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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI MEMBRI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA
IN OCCASIONE DELLA LORO ASSEMBLEA GENERALE

Aula del Sinodo dei Vescovi - Giovedì, 21 maggio 1987

 

1. “Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo” (Rm 1, 7). Il saluto caro all’apostolo Paolo mi sale alle labbra nel rivolgermi a voi, venerati fratelli nell’episcopato, alle cui sollecitudini pastorali sono affidate le Chiese particolari che sono in Italia. Saluto il Cardinale Poletti, Presidente della vostra Conferenza Episcopale, e Monsignor Ruini, segretario. Saluto con effusione di cuore ciascuno di voi, lieto di questo incontro collegiale, che mi consente di dare rinnovata espressione ai sentimenti di profonda comunione esistenti tra noi e continuamente alimentati dallo Spirito, per mezzo del quale “l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori” (Rm 5, 5).

Le vostre recenti visite “ad limina” sono state per me un momento di particolare gioia, per lo spirito pastorale che vi anima, per il dinamismo che vi è proprio, per l’amore alla Chiesa che vi distingue. Vi esprimo ancora una volta la mia profonda gratitudine, la mia grande stima e il mio incoraggiamento.

2. L’annuale vostra assemblea, venerati fratelli, è un’occasione preziosa per una valutazione d’insieme circa il cammino della Chiesa in Italia. In circostanze come questa il nostro sguardo si porta spontaneamente al passato, per riconsiderarne avvenimenti lieti e tristi e trarne le doverose deduzioni in vista delle scelte che occorre affrontare.

Numerosi sono, pertanto, gli argomenti sui quali ci si potrebbe oggi soffermare. Poiché, tuttavia, in prospettiva ormai ravvicinata sta davanti ai nostri occhi il Sinodo dei Vescovi, è su di esso che desidererei attirare la vostra attenzione. Il tema - “Vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo” - è quanto mai ricco e stimolante, e su di esso la vostra assemblea non ha mancato di riflettere in ordine ad una verifica sia circa l’identità dei laici sia circa la loro azione apostolica in Italia. Incoraggio a proseguire questa riflessione con grande fiducia nelle energie che il laicato, sotto l’azione dello Spirito, può oggi esprimere a servizio del Vangelo.

Quanto all’identità del laico nella Chiesa il Concilio Vaticano II ha detto cose di fondamentale importanza, sulle quali è bene ritornare con rinnovata attenzione, per trarne tutta la verità di cui sono portatrici. I documenti conciliari insegnano anzitutto a guardare al laico nel contesto di una sana visione ecclesiologica. La caratteristica di fondo che accomuna i battezzati è l’appartenenza al Popolo di Dio, l’essere membri del corpo mistico di Cristo, “christifideles”. Come tali, partecipano all’“esse” comunionale della Chiesa e al suo “agere” missionario. Il battesimo, infatti, conforma a Cristo sacerdote, re e profeta, e rende perciò partecipi di queste sue prerogative. Su questa base si radica quell’indole secolare che, secondo il dettato del Concilio (Lumen Gentium, 31), è propria e peculiare dei laici e costituisce la modalità caratteristica secondo la quale essi vivono la loro vocazione e missione cristiana.

Da questa “ontologia” soprannaturale il laico deriva la propria “deontologia”, cioè la propria funzione nella Chiesa, che si articola in uno specifico compito di evangelizzazione e di instaurazione e perfezionamento dell’ordine temporale, di fronte al ruolo della gerarchia, cui compete il ministero ordinato in virtù dell’assimilazione, mediante il carattere sacerdotale, a Cristo nell’esercizio della sua funzione di santificatore, maestro e guida della comunità ecclesiale. Il laico, inoltre, può essere assunto, in forma tanto individuale quanto associata, a collaborare all’apostolato proprio della medesima gerarchia.

