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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI FEDELI DELLA DIOCESI DI GENOVA

Sabato, 16 maggio 1987

 

Carissimi fratelli e sorelle di Genova.

1. Sono lieto d’incontrarvi numerosi, qui a Roma, dopo il viaggio pastorale che ho compiuto nella vostra città, alla quale va in questo momento il mio pensiero commosso per la grave esplosione che ha devastato ieri mattina la zona di Multedo. Mi unisco alle vostre preghiere, implorando dal Signore pace eterna per le vittime, pronta guarigione per i feriti, interiore conforto per i familiari.

Grazie a voi tutti per questa visita che risveglia nel mio animo le emozioni provate nei giorni belli dell’incontro con la vostra città. Saluto il signor Cardinale Giuseppe Siri, vostro amato Arcivescovo, al quale desidero rinnovare la espressione della mia stima per la sua opera pastorale, per lo zelo che egli ha sempre manifestato di fronte ai problemi teologici e sociali del nostro tempo, affermando con vigore e chiarezza il primato della verità e facendo conoscere che la strada del vero bene sociale passa per Cristo.

Saluto, altresì, le autorità civili che sono qui presenti e formulo per esse ogni miglior augurio per un felice successo del loro servizio nella comunità e nell’amministrazione cittadina.

Qualche volta, al ricordo delle due splendide giornate passate in mezzo a voi, il 21 e 22 settembre di due anni fa, provo anch’io dei sentimenti simili a quelli espressi da un vostro poeta nella famosa canzone che dava voce all’animo di generazioni e generazioni di emigranti, e che fa ancor oggi vibrare il cuore di ogni genovese, dovunque egli si trovi: Ma se ghe pensu / alua mi vedu u mâ... Come non “rivedere”, anche dal Vaticano, tutte le cose belle di quei giorni?

2. Tra i molti ricordi di Genova, lasciate che scelga anzitutto quello dei tanti volti onesti e sani di lavoratori, di padri e madri di famiglia, di giovani, che costituiscono la vera forza della vostra città e regione. A Genova mi è parso che quei volti portassero l’impronta di un retaggio di antiche fatiche, delle antiche imprese di terra e di mare, e che possono dare l’impressione di un carattere asciutto, ma tuttavia schietto, leale, capace di donazione fino al sacrificio, dedito specialmente alla famiglia e particolarmente sensibile alle opere di assistenza ai bisognosi.

Mi è parso allora - e ve lo dissi - che quelle antiche virtù potessero e dovessero operare anche tra i nuovi problemi economico-sociali aperti dalla crisi del porto e delle industrie, a tutela di tante famiglie, dei giovani in cerca di occupazione, dei lavoratori meno autosufficienti e meno protetti socialmente. A quelle virtù risolutrici di questioni complesse e difficili vorrei invitare ancora una volta tutte le categorie, confermando i richiami sapienti del vostro Cardinale Arcivescovo, che voglio lodare e ringraziare anche per l’azione rasserenatrice e pacificatrice degli animi da lui svolta in questi mesi per il bene della sua e della vostra Genova!

3. Ed ecco un altro ricordo che sovrasta in certo modo tutti gli altri: la Madonna della Guardia, nel cui santuario, elevato pietra su pietra dalla pietà dell’umile popolo genovese, sono stato felice di pregare per Genova, l’Italia, il mondo, la Chiesa. Là ho pronunciato l’atto di affidamento a Maria del Sinodo straordinario dei Vescovi, e ritengo di poter attribuire alla benedizione della “vostra” Madonna l’esito felice di quel Sinodo celebrato nel ventesimo anniversario della conclusione del Concilio Vaticano II.

In questo momento vorrei raccomandarvi di tornare spesso al santuario, seguendo le belle consuetudini dei vostri padri. Andatevi specialmente nei mesi dell’imminente Anno Mariano, tempo salutare di supplica, di riflessione, di impegno di vita cristiana, per prepararci tutti insieme, con l’aiuto di Maria, a ricevere le grazie che lo Spirito Santo vorrà effondere sulla Chiesa e sul mondo al compiersi del secondo millennio cristiano.

Anche a questo proposito sono lieto di poter ribadire le esortazioni della lettera pastorale che il vostro Arcivescovo ha inviato per l’Anno Mariano, intorno alle umili e pie pratiche popolari che concretizzano alti ideali e impegnativi programmi per lo spirito cristiano: il rosario, l’“Angelus Domini”, l’effigie della Vergine santissima collocata nelle vostre case. Sia tale immagine un simbolo di fede, un punto di riferimento per la famiglia, un richiamo alla preghiera. Riconsiderate l’ideale di vita elevata e pura che la Vergine Maria impersona, raffigura e propone a tutti, specialmente alle ragazze d’oggi, chiamate a riscoprire il valore e la bellezza di un’anima senza macchia! Che cosa si può offrire di più incantevole di Maria alla gioventù del nostro tempo?

