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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DELLA REGIONE UMBRA
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Sabato, 19 aprile 1986

 

Carissimi fratelli nell’episcopato!

1. Sono sinceramente lieto di potermi incontrare con tutti voi, vescovi della Regione Umbra, che in questi giorni siete venuti a Roma in visita “ad limina”. Ho avuto la gioia di poter parlare e dialogare nelle private udienze con ciascuno di voi, e oggi, insieme, cerchiamo di fare quasi una sintesi delle prospettive e dei problemi che interessano in particolare la vostra sollecitudine di pastori delle Chiese particolari dell’Umbria.

Non posso non ricordare in questa circostanza le mie visite nella vostra Regione: il pellegrinaggio del 5 novembre 1978 ad Assisi alla tomba di san Francesco, patrono d’Italia, per chiedergli protezione e intercessione sul mio incipiente ministero pontificale; il pellegrinaggio del 23 marzo 1980 a Norcia, per il XV centenario della morte di san Benedetto; e poi, il 19 marzo 1981 a Terni e il 22 novembre nel medesimo anno a Collevalenza e Todi; e infine, il 12 marzo 1982, di nuovo ad Assisi per il mio incontro con tutto l’episcopato Italiano riunito in assemblea generale.

I ricordi di queste mie visite, gli incontri avuti con voi, con le autorità civili, con i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i giovani, i malati, i fedeli tutti, sono ancora vivi nella mia memoria e mi riportano la testimonianza della profonda e antica fede cristiana, che caratterizza le manifestazioni storiche, politiche, artistiche, culturali e sociali della vostra stupenda regione, che ha dato alla Chiesa e al mondo eccezionali figure di santi e sante, quali - per citare soltanto quelle più note - san Benedetto e santa Scolastica di Norcia e san Francesco, santa Chiara d’Assisi e santa Rita da Cascia.

2. Dai nostri incontri recenti e dalle vostre relazioni si nota al presente una certa ripresa della religiosità popolare: feste, tradizioni, devozione ai santi e soprattutto alla Madonna, pellegrinaggi ai numerosi Santuari della Regione. La pratica sacramentale è quasi unanime per quanto riguarda il Battesimo e la Cresima; elevatissima quella del matrimonio religioso; elevata quella dell’Eucaristia, mentre si avverte una minore consistenza per il sacramento della Riconciliazione.

Il popolo umbro sente fortemente i valori umani fondamentali, quali il rispetto degli altri, l’aiuto scambievole, il senso della giustizia, la cordialità, l’ospitalità. Voi stessi siete consapevoli, cari confratelli, che è necessario tuttavia sviluppare e approfondire una fede sempre più cosciente in Gesù Cristo e una più esigente coerenza al messaggio evangelico; perché, una religiosità fondata esclusivamente o principalmente su basi semplicemente “culturali” si trova esposta ai vari pericoli che provengono dai modelli di vita inficiati di consumismo e materialismo, che sono propagandati e diffusi da agenzie culturali e politiche, e in particolare dagli strumenti della comunicazione sociale. C’è pertanto il rischio - non solo astratto - che molti fedeli restino invischiati nella indifferenza religiosa o si adattino all’incoerenza in campo morale.

In questo contesto, voi avete sottolineato, con una certa preoccupazione, l’aumento delle separazioni legali, dei divorzi, degli aborti, della criminalità minorile, del triste fenomeno della tossicodipendenza specie fra i giovani. Vengono talvolta disattesi i doveri sociali, come testimoniano l’emarginazione degli anziani e la disoccupazione dei giovani, quest’ultima superiore in Umbria alla media nazionale. Da questo rapido quadro, risulta l’esigenza e l’urgenza di una rievangelizzazione del popolo di Dio, attraverso una continua, permanente, capillare catechesi, capace di coinvolgere non solo i bambini, ma anche gli adolescenti, i giovani, gli adulti. Dalle vostre conversazioni e relazioni ho notato con vivo compiacimento la diffusione di esperienze incoraggianti: la preparazione dei genitori e dei figli ai sacramenti dell’iniziazione cristiana, la preparazione dei fidanzati al matrimonio; gli itinerari di fede per gruppi di famiglie; periodi di catechesi intensiva; missioni popolari.

Desidero esprimere il mio apprezzamento e incoraggiamento per tali iniziative, che intendono sensibilizzare e responsabilizzare i fedeli, sia personalmente sia comunitariamente. Né vanno dimenticati quei movimenti, associazioni, aggregazioni che tendono a una seria e solida formazione cristiana, specialmente attraverso il contatto assiduo, il religioso ascolto, lo studio metodico della parola di Dio. Meritano plauso le scuole diocesane di formazione teologica, e soprattutto l’Istituto Teologico di Assisi, sorto per volontà della vostra Conferenza episcopale regionale e delle principali famiglie religiose: tali iniziative cercano di rispondere con competenza e impegno alle esigenze di tanti fedeli, desiderosi di ricevere una istruzione teologica scientificamente qualificata.

