Index   Back Top Print

[ IT  - PL ]

VIAGGIO APOSTOLICO IN POLONIA
(8-14 GIUGNO 1987)

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DELLA CONFERENZA
EPISCOPALE POLACCA

Varsavia - Domenica, 14 giugno 1987

 

1. Nell’ultimo giorno del Congresso Eucaristico in Polonia desidero rivolgermi a tutto l’Episcopato al Primate di Polonia, ai Cardinali, agli Arcivescovi e ai Vescovi con un vivo grazie. Prima di tutto insieme a voi rendo grazie a Cristo Eucaristia per queste giornate eucaristiche in terra patria.

Rendo grazie tramite il Cuore della Madre della Chiesa Regina della Polonia, Maria, e per l’intercessione dei nostri Santi Patroni. Ringrazio tutti coloro che hanno contribuito con la loro “piccola parte” all’opera del Congresso Eucaristico, una parte più o meno grande.

Che questa nuova semina nel suolo della Chiesa nella nostra Patria produca buoni frutti!

2. Saluto cordialmente nella nuova sede tutti i Membri della Conferenza dell’Episcopato Polacco. Conservo sempre la consapevolezza di essere stato chiamato, con i voti del Conclave, da questo “Gremium” quale Metropolita di Cracovia, per assumere il servizio nella sede romana di San Pietro.

Questo avvenne ormai quasi nove anni fa, e durante questo periodo la composizione dell’Episcopato Polacco ha subito sensibili cambiamenti. Raccomandiamo al Signore coloro che hanno lasciato il posto e, allo stesso tempo, ringraziamo lo Spirito Santo che chiama nuovi vescovi al servizio della Chiesa in terra polacca. Dal mio precedente viaggio in Patria nel 1983 sono ritornati a Cristo, Sommo Pastore e Sacerdote, per ricevere il premio, cinque Vescovi diocesani (Marian Rechowicz, Stefan Barela, Lec. Kaczmarek, Wilhelm Pluta, Jan Zareba). A tutti, come si sa, mi univano legami di amicizia e di collaborazione da molti anni, e con il Vescovo Wilhelm siamo stati chiamati alla pienezza del sacerdozio nello stesso giorno.

Sono ritornati al Signore cinque Vescovi ausiliari (Wincenty Urban, Wacluw Wyctsk, Tudeusz Etter, Stanislaw Sygnet, Jerzy Modzelewski). Sono stati nominati otto nuovi Ordinari nelle diocesi: cinque Vescovi diocesani e tre Amministratori Apostolici; inoltre sono stati eletti diciotto nuovi Vescovi ausiliari.

Attualmente l’Episcopato Polacco conta novantasette Vescovi, tra cui sessantasette ausiliari e due Vescovi emeriti, tutti chiamati al servizio del Popolo di Dio in terra polacca.

3. Non è facile questa terra polacca, la nostra Patria. Si può dire che nello spazio della sua storia millenaria essa non ha mai cessato di essere una terra sottoposta a molte prove, a sfide che, in alcuni periodi, le hanno portato grandezza e gloria; in altri momenti, invece, si è unita alle prove la sofferenza, anzi, una minaccia a volte persino mortale.

Si sa che per quasi centoventicinque anni non solo il nome della Polonia non risultava sulla carta politica dell’Europa, ma si tentò di sradicare la stessa identità polacca dai cuori e dalla lingua dei suoi figli e figlie. Le sfide da parte della storia si compiono per opera degli uomini; noi lo sappiamo bene. Contemporaneamente però, crediamo che, mediante ciò che fanno gli uomini, si realizza qualche “sfida” da parte della Provvidenza, che governa il mondo.

La Sacra Scrittura ci parla in diversi punti di come “si saggia l’oro nel crogiuolo” (Sap 3, 6). Simili a crogiuolo sono “le prove” attraverso le quali passano gli uomini e le società.

4. Il secolo ventesimo è divenuto anche nella storia della Chiesa e forse specialmente in terra polacca il tempo di una nuova sfida.

