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VISITA PASTORALE IN ROMAGNA

INCONTRO DI GIOVANNI PAOLO II
CON LE RELIGIOSE NELL
ABBAZIA «MADONNA DEL MONTE»

Cesena - Venerdì, 9 maggio 1986

 

Care sorelle.

1. Incontrare le religiose, durante i miei viaggi apostolici, è per me una gioia che si rinnova continuamente. Voi costituite una ricchezza preziosissima nella Chiesa: la vostra consacrazione è una testimonianza pubblica della grandezza di Dio; la vostra rinuncia volontaria e serena ai beni terreni per un servizio ai fratelli nella carità evangelica, conferma che non siete estranee alla città terrena, ma presenti ai fratelli con la carità di Cristo. (cf. Lumen Gentium, 46)

Sono lieto che questo incontro con voi, suore di Romagna, avvenga nella città di Cesena, che durante il XIX secolo fu particolarmente vicina alla cattedra di Pietro! Cesena, infatti, ha donato alla Chiesa i Papi Pio VI e Pio VII, che hanno fattivamente operato in un periodo storico carico di tensioni politiche e sociali: l’opera piena di saggezza, di prudenza e di sacrificio di questi due grandi pontefici ha salvato la Chiesa dai pericoli che la minacciavano. E nella seconda metà dello stesso secolo è la città di Imola che dona Pio IX, il cui nome è legato al dogma dell’Immacolata Concezione e al Concilio Vaticano I.

Ma dalla Romagna un contributo all’estensione del regno di Cristo è venuto non soltanto dai pontefici che hanno avuto i natali in questa terra, ma anche dalle monache che hanno popolato i monasteri, e da fondatori e fondatrici dei diversi istituti dediti alle opere di apostolato, che hanno saputo leggere i segni dei tempi, provvedendo con coraggio e competenza alle necessità dei loro fratelli in tutti i campi. Le religiose sono state presenti ovunque la loro opera fosse necessaria: educazione dei bambini e della gioventù, formazione professionale, accoglienza agli orfani, cura degli ammalati, degli anziani, degli handicappati, servizio sociale e apostolato parrocchiale, contribuendo così in maniera eloquente ed efficace alla crescita della carità verso Dio e verso il prossimo.

Vi saluto cordialmente e vi esprimo la mia viva riconoscenza e il mio incoraggiamento; col vostro prezioso servizio, care religiose di Romagna, voi contribuite grandemente all’edificazione della Chiesa e alla promozione umana in questa regione.

2. Non ignoro le reali difficoltà che incontrate; esse però non esistono solamente qui, lo sapete bene. La ricerca incessante del benessere, il diffuso materialismo, le condizioni sociali e ambientali, la diminuzione dell’istruzione religiosa e della stessa fede in molti dei nostri contemporanei, creano una situazione non certo favorevole alla percezione della testimonianza sostenuta dalla vita religiosa. Al contempo, la diminuzione sensibile delle vocazioni in questi ultimi decenni, con il conseguente invecchiamento della comunità, frappone un serio ostacolo alla realizzazione delle opere di apostolato finora portate avanti nei vostri istituti.

Questa è una prova vera e dolorosa, che vi fa soffrire tutte nel profondo; ma essa non deve portarvi allo scoraggiamento: accolta nella fede e nell’abbandono alla Provvidenza divina, sia al contrario per voi un’occasione di approfondimento spirituale. Non è la prima volta d’altronde, che nel corso della storia la vita religiosa incontra serie difficoltà. A più riprese è passata attraverso crisi analoghe, a volta ancora più difficili, e sempre ne è uscita più generosa e più viva, dopo aver approfondito e valorizzato la propria indole. Rammenta Paolo VI nell’esortazione apostolica Evangelica Testificatio: “La tradizione della Chiesa ci offre, fin dalle origini, questa testimonianza privilegiata di una ricerca costante di Dio, di un amore unico e indiviso per Cristo, di una dedizione assoluta alla crescita del suo Regno. Senza questo segno concreto, la carità che anima l’intera Chiesa rischierebbe di raffreddarsi, il paradosso salvifico del Vangelo di smussarsi, il “sale” della fede di diluirsi in un mondo in fase di secolarizzazione” (Evangelica Testificatio, 3).

3. Il primo vostro intimo sentimento nelle attuali circostanze sia dunque di umile fiducia in Colui che vi ha chiamate: non dubitate mai della vostra vocazione. Il Dio che vi ha invitate a lasciare tutto per suo amore è un Dio fedele: non verrà mai meno! Oggi come ieri, la vita consacrata conserva tutto il suo valore; rimanete salde nella vostra vocazione, nella certezza che essa è il mezzo più sicuro per compiere la volontà di Dio.

