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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI AL V° COLLOQUIO
INTERNAZIONALE DI STUDI GIURIDICI

Sabato, 10 marzo 1984

 

Carissimi fratelli.

1. Questo incontro mi è assai gradito, perché mi offre l’opportunità di manifestarvi il mio compiacimento per aver scelto, come tema del vostro consueto Colloquio giuridico, un argomento tanto importante e attuale: “I diritti fondamentali della persona umana e la libertà religiosa”, e per aver unito alla trattazione del tema la commemorazione del XXV anniversario dell’elezione a Sommo Pontefice di Giovanni XXIII e del XX anniversario della sua enciclica Pacem in Terris.

La competenza e l’impegno di quanti hanno preso la parola al Colloquio sono garanzia di sicura serietà nei vostri lavori e di un positivo contributo all’approfondimento del tema.

Desidero rivolgere il mio ringraziamento e cordiale saluto a tutti: in modo speciale, agli illustri relatori; al rettore dell’università, monsignor Pietro Rossano, che ha accolto e incoraggiato l’iniziativa, ormai entrata nella vita normale dell’Istituto “Utriusque Iuris”; e a monsignor Franco Biffi che ha diretto i lavori.

2. Uno dei segni dei tempi, che maggiormente incide sulla convivenza umana e sul suo incessante evolversi, è la più matura consapevolezza, che in tutto il mondo gli uomini hanno acquisito della propria dignità di persone. Dignità che esistenzialmente è percepita come fatto di coscienza, e che, storicamente e culturalmente, si è espressa attraverso la progressiva individuazione e rivendicazione dei diritti umani, proclamati in solenni dichiarazioni internazionali e ormai inseriti negli ordinamenti degli Stati moderni.

È proprio nella dignità della persona, quale oggi è sempre più universalmente sentita e proclamata, che dev’essere individuato il punto di incontro di un dialogo proficuo, anzi necessario, fra la Chiesa e il mondo nell’epoca nostra, per la costruzione di un’autentica civiltà fondata sulla verità e sull’amore. Infatti, la voce della Chiesa, che fa eco a quella della coscienza umana, deve risuonare in mezzo ai diversi sistemi e alle condizioni socio-culturali più varie, per educare le persone e le collettività per formare l’opinione pubblica e orientare i responsabili dei popoli.

3. Teniamo presente poi che l’azione della Chiesa nel campo dei diritti umani vuole rimanere sempre al servizio dell’uomo; dell’uomo come lo concepisce nella sua visione antropologica. Essa, infatti, non ha bisogno di ricorrere a sistemi e a ideologie per amare, per tutelare la libertà dell’uomo e per collaborarvi. È al centro del Vangelo, del quale essa è custode e annunciatrice, che attinge l’ispirazione e i criteri per lavorare a far crescere la pace e la giustizia contro tutte le schiavitù, violenze, aggressioni all’uomo e ai suoi diritti. Non è quindi per opportunismo e per strumentalizzazione che la Chiesa “esperta in umanità” (cf. Pauli VI, Allocutio in Consilio Nationum Unitarum habita, die 5 oct. 1965 : Insegnamenti di Paolo VI, III [1965] 507ss.) si erge in difesa dei diritti umani. È per un impegno evangelico autentico, a cui resta fedele mantenendosi libera di fronte agli opposti sistemi e optando solo per l’uomo considerato nel suo essere integrale.

Il Signore Gesù ha enucleato nella parabola del Buon Samaritano il modello delle attenzioni per le necessità umane (cf. Lc 10, 29) e ha dichiarato che si identificherà con gli ultimi, ai quali si sia tesa la mano (cf. Mt 25, 31ss.). E la Chiesa ha imparato e impara da questa e da altre pagine del Vangelo (cf. Mc 6, 35-44) che la sua missione evangelizzatrice ha come parte indispensabile l’impegno per la giustizia e l’opera della promozione dell’uomo.

4. Quali criteri possiamo usare, nel mondo d’oggi, per vedere se i diritti di tutte le persone vengono tutelati? Quali fondamenti possiamo offrire come base su cui possano fiorire i diritti dell’uomo? Senza dubbio questa base è la dignità della persona umana. Il mio predecessore Giovanni XXIII lo spiegava nell’enciclica Pacem in Terris: “In una convivenza ordinata e feconda va posto come fondamento il principio che ogni essere umano è persona . . . quindi è soggetto di diritti e di doveri, che scaturiscono immediatamente e simultaneamente dalla sua stessa natura: diritti e doveri che sono perciò universali, inviolabili, inalienabili”.

È in questa dignità della persona che i diritti umani trovano la loro diretta sorgente. Ed è il rispetto per questa dignità che dà origine alla loro effettiva protezione. La persona umana, persino quando sbaglia, sia uomo che donna, mantiene sempre una dignità insita, che non perde mai (cf. Pacem in terris, 158).