4. Parlandovi della Madonna della Guardia, non posso dimenticare che nei giardini vaticani esiste una sua statua, con un altare a lei dedicato. Il tempietto, come sapete, è sorto per la devozione del mio predecessore Benedetto XV, ultimo papa di origine genovese, verso la “sua” Madonna. So che quest’anno la Confraternita di san Giovanni Battista dei Genovesi in Roma, presente con voi a questo incontro, celebra con varie manifestazioni il centenario dell’iscrizione a tale sodalizio dell’allora Monsignor Giacomo Della Chiesa.

Desidero anche ricordare che in questo stesso anno ricorre il settantesimo anniversario della “Nota ai Capi dei popoli belligeranti” che Papa Benedetto XV emanò il 1 agosto 1917, mentre imperversava la prima guerra mondiale, per esortare i governanti ad esaminare alcuni punti che egli proponeva come risolutivi del conflitto e come basi per un ordine nuovo (cf. AAS 9 [1917] 417-420).

Gli inviti e le proposte di Benedetto XV non furono allora accolti e anzi da non pochi furono duramente criticati e respinti; ma quale eccelsa grandezza, quale magnanimo coraggio sentiamo ancora oggi vibrare nella voce di quel “profeta disarmato” che, quasi solo, osò chiedere pace a nome delle famiglie, dei giovani, dei poveri di tutto il mondo, mentre tanta gente si ostinava in grida e operazioni di guerra! E quale solenne ammonimento ne deriva anche per i responsabili della pace dei popoli nel nostro tempo!

5. Nel concludere questo incontro nel quale abbiamo rievocato fatti e figure della vostra magnifica città, non posso omettere un pensiero per quell’entroterra ligure al quale si estende l’arcidiocesi di Genova. Non potevo ignorarlo, anche perché domenica scorsa (10 maggio) ho avuto la gioia di proclamare beata una figlia di quelle terre, la madre Benedetta Cambiagio Frassinello, fondatrice delle Suore Benedettine della Provvidenza.

Nella vita di questa beata si riflettono tanti mirabili aspetti della spiritualità cristiana nelle varie condizioni dell’esistenza comune: sia come fanciulla amante della casa e della chiesa, alunna delle scuole elementari e del catechismo, ubbidiente ai genitori e giudiziosa con i fratelli e i compagni; sia come emigrante a Pavia a causa delle devastazioni prodotte sull’Appennino ligure dalle truppe napoleoniche, e collaboratrice dei suoi nei lavori domestici e in un negozio di verdura; sia come sposa ventiquattrenne di un cristiano integerrimo, Giovanni Battista Frassinello; sia come assistente amorevole della sorella affetta per ben tredici anni da un tumore; sia come religiosa, scelta che decise dopo aver pellegrinato col marito ad un santuario mariano, probabilmente quello della Madonna della Guardia sul Figogna; sia come fondatrice di case di assistenza e di educazione per le fanciulle più povere; sia come iniziatrice di una congregazione di religiose dedite a quest’opera, e formatrice delle sue suore; sia come sostenitrice del sacerdote genovese, servo di Dio Nicolò Olivieri, nell’opera di riscatto delle fanciulle schiave in Africa; sia come donna paziente nelle tribolazioni e nelle persecuzioni, distaccata da tutto, anche dalle sue opere, e pronta a eroici sacrifici per mantenere e ristabilire la pace; sia come devota della Madonna alla quale fu particolarmente unita in vita e in morte. Una vita di cristiana esemplare, dunque, come laica, come coniugata, come religiosa, come apostola della gioventù!

Ma proprio nei diversi aspetti della sua vita, si vedono trasparire le qualità dei liguri a cui accennavo fin da principio: la tenacia, la pazienza, la coerenza, la fedeltà al dovere, l’attaccamento alla famiglia, l’impegno nelle opere buone, la fede e la carità a tutta prova. Tali doti divennero grandi virtù in tanti santi che a Genova e nella Liguria sono fioriti.

Queste splendide figure di liguri, mentre esaltano il retaggio migliore della vostra gente, indicano alle nuove generazioni le risorse che potranno consentire ancor oggi alla vostra città e regione di superare le sue difficoltà e attuare un vero progresso.

Tutto ciò ottenga a voi e ai vostri concittadini e condiocesani l’intercessione della Madonna della Guardia, alla quale affido voi, i vostri cari e tutti i genovesi, con un particolare pensiero per quanti sono stati provati dalla grave sciagura di ieri.

Con questi sentimenti imparto a voi qui presenti e all’intera diocesi genovese, in particolare ai lavoratori, ai giovani, ai sofferenti, la mia benedizione.

 

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