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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
DURANTE LA VISITA ALLA PARROCCHIA DI SANTA EMERENZIANA

Domenica, 7 febbraio 1988

 

Ai bambini 

Questa volta il compito di dare il primo saluto al Papa in visita nella parrocchia di Santa Emerenziana al quartiere Africano - dopo l’accoglienza da parte del Cardinale Vicario Poletti, del Vescovo di Settore Monsignor Salvatore Boccaccio e del parroco - tocca ai più piccoli, ai bambini e ai ragazzi del Catechismo.
Ed è proprio con l’affetto e con la gioia, che i più piccoli sanno esprimere per chi sentono vicino a loro, che i bambini della comunità parrocchiale accolgono il Papa. E al loro entusiasmo si uniscono anche i genitori che li accompagnano nella grande sala-teatro della parrocchia.
Prendendo la parola, il Papa così risponde ai loro saluti.
 

Mi domando perché in ogni parrocchia il primo incontro è quello con i bambini, con i ragazzi e le ragazze delle scuole, della catechesi. E trovo due ipotesi, due risposte possibili. Una è: forse i bambini sono un po’ impazienti e non potrebbero aspettare più a lungo, ma non mi piace questa risposta. E trovo un’altra risposta, e la trovo nel Vangelo, nelle parole con cui Gesù stesso ha parlato dei bambini, presentando i bambini come esempio agli adulti, anzi agli apostoli. Diceva che tutti devono diventare come bambini, perché nel loro cuore si trova già il Regno di Dio. Questa risposta mi piace, e sono convinto che il primo incontro con i bambini in ogni parrocchia, oggi in questa parrocchia di santa Emerenziana, è dovuto appunto a quelle parole di Gesù.

Voi siete, carissimi bambini, ragazzi e ragazze, in un certo senso questo esempio, questo prototipo della parrocchia, come una parte del Regno di Dio in questa terra. In voi questo Regno di Dio si trova. Si trova grazie al vostro Battesimo, si trova come la grazia santificante che avete ereditato da questo Battesimo e che avete certamente mantenuto nei vostri cuori perseverando nella fede a Gesù. E così voi per tutta la comunità cristiana rappresentate un punto di riferimento molto importante dal punto di vista evangelico, dal punto di vista spirituale e cristiano.

Voglio salutare tutti i presenti, i vostri genitori, i vostri maestri, insegnanti, e naturalmente i vostri pastori, i sacerdoti; saluto con tutto il cuore tutti i presenti, anzi in voi saluto tutta la comunità parrocchiale di santa Emerenziana. Ma soprattutto volevo dire questo: ho ascoltato i due discorsi che mi sono piaciuti molto. Uno per la sua sincerità, il secondo anche per i suoi contenuti direi teologici. Ho visto che uno dei vostri amici coetanei già sta leggendo le encicliche del Papa, anzi le più difficili, quelle sullo Spirito Santo. Allora mi congratulo con voi e penso che anche quelle cose che qualche volta appaiono difficili del Vangelo, della verità cristiana sono più facili, più accessibili ai bambini, ai giovani, ai cuori puri, perché, come diceva Gesù: beati quelli che sono puri di cuore perché loro vedono Dio.

Questo volevo dire a voi tutti qui presenti, anzi a noi tutti, me incluso, perché sempre dobbiamo ricordare queste parole tanto significative di Gesù, che ci ha dato i bambini come esempio. E sappiamo come amava i bambini. Ma dicendo questo volevo nello stesso tempo dirvi che davanti a voi c’è un cammino, dovete crescere, dovete aumentare anche fisicamente, come si dice di Gesù nel Vangelo di san Luca: lui cresceva negli anni, anche voi; cresceva nella sapienza, anche voi dovete sempre imparare cose nuove. Cresceva poi nella grazia di Dio. Vi auguro appunto questo, che le brevi parole che l’evangelista ha detto su Gesù si possano realizzare, compiere in ciascuno di voi. Che il vostro cammino verso il futuro sia simile a Gesù.