È quanto mai importante la salvaguardia di questa identità del clero e del laicato secondo gli insegnamenti del Concilio Vaticano II, e cioè secondo la genuina visione cristiana della realtà, che sarà approfondita nel prossimo Sinodo.

3. Molto interessante si presenta pure, in vista dell’azione missionaria, la riflessione sull’azione dei laici nella realtà ecclesiale italiana. La storia del loro impegno ha avuto un grande influsso sull’elaborazione della teologia del laicato nel corso dei secoli XIX e XX. Per le peculiari circostanze che caratterizzarono il periodo a cavallo dei due secoli, i laici cattolici, non potendo dedicarsi all’attività politica diretta, orientarono prevalentemente le loro forze verso l’impegno sociale. Il loro successivo ingresso sulla scena politica fu soffocato sul nascere dalla caduta della democrazia.

Quegli anni non furono tuttavia inutili, giacché permisero ai cattolici di privilegiare il momento formativo, approfondendo la riflessione sulle implicazioni sociali dell’adesione al messaggio evangelico. Grazie a questa lunga preparazione, essi si trovarono pronti quando, durante e dopo il secondo conflitto mondiale, le circostanze storiche li chiamarono a svolgere un ruolo determinante nella vita del paese: seppero allora contribuire efficacemente a restituire la libertà all’Italia e a dare alla nazione un ordinamento costituzionale fondato sui valori di democrazia e di solidarietà, contribuendo poi a garantire un lungo periodo di ordinato progresso civile, pur tra difficoltà e manchevolezze e nonostante ostacoli anche gravissimi, quali il terrorismo in tutte le sue forme.

Tale missione è dal Concilio propriamente chiamata apostolato, cioè partecipazione all’azione che la Chiesa sviluppa per la diffusione del regno di Dio sulla terra e per la comunicazione a tutti gli uomini della salvezza portata da Cristo, verso il quale tutto il mondo attende di essere progressivamente ordinato. La missione del laico si esplica perciò su due linee ugualmente essenziali, quella dell’evangelizzazione e della santificazione mediante la testimonianza personale nella famiglia e nell’ambiente professionale, oltre che nella comunità ecclesiale, in particolare nell’ambito dei ministeri non ordinati, e quella dell’animazione e perfezionamento dell’ordine temporale secondo il disegno di Dio.

4. Continuando una loro vivace quanto benemerita tradizione, i laici cattolici italiani si sono impegnati tanto nell’una quanto nell’altra linea. Le associazioni di Azione Cattolica, i gruppi di spiritualità, i movimenti, da quelli di consolidata tradizione a quelli di più recente origine, hanno fatto della testimonianza e dell’annuncio la loro ragion d’essere, cercando forme e linguaggi nuovi e sperimentando metodologie originali, meglio rispondenti alle particolari esigenze del mondo contemporaneo.

In questa prospettiva deve essere considerata la crescente partecipazione dei laici all’attività catechistica nell’ambito della comunità ecclesiale e la sempre più estesa loro presenza sulle cattedre di religione nelle scuole statali, per offrire in tal modo alle nuove generazioni la possibilità di conoscere adeguatamente la fede cristiana in ordine ad una scelta di vita libera e responsabile. Non è chi non veda, a questo proposito, quanto sia importante che alunni e famiglie scelgano di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica, anche per non privarsi di una indispensabile chiave di lettura e di comprensione del mondo e della storia, con speciale riferimento alla tradizione e alla cultura italiane. La scelta espressa dalle famiglie lo scorso anno è stata significativa e confortante. Confido che tale linea sia confermata e corroborata negli anni futuri, così che non venga a mancare questo momento di crescita per quanti stanno percorrendo il cammino della loro formazione scolastica.

