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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AGLI ABATI E AI PRIORI CONVENTUALI
DELLA CONFEDERAZIONE BENEDETTINA

Sala Clementina - Giovedì, 27settembre 1984

 

Carissimi fratelli Benedettini.

1. Sono assai lieto di vedervi qui in quest’aula, di salutarvi nel Signore con tutta la mia affezione e di cogliere questa attesa occasione per consolidare il vostro animo nella sequela scrupolosa e ferma della Regola benedettina, nel rinnovamento dei criteri della vostra vita, nell’esame del significato delle vostre opere e istituzioni. So bene che partecipate al grande congresso della Confederazione benedettina presso il Cenobio di Sant’Anselmo sull’Aventino; so anche che, con tutto il vostro assenso e la vostra fervida approvazione, avete confermato per il prossimo quadriennio il reverendissimo abate Vittorio Dammertz nella carica di abate primate, al quale porgo le mie congratulazioni e insieme prometto preghiere per l’assolvimento più felice del suo compito e il più sereno governo della famiglia benedettina secondo le norme della Federazione. Siete dunque venuti qui questa mattina per poter “vedere Pietro” e forse anche ricevere da lui una parola fraterna, come ricordo del vostro congresso a Roma e di questo incontro con il Vicario di Cristo.

2. Non voglio trattenervi qui troppo a lungo né con troppe parole. Tuttavia il titolo del vostro Congresso suggerisce alcuni pensieri propriamente benedettini: “E voi chi dite che io sia?” (Mc 8, 29). Si tratta, come è evidente, di una conoscenza e di una familiarità con Cristo, innanzitutto, poi della testimonianza di Cristo tra gli uomini di oggi. Anche oggi Cristo chiede agli uomini chi pensano che egli sia o, ancor meglio, chi voi stessi pensate che egli sia. La vostra vita è la sequela di Cristo, voi seguite Cristo, poiché sapete chi egli è. E gli uomini verranno a voi per imparare, per sperimentare, per vedere chi è Gesù Cristo, dall’esempio della vostra vita, dai riti della vostra liturgia, dai frutti dei vostri studi. I vostri conventi sono il luogo dove voi per primi avete conosciuto Gesù di Nazaret, dove lo avete sempre con voi come ospite e compagno. Perciò i vostri conventi saranno anche il luogo dove altri uomini e donne della nostra epoca cercheranno i segni della presenza di Cristo, della fraternità di Cristo, della carità di Cristo, della santità di Cristo.

3. La vostra vita con Cristo si dovrebbe chiamare più propriamente la vita di Cristo con voi. Allora, davvero, quando sentite la difficoltà del cammino, vi sostiene la sua affermazione: “Coraggio, sono io, non temete!” (Mc 6, 50). Egli è il vostro compagno e la vostra guida: vostro cibo e bevanda, bastone e vincastro (Sal  23). Di questo vostro cammino quotidiano con Cristo parla il decreto conciliare Perfectae Caritatis (Perfectae Caritatis, n. 9): “I religiosi, fedeli alla loro professione, lasciando ogni cosa a causa di Cristo (cf. Mc 10, 28), seguono (cf. Mt 19, 21) lui come l’unico necessario (Lc 10, 42), ascoltando le sue parole (cf. Lc 10, 39), preoccupati di ciò che è suo (cf. 1 Cor 7, 32).