Adesso come piccoli voi siete molto vicini a Gesù. Le sue parole lo comprovano. Ma si deve mantenere questa vicinanza, non ci si deve mai allontanare da lui. Non si deve mai rompere questo legame con lui, che ci fa così vicini a lui. Rimanere, come ha detto la vostra coetanea, rimanere sempre così vicini a Gesù, come lo siete adesso preparandovi alla prima Comunione o dopo la prima Comunione, alla Cresima.

Vi auguro questo e questo auguro anche ai vostri genitori, alla generazione adulta, alla vostra parrocchia, a tutti noi, perché voi siete il futuro di ogni comunità, di ogni famiglia, di ogni popolo e della Chiesa. E con questi voti vi abbraccio - vorrei abbracciare tutti e ciascuno di voi - e vi benedico di cuore, ringraziando quelli che dedicano il loro tempo, e anche i loro talenti, il loro lavoro per insegnarvi il catechismo, il Vangelo, per portarvi avanti su quella strada che vi conduce alla maturità cristiana. Dovete maturare umanamente, dovete maturare anche cristianamente. Coloro che vi aiutano in questo processo di maturazione siano benedetti e ringraziati.  

Ai parrocchiani e agli abitanti del quartiere  

Dopo il primo incontro con i bambini, Giovanni Paolo II si reca sulla piazza antistante la chiesa per salutare i tanti fedeli accorsi ad accoglierlo in questa nuova visita al quartiere Africano, la seconda in 7 giorni. Domenica scorsa, infatti, a ricevere il Papa era stata la parrocchia di Santa Maria Goretti, poco distante, e anche allora era stato tutto il quartiere ad accoglierlo. Oggi pomeriggio sono tornati in molti; alcuni volti erano gli stessi visti dietro le transenne davanti alla chiesa di Santa Maria Goretti.
Moltissime sono anche le persone che salutano il Santo Padre dai balconi dei grandi palazzi che si affacciano sulla grande e trafficata piazza di Santa Emerenziana. Tra loro tanti anziani - quello Africano è un quartiere con moltissimi ultrasessantacinquenni -; persone che non sono potute scendere in strada perché malate come sottolinea il parroco Monsignor Cesare Marelli salutando il Papa a nome di tutta la comunità parrocchiale.
 

Ringrazio il signor parroco per le sue amabili parole. Ringrazio tutti i presenti per la vostra accoglienza, per la vostra presenza. Siete qui numerosi, se si contano anche tutti quelli che ho incontrato prima, davanti alla sala di catechesi. Siete qui numerosi, ma sono convinto che siete in rappresentanza di tanti altri, parrocchiani anche loro molto numerosi, e membri di questa comunità dedicata al nome di santa Emerenziana.

Ringraziando voi, voglio ringraziare tutti, raggiungere tutte le case, tutte le abitazioni, dove si trovano le famiglie, dove abitano i nostri fratelli e le nostre sorelle, dove vivono ogni giorno da uomini, da donne, da bambini, da giovani, da anziani, da malati, dove vivono da cristiani.

Ecco, qui è il centro della vostra vita cristiana. Vorrei abbracciarvi tutti e portarvi con me, dentro questa chiesa, nell’Eucaristia che celebrerò tra poco. Vorrei portare con me tutti voi e ciascuno di voi, e i vostri problemi, le vostre sofferenze, le vostre gioie, le vostre speranze. Tutto questo vorrei portare all’altare per offrirlo a Dio. Perché così ci ha insegnato il nostro Signore Gesù Cristo, con la sua vita terrena, col suo Vangelo e soprattutto col suo sacrificio in croce. Cristo crocifisso, Cristo risorto, lui ha insegnato a tutti noi, in tutti i posti del mondo, in ogni luogo, in tutti i secoli, ad essere con lui figli di Dio, figli nel Figlio; a portare al nostro Padre che sta nei cieli, che ci aspetta, tutte le vicende della nostra vita come offertorio continuo e specialmente l’Eucaristia nel modo sacramentale.