Dopo mille anni il cristianesimo in Polonia dovette accettare la sfida, che è contenuta nell’ideologia del marxismo dialettico, il quale qualifica ogni religione come un fattore alienante per l’uomo. Conosciamo questa sfida. lo stesso l’ho sperimentata qui, in questa terra. La Chiesa la sta sperimentando in diversi luoghi del globo terrestre.

Si tratta di una sfida molto profonda. Secondo l’antropologia materialista, la religione è considerata un fattore che priva l’uomo della pienezza della sua umanità. L’uomo stesso con la religione si priverebbe, da solo, della pienezza della umanità, rinunciando a ciò che è immanentemente ed integralmente “umano”, in favore di un Dio che secondo le ipotesi e le premesse del sistema materialista sarebbe solamente “un prodotto” dell’uomo.

Questa può essere una sfida distruttiva. Però, dopo anni di esperienze, non possiamo non constatare, che questa può essere stata anche una sfida che ha impegnato a fondo i cristiani per intraprendere degli sforzi, alla ricerca di nuove soluzioni. In questo senso diviene. in qualche modo, una sfida creativa: ne è un’eloquente testimonianza il Concilio Vaticano II. La Chiesa ha accettato la sfida; ha letto in essa uno dei provvidenziali “segni dei tempi”. e per mezzo di questo “segno”, con una nuova profondità e forza di convinzione, ha reso testimonianza alla verità su Dio, su Cristo e sull’uomo, contro tutti i “riduzionismi” di natura epistemologica o sistematica, contro ogni dialettica materialista.

Leggiamo nella Gaudium et Spes: “In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova la vera luce il mistero dell’uomo . . . Cristo . . . svela anche pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione” (Gaudium et Spes, n. 22).

Così dunque, l’uomo “questo sconosciuto”, come lo ha definito un naturalista contemporaneo (Alexis Carrel), è un mistero. Soprattutto è una persona, è il soggetto dei propri atti: il soggetto della morale, il soggetto della storia. Egli non è solo “il riflesso degli esistenti rapporti socio-economici”, e non solamente l’epifenomeno dell’economia. Anche in rapporto con questa egli e soggetto e creatore, a meno che non lo si voglia privare della propria soggettività ed iniziativa creatrice, in un campo così importante per la vita degli uomini, delle società, delle nazioni.

5. Le Autorità della Repubblica Popolare Polacca negli ultimi anni hanno avanzato la proposta di instaurare formali rapporti diplomatici con la Sede apostolica.

La Santa Sede, come è noto, mantiene tali rapporti con 116 stati in tutto il mondo, senza contare gli organismi internazionali. In molti casi tali rapporti sono stati allacciati da poco, p. es. nel continente africano. Vari sono gli Stati (p. es. musulmani), ove i cristiani costituiscono un’esigua minoranza tra i cittadini. È sintomatico il fatto, che alcuni Stati riprendano i rapporti diplomatici con la Sede apostolica mi riferisco per esempio ai Paesi scandinavi dopo quattro secoli dall’interruzione dei rapporti con Roma, avvenuta durante la riforma.

In ogni paese interessato, la Sede apostolica sente, prima di tutto, il parere dell’Episcopato locale. Dato che l’Episcopato Polacco si è pronunciato a questo proposito in senso favorevole, dobbiamo insieme renderci conto di alcune circostanze, che in questo caso devono essere prese in considerazione:

1) I rapporti tra la Sede apostolica e la Polonia hanno una lunga storia. Si tratta qui di una delle più antiche nunziature (come era solito dire il defunto Cardinal Wyszynski), una nunziatura cosiddetta di prima classe.

2) Questi rapporti hanno carattere internazionale, e non interstatale. Qui il soggetto non è lo Stato Vaticano, ma la Sede apostolica, cioè quell’insieme di servizi che il Vescovo di Roma svolge nei riguardi di tutte le Chiese locali. Si tratta dunque anche del consolidamento di un legame con l’Episcopato del paese con il quale tali rapporti vengono instaurati.

