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PELLEGRINAGGIO APOSTOLICO IN INDIA

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI RAPPRESENTANTI DI ALTRE RELIGIONI
NEL COLLEGIO SAN FRANCESCO SAVERIO

Calcutta (India) - Lunedì, 3 febbraio 1986

Cari amici,

Sono particolarmente lieto di avere l’opportunità di incontrare voi, eminenti rappresentanti della vita religiosa, culturale e sociale di questa città di Calcutta, del Bengala e dell’India.

1. In voi saluto la vitalità spirituale del Bengala e di tutta l’India.

In voi saluto la venerabile cultura di questo Paese. Voi siete gli eredi di più di tremila anni di intensa vita artistica, culturale e religiosa in questa regione. Qui lo spirito umano è stato nobilmente servito da una moltitudine di uomini e donne giustamente stimati per il loro sapere e la loro saggezza, per la loro sensibilità alle più profonde aspirazioni del cuore umano, per le loro preziose opere in campo artistico.

In voi riconosco con ammirazione non solo le conquiste del passato, ma anche quelle del Bengala e dell’India moderni.

Ho atteso questo incontro nello spirito del dialogo fraterno, con sentimenti di solidarietà con voi che siete impegnati in molte diverse forme di servizio ai vostri concittadini.

Desidero dire a voi quello che il Concilio Vaticano II ha dichiarato agli uomini ed alle donne di pensiero e di scienza: “Felici sono coloro che, possedendo la verità, la continuano a cercare, per rinnovarla, per approfondirla, per darla agli altri. Felici coloro che, non avendola trovata, marciano verso essa con cuore sincero: che essi cerchino la luce futura con i lumi di oggi, fino alla pienezza della luce” (Patrum Conciliarium Nuntii quibusdam hominum ordinibus dati exeunte tempore Oecumenicae Synodi: “Ad homines litterarum et scientiarum cultores”, die 8 dec. 1965).

Questa sia la nostra speranza e preghiera comune!

2. Questo pomeriggio ho visitato il Nirmal Hriday, la “Casa dei moribondi” a Kalighat.

In ciascun paese del mondo, in ogni città e villaggio, in ogni famiglia, addirittura in ogni vita umana, ci troviamo di fronte all’onnipresente realtà della sofferenza umana. Il “libro non scritto” della storia dell’umanità parla costantemente del tema della sofferenza (cf. Ioannis Pauli PP. II Salvifici Doloris, 7).

Individui e gruppi ed intere popolazioni soffrono quando vedono qualcosa di buono cui “dovrebbero” aver parte, ma che a loro sfugge. In determinati momenti questa sofferenza diventa particolarmente intensa. In certe situazioni storiche il peso del dolore portato dalla famiglia umana sembra crescere oltre ogni possibilità di sollievo.

In altra sede ho parlato riguardo al nostro mondo contemporaneo il quale “come non mai precedentemente è trasformato dal progresso per opera dell’uomo, e in pari tempo, come non mai è in pericolo a causa degli errori e delle colpe dell’uomo” (cf. Ioannis Pauli PP. II Salvifici Doloris, 7)

La sofferenza, con la paura e la frustrazione che l’accompagnano, diventa particolarmente drammatica ed acuta quando viene posta la domanda: perché?, e non si trova la risposta adeguata.

Io sono fermamente convinto che proprio come tutti gli esseri umani sono uniti nell’esperienza del dolore e della sofferenza, così anche tutti gli uomini e le donne di buona volontà che sono alla guida nel campo dell’impegno intellettuale ed artistico devono unirsi in una nuova solidarietà per rispondere alle sfide fondamentali dei nostri tempi. In questo senso voi siete investiti di una speciale responsabilità comune per quanto riguarda il benessere della vostra patria.

La nuova situazione nella quale i progressi della conoscenza e della tecnologia hanno posto la famiglia umana, richiedono una visione ed una saggezza pari al meglio di quanto l’umanità ha prodotto sotto la guida dei suoi santi e dei suoi saggi. Una nuova civiltà sta lottando per nascere: una civiltà di comprensione e rispetto per l’inalienabile dignità di ciascuna persona umana creata ad immagine di Dio; una civiltà di giustizia e pace in cui vi sia ampio spazio per le legittime differenze, ed in cui le dispute possano essere risolte mediante un dialogo illuminato e non tramite il conflitto.

