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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AD UN GRUPPO DI GIOVANI NEOCATECUMENALI

Cappella Sistina - Domenica, 31 marzo 1985

 

Voglio riassumere per voi le riflessioni che ho fatto durante questo incontro: riflessioni spontanee, immediate, ma aderenti. Abbiamo fatto un po’ di geografia e di statistica. Abbiamo girato il mondo: a cominciare dal Messico, tutta l’America Centrale, le Antille, l’America Latina; pensavo, anzi, che saremmo rimasti in questa area. Ma siamo usciti dall’America Latina e siamo andati in Oceania, in Australia, in Giappone, in Cina, a Taiwan. E non so perché non si sia andati anche in quel grande Paese che si trova tra la Cina e la Polonia. Poi siamo andati anche in diversi Paesi europei e ho sentito che anche l’Italia è abbastanza rappresentata, non solamente la Spagna. Un po’ meno la Polonia, ma vi sono seminaristi anche da questo Paese, grazie a Dio.

Mentre si faceva questa geografia e questa statistica, pensavo che dobbiamo sempre riferirci, anche con la statistica, alle cose spirituali, allo Spirito Santo: c’è una statistica che si conosce solo attraverso la sua persona e il suo misterioso operare nell’anima. Noi tutti siamo degli strumenti, anche strumenti sacramentali, sacri, di questo suo operare, ma ciò che è importante è l’operare. Lo strumento è sempre secondario, sebbene necessario. È necessario perché la Chiesa non è la Chiesa celeste, è la Chiesa terrestre, è la Chiesa degli uomini, e gli uomini sono chiamati a costituire la Chiesa. Ci vuole la chiamata, Cristo fece così: ha chiamato. Ha cominciato lui stesso a predicare, a evangelizzare, ma subito ha chiamato, fin dai primi giorni. Questo processo della vocazione, della chiamata, si deve ripetere. Anzi, questo processo della vocazione costituisce una certa prova dell’autenticità, della maturità della Chiesa: di quella in senso universale come di quella in senso particolare, locale. Ricordo i tempi della mia giovinezza e poi quelli durante i quali ero Vescovo di Cracovia, quando ogni parrocchia valutava se stessa a seconda delle vocazioni che aveva: vocazioni sacerdotali, religiose. Questo era un segno della vitalità, un segno della maturità della Chiesa.

Vengo sempre più a conoscenza del vostro cammino neocatecumenale e faccio questa conoscenza in circostanze diverse, sempre brevemente, ma da questi frammenti si compone un insieme. Vorrei quindi dire ciò che a me sembra essenziale. Voi ponete al centro della vostra spiritualità il sacramento del Battesimo. Che cosa vuol dire Battesimo? Vuol dire molte cose, ma tra queste che compongono tutta una grande teologia del sacro Battesimo ve n’è una: è la prima consacrazione della persona umana a Dio, in Gesù Cristo. Naturalmente vi sono tanti e tanti battezzati nel mondo che si rendono conto poco o per nulla di questo, che è la prima consacrazione. Se uno, allora, fa uno scrutinio profondo, uno scrutinio esistenziale, uno scrutinio veramente religioso del suo Battesimo deve, almeno una volta, trovarsi dinanzi a questa realtà: io sono una persona consacrata a Dio. In questa consacrazione, prima, principale e fondamentale, è più facile riscoprire anche la vocazione o sacerdotale o religiosa. Questo non vuol dire affatto minore apprezzamento del cristiano in genere, della vocazione cristiana come tale, della vocazione di tutti i laici: anzi, voi avete come vostra guida un laico. San Francesco d’Assisi non volle farsi sacerdote e accettò solamente l’ordinazione diaconale. Ogni vocazione cristiana naturalmente è segnata, marcata da questa consacrazione della persona, e dell’uomo e della donna, a Dio. Se si capisce questo, si può capire più facilmente quella vocazione in cui l’uomo, a partire dalla sua iniziativa guidata dalla grazia divina, si offre al servizio di Dio, di Cristo, della Chiesa; si dedica al servizio completo, totale, nella consacrazione sacerdotale e nella consacrazione religiosa: due consacrazioni un po’ diverse, ma molto convergenti. E questo è un frutto della meditazione, dell’approfondimento del mistero del Battesimo, quindi non mi meraviglio che nel vostro cammino vi siano vocazioni: è una conferma che il vostro cammino è autentico e corrisponde alla sua natura e alla sua denominazione. Ecco, questa è la cosa principale che volevo dirvi.

Ora una terza cosa, piuttosto legata alla circostanza. Ci troviamo nella Cappella Sistina, conosciuta soprattutto per le meravigliose pitture come il “Giudizio” di Michelangelo. Conosciuta anche da un fatto: qui, in questa Cappella, si fanno i conclavi e vengono eletti i Papi, i Vescovi di Roma. L’ultima volta, i cardinali - presenti in numero più elevato che non negli altri conclavi - hanno eletto un Papa sconosciuto, ma hanno eletto un Papa che ha riscoperto anche una vocazione itinerante. E così siamo itineranti. E questo è un altro aspetto del vostro cammino. La Chiesa apostolica era naturalmente itinerante e il più itinerante tra tutti gli apostoli era San Paolo, certamente. Ma anche oggi la Chiesa è itinerante, tutti sono itineranti, anche coloro che nella vita non cambiano mai nessun posto o nessun alloggio sono itineranti perché tutti siamo pellegrini e pellegrini vuol dire qualcosa di più di itineranti. Tutti siamo pellegrini nello Spirito Santo, pellegrini verso la casa del Padre. E Cristo ci guida per il tramite dello Spirito Santo.

Voglio aggiungere ancora questa osservazione: qui, in questa Cappella, si fanno molte preghiere, e intorno a questa Cappella, in tutto il mondo, si fanno molte preghiere quando arriva il momento della morte di un Papa e dell’elezione del suo successore. Desidero concludere questo incontro pregando insieme con voi lo Spirito Santo per le vocazioni, che sono tanto necessarie alla Chiesa. Anche noi facciamo una statistica riferita alla Chiesa universale e dobbiamo farla. Anzi, ieri, con monsignor Sostituto abbiamo parlato insieme con i rappresentanti dell’Ufficio statistico della Chiesa: la Chiesa di oggi deve fare grandi sforzi nella preghiera, nei contatti con lo Spirito Santo per mantenersi viva, per mantenere il numero delle vocazioni, perché questo numero, in alcuni Paesi del mondo, in alcune Chiese è minacciato, e in altre Chiese da tempo è insufficiente.

Concludiamo recitando un mistero del Rosario, un mistero dello Spirito Santo, il terzo mistero glorioso, perché qui, in questa Cappella, si deve recitare il mistero che si riferisce allo Spirito Santo. Per le vocazioni.

 

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