Inscindibilmente connessa con la testimonianza e con l’annuncio è l’azione caritativa del cristiano, che si china con animo misericordioso sulle necessità del prossimo per soccorrerlo e farlo sentire amato da Cristo e dai fratelli. La fioritura di iniziative, anche recenti, in questo campo testimonia dell’insopprimibile vitalità del messaggio d’amore recato da Cristo. Il pensiero va qui, in particolare, alla “Caritas” e alle lodevoli iniziative di gruppi, sorti recentemente, che si distinguono per il loro impegno nel fronteggiare le cosiddette “nuove povertà”. Come non menzionare poi altre forme più antiche, ma sempre vitali, come le “Misericordie” e le Conferenze di San Vincenzo, per limitarsi ad alcuni esempi soltanto? Tutte queste manifestazioni di carità operante saranno espressione tanto più genuina dell’amore che promana da Cristo quanto più si manterranno libere, e forti soltanto della loro ispirazione evangelica.

5. L’impegno per la instaurazione dell’ordine temporale secondo il disegno di Dio è stato intenso, anche nel campo sociale e politico, benché non abbia sempre raggiunto i risultati sperati, non di rado a motivo di umane manchevolezze. Molti progressi sono stati fatti, grazie anche all’apporto dei cattolici, nella formulazione legislativa e nella promozione concreta dei diritti umani sociali e politici. E tuttavia gravissime situazioni di disagio si registrano tuttora per i giovani in cerca di occupazione, per i portatori di handicaps, per gli anziani, per quanti sono esposti alle insidie della droga, della corruzione, della violenza.

Inoltre, la comunità cattolica italiana ha dovuto registrare in questi anni il regredire, nelle leggi e nel costume, del valore dell’indissolubilità del matrimonio e l’affermarsi, a livello anche dei pubblici poteri, di un atteggiamento non sempre favorevole alla tutela delle esigenze primarie della famiglia legittima. Se poi si deve prender atto con soddisfazione di una crescente sensibilità per i problemi della pace, dei diritti umani, della qualità della vita, occorre anche riconoscere l’avanzare, nella legge e nel costume, di una cultura di morte che, dopo la legalizzazione dell’aborto che pesantemente colpisce l’inizio della vita, si spinge ora a minacciarne anche il tramonto. Né sono estranee a tale mentalità le polemiche con cui, da alcuni settori, si è voluto rispondere alle profonde motivazioni etiche che hanno indotto la Chiesa a mettere in guardia gli uomini in tema di interventi artificiali sulla trasmissione della vita umana.

Questi aspetti negativi della società di oggi, lungi dallo scoraggiare i cristiani o dal farli ripiegare nella pratica di una religione intimistica o timorosa di affrontare a viso aperto le sfide del presente, ha ispirato tante generose iniziative a favore dei malati, degli handicappati, dei drogati e soprattutto dei “senza voce” per antonomasia, che sono i nascituri in pericolo di essere soppressi. Mi piace ricordare in particolare l’impegno culturale e concreto a sostegno della vita, che, sotto varie denominazioni e forme, ha contribuito ad una salutare e, mi auguro, sempre più decisa inversione di tendenza.

6. Ho parlato a Loreto dell’antica e significativa tradizione di impegno sociale e politico dei cattolici italiani. Ne riparlo volentieri qui, ribadendo che la presenza dei cattolici nella vita pubblica è una componente fondamentale della vita culturale, sociale e politica della nazione. Scopo dell’impegno cristiano è di instaurare l’ordine temporale secondo il disegno di Dio per il vero bene dell’uomo e, quindi, di iscrivere la legge di Dio nella città terrena, come afferma il Concilio; nessuno dovrà dunque meravigliarsi se i cattolici nelle proprie decisioni si ispireranno sempre alle loro convinzioni profonde, docili alla guida dei loro pastori.

7. La presenza attiva dei cattolici nella società civile ha un suo momento forte nell’impegno per l’animazione cristiana del mondo della cultura. L’Università Cattolica del Sacro Cuore, i corsi di aggiornamento da essa promossi ed altre iniziative, come le “Settimane dei Cattolici Italiani”, alle quali opportunamente voi intendete ridare nuovo impulso, le numerose case editrici di ispirazione cattolica e le varie attività culturali di alcuni movimenti sono altrettante forme di presenza stimolatrice e feconda.