3. In questa circostanza rivolgo un pensiero affettuoso a tutto il clero dell’Umbria, il quale non solo nel passato, ma ancor oggi, mostra molto impegno nella vita spirituale, altrettanto zelo per le anime, ed è profondamente legato ai fedeli. Carissimi sacerdoti dell’Umbria, i vostri vescovi mi hanno parlato di voi con grande stima, rispetto e gratitudine. Gli stessi sentimenti vi esprimo io in questa occasione privilegiata del mio incontro con i vostri pastori. La mia vuole essere una parola di compiacimento e di incoraggiamento.

Talvolta i sacerdoti hanno bisogno di coraggio e di spirito di iniziativa; possono soffrire di un certo smarrimento; faticano ad essere attenti ai segni dei tempi, sentono il peso dei mutamenti. Occorre evitare nell’attività pastorale sia l’immobilismo tradizionalista, sia l’improvvisazione occasionale episodica, risvegliando in tutti la necessità e l’adesione a un impegno progettuale che abbia precisi obiettivi, metodi, programmi, verifiche; e questo non solo a livello parrocchiale, ma anche diocesano e regionale. Occorre abituarsi a collaborare e a condividere con altri la fatica pastorale; rimuovere la mentalità individualistica e particolaristica, che ostacola la piena collaborazione ai vari livelli enunciati; collaborazione tanto più urgente in un contesto così frammentario come quello umbro. Occorre portare avanti con pazienza, ma anche con lucidità, la riforma delle parrocchie, secondo i criteri del Direttorio pastorale per i vescovi “Ecclesiae Imago”, in modo che le Comunità parrocchiali abbiano una sufficiente consistenza numerica di fedeli, per esprimere una partecipazione viva e articolata alle varie attività della Chiesa.

La figura, il compito, il ministero del sacerdote richiamano il problema delle vocazioni: la diminuzione numerica e l’invecchiamento medio del clero diocesano, dei religiosi e delle religiose delle vostre diocesi destano una comprensibile preoccupazione. Un particolare studio e un’attenta azione devono essere rivolti alla pastorale vocazionale: è necessario intensificare la preghiera, perché le vocazioni sono anzitutto un dono di Dio; sensibilizzare i vari gruppi giovanili; interpellare personalmente coloro che presentano germi di vocazione. Non dubito che l’esempio di Benedetto da Norcia, di Francesco d’Assisi, di Scolastica e di Chiara, come pure quello di tanti zelanti sacerdoti, religiosi e religiose, che per secoli hanno illuminato e fecondato spiritualmente la terra umbra, spingerà tanti giovani e tante giovani a seguirli, impegnandosi ad essere nel mondo testimoni dell’infinito amore di Dio, riamato con cuore indiviso.

4. Il mio pensiero si rivolge anche ai fratelli del laicato dell’Umbria, uomini e donne che in numero sempre crescente chiedono di partecipare sempre più intensamente e pienamente alla vita della Chiesa, nella catechesi, nella liturgia, nel servizio della carità, nei consigli pastorali ed economici. Essi sono aperti e disponibili a dare il loro contributo di tempo, di energie, di dedizione, di entusiasmo perché il modello di parrocchia non sia soltanto luogo di servizio di culto e di incontri occasionali, ma sia soprattutto esperienza concreta nel nome di Cristo, con un dinamismo missionario e con forza di testimonianza evangelica.

Sarà cura di voi vescovi e dei sacerdoti far consolidare e sviluppare sempre più tale presenza responsabile dei laici all’interno della Chiesa, e stimolare anche una presenza cristiana più incisiva nella vita sociale, politica e culturale della Regione.

5. Un’attenzione particolare voglio rivolgere in questo nostro incontro alla testimonianza dei religiosi e delle religiose, che vivono e operano non solo in Umbria ma in tutta l’Italia. La vita religiosa costituisce infatti una grande “realtà ecclesiale”, che ogni vescovo, nella sua sollecitudine pastorale, deve promuovere, valorizzare e difendere. Il carisma della vita religiosa, e quello specifico dei singoli istituti, è un dono dello Spirito alla Chiesa per la sua vita e il suo ministero (cf. Lumen Gentium, 43). Nella vostra Regione, la cui storia e spiritualità sono state profondamente segnate dal movimento francescano, sono presenti 542 religiosi in 105 comunità, e 1.665 religiose in 215 comunità. Se poi consideriamo le statistiche per tutta l’Italia, abbiamo circa 27.000 religiosi e 141.000 religiose, di cui 10.000 contemplative.

Agli uni e alle altre reputo doveroso rivolgere il mio riconoscente saluto e i miei sentimenti di apprezzamento, anche a nome di tutta la Chiesa, perché essi, con una dedizione instancabile, svolgono un prezioso lavoro negli svariati campi dell’assistenza (ospedali, carceri, case per anziani, visite a domicilio), della scuola, dell’editoria, della formazione spirituale e culturale, in particolare nelle case di accoglienza, in quelle per studenti e per studentesse, nel campo dell’apostolato di massa, come le missioni popolari e la predicazione.

