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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI COLOMBIANI
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Martedì, 7 maggio 1985

 

Cari Fratelli nell’Episcopato.

1. L’intima gioia che ho provato nell’incontrarmi con ciascuno di voi separatamente, è ancora più piena in questo incontro comune. Con l’apostolo Paolo vi saluto augurandovi “grazia, misericordia e pace da parte di Dio Padre e di Cristo Gesù signore nostro” (1 Tm 1, 2).

Vi do il più cordiale benvenuto, cari pastori delle arcidiocesi di Bucaramanga e Manizales, delle diocesi di Cúcuta, La Dorada-Guaduas, Magangué, Ocaña, Palmira, Socorro e San Gil, Valledupar, Zipaquir e della prelatura di Tibú. In voi saluto di cuore i vostri sacerdoti, religiosi, religiose, gli altri agenti della pastorale e il popolo fedele che Dio vi ha affidato. Ringrazio innanzitutto per le parole che a vostro nome mi ha indirizzato monsignor Héctor Rueda Hernández, arcivescovo di Bucaramanga e presidente della Conferenza episcopale.

La testimonianza di comunione nella fede e nella carità col successore di Pietro, che desiderate dare con la vostra visita “ad limina”, diventa ancora più feconda in questa occasione in cui riflettiamo davanti al Signore sulla situazione delle vostre diocesi. E fin da ora vi esprimo la mia soddisfazione perché, nelle relazioni quinquennali che avete inviato e negli incontri personali, ho potuto apprezzare tanti risultati positivi della vostra azione pastorale così piena di abnegazione, così come i vostri progetti e le vostre speranze da realizzare nel futuro, le luci e le ombre del vostro lavoro di seminatori della buona semente del Vangelo, in una società che ha bisogno della grazia salvifica di Cristo.

2. E dato che “la Chiesa compie la funzione di santificare in modo peculiare attraverso la sacra liturgia” (Codex Iuris Canonici, can. 834), che viene offerta in nome della Chiesa attraverso le persone legittimamente designate (Ivi), mi ha profondamente rallegrato il vostro impegno di promuovere le vocazioni sacerdotali e religiose. Ciò mette in chiaro che siete ben coscienti di questo obiettivo primario della vostra responsabilità di pastori, alla cui cura è stata affidata una parte del popolo di Dio.

Con grande gioia e speranza ho potuto verificare che la crisi vocazionale viene ora superata nelle vostre Chiese locali e che i seminari e le case di formazione sono piene di giovani generosi disposti a rispondere al Signore che li chiama a consacrare la loro vita al servizio dei fratelli. È questo un motivo per rendere grazie a Dio che benedice col dono della vocazione queste anime scelte.

Senza dubbio questo fiorire delle vocazioni è frutto della preghiera umile, fiduciosa e perseverante. Per questo Cristo, dopo aver contemplato il vasto campo, l’abbondanza della messe e la scarsezza degli operai, ci ha comandato: “Pregate il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe” (Lc 10, 2). È così che le vostre Chiese diocesane hanno messo in pratica l’esortazione di Puebla di promuovere campagne di preghiere, coscienti che “la vocazione è la risposta di Dio provvidente alla comunità orante” (Puebla, 882).

3. Questa risposta è anche il frutto di una pastorale vocazionale rinnovata, dinamica, inserita nella pastorale nel suo insieme, che porta a convincere tutta la comunità cristiana del suo dovere in campo vocazionale: “Tutta la comunità deve procurare le sue vocazioni, come segno della sua vitalità e maturità” (Giovanni Paolo II, Allocutio ad III Coetum Generalem Episcoporum Americae Latinae habita, IV, 1, b, 28 gennaio 1979: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, II/1 [1979] 210).

Se la pastorale diocesana ha il dovuto orientamento vocazionale, si è ottenuta una meta importante e si è soddisfatta una condizione del mistero dell’incontro dell’uomo con Dio e della risposta alla sua chiamata. Infatti, non possiamo dimenticare che Cristo e la Chiesa ci chiamano al Padre, che ogni creatura deve servire e per il quale ogni uomo deve essere una risposta d’amore nell’economia della salvezza.

La vocazione autentica e vigorosa deve pertanto nascere e realizzarsi in funzione della vocazione della Chiesa, sacramento di salvezza. È logico che la pastorale vocazionale deve tenere molto in conto la realtà del mondo attuale e, contemporaneamente, quella della società nella quale svolgete il vostro lavoro apostolico: una società, rurale o urbana, in cui le tendenze materialiste ed edoniste vogliono imporsi ai valori dello spirito che danno l’autentica dimensione umana e trascendente della persona. I nobili ideali presentati ai giovani nella loro sequela di Cristo, perciò, si vedono spesso oscurati e frenati da tanti allettamenti ingannevoli che, in verità, mai potranno soddisfare l’ansia di bene più profondo dei cuori generosi. Ma proprio perché incontra tale opposizione, al giovane che vive in questo ambiente bisogna indicare con chiarezza il cammino, accompagnandolo e guidandolo.