Si pone in questa linea anche l’impegno nell’ambito delle comunicazioni sociali. Qui le possibilità, ed insieme le responsabilità, sono vastissime. Accanto alla famiglia ed alla scuola, sono i mass-media ad incidere maggiormente con i loro messaggi nelle menti di fanciulli, giovani e adulti. Come non preoccuparsi della qualità dei messaggi trasmessi attraverso canali tanto efficaci? E come non cercare di farne anche strumenti di diffusione del messaggio salvifico di Cristo? Senza dire dell’importanza che alla comunità ecclesiale sia data la possibilità di conoscere con sicurezza, tramite la stampa cattolica, il pensiero genuino dei pastori ed i criteri per formulare valutazioni ed esprimere scelte ispirate al Vangelo.

Nel discorso sull’azione dei laici cattolici una menzione speciale merita quella particolare forma di apostolato in cui si è storicamente realizzata la collaborazione del laicato organizzato all’apostolato proprio della gerarchia, che in Italia ha avuto significativo rilievo.

8. La riflessioni che vi ho esposto, venerati fratelli, sull’identità e l’azione dei laici nella Chiesa potrebbero essere allargate ad altri aspetti pure importanti dell’attività pastorale. Il tempo non lo consente. Quanto ho detto sul tema dei laici trae motivo non soltanto dall’approssimarsi del Sinodo, ma anche dall’ormai imminente Anno Mariano. Se tutti i credenti, nel loro pellegrinaggio terreno, devono guardare a Maria santissima come a colei che li ha preceduti nel cammino della fede ed ora brilla dinanzi a loro “quale segno di sicura speranza e di consolazione” (Lumen Gentium, 68), in lei possono riconoscersi in particolare quanti sono nel mondo, mediante l’impegno quotidiano nel lavoro, nella famiglia, negli ambienti nei quali si svolge la loro attività professionale.

Desidero mettere nelle mani della Vergine santa le mie e vostre speranze per i frutti del prossimo Sinodo e per i riflessi positivi che da esso ci si attende anche per quanto concerne l’impegno di recupero del volto cristiano dell’Italia. La Madonna è profondamente amata dal popolo italiano, che l’ha sempre sentita particolarmente vicina nelle proprie vicende ed alla sua materna tutela s’è sempre affidato con pieno abbandono. Sono certo che in ogni diocesi d’Italia l’Anno Mariano sarà vissuto con intenso fervore e confido che la Vergine Maria vorrà effondere su di noi e su tutti i sacerdoti e fedeli l’abbondanza dei suoi favori.

Altra ragione di speranza in questa prospettiva di rinnovata vita cristiana viene dal Congresso Eucaristico Nazionale, che si terrà a Reggio Calabria nel mese di giugno del prossimo anno. Sarà un’occasione preziosa per ribadire il posto centrale che l’Eucaristia occupa nella vita della Chiesa. Maria stessa ci accompagnerà nella preparazione di questo evento straordinario.

A Maria, madre di Cristo e madre della Chiesa, guardiamo dunque con filiale abbandono e, contando sul suo aiuto, proseguiamo nella nostra quotidiana fatica a servizio di quanti, vicini e lontani, sono affidati alle nostre cure pastorali. Sappiamo che nostro è il compito di piantare e di irrigare, non di far crescere la pianticella fino al frutto maturo; questo compito Dio lo ha riservato a se stesso (cf. 1 Cor 3, 6). Quando perciò abbiamo fatto quel che era in nostro potere per la diffusione del Vangelo, possiamo restare col cuore sereno: al resto penserà Dio.

Nel nome suo con effusione di cuore imparto a ciascuno di voi e alle vostre chiese l’apostolica benedizione.

 

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