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VISITA ALLA PARROCCHIA DEI SANTI ANGELI CUSTODI A MONTE SACRO

DISCORSO

DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 6 aprile 1986

 

Ai piccoli, ai ragazzi e ai genitori  

Saluto cordialmente tutti i bambini di questa parrocchia, ragazzi e ragazze, lupetti, coccinelle, tutti quelli che hanno collaborato all’accoglienza del Papa e che hanno parlato così bene. Saluto anche i vostri genitori, i vostri insegnanti, i catechisti e le suore, e naturalmente i sacerdoti e tutta questa giovane parrocchia.

Avete cantato all’inizio “la nostra festa non deve finire”, questo è molto giusto, specialmente quando si tratta delle feste di Pasqua, perché è una festa che dura otto giorni. Abbiamo incominciato con la veglia pasquale, la notte tra sabato e domenica, e oggi è l’ultima giornata di questa festa. La Chiesa protrae la festa di Pasqua per otto giorni, ma tutti questi giorni sono un solo giorno per il Signore risorto. Ma quando noi cantiamo “la nostra festa non deve finire”, è molto vero questo che noi cantiamo, perché la risurrezione del Signore non deve finire. È già arrivata una volta e continua. Il Signore è risorto, ma non solamente è risorto una volta. La Chiesa celebra Cristo risorto, lo celebra ogni giorno, ogni anno, lo celebra durante i secoli, e così la nostra festa, quella principale, quella della risurrezione non finisce. Anzi questa festa ci annuncia il futuro senza fine, ci annuncia la vita eterna.

È una cosa che non si misura con i giorni, con gli anni, ma con l’eternità di Dio: questa è la nostra festa. È vero che noi viviamo questa festa qui in terra, dove tutto passa, e anche le feste liturgiche passano, ma la vera festa, vuol dire la risurrezione del Signore, il mistero pasquale di Gesù, non passa, svetta verso l’eternità e ci porta verso questa felicità senza fine, ci porta verso la vita di Dio, alla partecipazione alla vita divina. Pensando a questo, avete cantato bene; è giusto: la nostra festa non deve finire. È infinita, come infinito è Dio.

Noi ci prepariamo per partecipare a questa festa che non finisce mai, alla festa del Signore risorto, alla festa dell’eternità di Dio, fin con il battesimo. La notte della vigilia pasquale si celebravano nella basilica di San Pietro molti battesimi dei nuovi cristiani adulti. Voi siete stati battezzati da piccoli, da neonati. Adesso vi preparate, sapendo già pregare, sapendo già le verità della fede, alla comunione, alla santa Eucaristia, e i più cresciuti si preparano alla Cresima. Questi sacramenti servono a crescere nella vita soprannaturale, nella vita divina, che non termina mai. Così noi, qui sulla terra, come uomini cominciando dall’età dei ragazzi e terminando con l’età degli anziani, portiamo in noi stessi, nei nostri cuori, nella nostra anima, già l’inizio della vita eterna e ci prepariamo a vivere questa vita eterna con la preghiera e soprattutto con i sacramenti. È molto vero tutto quello che avete qui cantato e presentato, anche con immagini; e io vi ringrazio di tutto questo.

Abbiamo vissuto un momento forte della nostra fede, che è sempre fede pasquale e vi ringrazio per questa bella introduzione alla visita alla vostra parrocchia dei Santi Angeli Custodi. Vorrei ancora raccomandare tutti voi, affidarvi tutti a questi angeli custodi: che vi siano sempre più vicini, specialmente ai più piccoli, agli anziani, a tutti. Ho abbracciato tutti quelli che sono venuti, per i bambini non basta la parola ci vuole un bacio, questa è la vera parola per i bambini. Vi benedica Dio onnipotente.  

