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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI ALL'ASSEMBLEA GENERALE
DELL'ISTITUTO DELLE FIGLIE DELLA CARITÀ DI SAN VINCENZO

Giovedì, 20 giugno 1985

 

Reverenda Madre,
Reverendo Padre,
Sorelle.

Questo incontro familiare procura a tutti noi una grande gioia ecclesiale. Sia benedetto Dio per il Capitolo che si è appena concluso e per le trentatremila Figlie della Carità di cui voi siete le delegate! Sia lodato Dio per i vostri fondatori tanto illustri, San Vincenzo de’ Paoli e Santa Luisa di Marillac! La Chiesa prova verso di voi, come verso tutte le congregazioni religiose, una sollecitudine piena di rispetto, di fiducia e di esigenze.

Desidero salutare innanzitutto la Reverenda Madre Anne Dauzan, eletta il 28 maggio scorso, e presentarle i miei fervidi auguri, accompagnati dalla preghiera, per la fecondità del mandato che ella ha accettato con uno spirito di fede vincenziano. Desidero anche ringraziare, a nome della Chiesa, Madre Lucia Rogé per il suo coraggioso servizio alla Chiesa e alla congregazione, sulle orme di tante responsabili generali molto meritevoli, come Madre Guillemin, di recente memoria.

Un Capitolo può avere vari argomenti, ma esso mira sempre a rinvigorire la linfa primigenia di un istituto religioso. In questa visita, che è un nuovo segno del vostro attaccamento esemplare - non temo di sottolinearlo - al successore di Pietro e alla Chiesa, voi aspettate dunque i miei incoraggiamenti. Potrei riassumerli in una frase lapidaria, un po’ alla maniera di San Vincenzo: “Contro venti e maree, custodite la vostra identità!”. Esporrò intanto alcuni pensieri, facendo riferimento al vostro fondatore. Esiste un ritratto della Figlia della Carità, da lui spesso tracciato al tempo dell’invio in missione di sette suore: “Siate tutte dedite a Dio per il servizio dei poveri . . .” (cf. P. Coste, CM, Écrits et Conférences de saint Vincent, tom. IX, 1925). Ogni termine ha la sua importanza. Alcuni commentatori hanno giustamente messo in rilievo la preposizione “per”. È proprio essa che finalizza la consacrazione e che consacra il servizio. Quest’ultimo, infatti, non è come un secondo tempo della consacrazione, è già presente nella consacrazione. Si potrebbe comprendere questa consacrazione facendo astrazione dal servizio ai poveri? E il servizio ai poveri non sarebbe falsato, se non snaturato, se lo si isolasse dalla consacrazione? Secondo ogni evidenza, la consacrazione è fondamentale nello spirito di San Vincenzo. È questa una delle ragioni, tra le altre, che lo spinse a proporne il rinnovamento annuale, alla data del 25 marzo.

Perché questa radicale donazione al Signore per la causa dei poveri e per i poveri conservi la sua freschezza e il suo slancio quotidiano, Vincenzo de’ Paoli, colpito dalle partenze del 1647, torna vigorosamente, il 31 maggio 1648, sul problema della preghiera: “È vero, sorelle mie, che una Figlia della Carità non può sussistere, se non fa orazione. È impossibile che ella perseveri. Resisterà qualche tempo, ma il mondo la porterà via. Troverà troppo duro il suo lavoro . . . diventerà fiacca . . . e infine smetterà” (cf. Ivi, p. 416). Il vostro santo fondatore osa aggiungere una verità diagnostica: “E come pensate, figlie mie, che tante abbiano perduto la vocazione? Oh! è che esse trascuravano la preghiera” (cf. P. Coste, Ecrits et Conférences de saint Vincent, tom. IX, p. 416). Anche se San Vincenzo ha tanto spesso detto che abbandonare la preghiera per il servizio è abbandonare Dio per Dio, resta certo che questo insegnamento non può essere usato per relativizzare l’importanza della preghiera. Sono lieto di sapere che, su questo piano, la congregazione sperimenta ora un rinnovamento della sua fedeltà alla preghiera.

