al fine di proclamare il libero dono divino della salvezza offerta all’umanità in Gesù Cristo e realizzata nel suo Mistero Pasquale.

Tutte le attività dei Vescovi devono essere finalizzate alla proclamazione del Vangelo, proprio perché il Vangelo è “la forza di Dio per la salvezza di chiunque crede” (Rm 1, 16). La salvezza la si trova nel Vangelo e il Vangelo lo si riceve nella fede. Perciò tutto ciò che il Vescovo fa dovrebbe essere finalizzato ad aiutare il popolo a rendere “l’obbedienza della fede” (Rm 1, 5) alla parola di Dio, ad aiutarlo ad abbracciare il contenuto integrale dell’insegnamento di Cristo. Il ruolo del Vescovo quale ministro del Vangelo è profondamente pastorale, e, proprio come la proclamazione della parola di Dio, esso raggiunge il suo apice nell’Eucaristia, nella quale l’opera della nostra salvezza è attuata sacramentalmente.

3. Il Concilio ha sottolineato che, per volontà di Dio, tutto ciò che egli ha rivelato per la salvezza del mondo deve essere preservato nella sua piena integrità e trasmesso alle generazioni future. Per questa ragione Cristo ha incaricato i suoi Apostoli di proclamare il Vangelo, e i suoi Apostoli hanno affidato il proprio posto di maestri ai loro successori, i Vescovi (cf. Dei Verbum, 7). Il Concilio dichiara inoltre che il servizio episcopale del magistero nella Chiesa è conferito dalla consacrazione episcopale e può essere esercitato solo in comunione gerarchica con il capo e i membri del Collegio episcopale (cf. Lumen Gentium, 21). Accenno a queste verità proprio per indicare quanto il ministero della parola è legato alla nostra identità sacramentale e a tutta la nostra missione episcopale. Le nostre vite di Vescovi ruotano attorno al mandato di Cristo di insegnare tutto ciò che egli ha comandato ai suoi Apostoli.

Inoltre, il nostro ministero apostolico partecipa di quella piena autorità conferita a Gesù, che egli stesso ha ricordato prima di mandare i suoi discepoli a fare seguaci in tutte le Nazioni, a battezzare e ad ammaestrare. Il nostro ministero è inoltre rafforzato da quella speciale presenza stabile del Signore con noi fino alla fine del mondo (cf. Mt 28, 18-20). Tutto ciò costituisce il carisma episcopale, trasmesso sacramentalmente, sacramentalmente ricevuto, sacramentalmente esercitato.

La nostra risposta di Vescovi al mandato di Cristo dev’essere espressa in una proclamazione vitale, mediante la predicazione e l’insegnamento, di tutte le verità della fede: le verità che conducono il nostro popolo alla salvezza, le verità che invitano il nostro popolo a rendere l’obbedienza della fede. I Vescovi esercitano il ruolo magisteriale degli Apostoli proprio “affinché l’Evangelo si conservi sempre integro e vivo nella Chiesa” (Dei Verbum, 7). Per questa ragione, il decreto conciliare sul servizio pastorale dei Vescovi incoraggia i Vescovi a interpretare esplicitamente, per la potenza di Spirito Santo, “l’intero mistero di Cristo” (Christus Dominus, 12).

4. È facile vedere come il compito del Vescovo della predicazione vitale, della fedele custodia del deposito della fede, e del magistero autorevole esercitato in unità col Papa e tutto il Collegio episcopale implica anche il dovere di difendere la parola di Dio contro tutto ciò che comprometterebbe la sua purezza e integrità. Se noi comprendiamo la natura della Chiesa, nella quale il Mistero Pasquale è continuamente vissuto, non saremo sorpresi di trovare, in ogni generazione della vita della Chiesa, compresa anche la nostra, non soltanto peccato, ma, in qualche misura, anche errore e falsità. Un sereno senso di realismo e la storia della Chiesa ci aiuterà, comunque, ad esercitare il nostro ruolo di autentici maestri della parola di Dio senza né esagerare o minimizzare l’esistenza dell’errore e della falsità che la nostra responsabilità pastorale ci obbliga a identificare e a rifiutare. La nostra fedeltà alla parola di Dio ci richiede anche di comprendere e di mettere in pratica quella grande realtà proclamata dal Concilio: “L’ufficio di interpretare autenticamente la parola di Dio scritta o trasmessa è affidato al solo Magistero vivo della Chiesa la cui autorità è esercitata nel nome di Gesù Cristo” (Dei Verbum, 10).