Adoperatevi con costanza e fervore ad essere ogni giorno testimoni sempre più autentiche del Vangelo, dando il primato alla vita spirituale. È un’esigenza che scaturisce direttamente dalla professione dei consigli evangelici; come persone consacrate, coltivate con cura lo spirito di preghiera: che le vostre case siano sempre centri di preghiera, di raccoglimento, di dialogo personale e comunitario con Colui che è e deve rimanere il vostro principale interlocutore durante tutta la giornata! Che la vostra vocazione apostolica scaturisca da questa contemplazione come dalla sua sorgente e da essa tragga la sua vitalità.

4. Fedeli discepole di Cristo, “il quale da ricco che era si è fatto povero per voi, perché diventaste ricchi per mezzo della sua povertà” (cf. 2 Cor 8, 9), vegliate poi con cura per praticare questa virtù, per vivere da povere di fatto e di spirito. In una società avida di benessere, che dà troppa importanza al denaro, che si lascia affascinare dal lusso, la povertà è un valore e una sfida: vivendo povere, individualmente e comunitariamente, diventerete libere di fronte alla tirannia della società dei consumi; questa povertà aprirà sempre di più il vostro cuore ad amare Dio e i vostri fratelli di un amore simile a quello di Gesù; essa abiliterà le vostre comunità a irradiarne il calore, oltre i loro stessi confini. Il distacco dai beni di questo mondo si porrà come interrogativo ai vostri contemporanei, manifestando loro sia la grandezza di Dio che vi ispira, sia la fede che vi anima.

5. Assieme all’approfondimento della vita spirituale e alla pratica della vera povertà, la vita fraterna è un elemento molto importante della vocazione religiosa. Parlando dei primi cristiani, la Sacra Scrittura pone in rilievo la carità fraterna che li univa, poiché mettevano i loro beni in comune e non avevano perciò che un cuore solo e un’anima sola, ricevendo ciascuno secondo le proprie necessità. Così la vostra vita fraterna deve essere un reciproco aiuto, che faciliti a ciascuna di voi la realizzazione della sua vocazione personale. La Chiesa e il mondo di oggi hanno assolutamente bisogno di queste comunità, nelle quali la condivisione e la comunione non siano solo parole, ma realtà vissute giorno dopo giorno, con umiltà. Coltivate con amore questa vita fraterna basata sull’attenzione verso gli altri e sulla sollecitudine nei loro confronti: partecipate gioiosamente agli incontri che costituiscono la trama della vostra vita quotidiana, sapendo sacrificare preferenze e gusti personali a favore delle vostre consorelle: questa unità tra di voi sarà una manifestazione della presenza di Cristo e aumenterà le vostre forze apostoliche.

6. Un pericolo che spesse volte tenta gli operai apostolici, e che a più riprese ho segnalato, è che essi, totalmente immersi nel lavoro del Signore, dimentichino il Signore del lavoro. La diminuzione delle vostre energie di azione opportunamente vi rammenta che le opere che vi sono state affidate non sono una proprietà personale vostra, né dei vostri istituti, ma devono contribuire esclusivamente all’estensione del regno di Dio. Ecco che per voi questa è un’occasione per considerarle maggiormente sul piano ecclesiale. Facendo vostre le parole di Giovanni Battista: “Egli deve crescere, e io invece diminuire” (Gv 3, 30), gioirete del bene realizzato da altre religiose o dai laici. Vi impegnerete a collaborare con tutti, anzitutto per una migliore reciproca conoscenza, poi per un’azione concertata che, se necessario, porti al raggruppamento di talune opere, sapendo in tal senso praticare il distacco indispensabile.

Ovunque si realizza una simile collaborazione accresce la fecondità apostolica e porta una testimonianza di comunione ecclesiale alla quale il mondo odierno è particolarmente sensibile. Questa collaborazione contribuirà ugualmente, non bisogna per nulla dubitarne, alla ripresa delle vocazioni religiose: i giovani del nostro tempo sono particolarmente attratti alla scoperta di comunità unite nella carità.

7. Il periodo pasquale ci invita più che mai alla serenità e alla fiducia. “La pace sia con voi”, “Non temete”: queste sono le prime parole che il Cristo risorto rivolge ai suoi discepoli.

In questo venerabile santuario, dedicato alla Madonna del Monte, vi ripeto con forza queste parole di incoraggiamento e di fiducia, chiedendo a Maria, madre e modello delle anime consacrate, di essere costantemente la vostra guida e il vostro sostegno per tutta la vita. E tutte, di cuore, vi benedico.

 

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