Voglio rendere concreto questo qui nella vostra parrocchia, sotto la protezione della Madre della Chiesa, Maria Madre della Chiesa in questo anno mariano, e anche sotto la protezione e con l’ausilio di santa Emerenziana martire.

Ecco, tutto questo è l’insieme del mistero, del mistero che è realtà in noi, realtà nel Popolo di Dio, realtà nel Corpo di Cristo. Questo mistero, e questa realtà insieme, vogliamo viverla e anche nella visita odierna del Papa. Ringrazio il Signore perché a Roma ci sono tutte queste parrocchie: le posso visitare e così posso essere vicino a tutti i romani “per partes”, parrocchia per parrocchia, e così posso essere sacerdote per tutti, offrire dappertutto con i miei fratelli e sorelle questo sacrificio perenne, questo sacrificio sacrosanto che è l’Eucaristia.

Vi imparto la mia benedizione insieme con il Cardinale vicario e il Vescovo della vostra zona pastorale e vi prego di portare questa benedizione e questo saluto a tutti i vostri comparrocchiani dappertutto.  

Alle religiose  

Al termine della celebrazione eucaristica, dopo un breve saluto ai sacerdoti, il Papa si incontra con le religiose della parrocchia. “Sono le comunità oranti e anche lavoranti di Santa Emerenziana”, come le presenta il parroco a Giovanni Paolo II, suore che svolgono molteplici attività nel territorio parrocchiale.
Si tratta di 5 suore Terziare Francescane che collaborano come insegnanti all’Istituto scolastico “Cristo Re” gestito dai Fratelli del Sacro Cuore, e di 18 suore di Santa Marta, tutte infermiere professionali, che svolgono assistenza infermieristica per una clinica. Altre 16 religiose, con 10 tra novizie e postulanti, Suore di N. S. della Mercede, hanno qui la loro Casa Generalizia e lo Studentato.
A loro il Papa rivolge le seguenti parole.
 

Raccomando a tutte queste carissime sorelle di diverse congregazioni, di diverse famiglie religiose, a ciascuna di voi che è consacrata, una sposa del Signore, vi raccomando questa parrocchia che fa parte della Chiesa di Roma, dove io sono Vescovo molto indegno e molto poco presente. Ma tanto più ho bisogno di questa raccomandazione, di questo aiuto delle mie sorelle carissime consacrate al Signore.

Poi oltre a questo devo svolgere anche il Ministero Petrino, non solamente a Roma ma per tutte le Chiese. Per questo tanto più sento bisogno di tale raccomandazione. E spero nella vostra preghiera, nella vostra fedeltà, nella vostra consacrazione. Perché la vostra preghiera porta in sé la forza della consacrazione, della persona consacrata, una forza dello Spirito Santo.

Vi raccomando anche questa parrocchia, come tutta la Chiesa di Roma, la raccomando al vostro apostolato. Sono diversi i campi dell’apostolato che state svolgendo, ma la raccomando ancora di più alla vostra testimonianza evangelica, perché questo mondo di oggi ha bisogno tanto di tale testimonianza evangelica. Grazie a Dio che voi portate questa testimonianza, anche nel vostro abito. Continuate a fare così, e che il Signore vi benedica.  

La saggezza degli anziani un aiuto alla comunità  

Due delle tante “nonne” di Santa Emerenziana accolgono in rima il Santo Padre giunto tra di loro per rendere onore al cuore vero dell’intera comunità: il gruppo della Terza età. Con commozione il Papa ascolta quelle poche parole in rima dalle quali traspare il grande amore che si nutre per lui in quel focolare ed anche la triste consapevolezza di essere ormai entrati nel momento di “vivere il nostro inverno”, dicono i versi della prima poesia, freddo, tenebroso, amaro. Altrettanto chiaramente però da quei pochi versi traspare tutta la grandezza di un’anima illuminata dalla fede, di un cuore riscaldato dall’amore.  