Nello studio e nell’ascolto della parola di Dio, nel custodire e illustrare il deposito della fede, nel predicare e insegnare il mistero di Cristo, vigilanza e fede da parte dei Vescovi sono sinonimi di amore pastorale. Le parole di Paolo a Timoteo riguardano ciascuno di noi: “Predica la parola, insisti a tempo e fuori tempo, riprendi, minaccia, esorta, sempre con pazienza e piena dottrina . . . Sii cauto in tutto e sopporta i mali, fa’ opera di evangelizzatore, compi bene il tuo ministero” (2 Tm 4, 2. 5).

Noi troviamo immensa consolazione e forza nel renderci conto che noi esercitiamo il nostro speciale servizio alla parola di Dio per mandato divino, con l’aiuto dello Spirito Santo e in virtù di un carisma sacramentale conferito.

5. L’esercizio fruttuoso del Magistero ci richiede di riflettere su vari aspetti del mistero della parola di Dio e la sua trasmissione nella Chiesa. Sappiamo che l’autentico Magistero della Chiesa è caratterizzato dall’unità. Non pretende di essere al di sopra della parola di Dio; piuttosto cerca umilmente di servire quella parola, col suo carisma specifico, esercitato nel nome di Cristo e per sua autorità. Come tale, il Magistero non ha parallelo nella Chiesa. Vi è un solo autentico Magistero ecclesiale, e appartiene ai Vescovi. Da parte dei singoli Vescovi, la comunione nel Magistero col Papa e con tutto il Collegio episcopale è di estrema importanza, poiché è la garanzia dell’autentica dottrina e della efficacia soprannaturale di ogni iniziativa pastorale.

Il carisma magisteriale dei Vescovi è unico nella sua responsabilità. Come tale esso deve essere esercitato personalmente e non dev’essere delegato. Per consacrazione episcopale il Vescovo ha una relazione unica con Gesù Cristo, il Maestro; per autorità di Cristo egli è in grado di insegnare con efficacia particolare. In modo unico egli è un segno vivente di Gesù Cristo, proclamando la parola di Dio con forza particolare.

I sacerdoti sono intimamente uniti al ministero sacramentale del Vescovo, e con il Vescovo, quali cooperatori dell’ordine episcopale, essi esercitano la loro responsabilità per la parola di Dio. Questa nostra relazione coi nostri sacerdoti nella parola di Dio ci dà un motivo particolare per nutrire un profondo amore pastorale e fraterno per loro, e anche un’opportunità per la loro partecipazione nel Vangelo.

6. Nello stesso tempo i Vescovi compiono il loro servizio pastorale nelle loro Chiese locali, dove l’intera comunità ecclesiale - sacerdoti, diaconi, religiosi e laici - collaborano con loro, secondo la costituzione della Chiesa, nel proclamare e vivere la parola di Dio. Il servizio sacramentale dei Vescovi alla parola di Dio è ordinato al bene dell’intera comunità dei fedeli.

I Vescovi guidano i fedeli alla comprensione della parola di Dio. La proclamazione stessa della parola di Dio da parte dei Vescovi ha il potere di condurre al consenso di fede. E dopo che questo consenso della fede è stato dato, i fedeli stessi contribuiscono alla ulteriore crescita della comprensione ecclesiale della parola di Dio (cf. Dei Verbum, 8), e, in questo senso, la fede si sviluppa in ogni successiva generazione della Chiesa. Ma, usando le parole di san Vincenzo di Lerins (Prima Istruzione, cap. 23), “deve essere veramente sviluppo della fede, non alterazione della fede . . . La comprensione di individui e dell’intera Chiesa dovrebbe allora compiere un grande e vigoroso progresso col passare delle epoche e dei secoli, ma solo lungo la sua linea di sviluppo, cioè, con la stessa dottrina, lo stesso significato e lo stesso senso”. Se comprendiamo lo sviluppo della dottrina in questo modo, noi sappiamo che l’insegnamento attuale o “corrente” della Chiesa non ammette uno sviluppo che sia o un’inversione o una contraddizione.