4. Voi Benedettini percorrete questo cammino con Cristo nella “scuola del servizio del Signore”, come si dice chiaramente nella regola di Benedetto (S. Benedicti, Regula, Prol. 45). Questa scuola rende perpetua la regola donata dallo Spirito Santo nell’ascolto delle parole del Maestro (Ibid., 1) che è Cristo. La “Lectio divina” vi offre un aiuto straordinariamente efficace per raggiungere “la perfezione della scienza del Signore Gesù Cristo” (Fil 3, 8) (Dei Verbum, 5). Nello stesso tempo, questa scuola è anche scuola di continua orazione, poiché nella celebrazione dell’“opera di Dio” si rinnova e viene esaudita contemporaneamente la domanda dei discepoli: “Signore, insegnaci a pregare” (Lc 11, 1). L’energia e la gioia di questo vostro cammino quotidiano con Cristo nascono nei vostri conventi dalla celebrazione in comune della stessa liturgia delle Ore e dell’Eucaristia. Il primato e l’obbligo quotidiano di tali celebrazioni vi devono indicare l’eredità di san Benedetto fedelmente custodita e immune da qualsiasi discussione o esperimento. In questo modo la vostra vita diventa sempre più una vera ricerca di Dio Padre (cf. S. Benedicti, Regola,  58, 7) e una partecipazione alla Pasqua del Signore che egli stesso celebra con voi.

5. Ecco che dunque vi riunite a congresso per meditare quale sia il metodo migliore perché le vostre case possano diventare luogo di comunità cristiana, fortezze - per così dire - di preghiera, e anche sedi di studi: secondo le vostre regole e i vostri statuti. I vostri conventi sono “piccole chiese monastiche”, secondo la celeberrima espressione del padre Benedetto: “[i monaci] si superino a vicenda, sappiano sopportare con estrema pazienza le loro infermità sia fisiche che morali; facciano gara nell’obbedienza; nessuno persegua il proprio vantaggio personale, ma metta al primo posto gli altri; esercitino una carità fraterna nella totale gratuità” (S. Benedicti, Regola, 72, 4-8). Cristo si fa presente tra di voi se vivete la vostra vita con tali virtù e percorrete questo cammino; e se saprete esercitare queste virtù tra di voi, mostrerete sia a tutta la Chiesa sia agli uomini che cercano Cristo che voi sapete chi è Cristo, e che cosa significhi il nome di cristiano. Mediante questi tesori del vostro cammino e queste ricchezze della vita spirituale, voi stessi comprenderete quale sia la persona e l’opera di Cristo, e sarete in grado di dare una risposta agli uomini: chi voi siete, perché seguite Cristo, come anch’essi nelle loro condizioni di vita possono oggi incontrare lo stesso Signore Gesù.

6. Ancora secondo l’insegnamento di san Benedetto, il monaco non conosce nulla che sia più degno di essere amato che Cristo (Ibid., 5, 2), quel Cristo che il monaco cerca, come suo operaio (Ibid., 14); il monaco a sua volta, mediante l’amore di Cristo, percorre la via regale dell’obbedienza e dell’umiltà, del silenzio e del servizio, del dolore e della gioia. Tutte queste dunque sono considerate giustamente le risposte date a quella suprema domanda: chi voi pensate e dite che sia Cristo, o fratelli Benedettini, abati dei conventi, partecipanti a questo congresso. Vi si apre una prospettiva chiarissima per il futuro; vi si apre anche un vastissimo campo di apostolato benedettino. Questa è la parte che a voi compete: conoscere tra di voi e dentro di voi lo stesso Signore Gesù e il suo ricchissimo mistero, poi porgere agli uomini un insegnamento costruttivo, a tutti gli uomini, che si presentano alla vostra casa, in chiesa, nelle vostre scuole. Mi congratulo assai con voi del titolo dato con tanta saggezza a questo vostro congresso. Mi congratulo con voi della vostra tradizione benedettina e della grandissima forza della vita benedettina in tutta la Chiesa.

7. Invoco da Dio ottimi frutti dalle vostre delibere e dai vostri dialoghi di questi giorni. Mi sarà anche gradito poter vedere ed esaminare le conclusioni finali del congresso e i vostri propositi. Intanto abbraccio con affetto e grande fraternità il reverendissimo abate primate, e ciascuno di voi. Sarò presente spiritualmente tra di voi nei prossimi giorni, pregando e auspicando l’esito migliore del vostro lavoro, per la futura prosperità della famiglia benedettina. Riflettete su queste mie semplici parole. Ricevete anche la mia benedizione e il mio saluto cordiale, come augurio della protezione divina e testimonianza della mia benevolenza verso voi tutti.

 

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