Sono tanto felice di trovarmi qui in mezzo a voi in questa che sembra proprio una casetta di famiglia. Ho sentito che il vostro gruppo si chiama Amici di santa Emerenziana. Questo vuol dire che santa Emerenziana ha scelto la vostra amicizia: voi avete scelto lei, ma lei ha scelto la vostra amicizia. E questo è bello: santa Emerenziana era giovanissima, come anche sua sorella Agnese. Ma i giovani devono cercare l’amicizia con gli anziani: la prima età con la terza età; devono cercare questa amicizia per imparare qualcosa, per essere più maturi. Gli anziani sono giovani di cuore e portano in sé l’esperienza della loro lunga vita, la saggezza. I giovani senza gli anziani, senza una nonna sarebbero molto poveri. Santa Emerenziana era brava, sapeva come farsi amici gli anziani, le nonne ed i nonni. Vi voglio benedire e ringraziarvi per l’apporto che con la vostra presenza date a questa comunità di santa Emerenziana.  

L’augurio ai laici che lavorano in parrocchia  

L’impegno dei laici costituisce una delle forze maggiori della comunità parrocchiale di Santa Emerenziana. Il parroco, Monsignor Marelli, presentando al Santo Padre il folto gruppo dei suoi più diretti collaboratori laici, vuole innanzitutto ringraziarli in modo specifico proprio per il grande contributo che essi danno quotidianamente alla vita della parrocchia. Vuole poi che siano essi stessi a parlarne al Papa. I loro interventi si riassumono sostanzialmente in un’analoga domanda: cosa fare ancora per servire meglio la comunità in un momento così difficile come quello che stiamo attraversando? come parlare ai bambini di Gesù, o meglio cosa dire loro per coinvolgerli ancora di più, per far giungere alle loro orecchie frastornate da tanti schiamazzi la Parola?
La risposta del Papa non si fa attendere, anche se prima egli vuole sottolineare una volta di più l’importanza dell’inserimento dei laici nella vita attiva della Chiesa, a partire proprio dalla parrocchia.
 

Mentre ascoltavo le vostre testimonianze, guardavo un po’ anche le iscrizioni che ornano la vostra sala. Una in particolare mi ha colpito: questa che tocca il cuore stesso del Vangelo: “Chi perde la sua vita per me la ritrova”. È veramente un paradosso; ma il Vangelo è paradossale. Ma appunto per i paradossi entra nel cuore dei problemi. Anche l’uomo è paradossale e senza questa sua paradossalità non si possono spiegare le sue difficoltà, i suoi problemi, le sue sofferenze e dall’altra parte non si possono spiegare le sue speranze, le sue aspirazioni, le sue ragioni. Ecco io voglio soprattutto ringraziarvi. Ringraziarvi per quello che fate, per tutti i compiti che avete assunto su di voi, nei vostri cuori, per cooperare al bene della comunità parrocchiale. Sono compiti diversi che vanno dalla catechesi, all’assistenza ai sofferenti, ai bisognosi, alla carità ed anche compiti, diciamo economici: se la Chiesa, la parrocchia deve portare avanti un’economia divina, deve tuttavia operare anche nel campo della piccola economia umana.

Tutti questi compiti sono distribuiti tra voi a seconda dei vostri talenti, le vostre possibilità, secondo le diverse vocazioni. Non si può dire altrimenti: si tratta di vocazioni, di vocazioni dei laici. Tutto quello che fate è apostolato, apostolato dei laici. Anzi la parrocchia, la Chiesa cammina con il vostro apostolato. Lo ha confessato il Concilio Vaticano II nei numerosi documenti, ma soprattutto nella Lumen Gentium, come nel decreto Apostolicam Actuositatem sull’apostolato dei laici. E poi in tanti altri momenti del suo magistero. E lo ha confessato di nuovo il Sinodo dei Vescovi, l’ultima sessione ordinaria tenutasi qui a Roma nel mese di ottobre dell’anno scorso.