Ai gruppi familiari  

È per me una grande gioia questa visita nella vostra parrocchia nella seconda domenica di Pasqua, in questa ottava. Dopo la celebrazione solenne davanti alla chiesa, sulla piazza piena di fedeli, una celebrazione veramente degna di questo giorno, di questa nostra comune gioia pasquale, ora vi incontro in questa bella chiesa, in questa chiesa degna, ma soprattutto in questa chiesa viva, costruita dalle pietre vive, fondata sulla pietra angolare che è Cristo stesso, come ci dice san Pietro nella sua prima lettera, che leggiamo nella Liturgia delle ore di questa prima settimana di Pasqua. Vi saluto di cuore e vi ringrazio per la vostra presenza, non solamente oggi in questa circostanza della visita del Papa, ma per la vostra presenza continua. Voi siete sempre in questa parrocchia e vi impegnate come cristiani per questa comunità dei santi Angeli Custodi e collaborate con i vostri sacerdoti. Il fatto di chiamarvi operatori pastorali vuol dire che la responsabilità pastorale dei vostri sacerdoti viene condivisa da voi, così come era condivisa agli inizi della Chiesa, nei tempi apostolici, da molte persone, come sappiamo dagli Atti degli apostoli e dalle lettere di san Paolo. Era condivisa questa responsabilità pastorale da diversi laici, da molte donne, da giovani, da anziani. Così è andata avanti molte generazioni ed è cresciuta la Chiesa e non può essere diversamente. Essa è una condizione essenziale e il Concilio Vaticano II ha molto sviluppato la teologia e la prassi dell’apostolato dei laici. Di questo è espressione e testimonianza la vostra presenza qui.

Devo poi esprimere la mia gratitudine per il fatto che questa parrocchia cerca di costruirsi, di essere una famiglia del popolo di Dio, anche in ogni famiglia: è molto prezioso tutto questo, la testimonianza delle famiglie che cercano di vivere lo spirito della famiglia cristiana, del sacramento del matrimonio, secondo quell’importante documento postsinodale che è la Familiaris Consortio. Devo dirvi che questo impegno per la famiglia è sempre stato per me, da giovane sacerdote e poi da vescovo, un impegno di prim’ordine, di primissima importanza. E venendo qui per essere, secondo la volontà di Dio, Vescovo di Roma, ho trovato fra i primi compiti da compiere, appunto, il Sinodo sulla famiglia. Da questo Sinodo è uscito il documento abbastanza sintetico Familiaris Consortio, che adesso serve alle famiglie cristiane in tutto il mondo, alle giovani coppie per capire questo grande mistero, questo sacramento come diceva san Paolo, che è la famiglia. Un grande sacramento nella Chiesa di Cristo, perché il nostro Redentore stesso, come vediamo nella lettera agli Efesini, secondo la tradizione dell’Antico Testamento, si mostra come sposo della Chiesa. Così questo sacramento è veramente inserito fin dall’inizio nella struttura voluta da Dio, nella Chiesa. La Chiesa forma la famiglia e viene da essa formata. Anzi la Chiesa lascia alla famiglia la sua propria caratteristica: fin dai tempi apostolici infatti la famiglia è chiamata Chiesa domestica, “ecclesiola”. Vi auguro dunque di cuore che questo insegnamento della Chiesa contemporanea contenuto nella Familiaris Consortio sia per voi strumento per trovare la pienezza di Dio, della vita cristiana nei matrimoni e nelle famiglie, nella vocazione dei suoi membri, nella vocazione dei genitori, degli educatori, che è una splendida vocazione. Ma si deve approfondirla e identificarla, si deve viverla in questo spirito che ci è offerto da Dio stesso e dalla Chiesa.

Vi ringrazio per questo incontro e vi auguro di continuare in questo spirito, fratelli e sorelle, nella vostra partecipazione alla pastorale di questa parrocchia, di questa porzione della Chiesa che è in Roma. Vi auguro una buona Pasqua, perché in questi giorni si vive ancora il tempo di Pasqua, nel porgervi la mia benedizione.  

Alle religiose  

Allora adesso già so bene cosa devo fare. Devo cantare di più. Con questi cantici mariani cercheremo di fare il nostro possibile, ma non penso mai di poter raggiungere la vostra collezione, perché voi siete persone privilegiate, siete donne! Come le tre donne che per prime si accorsero che Gesù era risorto. Allora erano tre, sono andate là, e si deve dire che non cantavano alleluia, ma avevano una grande paura, soprattutto erano consolate dal fatto che la pietra non si trovava più all’entrata del sepolcro. Il sepolcro era aperto, tutto va bene. Entriamo facilmente, entriamo dentro sì, ma cosa è dentro? Gesù non c’è. Ma ci sono gli altri che dicono: è risorto. Certamente che erano anche impaurite un po’ benché hanno subito preso coscienza che qualcosa meravigliosa era stata fatta, era stata compiuta e sono subito andate dagli apostoli, come sappiamo, ed erano donne privilegiate, dicendo: non c’è più nel sepolcro, è risorto, abbiamo visto, gli angeli ci hanno detto che è risorto. Gli apostoli niente! Ecco così sono gli uomini. Tutti, tutti, Pietro incluso!

