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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI ALLA RIUNIONE PLENARIA
DELLA CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO

Giovedì, 17 ottobre 1985

 

Cari Fratelli,
Membri della Congregazione per il Culto Divino.

1. La vostra riunione consacra il rinnovamento di questa Congregazione. In effetti, ridiventata distinta da quella incaricata della disciplina dei sacramenti il 5 aprile 1984, essa vi ha invitati a tenere la sua prima assemblea plenaria nella linea dell’importante colloquio dell’ottobre 1984 che riuniva i presidenti e i segretari delle Commissioni nazionali di liturgia. La vostra presente sessione ha luogo nella luce del XX anniversario del Concilio Vaticano II, di cui il culmine sarà il Sinodo straordinario del mese prossimo. Di tutti questi incontri fraterni che spingono ad un lavoro comune di rinnovamento, ispirati dallo Spirito Santo per il bene della Chiesa, cari amici, mi rallegro con voi e rendo grazie a Dio.

Non ho l’intenzione di aggiungere un grande discorso ai vostri personali studi su numerosi soggetti liturgici. Vorrei semplicemente attirare la vostra attenzione su due punti che si delineano nei vostri resoconti dei lavori e che affido alla vostra sollecitudine pastorale così come alla vostra preghiera.

2. Io penso innanzitutto all’importanza capitale di una solida formazione liturgica. Essa si impone a tutti i livelli, se vogliamo che le decisioni del Concilio siano fedelmente e intelligentemente applicate nella pratica quotidiana. La liturgia! Tutti parlano, scrivono, discutono di essa. La si legge, la si commenta, la si critica. Ma chi ne conosce veramente i principi e le norme di applicazione?

La costituzione Sacrosanctum Concilium descriveva la liturgia come “fonte” e “apice” della vita della Chiesa Sacrosanctum Concilium, 10): cosa si fa perché questa definizione sublime passi nella realtà? Certo, occorre essere giusti. Io so quanti sforzi si sviluppano da vent’anni in tutti i Paesi, in tutte le famiglie religiose, affinché il culto del popolo di Dio sia celebrato con una partecipazione veramente “piena, attiva e comunitaria”, secondo il voto del Concilio (Ivi, 21). Progressi evidenti sono stati compiuti su molti piani, tanto presso i pastori quanto presso i fedeli. Ma bisogna ben notare che, mescolati a questi progressi, si osservano talvolta spiacevoli errori, che devono essere corretti: per esempio uno stile troppo personale, omissioni o aggiunte illecite, riti inventati fuori dalle norme stabilite, attitudini che non favoriscono il senso del sacro, la bellezza, il raccoglimento. Queste debolezze le tratteremo tutte, devono essere riprese, poiché causano un ritardo e una deviazione molto dannose alla vita di preghiera nella Chiesa.

Ora, il primo compito è quello di assicurare una formazione solida ai pastori, che la comunicheranno ai fedeli. E questo a tutti i livelli e con tutti i mezzi: insegnamento nei collegi, nei seminari e negli istituti superiori di liturgia, azioni diverse dei centri nazionali, sessioni di pastorale liturgica, gruppi di studio, équipes liturgiche, riviste liturgiche. Vi chiedo dunque di incoraggiare e di promuovere efficacemente tutti questi organismi e queste iniziative al servizio di una liturgia meglio compresa e meglio applicata, in modo che le norme qui redatte con cura portino frutto nella Chiesa intera.

3. Un secondo punto importante nelle deliberazioni della vostra sessione plenaria - sul quale tutti i rapporti del colloquio dell’ottobre 1984 avevano insistito - è quello dell’adattamento della liturgia alle differenti culture. È sufficiente viaggiare nei diversi continenti per vedere l’urgenza del problema e la sua necessità.

L’adattamento delle lingue è stato rapido anche se talvolta difficile da realizzare. L’adattamento dei riti lo ha seguito, più delicato, ma ugualmente necessario. In effetti la maggior parte dei Paesi, soprattutto fuori dall’Europa, sono di fronte al difficile problema dell’inculturazione. Su questo piano, si fa un lavoro importante ma si deve essere attenti alla legittimità dei diversi adattamenti. Molti sono necessari o semplicemente utili. Certi sembrano tuttavia inutili o pericolosi, soprattutto se hanno l’impronta delle credenze di paese o superstiziose. Vale a dire che l’adattamento necessario deve innanzitutto salvaguardare l’unità sostanziale della liturgia romana, e dunque deve essere il frutto di un’alta competenza e di solidi studi in liturgia, teologia, diritto, storia, sociologia, nelle lingue delle differenti etnie. L’adattamento deve tener conto del fatto che, nella liturgia, soprattutto nella liturgia sacramentale, c’è una parte immutabile di cui la Chiesa è guardiana e una parte non immutabile che essa ha il potere - e talvolta anche il dovere - di adattare alle culture dei nuovi popoli evangelizzati (cf. Sacrosanctum Concilium, 21). In questo caso si richiede una seria formazione e un lavoro più lungo e più delicato quale il passaggio da una lingua all’altra (cf. Ivi, 23. 37. 38). I pastori e gli esperti devono impegnarsi a ciò assiduamente, in unità con i dicasteri romani.

In conclusione, affido tutto ciò al vostro zelo, alla vostra prudenza, alla vostra preghiera. Conosco la competenza di coloro che lavorano alla Congregazione di cui voi siete membri, e so che voi li aiuterete il meglio possibile portando loro i vostri consigli e il frutto della vostra esperienza. Dal mese di ottobre dell’anno scorso questo dicastero, con i suoi consulenti, aveva lavorato molto e la vostra assemblea plenaria ha potuto trarre dei soggetti importanti come l’adattamento della liturgia di cui noi parliamo, le assemblee domenicali in assenza di prete, il ruolo delle donne nella liturgia. Voi avete potuto anche portare un’attenzione speciale a certe forme di pietà del popolo di Dio: messe in onore della Vergine Maria, culto dei santi. Per tutto questo lavoro, che richiede una grande cura, siete ringraziati, rallegrati, incoraggiati.

Che Dio vi benedica, cari fratelli, voi che siete chiamati a servirlo in questo campo privilegiato del culto divino! Che la sua grazia ispiri il vostro lavoro nel corso di questa nuova tappa della riforma liturgica, “affinché la vostra azione trovi la sua fonte in lui e riceva in lui il suo compimento” (“Orazione delle Lodi Mattutine”, lunedì I “per annum”)!



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