Io non posso ora dare delle risposte molto concrete alle cose che mi avete chiesto perché le stesse domande sono state piuttosto di fondo e dunque bisogna dare ad esse delle risposte concrete. Ma sarebbe necessario un lungo colloquio, dopo aver meglio specificato i problemi. Ma io credo che almeno la metà del lavoro che dovete compiere lo avete già compiuto. Se avete ritrovato Cristo, se avete sentito la sua voce che vi ha chiamato e vi ha detto “seguimi”, “aiutami”, e se avete risposto a quella chiamata facendo quello che fate, io direi che siete già a metà del vostro cammino, o forse anche di più. Il resto viene poi da sé, viene facendo questo lavoro che già fate. Così è strutturata la vita umana, ed anche la vita cristiana, la vita dei pastori, dei laici ed anche la vita del Papa. Io penso che Cristo si impara, seguendolo, parlando con lui, dialogando con lui, vivendo con lui nella preghiera soprattutto, leggendo il Vangelo, meditandolo; forse qualche volta anche discutendo con lui perché io so che soprattutto delle donne anche italiane, hanno imparato a discutere con lui.

Il Signore ama la sincerità del cuore umano. Se c’è da affrontare un impegno grande non ci vogliono delle parole, delle belle parole; c’è bisogno di sincerità. Facendo tutto quello che fate, già passo per passo trovate le parole che vi servono e la verità che dovete portare agli altri. La verità si presenta sempre più concreta; le risposte vengono da sole, vengono dalla prassi pastorale, dalla prassi apostolica; vengono perché nel vostro impegno catechetico, caritativo lavora lo Spirito Santo con i suoi doni. Con questi doni ci porta l’illuminazione, la forza, le risposte. Lo dico anche basandomi sulla mia esperienza: tante volte sono al buio; poi c’è un piccolissimo segno e in quel momento c’è la risposta, c’è la parola. E l’augurio che vi faccio è che sappiate sempre trovare e capire questa parola.  

Ai gruppi di assistenza pastorale alle famiglie del quartiere  

Molto attivo nella parrocchia è il gruppo di catechesi familiare. I suoi componenti attendono il Santo Padre raccolti in una capiente cappellina della parrocchia. Uno di essi saluta il Papa a nome di tutti, presenta il gruppo e poi inizia un’accurata descrizione dei problemi reali negli incontri del gruppo, nelle discussioni allargate alle altre famiglie del quartiere.
In risposta alle loro parole il Santo Padre pronuncia il seguente discorso.
 

Con grande gioia saluto voi, il vostro compito. Vi ringrazio anzi proprio perché portate avanti un compito particolare, specifico. Gli sposi sono la famiglia. Ha detto il vostro parroco, ma prima di lui lo hanno detto due Sinodi dei Vescovi, uno sull’evangelizzazione e l’altro sulla catechesi: la Chiesa è catechizzata, la Chiesa è catechizzante. Non si possono separare queste due realtà, se vuole essere catechizzante - e san Paolo lo dice oggi nella liturgia “Guai se non evangelizzassi” -, se vuole essere evangelizzante deve essere evangelizzata, continuamente; tutta la Chiesa e tutti i cristiani, cominciando dal Papa: se vuole essere evangelizzatore deve essere evangelizzato giorno per giorno. Lo stesso vale per la catechesi: se vuole essere catechizzante deve essere sempre catechizzata. Ecco voi siete la Chiesa. Non solo la Chiesa di santa Emerenziana, ma siete la Chiesa domestica. I Padri della Chiesa la chiamavano ecclesiola, piccola Chiesa, piccola ma fondamentale. Voi siete la Chiesa. Oggi, come ha giustamente detto il vostro rappresentante, la società presenta molte crisi morali, che investono anche la famiglia. Ma la crisi della famiglia è la fondamentale, quella che investe tutte le altre. Allora quale soluzione adottare, quale risposta dare? Non ce ne sono altre: la famiglia deve essere Chiesa domestica. Se è Chiesa domestica, se è veramente Chiesa domestica, essa non sarà mai distrutta da nessuna forza, né di ordine sociale, né di ordine economico, e neanche di ordine spirituale. Se è veramente una Chiesa domestica, la famiglia è forte, è invincibile. Questa è la risposta alla crisi della famiglia, alla crisi del nostro tempo. Se la Chiesa domestica vuole essere catechizzante, evangelizzante, perché la Chiesa non può non essere evangelizzante. Diceva l’Apostolo: “Guai se non evangelizzassi”, allora se vuole essere evangelizzante deve essere continuamente evangelizzata. Per questo io gioisco nell’incontrarvi: voi venite in questa parrocchia per essere evangelizzati, per portare la stessa catechesi, lo stesso Vangelo agli altri. E così servite al consolidamento delle vostre famiglie, servite quell’amore, quella fedeltà che sono beni, grandissimi beni della famiglia offerti all’uomo dal Creatore dall’inizio. Allora dovete conservare questi beni, amare questi beni, portare agli altri questi beni. Questa è la mia risposta alle vostre domande, alla vostra presenza e vi auguro che quello che voi dite diventi concreto per ciascuno di voi, per le vostre famiglie, per la vostra parrocchia.  

