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DICHIARAZIONE COMUNE DI PAPA GIOVANNI PAOLO II
E DEL PATRIARCA ECUMENICO DIMITRIOS I

 

Noi, il Papa Giovanni Paolo II e il Patriarca ecumenico Dimitrios I, rendiamo grazie a Dio che ci ha permesso di incontrarci a pregare insieme e con i fedeli della Chiesa di Roma, venerabile per la memoria degli apostoli corifei Pietro e Paolo e per conservarci nella vita della Chiesa di Cristo e della sua missione nel mondo.

Il nostro incontro è segno della fraternità esistente tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa. Questa fraternità, che si è manifestata in numerose occasioni e sotto diverse forme, non cessa di crescere e di portare frutti per la gloria di Dio. Proviamo di nuovo la grazia di essere insieme come fratelli (cf. Sal 133). Rendendo grazie “al Padre della luce dal quale viene ogni buon regalo e ogni dono perfetto” (cf. Gc 1, 17), preghiamo e invitiamo tutti i fedeli della Chiesa cattolica e della Chiesa ortodossa a intercedere con noi presso Dio, che compie l’opera che ha iniziato in noi! Facendo nostre le parole di san Paolo, noi lo esortiamo: “rendete piena la mia gioia con l’unione dei vostri spiriti” (Fil 2, 2). Che il cuore di tutti si disponga costantemente a ricevere l’unità come un dono che il Signore ha fatto alla sua Chiesa!

Esprimiamo la nostra gioia e la nostra soddisfazione constatando i primi risultati e lo svolgimento positivo del dialogo teologico annunciato sin dal nostro incontro al Fanar il 30 novembre 1987. I documenti accettati dalla commissione mista costituiscono dei punti di riferimento importanti per la continuazione del dialogo. Infatti cercano di esprimere che la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa possono già professare insieme come fede comune il mistero della Chiesa e il legame tra la fede e i sacramenti. Poiché le nostre Chiese hanno ricevuto e celebrano gli stessi sacramenti, essi percepiscono meglio che quando l’unità della fede è assicurata, una certa diversità d’espressione, spesso complementare e di usi propri non sono loro d’ostacolo, ma arricchiscono la vita della Chiesa e la conoscenza, sempre imperfetta, del mistero rivelato (cf. 1 Cor 13, 12).

Davanti a questi primi risultati dello sforzo intrapreso in comune, nell’“obbedienza della fede” (Rm 1, 5), per ristabilire la piena comunione tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, ringraziamo e incoraggiamo i membri della commissione mista del dialogo teologico. Auspichiamo che i fedeli ne siano informati e possano anche rendere grazie a Dio, unirsi alla preghiera del Signore: “perché tutti siamo una cosa sola” (Gv 17, 21), restare vigilanti nell’intercessione e crescere insieme nella fede e nella speranza. Ci auguriamo anche che il progresso del dialogo faccia crescere cattolici e ortodossi nella migliore conoscenza reciproca e una più grande carità. Per la predicazione, la catechesi, la formazione teologica così orientate, il dialogo porterà tutti i suoi frutti nel popolo di Dio.

Noi preghiamo lo Spirito del Signore che nella Pentecoste ha manifestato l’unità nella diversità delle lingue, di “condurci nella verità tutta intera” (cf. Gv 16, 13) e di fare in modo che si trovino delle soluzioni alle difficoltà che impediscono ancora la piena comunione che si manifesterà nella celebrazione eucaristica.

Il nostro incontro ha luogo in questo anno del 12° centenario del secondo Concilio di Nicea che, preparato da una lunga collaborazione senza screzi tra la Chiesa di Roma e la Chiesa di Costantinopoli, ha fatto trionfare la fede ortodossa. Le Chiese di Oriente e d’Occidente, durante i secoli, hanno celebrato insieme i concili ecumenici che hanno proclamato e difeso “la fede trasmessa ai santi, una fede per tutti” (Gd 1, 3). “Chiamati a una sola speranza” (Ef 4, 4), attendiamo il giorno voluto da Dio nel quale sarà celebrata l’unità ritrovata nella fede e sarà stabilita la piena comunione da una celebrazione dell’Eucaristia del Signore.

Rinnoviamo davanti a Dio il nostro impegno comune di promuovere in tutti i modi possibili il dialogo di carità, seguendo l’esempio di Cristo che nutre la sua Chiesa e la circonda delle premure della sua carità (cf. Ef 5, 29). In questo spirito rifiutiamo ogni forma di proselitismo, ogni atteggiamento che sarebbe o potrebbe essere percepito come una mancanza di rispetto.

Questa carità creatrice ci porta a collaborare per la giustizia e la pace, sia a livello mondiale che a livello regionale e locale. Ci spinge a non limitare questa collaborazione, ma ad aprirla oltre ai cristiani, a tutti coloro che nelle altre religioni cercano Dio, la sua giustizia e la sua pace. Essa ci rende disponibili a collaborare insieme al bene dell’umanità con tutti gli uomini di buona volontà. Infatti la sua missione di Chiesa nei confronti del mondo che Cristo è venuto a salvare implica la difesa della dignità dell’uomo ovunque essa sia direttamente o indirettamente messa in questione in molteplici modi e tra l’altro dalla miseria che impedisce una vita decente; ovunque ciò ostacoli la vita delle coppie e delle famiglie, base di società; dalla limitazione della libertà delle persone e delle comunità di vivere e di professare la loro fede e di realizzarsi secondo la propria cultura; attraverso l’utilizzo e il commercio di esseri umani, in particolare dei giovani, per l’asservimento delle passioni degli altri o rendendoli schiavi della droga; con una ricerca del piacere che si libera di ogni ordine morale; con la paura che genera l’esistenza di mezzi che nuocciono gravemente l’integrità della creazione; con delle ideologie razziste che negano la fondamentale uguaglianza di tutti davanti a Dio, ideologie particolarmente inammissibili per dei cristiani che devono rivelare al mondo il volto di Cristo Salvatore e aiutarlo così a superare le sue contraddizioni, le sue tensioni, le sue angosce, perché essi credano che Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio perché tutti e tutte siano salvati da lui (cf. Gv 3, 16-17) e diventino in lui un solo corpo nel quale sono membra gli uni degli altri (cf. Rm 12, 5).

In questi momenti pieni di gioia nei quali facciamo l’esperienza di una profonda comunione spirituale che desideriamo condividere con i pastori e i fedeli sia dell’Oriente che dell’Occidente, eleviamo i nostri cuori verso colui che è il capo, Cristo. Da lui il corpo intero riceve concordia e coesione grazie a tutte le articolazioni che lo servono secondo un’attività divisa a misura di ciascuno. Così il corpo realizza la propria crescita. Così costituisce se stesso nell’amore (cf. Ef 4, 16).

Sia resa gloria a Dio per mezzo di Cristo nello Spirito Santo.

Dal Vaticano, 7 dicembre 1987.

 

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