Ai fratelli e alle sorelle che hanno consacrato la loro vita al Signore, il Concilio Vaticano II ha dedicato un importante documento, il decreto Perfectae Caritatis; il mio predecessore Paolo VI il 29 giugno 1971 indirizzò l’esortazione apostolica Evangelica Testificatio; io stesso, in occasione dell’Anno giubilare della Redenzione, il 26 marzo 1984, ho rivolto l’esortazione apostolica Redemptionis Donum.

Dimensione fondamentale della vita religiosa è quella contemplativa, che si esprime “nell’ascolto e nella meditazione della parola di Dio; nella comunione della vita divina che ci viene trasmessa nei sacramenti e in modo speciale nell’Eucaristia; nella preghiera liturgica e personale; nel costante desiderio e ricerca di Dio e della sua volontà negli eventi e nelle persone; nella partecipazione cosciente alla sua missione salvifica; nel dono di sé agli altri per l’avvento del Regno. (Congr. Per i Religiosi e gli Istituti Secolari, La dimensione contemplativa della vita religiosa, I, 1)

Non descriveremo mai abbastanza gli incalcolabili benefici di carattere spirituale, e anche sociale, che il Paese ha ricevuto e continua a ricevere dalla presenza di religiosi e di religiose, che dalla fedeltà allo spirito e al carisma dei propri fondatori e fondatrici, alle loro intenzioni evangeliche, all’esempio della loro santità, hanno saputo attingere il dinamismo proprio delle loro famiglie religiose. Tale fedeltà è come la pietra di paragone dell’autenticità della vita religiosa: “Non dimentichiamolo - ha scritto Paolo VI -: ogni istituzione umana è insidiata dalla sclerosi e minacciata dal formalismo. La regolarità esteriore non basterebbe, di per se stessa, a garantire il valore di una vita e l’intima sua coerenza. Pertanto è necessario ravvivare incessantemente le forme esteriori con questo slancio interiore, senza il quale esse si trasformerebbero ben presto in un carico eccessivo” (Evangelica Testificatio, 12).

I pastori della Chiesa e tutta la comunità ecclesiale, ben consapevoli del particolare significato della vita religiosa e dei carismi propri di ciascun Istituto, avranno cura di aiutare i religiosi e le religiose, specialmente mediante la preghiera, a crescere nella vita interiore, nella pratica dei consigli evangelici e nella fraternità.

6. La dimensione contemplativa porta all’esigenza della “comunione”: comunione anzitutto con Dio, la quale si esprime nella meditazione continua, nell’orazione fervente, nella pratica sacramentale. Comunione con i confratelli e le consorelle della stessa casa e del medesimo Istituto, in una concreta e fattiva carità vicendevole e spirito di servizio; comunione con la Chiesa, la quale riconferma la sua grande fiducia in coloro che hanno scelto uno stato di vita che è un dono speciale di Dio.

È pertanto auspicabile che i religiosi e le religiose si aprano ancor più a una mentalità di Chiesa, inserendosi nelle comunità diocesane e parrocchiali, pur mantenendo la specificità e originalità del proprio carisma. Ricordo la raccomandazione contenuta nel documento emanato nel 1978 congiuntamente dalla Congregazione per i religiosi e gli Istituti secolari e da quella per i vescovi: “Si cerchi di suscitare tra il clero diocesano e le comunità dei religiosi rinnovati vincoli di fraternità e di collaborazione. Si dia perciò grande importanza a tutti quei mezzi, anche se semplici né propriamente formali, che giovino ad accrescere la mutua fiducia, la solidarietà apostolica e la fraterna concordia. Ciò servirà davvero non solo a irrobustire una genuina coscienza della Chiesa particolare, bensì anche a stimolare ognuno a rammentare il desiderio di cooperare, nonché ad amare la comunità umana ed ecclesiale, nella cui vita si trova inserito, quasi come patria della propria vocazione” (Mutuae Relationes, 37). Un sempre migliore inserimento della vita religiosa nella pastorale della Chiesa locale non sarà senza abbondanti frutti di bene. Da un rinnovato spirito missionario dei religiosi e delle religiose la Chiesa attende in particolare anche una vigorosa ripresa in alcuni settori della pastorale: nel mondo del lavoro, della gioventù, della scuola; l’attenzione agli emarginati e ai nuovi tipi di “povertà” contemporanea, e la pastorale degli strumenti della comunicazione sociale.

Carissimi fratelli nell’episcopato! A conclusione di questo nostro incontro, reputo doveroso rinnovare a ciascuno di voi i sentimenti della mia gratitudine per il vostro servizio ecclesiale che con tanta dedizione svolgete nelle diocesi della vostra Regione, e anche per il contributo di idee e suggerimenti che mi avete offerto, nelle udienze private e nelle relazioni presentate, per la conoscenza obiettiva dei problemi che dovete affrontare giorno per giorno.

Sul vostro ministero invoco da Cristo sommo ed eterno sacerdote, per intercessione di Maria santissima Madre della Chiesa, l’abbondanza dei favori e dei conforti celesti e vi imparto di cuore l’apostolica benedizione, che estendo ai sacerdoti, ai religiosi alle religiose e ai fedeli dell’Umbria.

 

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