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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI MEMBRI DELLA CONSULTA DELLA
CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO

Venerdì, 2 dicembre 1988

 

1. Sono lieto di incontrare voi superiori, officiali, consultori e periti della Congregazione per il Culto divino, riuniti per la consulta.

Saluto tutti i presenti; saluto in particolare il Cardinal Eduardo Martínez Somalo che ringrazio per le espressioni ora rivoltemi ed a cui rinnovo l’augurio cordiale di ogni buon esito nell’ufficio di prefetto del vostro dicastero, che ho voluto recentemente affidargli.

L’incontro si svolge in occasione del XXV anniversario della pubblicazione della costituzione Sacrosanctum Concilium, avvenuta precisamente il 4 dicembre del 1963. Questo documento ha segnato una pietra miliare nella storia della Chiesa, facendo riscoprire la profonda tradizione cristiana nel campo liturgico. È vero, ci sono state delle interpretazioni abusive, ma è indubitabile che la sua benefica irradiazione ha stimolato un nuovo slancio nella preghiera comunitaria. Sono tanti i frutti che esso ha dato alla Chiesa: non è questo il momento di elencarli, lo farò, se Dio vuole, in un prossimo documento commemorativo.

2. I venticinque anni che ci separano da quel giorno ci avvertono che la situazione nella Chiesa, e anche nella società, ha subito dei cambiamenti. Nuove generazioni sono arrivate, e stanno adesso assumendo le loro responsabilità, anche nel campo della pastorale liturgica. Questo comporta la necessità di valutare ancor più profondamente, e soprattutto di vivere e far vivere, la liturgia della Chiesa, secondo lo spirito e la lettera, genuinamente interpretati, dell’importante documento conciliare.

Il lavoro che ora vi impegna è di tradurre in fatti le sue profonde affermazioni, quando dice che la liturgia è la manifestazione più importante della vita della Chiesa (cf. Sacrosanctum Concilium, 2. 26. 41). E se questa, come ricorda la costituzione Lumen Gentium (n. 4), è “de unitate Patris et Filii et Spiritus Sancti plebs adunata”, anche la liturgia dovrà esprimere in maniera intensa questa dinamica trinitaria.

La liturgia vive attingendo a questa fonte: di fatto, in essa si celebra il mistero pasquale di Cristo, sempre presente ed operante nel centro di tutte le azioni liturgiche; essa celebra la lode e il rendimento di grazie all’“amore fontale” (Ad Gentes, 2) del Padre; in essa, ancora, la Chiesa invoca lo Spirito Santo perché vuole esprimere la sua consapevolezza di non agire secondo la capacità umana, ma di fare ciò che soltanto la grazia di Dio è capace di fare.

3. Per raggiungere tutta la profondità spirituale della celebrazione liturgica, ci vuole l’iniziazione “teologica, storica, spirituale, pastorale e giuridica” di cui parla la Sacrosanctum Concilium nell’art. 16. È quanto si è prefisso la costituzione Pastor Bonus, nel riunire in una sola congregazione tutta l’attività propria del “munus sanctificandi”. “La congregazione vi si afferma, si occupa di tutto ciò che, salva la competenza della Congregazione della Dottrina della Fede, spetta alla Sede apostolica circa la regolamentazione e la promozione della sacra liturgia, in primo luogo dei sacramenti” (Pastor Bonus, 62), e di essi ne “favorisce e tutela la disciplina” (Pastor Bonus, 63).

Non si tratta di due cose diverse: la liturgia da una parte e i sacramenti dall’altra, ma di una sola realtà, la liturgia della Chiesa, dentro la quale il posto dei sacramenti, e tra questi ancora quello dell’Eucaristia, è primordiale. È infatti nei sacramenti che l’“opus redemptionis” viene soprattutto perpetuato e partecipato a tutti i membri del Corpo mistico, a gloria di Dio e per la salvezza del mondo.

Si apre così nella Curia romana, e in tutte le Chiese particolari, una visione più organica del “munus sanctificandi”. Sarà premura della Chiesa compiere uno sforzo creativo in tutte le dimensioni accennate per far sì che questa volontà manifestata nella costituzione Pastor Bonus venga attuata in maniera efficace. Come ha già affermato la Sacrosanctum Concilium, e come ha ribadito il Sinodo straordinario dei Vescovi dell’anno 1985, “ad ottenere questa piena efficacia, è necessario che i fedeli si accostino alla sacra liturgia con retta disposizione d’animo, conformino la loro mente alle parole che pronunziano e cooperino con la grazia divina per non riceverla invano. Perciò i pastori d’anime devono vigilare attentamente che nell’azione liturgica non solo siano osservate le leggi che ne assicurano la valida e lecita celebrazione, ma che i fedeli vi prendano parte consapevolmente, attivamente e fruttuosamente” (Sacrosanctum Concilium, 11).

4. L’allusione che si fa, in questo testo conciliare, ai pastori, introduce un aspetto particolarmente importante, quello cioè di assistere i Vescovi diocesani, perché siano guida ai loro fedeli nella partecipazione sempre più attiva e spirituale della sacra liturgia (cf. Pastor Bonus, 64,1). È stata una delle grandi affermazioni della Sacrosanctum Concilium quella di restituire all’autorità del Vescovo la potestà e l’ufficio di regolare la liturgia nella propria Chiesa particolare (cf. Sacrosanctum Concilium, 22. 1. 41). La congregazione, come organo del ministero petrino, ha il compito di servire alla comunione ecclesiale tra la Chiesa di Roma e le Chiese locali in tutto il mondo. Anche in questo si dovrà essere attenti per studiare i modi di collaborazione personale e di ricerca dei bisogni spirituali e pastorali che si manifestano in tutta la Chiesa.

La riforma liturgica ha suscitato dappertutto un grande e generoso impegno. Esso deve essere continuato, sostenuto, e, quando è necessario, purificato. Anche per questo riuscirà utile la presenza della congregazione come istanza di collegamento e di aiuto, che non sopprime la fisionomia originale di ciascuno degli organismi, ma la mette maggiormente in risalto.

A voi, che avete in questa missione un posto di primo piano, auguro un lavoro fecondo.

Da parte mia vi accompagno con la mia benevolenza e con la costante preghiera. Vi sia di sostegno la benedizione apostolica, che ora imparto di cuore a tutti voi.

 

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