3. A titolo speciale i leaders religiosi devono essere sensibili alle sofferenze ed ai bisogni dell’umanità. “Gli uomini delle varie religioni attendono la risposta agli oscuri enigmi della condizione umana che ieri come oggi turbano profondamente il cuore dell’uomo: la natura dell’uomo, il senso ed il fine della nostra vita, il bene ed il peccato, l’origine e la fine del dolore, la via per raggiungere la vera felicità . . .” (Nostra Aetate, 1).

Si apre qui un campo immenso di dialogo tra varie filosofie e tradizioni religiose in risposta a queste domande, e di mutua collaborazione alla ricerca di una risposta concreta alla sfida dello sviluppo e dell’assistenza, in particolare ai più poveri.

I santi ed i veri uomini e le vere donne di religione sono sempre stati mossi da una potente e attiva compassione per i poveri ed i sofferenti. Ai nostri giorni, allo stesso modo in cui cerchiamo di dare sollievo alle pene dei singoli e dei gruppi, la nostra coscienza religiosa e sociale si trova di fronte alla sfida posta dal problema inevitabilmente sollevato dalla crescente diseguaglianza tra le aree sviluppate e quelle che sono sempre più dipendenti, e dall’ingiustizia consistente nel fatto che molte delle risorse necessarie vengono incanalate nella produzione di terrificanti armi di morte e distruzione.

Le nostre convinzioni religiose, che ci insegnano il valore e la dignità di tutta la vita, ci spingono a impegnare le nostre energie ed i nostri sforzi di uomini e donne di buona volontà, in primo luogo nei riguardi dei poveri stessi, per contribuire a cambiare quegli atteggiamenti e quelle strutture che sono responsabili della povertà e della opprimente sofferenza creata dall’uomo. Tutto ciò richiede un enorme investimento di energia intellettuale e di immaginazione. E qui il vostro contributo alla causa della verità è di capitale importanza. Come intellettuali, pensatori, scrittori, scienziati, artisti, dovete essere sempre impegnati a far sprigionare nel mondo la potenza della verità al servizio all’umanità. E sono sicuro che condividete una convinzione espressa una volta da Paolo di Tarso: “Non abbiamo infatti alcun potere contro la verità, ma per la verità” (2 Cor 13, 8).

Ciò infatti è un’eco di quanto è detto negli antichi Upanishad e considerato come il motto stesso della vostra riverita nazione: “Solo la verità trionfa - Sat-yam èva jayate” (Mundaka Upanishad, 3, 1, 6).

È una profonda intuizione religiosa che “il servizio reso agli uomini è servizio reso a Dio” - come espresso da Swami Vivekananda, una delle famose figure il cui nome è legato a questa città -, e che quando andiamo incontro ai nostri fratelli e sorelle con amore fraterno, riceviamo da loro più di quanto non abbiamo donato. Questa è un’intuizione che è anche profondamente indiana, come è testimoniato dai vostri testi sacri e dalla testimonianza di tanti uomini e donne religiosi.

Desidero riconfermare l’impegno della Chiesa cattolica per i processi di sviluppo che portano ad uno maggiore giustizia per tutti. Invito la comunità cattolica del Bengala e di tutta l’India a operare generosamente per arrivare a questo risultato, ed esprimo la speranza che seguaci di tutte le convinzioni religiose si uniscano nella costruzione di una nuova civiltà della pace e dell’amore.

4. Rivolgendomi a voi, uomini e donne del mondo accademico, rappresentanti del mondo dell’arte e della scienza, capi religiosi, non posso che sottolineare la stima della Chiesa cattolica per i molteplici aspetti della vita culturale che rappresentate. La Chiesa si rallegra di fronte alla ricchezza creativa che ha caratterizzato la cultura dell’India nel corso della sua storia millenaria. In questo periodo essa ha conservato una meravigliosa continuità ed una penetrante unità nel contesto di una grande varietà di manifestazioni. La sua vitalità e rilevanza derivano dal fatto che essa ha formato molti saggi e mistici di elevata santità, poeti ed artisti, filosofi e statisti di grande valore. Sì, la Chiesa guarda con ammirazione al vostro contributo all’umanità e così si sente vicina a voi in tante espressioni della vostra etica e del vostro ascetismo. Essa dimostra il suo profondo rispetto per la visione spirituale dell’uomo che si esprime, secolo dopo secolo, attraverso la vostra cultura e nell’educazione che la trasmette. Ed essa si compiace del fatto che, fin dal suo inizio, il cristianesimo abbia trovato nel suolo e del cuore dell’India il luogo in cui incarnarsi.