4. È necessario, nello stesso tempo, che la pastorale vocazionale animi la formazione di ambienti di fraternità, la maturità umana, la vita spirituale, distinta da una solida preghiera, centrata sulla parola di Dio, fortificata dai sacramenti e concretizzata nel lavoro apostolico. A questo riguardo, particolare attenzione deve essere dedicata al lavoro apostolico con le famiglie, con la gioventù, nelle scuole e negli altri centri di insegnamento, da dove potranno sorgere anime desiderose di un maggiore impegno a servizio di Dio e del prossimo. Ma, innanzitutto, bisogna saper presentare al giovane e alla giovane, chiamandoli alla vita sacerdotale o religiosa, la bellezza e l’importanza di un possibile impegno nel mondo di oggi: quello di una vita che è, nella sua risposta, una vera sfida. Infatti, ad una società secolarizzata risponde con una profonda esperienza di Dio, rivelato in Cristo e per amore divenuto ispirazione al servizio ai più bisognosi. A una società egoista e consumista risponde con l’amore disinteressato e con la povertà volontaria, indicando cammini di austerità con i quali si possono superare tante difficoltà dell’ora presente. A una società talvolta manipolata risponde con l’obbedienza, come esercizio superiore della libertà, e alla società edonista risponde con la castità, che lungi dal decurtare la forza dell’amore le dà un respiro di universalità. A una società ideologizzata risponde col Vangelo, fatto norma di vita e con la voce della Chiesa, sua depositaria. A una società orfana e consumata dall’odio risponde con l’amore del Padre, dei fratelli, preferenzialmente dei più poveri, degli infermi e degli emarginati. A una società piena di angustie e senza orizzonti risponde con la sicurezza della speranza e con l’ampia prospettiva dell’umanesimo fondato nella fede.

Il mondo, l’America Latina hanno bisogno di una risposta a queste sfide. La Chiesa deve darla, soprattutto con le sue forze più vive.

5. La formazione spirituale, disciplinare e intellettuale dei candidati al sacerdozio e alla vita religiosa è, lo so, oggetto della maggiore attenzione da parte dell’episcopato colombiano. Il Concilio Vaticano II ha segnalato criteri e ha dato luminose direttive a questo riguardo.

Sulla formazione nei seminari desidero soltanto ricordarvi il documento della Congregazione per l’educazione cattolica “Su alcuni aspetti più urgenti della formazione spirituale nei seminari” (6 gennaio 1980). Secondo questo documento, l’educazione integrale in questi centri di formazione dovrà portare all’esperienza personale con il Signore, a formarsi solidamente in campo umano, scientifico e pastorale, per essere autentici “ministri di Cristo e dispensatori dei misteri di Dio” (1 Cor 4, 1). Per questo, già dal seminario, il candidato al sacerdozio deve sentire la cura personale e la vicinanza del suo pastore, instaurando con lui una relazione di amicizia che presto si consoliderà in vincoli fraterni tra il vescovo e il suo presbitero. È consolante verificare che l’apertura al dialogo, alla reciproca collaborazione e alla giusta corresponsabilità avvicinano sempre più il vescovo ai suoi sacerdoti e agli altri agenti della pastorale. Questo indica il Concilio Vaticano II nel decreto Christus Dominus (cf. Christus Dominus, 28).

6. Inoltre, il vostro comportamento con i sacerdoti sia dettato da vera amicizia e intimità, sostenendoli e confortandoli nei loro compiti pastorali e nella loro vita personale. Grazie alla vicinanza del vescovo, il sacerdote si sente animato a vivere con gioia e dedizione la sua vocazione di sequela a Cristo e di incondizionato amore alla Chiesa.

Nello stesso modo, mostrare in ogni momento spirito di collaborazione e sostegno ai religiosi e alle religiose che in modo così importante contribuiscono a diffondere e a consolidare il messaggio del Vangelo nelle vostre diocesi. Di essi il mio predecessore Paolo VI disse: “Li si incontra non di rado all’avanguardia della missione, affrontando i più grandi rischi per la loro santità e la propria persona” (Paolo VI, Evangelii nuntiandi, 69).

A questo proposito, mantiene la sua piena validità il documento emanato dalle Congregazioni per i vescovi e i religiosi e gli istituti secolari sulle mutue relazioni tra vescovi e sacerdoti.

7. Non potrei concludere questo incontro senza rivolgervi una chiamata all’universalità ecclesiale. Ricordo a questo proposito le parole del documento di Puebla: “È vero che abbiamo bisogno di missionari. Ma dobbiamo darne a partire dalla nostra povertà” (Puebla, 368).

Già prossimi al V Centenario della scoperta e della evangelizzazione del nuovo continente, faccio voti perché la Chiesa in Colombia, animata da spirito missionario, contribuisca con generosità al bene delle altre Chiese, donando la ricchezza spirituale che in cinque secoli si è maturata nella nobile anima latinoamericana. Vi auguro che con l’aiuto della grazia divina la vostra pastorale vocazionale si veda coronata dall’invio di evangelizzatori: sacerdoti, religiosi, religiose e laici, alle Chiese bisognose. È questo il sentimento universale che deve avere la vocazione in Colombia, in America e nel mondo, come coronamento del processo dinamico dell’evangelizzazione. Questo non impoverirà ma arricchirà le vostre Chiese.

Metto sotto la protezione di Maria, l’umile serva che ha risposto con prontezza generosa alla chiamata di Dio, la pastorale vocazionale delle vostre diocesi e di tutta la Colombia. Sia ella maestra, consigliera e madre dei vostri giovani, che, insieme a voi e ai vostri operatori della pastorale, benedico con affetto.

 

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