Con i giovani il congedo dalla comunità  

Così come all’inizio della visita ha fatto con i bambini, il Papa, concludendo con i giovani la sua visita alla parrocchia, vuole attirare l’attenzione dei suoi interlocutori proprio su questa significativa ricorrenza di fatti: sempre le sue visite alle parrocchie romane iniziano dai bambini e sempre si concludono con i giovani. “Perché?” si è chiesto il Papa? È semplice. “I bambini rappresentano l’inizio del cammino della parrocchia; i giovani rappresentano il cammino stesso destinato a seguitare nel futuro”.
È la riflessione che fa con i giovani di Santa Emerenziana dopo aver ascoltato un breve indirizzo di saluto.
 

È la seconda volta che entro in questo teatro oggi pomeriggio. Una prima volta sono entrato arrivando in parrocchia e qui c’erano i bambini. A loro ho chiesto proprio questo “perché” sempre in ogni parrocchia che visito il primo incontro è con i bambini, con i più giovani della parrocchia. E ho tentato di individuare due ipotesi. Ora vorrei porre la stessa domanda in un certo senso con voi: perché ogni volta alla fine di una visita pastorale gli ultimi sono sempre i giovani. Per trovare una risposta parallela a quella data ai bambini potrei dire che i giovani sono più pazienti e dunque possono aspettare. Ma io credo che invece ci sia un’altra risposta: fra bambini e giovani è vero non c’è grande distanza, eppure una distanza c’è anche se non di tempo soltanto: c’è una distanza nel senso di crescita, di processo umano. Se vedo bambini nella parrocchia vedo una comunità che mi dice: siamo in cammino. Siamo bambini mi dicono, abbiamo sentimenti semplici. Loro è il Regno di Dio, come diceva Gesù, proprio grazie alla loro semplicità. Giovani vuol dire siamo prosecutori del cammino. Il cammino si fa nella gioventù perché per un cammino bisogna avere la forza sia per camminare sia per superare le difficoltà che possono presentarsi lungo il cammino stesso. La vostra presenza qui è per me la prova di questo cammino. La giovinezza è sempre una prova della carità. Voi conoscete quella conversazione di Cristo con il giovane, molto significativamente “Cristo lo guardò con amore”. Ad ogni giovane arriva questa prova di amore di Cristo; trovate questo suo sguardo amoroso, accettatelo; rispondere vuol dire camminare. Per questo si devono superare delle difficoltà, bisogna correre oltre le ideologie, oltre le situazioni, bisogna uscire fuori dal clima generico della società opulenta, consumistica, materialista, ma si devono anche superare delle difficoltà che nascono dal di dentro, dalla nostra natura umana ferita dal peccato. I bambini non sanno quasi nulla di questo ma i giovani sanno già tutto. Con voi, con la vostra presenza in quest’ultima fase della visita la comunità, la parrocchia di santa Emerenziana vuole dirmi “Siamo in cammino, cerchiamo di superare le difficoltà per sostenere lo sguardo di Gesù che ci ama e per seguirlo”. Vi auguro questa prova d’amore di Gesù che è propria della vostra età.

 

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