Pertanto i credenti debbono creare le condizioni perché Dio possa parlare all’uomo per il tramite della Chiesa, al fine di contribuire più autenticamente alla conoscenza che tutti i diritti della persona derivano dalla sua dignità saldamente radicata in Dio.

5. Ora, fra i diritti dell’uomo si annovera giustamente il diritto alla libertà religiosa, anzi questo è il più fondamentale, perché la dignità di ogni persona ha la sua prima fonte nel suo rapporto essenziale con Dio creatore e padre, alla cui immagine e somiglianza è stata creata, perché dotata di intelligenza e di libertà.

Il diritto alla libertà religiosa è stato sempre - come certamente sarà emerso anche nel vostro colloquio - nella vita e nella storia della Chiesa fin dai primi tempi. Il Concilio Vaticano II ha ritenuto particolarmente necessaria l’elaborazione di una più ampia dichiarazione su questo tema, la ben nota Dignitatis humanae. In tale documento è stata espressa la concezione non solo teologica del problema, ma anche quella dal punto di vista del diritto naturale, cioè dalla posizione puramente umana, in base a quelle premesse dettate dall’esperienza stessa dell’uomo, dalla sua ragione e dal senso della sua dignità.

Certamente la limitazione della libertà religiosa delle persone e delle comunità non è soltanto una loro dolorosa esperienza, ma colpisce innanzitutto la dignità stessa dell’uomo, indipendentemente dalla religione professata o dalla concezione che esse hanno del mondo. Il sunnominato documento conciliare dice che cosa sia una tale limitazione e violazione della libertà religiosa sottolineando fortemente che l’uomo ha il diritto a vivere nella verità e nella libertà di aderire al significato ultimo della sua vita.

Tale diritto è un diritto umano e quindi universale: perché non deriva dall’onesto operare delle persone o dalla loro coscienza retta, ma dalle persone stesse, ossia dal loro essere esistenziale, il quale, nelle sue componenti costitutive, è sostanzialmente identico in tutte le persone. È, quindi, un diritto che esiste in ogni persona ed esiste sempre, anche nell’ipotesi che non venga esercitato o sia violato dagli stessi soggetti a cui inerisce. Infatti la violazione di un diritto non comporta la sua distruzione, ma fa emergere l’esigenza che venga ripristinato (cf. Dignitatis humanae, 2).

6. È però un diritto in funzione di un dovere. Anzi, come ha ribadito più volte il mio predecessore Paolo VI, è il più fondamentale dei diritti in funzione del primo dei doveri; qual è il dovere di muoversi verso Dio nella luce della verità con quel moto dell’animo che e amore: moto che si accende e si alimenta soltanto in quella luce (cf. Pauli VI, Evangelii Nuntiandi, 39). “Infatti il discepolo verso Cristo maestro è tenuto all’obbligo grave di conoscere la verità, da lui ricevuta, sempre meglio, di annunciarla fedelmente, di difenderla con vigore, escludendo mezzi contrari allo spirito evangelico. Nello stesso tempo però la carità di Cristo lo spinge a trattare con amore, con prudenza e pazienza gli uomini che sono nell’errore o nell’ignoranza circa la fede. Si devono quindi prendere in considerazione sia i doveri verso Cristo, il Verbo vivificante che deve essere predicato, sia i diritti della persona umana, sia la misura di grazia che Dio mediante Cristo dà all’uomo, invitato ad accettare e a professare la fede liberamente” (Dignitatis humanae, 14). È certo un errore imporre qualsiasi cosa alla coscienza dell’uomo, ma proporre a questa coscienza la verità evangelica e la salvezza in Cristo Gesù con piena chiarezza e nel rispetto assoluto delle libere scelte che essa farà, lungi dall’essere un attentato alla libertà religiosa, è un omaggio a questa libertà, alla quale è offerta la scelta di una via che gli stessi non credenti stimano nobile ed esaltante.

Questo modo rispettoso di proporre Cristo e il suo regno, oltre che un diritto è un dovere dell’evangelizzazione.

Di fronte a tanti umanesimi, spesso rinchiusi in una visione dell’uomo strettamente economica, biologica e psichica, la Chiesa ha il diritto e il dovere di proclamare la verità sull’uomo, ricevuta dal suo stesso Maestro, e di adoperarsi affinché Cristo, dono di Dio al mondo, trovi diritto di cittadinanza nella vita dei singoli, degli Stati, dei continenti, nella vita dell’umanità intera.

Cari fratelli, accogliete queste considerazioni come segno della mia profonda stima per voi e per la vostra importante opera. Il Signore vi sia di luce e di sostegno, confrontando il vostro sforzo con la gioia dell’approfondimento della verità che in lui ha la sua inesauribile sorgente. Accompagno questi voti con la mia benedizione, per voi e per la vostra attività di studiosi e di docenti.

 

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