Allora siete voi le privilegiate e lo si vede tante volte benché non manchino nel mondo le signore, le signorine, le donne che dicono: ma noi, noi siamo discriminate! Sì, anche questo può essere vero, ma nella storia della salvezza voi siete privilegiate, almeno se si prende queste tre che sono le prime per annunciare il mistero della risurrezione. Poi se si prende la Vergine! Saltiamo sopra tutto quello che esiste!

Allora adesso parlo alle privilegiate: voi siete privilegiate ancora di più per la vostra vocazione religiosa, per questa vocazione intima con cui il Signore ha parlato come sposo ai vostri cuori per chiamarvi a questa vita di consacrazione personale, vita che cresce dal mistero pasquale, cresce dal battesimo ed esso cresce dal mistero pasquale come tutta la vita cristiana. E questo certamente nella vita cristiana, questa vocazione, questo stato, vocazione alla vita religiosa, alla consacrazione religiosa è un privilegio. Sì, sappiamo bene che questi privilegi portano con sé anche le esigenze, anche le difficoltà, ma sono oggettivamente parlando i grandi privilegi. E questo si deve dire soprattutto nel periodo pasquale, quando vediamo un grande privilegio: il Signore ha dato alle donne, prima alle tre, poi a Maddalena, ha dato il privilegio di testimoniare per prime della sua risurrezione; così sono le prime annunciatrici della risurrezione di Cristo.

La prima testimonianza della risurrezione di Cristo viene da voi, e così è rimasto nella vita. Se si prende anche la vita della famiglia, chi fa il primo annuncio del regno di Dio ai bambini? Lo fa la mamma! E poi c’è un parallelismo tra questa vocazione familiare e la vostra vocazione religiosa. Voi fate lo stesso. Questo annunzio del mistero pasquale, voi lo portate tra tutti noi, tra il popolo di Dio. Voi poi portate ancora in una dimensione maggiore, più larga di quella di una mamma che lo fa al suo bambino, nella famiglia, nella chiesa domestica.

La vostra vocazione è per la Chiesa universale, è per la Chiesa diocesana. Certamente è anche radicata in una comunità determinata come in questa parrocchia? Ma anche nella Chiesa universale: oggi siete qui, domani andate in Zaire, in Colombia, in Giappone, dappertutto siete a casa, la vostra vocazione è per la Chiesa universale, come anche la vocazione dei vescovi, dei sacerdoti è così. Vi offro una mia congratulazione per questo vostro carisma, per i vostri diversi carismi. La Chiesa è piena di questi carismi, e questa parrocchia dei Santi Angeli Custodi ne ha molti. Mi congratulo allora con voi per i vostri carisma e per questa testimonianza di Cristo risorto che portate dentro questa comunità parrocchiale e con la prospettiva di tutta la Chiesa di Roma e poi di tutta la Chiesa universale dappertutto nel mondo e vi auguro di trovare la gioia pasquale nella vostra vocazione.

Se le prime tre donne non cantavano alleluia, non si sa, probabilmente no, voi dovete cantare alleluia mille o più di mille volte perché così esce, così emerge dalla vostra vocazione, dalla caratteristica del vostro privilegio e della vostra consacrazione e della vostra posizione nella Chiesa. Vi benedica Dio onnipotente!  

Con i lavoratori del quartiere  

Sono molto grato per queste parole del vostro collega e della vostra presenza. Ci incontriamo nel nome di quella esperienza del lavoro che anche a me ha dato un elemento della mia formazione umana molto valido e molto importante. Ci incontriamo poi come parrocchiani di questa parrocchia dei Santi Angeli Custodi e quindi come cristiani. Ci sono molti aspetti della condizione operaia e del lavoro umano: alcuni appartengono alla competenza delle organizzazioni, delle associazioni e dei sindacati e dei poteri civili, ma c’è anche un aspetto del lavoro che deve costituire un insieme con tutti questi altri. Questo aspetto si chiama fede, spiritualità. Possiamo dire anche che si chiama Vangelo del lavoro.