Sì, la cultura è l’incarnazione delle esperienze spirituali e dei desideri di un popolo. Essa affina e mette in luce le qualità spirituali ed innate di ciascun gruppo umano. Essa crea i costumi e le istituzioni che cercano di rendere la vita sociale più umana e maggiormente volta al bene comune. Essa dà espressione concreta alla verità, alla bontà ed alla bellezza in una moltitudine di forme artistiche (cf. Gaudium et Spes, 53 ss.).

A questo punto è opportuno far riferimento in particolare alla ricca eredità culturale del Bengala e della città di Calcutta, che hanno avuto il vantaggio di una grande varietà di comunità etniche, ciascuna recante il proprio specifico contributo alla cultura generale.

Nonostante un susseguirsi di esperienze traumatiche dovute a catastrofi naturali ed avvenimenti politici, il Bengala è rinomato per la vitalità della sua vita artistica e culturale. Nel canto, nella poesia, nell’arte drammatica, nella danza e nelle arti grafiche questa cultura esprime i valori originali presenti nella vita del popolo. Si tratta di una cultura profondamente radicata nella terra di questa regione. Si avverte una calda ospitalità, l’apertura al prossimo e la forza della vita familiare.

Sullo sfondo di grandi sofferenze e problemi sociali, tutto ciò ci aiuta a credere nella forza della speranza e nel trionfo, sotto la guida di Dio, dello spirito umano.

5. Preparandomi per questa visita, son venuto a sapere che il Bengala è stato un pioniere nell’introdurre l’istruzione moderna su larga scala. Questo non significa che voi non abbiate, oggi, a confrontarvi con seri problemi nel campo dell’istruzione e della cultura. È proprio affrontando questi problemi con coraggio e spirito d’iniziativa che date prova dell’integrità della vostra guida spirituale ed intellettuale.

Sono lieto di sapere che le Chiese cristiane hanno contribuito allo sviluppo culturale del Bengala attraverso le loro istituzioni educative.

Desidero incoraggiare gli educatori cattolici di tutta l’India a fare delle loro scuole e dei loro centri di istruzione superiore strumenti sempre migliori al servizio della giustizia, dello sviluppo e dell’armonia nella vita sociale, tali da ispirare una sempre crescente coscienza della vocazione al servizio del bene integrale della gente, in particolare dei giovani e dei poveri.

Queste istituzioni, per poter portare a termine il loro compito in maniera completa, sono chiamate ad una duplice fedeltà. Fedeltà, in primo luogo, al Messaggio del Vangelo di fraternità e solidarietà universale sotto l’amorevole provvidenza del nostro Padre celeste, e fedeltà a quanto vi è di meglio e più prezioso nella cultura indiana.

I cristiani in India sanno che la loro vocazione non consiste solo nel dare, ma anche nel ricevere. Il loro è un pellegrinaggio nel più profondo dello spirito umano, un pellegrinaggio che arricchisce la loro visione e la loro comprensione della verità religiosa e del Vangelo di Nostro Signore Gesù Cristo.

6. Miei cari amici: nella Chiesa cattolica troverete un partner disponibile al dialogo nella verità e al servizio reso all’uomo; troverete un alleato perseverante che vi incoraggerà a rendere il vostro insostituibile contributo all’umanità. I cattolici in ogni parte del mondo sono stati esortati dal Concilio Vaticano II affinché “per mezzo del dialogo e la collaborazione con i seguaci delle altre religioni, rendendo testimonianza alla fede e alla vita cristiana, riconoscano, conservino e facciano progredire i beni spirituali e morali e i valori socio-culturali che si trovano in essi” (Nostra Aetate, 2).

La Chiesa, cattolica a sua volta guarda a voi, uomini e donne del mondo della cultura, affinché difendiate e promuoviate il bene spirituale e morale del vostro popolo, nella causa comune della salvaguardia e promozione della dignità umana, della giustizia sociale, della pace e della libertà nel mondo.

Per concludere, vorrei innalzare a Dio questa preghiera significativa pronunciata da un grande figlio di questa stessa regione, Rabindranath Tagore: “Donaci forza per amare, amare pienamente, la nostra vita nelle sue gioie e dolori, nelle sue conquiste e perdite, nel suo flusso e riflusso. Dacci forza a sufficienza per vedere ed ascoltare il tuo universo e in esso lavorare con pieno vigore. Fa’ che viviamo appieno la vita che ci hai donato, fa’ che coraggiosamente prendiamo e coraggiosamente doniamo. Questa è la nostra preghiera a Te” (Rabindranath Tagore, Sadhana, Madras 1979, p. 113).

E possa l’Onnipotente Iddio aiutarci a costruire insieme una civiltà di armonia e d’amore per ogni essere umano!

 

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