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VISITA PASTORALE A FIESOLE E FIRENZE

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AGLI AMMALATI E AI VOLONTARI

Firenze - Domenica, 19 ottobre 1986

 

Fratelli e sorelle,
carissimi ammalati,
cari volontari, impegnati nelle organizzazioni caritative e sociali della città.

1. Vi saluto tutti, uno per uno, con grande affetto nel segno dell’amore di Cristo, che ci ama senza limiti. Sono veramente lieto di trovarmi tra di voi oggi, qui a Firenze, sotto le volte di questa stupenda chiesa mariana della santissima Annunziata, resa più bella dal recinto armonioso della Piazza omonima, dove, a completare l’armonizzazione, s’allinea lo “Spedale degli Innocenti”.

Tale complesso di edifici, così caro al cuore dei fiorentini, e dove una lunga serie di sommi artisti hanno avuto modo di esprimere la grandezza del loro genio e la sincerità della loro fede in tutte le manifestazioni dell’arte, c’invita a elevarci dalla terra verso il Padre comune attraverso la catena della fraternità umana, legata all’esempio della Madre di Dio e degli uomini.

Questa fuga di archi che, facendo quadrato, sembrano darsi la mano sulle agili colonne, prima di prendere il volo verso l’alto, è il simbolo visibile della Firenze cristiana. Fin dai tempi antichi la Città del fiore, quest’anno capitale europea della cultura, è stata insieme città di Maria e centro di carità evangelica verso i più deboli e i più indifesi. Nel prendere atto di questa lunga e gloriosa storia del passato, noi dobbiamo trarre motivo di fiducia per l’avvenire, orientamento e sprone alla nostra attività.

2. Non è per caso che noi oggi siamo convenuti qui, in un luogo sacro dedicato al titolo di una Donna, che è stata oggetto di una eccezionale e divina comunicazione. Il nome stesso della chiesa richiama subito alla mente il capitolo del Vangelo di san Luca, là dove l’arcangelo Gabriele si presenta a nome di Dio alla giovane Vergine di Nazaret per darle l’annuncio che il Figlio di Dio è divenuto Figlio dell’uomo, perché il figlio dell’uomo diventi figlio di Dio. Maria, dopo avere accolto lo straordinario messaggio, si mette in cammino verso la cittadina di montagna per recarsi presso un’altra donna che viene a trovarsi nel bisogno.

In questa densa e sublime pagina evangelica, Maria si presenta agli uomini di ogni tempo quale primo e inarrivabile modello del volontariato e della misericordia. Con la prontezza del suo “Eccomi, sono la serva del Signore”, si offre liberamente a collaborare alla realizzazione del piano divino, rivolto alla salvezza degli uomini. Aperta al dinamismo dell’iniziativa di Dio, non rimane passiva, ma, sintonizzandosi col disegno salvifico, entra senza indugio in azione, e corre a dare il contributo della sua femminile e sollecita assistenza a una donna anziana divenuta madre oltre le leggi della natura. Avendo la chiara percezione che la “misericordia” di Dio si stende “su quelli che lo temono”, ella, in realtà, entra attivamente nella storia della Chiesa, si mette in cammino accanto agli uomini, divenuti suoi figli, per essere segno di questa divina misericordia. E così, materna ispiratrice di vocazioni e distributrice di grazie, si colloca alla testa di una schiera di volontari, che da duemila anni formano l’ininterrotta catena della solidarietà cristiana a servizio del prossimo.

3. Cari fratelli e sorelle, è con profonda soddisfazione che noi constatiamo un primato di carità evangelica qui, a Firenze, con l’iniziativa della Confraternita di Santa Maria della Misericordia, nata in età medievale col fine specifico di dare testimonianza di fede attiva e concreta, occupandosi dei fratelli in difficoltà: malati, appestati, fanciulle povere, orfani, vedove, carcerati, pellegrini. Pronti e generosi, i fiorentini furono larghi di aiuti, perché la nuova associazione potesse avere una degna sede e svilupparsi come istituzione cittadina. E mentre in altri centri analoghe confraternite non ebbero vita lunga, a Firenze la Misericordia è rimasta viva ed efficiente, ispirando fondazioni sorelle in Italia e nel mondo e rappresentando nella Chiesa una delle più grandi associazioni formative e sociali del volontariato.

Viene allora da chiedersi: quale fu e dovrà ancora essere il segreto di tale vitalità? Senza dubbio il fatto che Firenze, nella sua storia gloriosa e secolare, non ha mai scisso il binomio cultura e umanesimo cristiano. Quel tipo di cultura che, da una parte si eleva alle vette dell’arte, dall’altra sa calarsi verso l’abisso delle miserie dell’uomo, è senza dubbio umanesimo ispirato a Colui il quale, essendo nello splendore di Dio, dopo essere sceso al livello della nostra umanità, ha detto di ritenere fatto a se stesso quanto si fa, nel bene e nel male, al fratello. “Io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi” (Mt 25, 35-36). Gesù stesso elenca quelle che la pietà cristiana chiama opere di misericordia.

