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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI
PELLEGRINI DELLA DIOCESI
DI SOVANA-PITIGLIANO-ORBETELLO

  Sabato, 4 maggio 1985

 

Carissimi fratelli di Sovana-Pitigliano-Orbetello!

1. Siete venuti numerosi per commemorare il nono centenario della morte del grande Pontefice San Gregorio VII, Ildebrando, che ebbe i natali nella vostra terra dell’antica Tuscia.

Sarei venuto volentieri in pellegrinaggio anche ai luoghi della sua nascita, come era anche vostro desiderio, se gli impegni me lo avessero consentito; ed ecco allora siete venuti voi, a Roma, per manifestare la vostra devozione al Papa Gregorio VII che è vostro vanto e onore, e per professare la vostra fedeltà alla Chiesa.

Vi ringrazio sentitamente per questa vostra visita, e porgo il mio cordiale saluto al Vescovo Monsignor Eugenio Binini, alle autorità che hanno voluto accompagnare il pellegrinaggio, ai Sacerdoti e ai Religiosi, e a tutti voi, cari fedeli, che rappresentate le tre Comunità ecclesiali di Sovana, Pitigliano e Orbetello. Insieme al benvenuto nella casa del Padre comune, da cui Gregorio VII diresse la Chiesa in tempi tanto difficili, vi esprimo anche il mio vivo compiacimento per le iniziative e le attività di studio e di preghiera, che sono state programmate in questo anno commemorativo per approfondire sempre più e sempre meglio la sua personalità e la sua opera, e che servono pure come preparazione alla prossima Visita Pastorale del Vescovo e al futuro Sinodo Diocesano del 1989.

La vostra presenza mi porta col pensiero agli eventi storici della vostra terra, alle sue ricchezze culturali, alle sue bellezze geografiche, fonte di ispirazione poetica e artistica, ma soprattutto alle sue ansie spirituali e al suo impegno per mantenere salde le tradizioni cristiane. La figura di Gregorio VII, che fu, secondo l’espressione di Papa Pio XII un “indomito atleta di Cristo” (cf. Pio XII, Discorsi e Radiomessaggi, 11 luglio 1954: XVI [1954] 73), vi stimoli e vi spinga a essere sempre più convinti della verità della fede che professate e sempre più intrepidi nel realizzarla nella vita quotidiana, superando difficoltà e ostacoli, senza compromessi e cedimenti.

2. Non è questo né il luogo né il momento opportuno per puntualizzare la figura di San Gregorio VII e il segno profondo che egli ha lasciato nella storia. Basti solo dire che egli visse e operò totalmente e unicamente per amore della Chiesa! Al di sopra di tutte le tragiche vicende nelle quali fu coinvolto, risplende meravigliosamente questo amore: per la Chiesa egli lavorò indefessamente, santificò se stesso, lottò, soffrì e morì infine in esilio, a Salerno! Già prima come monaco, e come segretario dei Papi, e poi come Pontefice, il suo unico anelito fu la libertà della Chiesa dal potere civile e il suo splendore morale in tutti i fedeli, e specialmente nei sacerdoti e nei vescovi. Note a tutti sono le celebri parole che scrisse prima di morire: “Dal giorno in cui per divina disposizione, la Chiesa madre collocò me del tutto indegno sul trono apostolico, e mentre, Dio ne è testimone, ero ben lontano dal pensare all’altezza del Supremo Pontificato, io con ogni energia ho procurato che la Santa Chiesa, Sposa di Dio, Signora e Madre nostra, tornasse ad essere, come per molti secoli fu, adorna del primitivo splendore, e sempre libera, casta e cattolica . . .”.

Il suo Pontificato si può definire un continuo Getsemani. Molte volte egli nelle lettere esprime sinceramente l’angoscia che lo opprime, sia per la potenza e la vastità del male, da cui si vede attorniato, sia per la gravità delle decisioni che deve prendere, assumendo pienamente le sue responsabilità: “E così avviene - scriveva in una lettera - che fra il dolore che si rinnova in me ogni giorno e la speranza che, ahimè, troppo si protrae, sbattuto da mille tempeste io, non so come, vivo morendo”. E tuttavia non si perse d’animo, difendendo i diritti della Chiesa e solo in Dio confidando. Morì in esilio, apparentemente sconfitto dalle potenze terrene; ma in realtà egli diede una svolta definitiva alla storia della Chiesa. Egli voleva che la Chiesa fosse libera, unita e soprattutto santa e per questa finalità Gregorio VII fu grandissimo nel giudicare, nel volere e nell’operare, accettando il peso della croce, avendo di mira unicamente la verità e la volontà di Dio.