Azione e preghiera, distinte e tuttavia molto unificate nel pensiero vincenziano, sono favorite da una vita comunitaria degna di questo nome. Da una ventina d’anni, gli istituti religiosi in generale hanno molto riflettuto e hanno attuato molte esperienze in questo campo della vita comunitaria. Sembra che il frazionamento eccessivo delle comunità - la loro “atomizzazione”, dicono alcuni osservatori - abbia ingenerato altre difficoltà. Infatti, meditando sul disegno di Dio sull’umanità, è evidente che non vi può essere compimento della persona umana se l’individuo non acconsente a uscire da se stesso per inserirsi in una famiglia, in una città, nella Chiesa. La vita comunitaria, elemento indissociabile della vita religiosa, vissuta quotidianamente e periodicamente riveduta, dovrà sempre apportare molto e apporta molto in realtà, ai suoi membri, grazie al concorso attivo e intelligente di ogni sorella, grazie al beneficio della complementarità nella diversità, grazie all’aiuto fraterno, che sono altrettante prove della dilezione nel Signore. Tale vita comunitaria è inoltre, come ricorda il IV capitolo della Lumen gentium, una manifestazione e un annuncio del mondo futuro, già in gestazione nella storia presente. Se la testimonianza individuale ha il suo valore, la comunità religiosa allarga singolarmente il campo della testimonianza evangelica, moltiplica la sua forza d’impatto. Il gruppo è più che la somma dei suoi membri. Il mondo contemporaneo ha grande bisogno della visibilità e della trasparenza spirituale delle comunità religiose.

Posso affidarvi ancora un augurio ecclesiale che San Vincenzo de’ Paoli avrebbe senza dubbio espresso nel corso del vostro recente Capitolo? Sorelle mie, fate l’impossibile per andare verso i più poveri! Essi sono così numerosi oggi! In nome della Chiesa, indico alla vostra attenzione, vale a dire alla carità di Dio che brucia nei vostri cuori, i rifugiati, i disoccupati, gli affamati, le vittime della droga e dell’emarginazione. Più voi sarete disponibili ai più sventurati, più voi proverete il bisogno di vivere voi stesse quella povertà materiale di cui parlava con ardore San Vincenzo de’ Paoli: “Voi avete diritto unicamente all’abito e al nutrimento, il resto appartiene ai poveri” (cf. P. Coste, Écrits et Conférences de saint Vincent, tom. X). Tutta la Chiesa ha bisogno di ricordare che, se l’evangelizzazione non può disdegnare i mezzi del tempo, gli evangelizzatori devono apparire come i discepoli di Cristo povero.

Andate, care sorelle, per il mondo intero! La Chiesa conta molto su di voi. Essa sa che la mobilità apostolica fa parte della vostra consacrazione. La Chiesa, in diverse maniere, vi comunica le ricchezze di Cristo per andare sempre più lontano in questo eminente servizio ai poveri. La Chiesa vi propone anche il suo insegnamento magisteriale per chiarire le situazioni socio-politiche e i problemi etici che tante Figlie della Carità si trovano ad affrontare nel loro amore ai poveri. Che le suore utilizzino al meglio tutte queste risorse!

Al termine del nostro incontro, volgiamoci insieme al Cristo redentore. Supplichiamolo di suscitare numerose vocazioni per la vostra congregazione. Tante giovani, turbate dalla miseria del mondo, potranno trovare posto tra di voi, investire tutti i loro talenti nel servizio ai più poveri e conoscere paradossalmente la felicità evangelica delle beatitudini! Supplichiamo così la Madre del Redentore, unica Madre della vostra congregazione, di accompagnare tutte le suore nella loro donazione al Signore e nelle loro relazioni con i poveri.

Con la mia affettuosa Benedizione Apostolica.



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