Io, scrivendo l’Enciclica Laborem Exercens, ho cercato di presentare tutto quello che costituisce l’esperienza del lavoro e i suoi problemi anche alla luce del Vangelo. Il Vangelo del lavoro è stato vissuto soprattutto dal Figlio di Dio Gesù Cristo accanto a san Giuseppe artigiano: e così questa esperienza di Cristo illumina l’esperienza del lavoro di ogni cristiano.

Io vi auguro di approfondire questa esperienza e di incontrarvi specialmente su di essa in questa parrocchia, per dare alla vostra vita lavorativa e alla vostra vita familiare quella dimensione cristiana con la quale molte cose si risolvono: anche quelle che sembrano civilmente e sindacalmente forse difficili. Si risolvono perché nel centro del lavoro, nel cuore del lavoro e di tutti i suoi problemi c’è sempre l’uomo. Se l’uomo trova la sua salvezza nel Vangelo, nella grazia di Cristo, allora anche i suoi problemi sociali e professionali si risolvono più facilmente. E soprattutto il suo lavoro acquista un senso profondo: è questa la cosa più importante. Molti soffrono non tanto a causa della mancata resa economica del lavoro, ma a causa della mancanza del senso del lavoro stesso, perché questo senso non riescono a vedere. Il Vangelo ce lo mostra, ci mostra la grandezza del lavoro umano, di qualsiasi lavoro, anche del più umile. È questa la mia risposta alle vostre parole e alla vostra presenza: una risposta che vuole essere anche un incoraggiamento a continuare in questa strada, ad essere un gruppo di cristiani impegnati nelle professioni, impiegati, operai, che vivono il proprio lavoro in modo evangelico. Il Signore benedica voi tutti e le vostre famiglie.  

Ai giovani  

Non parleremo di queste ricchezze che non avete, ma dovete dirmi da quando questa Parola cammina con voi! Da duemila anni. Ecco, perché è la Parola apostolica, evangelica, la Parola della testimonianza. Gesù ha detto agli apostoli, alla vigilia della sua morte e della sua risurrezione, che dovevano dare testimonianza a lui. Questa testimonianza, naturalmente, si fa con la parola, ma non solamente la parola parlata, anche con quella vissuta. Molte volte la parola vissuta parla più di una Parola parlata.

Non bastano le parole, bisogna “fare” le parole, così faceva Cristo e così ha fatto, definitivamente, con la sua croce e la sua risurrezione. Questa è la sua ultima Parola: la croce e la risurrezione. Questa Parola data agli apostoli con la Chiesa da duemila anni cammina anche con voi, perché voi siete entrati da anni, forse due, tre, dieci non so quanti, in quella viva tradizione apostolica costituita dalla Parola del Vangelo, della testimonianza apostolica, e la portate avanti a vostro modo. Questo modo si esprime in varie maniere. Può chiamarsi comunità di Sant’Egidio, o con altre denominazioni apostoliche, ma sempre si parla la Parola del Vangelo, la Parola della risurrezione e questa Parola cammina con voi, anzi direi questa Parola ci fa camminare perché è la Parola della salvezza che dà la vita.

Se ad uno, specialmente ai giovani, e sono tanti, manca questa Parola di vita, manca la Parola della risurrezione, essi non camminano. Forse hanno molte ricchezze, non come voi che non avete niente, ma non camminano, perché manca la parola che fa camminare. Allora io vorrei augurarvi, oggi in questo incontro pasquale, di camminare avanti, di continuare con questa Parola che vi fa camminare, anzi, direi, cercate altri, dite agli altri, ai giovani: ecco, noi sappiamo camminare, forse tu non sai camminare, forse non conosci come si cammina, cammina con noi! Alzati e cammina con noi così come hanno detto Cristo e gli apostoli. Anche voi lo potete dire, perché voi siete nella stessa tradizione, nella stessa linea degli apostoli, della Chiesa, e potete dire a tanti vostri coetanei: alzati e cammina con noi!

La Parola dà la vita! Vi auguro di portare questa parola sempre più dentro di voi, sempre più profondamente nel vostro cuore, nel vostro essere, e anche tanto forte da portare avanti e far camminare gli altri. Insieme rinnoviamo ora il nostro impegno cristiano.

 

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