3. Amare la Chiesa! Cari fedeli, è questo l’insegnamento e il monito che si deve ricavare dalla vita e dall’esempio di San Gregorio VII. Indubbiamente i tempi sono cambiati: ma rimane sempre attuale il bisogno e il dovere di amare la Chiesa, voluta e fondata da Cristo, come Maestra di verità e Madre della grazia.

Amate anche voi la Chiesa, prima di tutto sforzandovi di conoscerla rettamente nella sua natura e nella sua missione e richiamandovi perciò all’espressa volontà del divino Fondatore. Dai testi del Nuovo Testamento si ricava chiaramente che c’è una distinzione essenziale tra il semplice fedele cristiano battezzato e il sacerdote, ministro di Cristo; tra il sacerdote e il Vescovo che presiede alla Chiesa locale e ha il potere di consacrare i nuovi Presbiteri e i nuovi Episcopi; tra il Vescovo di ogni singola diocesi e il Vescovo che risiede in Roma, come successore di Pietro. Non è possibile la confusione, perché Gesù ha voluto chiarezza e certezza in ciò che riguarda le verità salvifiche. Tutti formano il “Popolo di Dio” e sono chiamati alla conoscenza della verità e alla santità; ma le distinzioni sono fondamentali, creano dei rapporti giuridici e definiscono la missione della Chiesa nell’insieme e nei singoli membri.

Amate la Chiesa cercando di conoscere anche la sua storia, per saper distinguere bene tra “dottrina” e “mezzi di grazia e di salvezza” e le vicende umane che la distinguono nei vari periodi dello sviluppo della società. Tale conoscenza è sempre più necessaria in questi nostri tempi, in cui l’aumento delle cognizioni e della cultura fa emergere continuamente problematiche e interrogativi, a cui bisogna dare risposta. La Chiesa, fatta di uomini, è incarnata nella storia e ne subisce perciò i contraccolpi e le insidie, e la Provvidenza, per raggiungere determinati fini, sempre nel rispetto della libertà degli uomini, passa necessariamente attraverso avvenimenti che talvolta sono sconcertanti, ma che poi risultano logici e positivi. La visione cristiana della storia stimola a confidare sempre più nella Provvidenza e a dedicarsi seriamente alla propria santificazione.

Infine, amate la Chiesa cercando di “essere” e di “sentirvi” Chiesa, ascoltando il suo magistero e accettando le sue direttive, per essere membra vive del corpo mistico di Cristo, partecipi del “regale sacerdozio”, pietre valide, anche se umili e nascoste, dell’edificio santo e santificatore. Nelle vostre parrocchie e diocesi, nei gruppi laicali qualificati, nelle varie attività comunitarie, riguardanti la Liturgia e la cultura religiosa, nell’esercizio della carità, portate fervorosamente il vostro contributo personale.

4. L’urna contenente le sacre spoglie di San Gregorio VII venne trasportata a Roma nel maggio 1961, per l’inaugurazione del tempio a lui dedicato, e nel mattino di mercoledì 31 il mio Predecessore Giovanni XXIII nella Basilica Vaticana venerava la salma del grande Pontefice, “figlio premuroso di Maria, apostolo della devozione mariana” (Giovanni XXIII, Discorsi, Messaggi, Colloqui, III, p. 313), esortando ad imitarne l’esempio. Ormai nel mese dedicato a Maria Santissima, desidero concludere invitando anch’io tutti voi a pregare e a imitare con affetto e fiducia la nostra Madre celeste, chiedendo ogni giorno la grazia di un amore sempre più vivo alla Chiesa.

Con questi voti di gran cuore vi imparto ora la Benedizione Apostolica, che estendo volentieri a tutti i fedeli delle care Diocesi da voi rappresentate.

 

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