Una città che, scuola di geni, si piega con amore e sollecitudine sulle sofferenze degli ultimi e dei più abbandonati suoi figli, e a tale scopo mette in opera la ricchezza delle sue capacità creative per fondare istituzioni adatte, è il tipo di società di cui abbiamo bisogno anche e soprattutto nel nostro tempo, compromesso da troppe spinte cariche di odio, per dar vita, in maniera stabile e definitiva, alla società nuova dell’amore.

4. Una di queste più emblematiche istituzioni fu l’iniziativa a favore della categoria dei più piccoli e bisognosi, alloggiati in un edificio costruito appositamente, ancor oggi conosciuto con la denominazione, ricca di sapore toscano e cristiano, di “Spedale degli Innocenti”: i bambini abbandonati dai propri genitori, come dice il testo latino di fondazione, “contro i diritti di natura”.

Non fu il semplice brefotrofio per la tutela dell’infanzia derelitta, ma un insieme di reparti, che accoglievano comunità distinte di fanciulli e di fanciulle, locali per il personale e le varie esigenze educative fino all’addestramento artigiano, centro di sperimentazioni anticipatrici. Di fatto, si creò una singolarissima città dei ragazzi “ante litteram”, per decisione presa a larghissima maggioranza dal Consiglio del popolo della città di Firenze, come a significare l’impegno di tutta la comunità cittadina.

A progettare l’edificio e a rappresentare i momenti caratteristici della vita interna dell’istituzione, furono chiamati pittori e scultori famosi. Sicché lo “Spedale” divenne un complesso monumentale tra i più insigni della città. Il titolo ufficiale dell’insieme era “Santa Maria degli Innocenti”, con riferimento esplicito a Colei che dall’alto ha ricevuto la sublime consegna di una nuova esistenza umana. La Madre, infatti, è per natura custode della vita, in nome di quel Dio che, come afferma il libro della Sapienza, “non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Egli infatti ha creato tutto per l’esistenza” (Sap 1, 13-14)

5. Questo messaggio biblico richiama a riflettere anche sulla condizione degli esseri umani in via di formazione, destinati alla pienezza dello sviluppo, anzi a partecipare alla vita stessa di Dio, e che hanno bisogno quant’altri mai della solidarietà sociale per prevenire al loro fine naturale. Purtroppo noi assistiamo allo spettacolo frequente di una prassi volta a troncare con la violenza il cammino di tante piccole vite umane, ancora non nate. E il cristiano, educato alla scuola dell’annuncio dell’arcangelo a Maria, alla realtà di Cristo che è la Vita fatta vita umana, non può rimanere indifferente e inerte di fronte a una simile crescente tragedia.

Conforta la constatazione che non mancano uomini e gruppi impegnati a favore della vita nascente: come il Movimento per la vita, che ha avuto origine o almeno il suo decisivo impulso a Firenze, ispirato alla grande tradizione cristiana, umanistica e culturale della storia cittadina. A tutti costoro, a tutti i Centri di aiuto alla vita va il mio cordialissimo e forte incoraggiamento.

6. Non posso chiudere queste mie considerazioni senza aggiungere che, per l’esercizio della carità e dell’attività sociale, la solidarietà cristiana ha trovato sempre il suo naturale supporto nel volontariato, ossia in coloro che, al di là dell’impegno nel proprio dovere professionale, offrono il loro tempo libero, in maniera evangelicamente disinteressata, a favore del prossimo sofferente.

Ogni credente, che nella profondità del cuore ha meditato il senso delle parole di Cristo, non ha difficoltà a sentirsi interpellato in prima persona a venire incontro alle esigenze del fratello, si tratti di dolore fisico o di sofferenza morale e spirituale. Ad addolcire l’oceano del male umano l’iniziativa individuale è insostituibile per giungere alla persona del sofferente in quanto persona. Tuttavia le attività organizzative sono sempre utili e anzi necessarie là dove il bisogno esige larga cooperazione e uso di mezzi tecnici o finanziari superiori alle possibilità private, che rimangono non di rado limitate a un impegno occasionale (cf. Salvifici Doloris, 29).

Cari fratelli e sorelle, nel rivolgervi il mio saluto di commiato, vi esorto vivamente a ispirarvi al modello della santissima Annunziata. Voi, cari ammalati, non dimenticate che il dolore, insieme con il suo carico di sofferenza fisica e morale, nasconde una forza vitale che, se cristianamente offerta, contribuisce immensamente al bene e al rinnovamento del mondo. A voi, cari volontari delle diverse associazioni, auguro la prontezza e la generosità di Maria santissima per rendere visibile, agli uomini spesso distratti del mondo contemporaneo, l’amore di Dio che vuol dare a tutti la gioia della sua stessa vita.

Vi benedico tutti di cuore.

 

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