7. Nell’esercizio del loro carisma, i Vescovi compiono un grande servizio ai fedeli e li aiutano a compiere il loro ruolo di contribuire alta crescita della fede. A questo proposito vorrei ripetere ancora una volta ciò che dissi a Chicago a tutti i Vescovi degli Stati Uniti: “Nella comunità dei fedeli - che deve sempre mantenere l’unità cattolica con i Vescovi e la Sede Apostolica - vi sono grandi intuizioni di fede. Lo Spirito Santo agisce illuminando le menti dei fedeli con la sua verità e infiammando i loro cuori del suo amore. Ma queste intuizioni di fede e questo “sensum fidelium” non sono indipendenti dal Magistero della Chiesa che è strumento dello Spirito Santo stesso ed è da lui assistito. È soltanto quando i fedeli sono stati nutriti dalla parola di Dio, fedelmente trasmessa nella sua purezza e integrità, che i loro carismi sono pienamente operativi e fruttuosi. Se la parola di Dio è fedelmente proclamata alla comunità ed è accettata, essa produce frutti di giustizia e santità di vita in abbondanza. Ma il dinamismo della comunità nel comprendere e vivere la parola di Dio dipende dall’aver ricevuto intatto il “depositum fidei”; e proprio a questo proposito è stato dato alla Chiesa uno speciale carisma pastorale e apostolico. È l’unico e stesso Spirito di verità che governa i cuori dei fedeli e garantisce il Magistero dei pastori del gregge” (Giovanni Paolo II, Allocutio ad sacros Praesules Conferentiae Episcopalis Foederatarum Civitatum Americae Septentrionalis habita, 7, 5 ottobre 1979: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, II/2 [1979] 639).

8. In questa occasione desidero, come ho fatto durante la mia visita all’Università cattolica d’America, dire una speciale parola di apprezzamento per il ruolo dei teologi nella Chiesa, e in particolare per l’assistenza che essi danno ai Vescovi e il servizio che essi rendono alla fede. Dal momento che la teologia riceve il suo oggetto dalla fede, e dal momento che è vitalmente interessata al sacro deposito della rivelazione, vi sono molti elementi che sono in comune al ruolo dei Vescovi e a quello dei teologi. Sebbene in modi diversi, sia i Vescovi che i teologi sono chiamati a custodire la parola di Dio, a studiarla più profondamente, a spiegarla, a insegnarla, a difenderla. Sia i Vescovi che i teologi sono chiamati a vivere e lavorare e pregare per la stessa grande causa: “Affinché la parola del Signore si diffonda e sia tenuta in onore” (2 Ts 3, 1). I teologi sono particolarmente qualificati a studiare e spiegare le ragioni del Magistero dottrinale e morale della Chiesa. Mediante il loro studio e il loro sapere, e seguendo il loro specifico metodo, i teologi sono in grado di esplorare e illustrare i dati di fede e l’interpretazione che il Magistero dà di questi dati nella dottrina e nella morale.

Nel loro compito di insegnare la teologia, i teologi sono chiamati ad aprire sempre più il tesoro della fede e a infondere rispetto per il Magistero, che a sua volta garantisce l’interpretazione della parola di Dio. È questo rispetto per il Magistero che è davvero “un elemento costitutivo del metodo teologico” (cf. Paolo VI, Allocutio ad sacros Galliae Praesules Conferentiae Episcopalis regionis centralis et orientalis occasione visitationis “ad limina” coram admissos, 20 giugno 1977: Insegnamenti di Paolo VI, XV [1977] 623). Da parte loro i Vescovi sanno che l’esercizio del loro carisma sacramentale è legato alla lettura, lo studio, la consultazione e, soprattutto, alla preghiera. Ma rimane un carisma al servizio della fede di tutta la Chiesa.

Venerabili e cari fratelli, nell’invitarvi a riflettere con me sulla nostra configurazione a Gesù Cristo nel nostro ministero della parola, desidero con tutto il cuore confermarvi nella vostra profondissima identità di Vescovi della Chiesa di Dio. La parola di Dio è la nostra vita e il nostro ministero, la nostra gioia e la nostra forza, la nostra saggezza e la nostra speranza.

Ma, ancor più, è la salvezza del nostro popolo, il suo contatto vitale col Signore. La nostra proclamazione della parola di Dio è legata ad uno speciale potere sacramentale e il nostro insegnamento della parola di Dio è garantito dall’autorità di Cristo, il Maestro. Come ministri del Vangelo siamo davvero segni viventi di Gesù Cristo. Il Concilio ci assicura: “Nella persona dei Vescovi . . . è presente in mezzo ai credenti il Signore Gesù Cristo, Pontefice Sommo” (Lumen Gentium, 21).

E che Maria, la madre di Gesù, Verbo Incarnato, sia con noi nel nostro impegno di comunicare la parola del Vangelo del Figlio suo.

 

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