3) Nel caso di una società come quella polacca dove, come si sa, i cattolici costituiscono la maggioranza dei cittadini, mediante questi rapporti si mette in rilievo ancor più il legame con tutta la Nazione. Le esperienze dei secoli passati (anche se queste sono state a volte esperienze dolorose), hanno confermato fino in fondo questo principio. Nel caso di un paese “cattolico”, la Sede apostolica ritiene cosa normale e corretta i rapporti con il rispettivo Stato. Piuttosto, la mancanza di questi rapporti sarebbe qualcosa di anormale, persino dal punto di vista della posizione internazionale di un dato stato, e, ancora più, di una data nazione. Tale assenza può sembrare addirittura un “torto” per questa nazione.

6. Così dunque si presenta qui davanti a noi un lavoro impegnativo, che mira non solo alla realizzazione della suddetta proposta, ma anche - e forse ancor di più - a “renderla credibile” davanti alla Nazione e alla Chiesa, in un certo senso davanti a tutta la grande società internazionale, nell’ambito della sfera della nostra civiltà.

Qui devo esortare ed invitare alla collaborazione collegiale l’Episcopato Polacco: in questa collaborazione responsabile tutti dobbiamo aver parte. L’Episcopato Polacco, come ogni vescovo ed ogni episcopato del mondo. è chiamato soprattutto ad annunciare il Vangelo, sempre lo stesso e sempre nuovo. Il Vangelo è la divina Parola della verità per la salvezza di ogni uomo, per la sua radicale liberazione; come hanno ricordato negli ultimi tempi le due Istruzioni pubblicate dalla Congregazione per la Dottrina della Fede.

Alla luce del Vangelo acquistano una giusta espressione anche le singole verità dell’ordine sociale ed etico: le verità sull’uomo e sui suoi diritti le verità sulla vita sociale e sui diritti delle nazioni. Una nuova considerazione merita tutto ciò che compone la cosiddetta dottrina sociale della Chiesa, “aggiornata” nel contesto del nostro secolo da diverse encicliche, e specialmente dal Concilio (cf. Gaudium et Spes, in particolare la Parte Seconda, nei capitoli dedicati al matrimonio e alla famiglia alla cultura, alla vita socio-economica, alla vita della comunità politica e, infine, al bisogno della pace e alla comunità internazionale). A motivo della sua missione evangelica e pastorale la Chiesa non può cessare di mettersi al servizio di peculiari compiti. quali, ad es., la difesa della soggettività di una nazione, in rapporto con la garanzia dei diritti delle persone umane che la compongono. A tale diritto si unisce strettamente il principio della partecipazione nel prendere decisioni inerenti ai problemi della società propria, anche nel campo politico, con l’esclusione di qualsiasi discriminazione.

La sovranità dello Stato corrisponde ad un’esigenza di ordine etico solo quando essa è l’espressione della sovranità della nazione, in questo Stato, quando, cioè, la società è in esso l’autentico responsabile ed artefice del bene comune. Tutte queste questioni non possono esulare dal campo dell’attenzione della Chiesa, e in particolare dei suoi Pastori. Così avviene in diversi Paesi del mondo; così è per esempio in vari Paesi dell’America Latina. In Polonia non può essere diversamente. Abbiamo del resto a questo proposito le nostre buone tradizioni e le nostre specifiche esperienze anche nell’ultima tappa della nostra storia.

7. Nell’anno 1987 la Sede apostolica e il Papa ricevono i singoli Episcopati europei in occasione delle visite “ad limina Apostolorum”. Attendo dunque anche i Vescovi Polacchi, non solo i “diocesani”, gli Ordinari delle diocesi. ma anche a seconda delle possibilità i “titulares seu auxiliares”, come sta diventando sempre più spesso consuetudine, nello spirito dell’insegnamento conciliare sulla collegialità.

Potremo allora, in modo più dettagliato di oggi, approfondire i problemi che sono oggetto della nostra comune vocazione e del nostro servizio.

Alla luce della nuova esperienza del Congresso Eucaristico auspico che esso produca frutti duraturi sul terreno delle anime polacche e nella vita della nostra diletta Patria!



Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana